Gli effetti della tensione di vapore nei rivestimenti impermeabili La pressione esercitata dal vapore acqueo può essere veramente impressionante, infatti da alcuni secoli, dopo gli studi di Watt e Carnot, e più recentemente di Parsons, viene utilizzata per produrre potenza meccanica, nei mezzi di trasporto e nella generazione di energia elettrica. In alcuni casi però, la pressione del vapore può costituire un problema piuttosto serio. Avete idea di quanto spinge il vapore? Fig. 1 La caldaia del battello a vapore Moselle, esplose il 25 aprile del 1838 presso Cincinnati sul fiume Ohio causando 160 morti e numerosi feriti gravi. Come è noto il vapore acqueo si forma per riscaldamento dell’acqua liquida. L’esperienza quotidiana ci suggerisce che se scaldiamo l’acqua, questa dopo un po’ entra in ebollizione, trasformandosi in vapore. È meno noto che l’evaporazione avviene a tutte le temperature. La pressione esercitata dal vapore può causare esplosioni in diversi apparecchi domestici, dalla caffettiera, alla pentola a pressione fino agli scaldabagni e alle caldaie. In ambito edile, si parla spesso della pressione del vapore al di sotto dei manti impermeabilizzanti, come ad esempio quelli bituminosi o in materiale plastico, che secondo alcuni sarebbe in grado di sollevare gli strati impermeabili o di creare delle bolle. A tal proposito la funzione delle cosiddette “barriere al vapore”, o dei più recenti “freni al vapore” non è mai stato compreso nel dettaglio dalla maggior parte degli operatori edili. Ora ci chiediamo: quanto spinge veramente il vapore in un edificio, e quali danni può creare la sua pressione al di sotto di un’impermeabilizzazione? Fig. 2 Bolle di vapore al di sotto di un manto bituminoso (immagine gentilmente concessa da Arcangelo Guastafierro) La risposta è semplice: nulla! Nella maggior parte dei casi, il vapore non spinge. Al di sotto dei 100°C la sua pressione non è in grado di sollevare neppure un sottile foglio di plastica per alimenti, e a maggior ragione non potrà sollevare un manto impermeabile. Fig. 3 Tabella che indica la pressione relativa del vapore acqueo, (cioè quella eccedente rispetto a quella atmosferica), in funzione della sua temperatura. E' opinione diffusa che il vapore acqueo "spinga" cioè che sia in grado di esercitare una pressione effettiva positiva sui componenti edili e sui manti impermeabili. Il concetto di "tensione di vapore" è uno dei più difficili da interpretare, e spesso viene compreso in maniera diversa rispetto alla realtà. Anche perché "tensione" nel lessico comune significa letteralmente "trazione", da tendere, perciò che una tensione “spinga” è quanto mai singolare. In alcuni libri c’è persino scritto che la barriera al vapore posizionata all'interno dei muri, deve essere ben fissata per evitare che la pressione del vapore la possa spostare. La tensione di vapore è la pressione parziale propria dal vapore acqueo, la quale sommandosi alle pressioni parziali degli altri gas che formano l'aria, complessivamente dà luogo alla pressione atmosferica. La somma delle pressioni parziali di ciascun gas, è pari alla pressione totale dell'aria (Legge di Dalton): https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_delle_pressioni_parziali Se la pressione parziale di un singolo gas, o come nel nostro caso del vapore acqueo, aumenta, conseguentemente si ridurranno le altre pressioni parziali affinché la loro somma sia sempre uguale alla pressione atmosferica. Perciò la capacità del vapore acqueo di "spingere" è nulla, cioè è esattamente zero, almeno alla pressione atmosferica al livello del mare e al di sotto dei 100°C. Al di sopra di questa temperatura, la pressione parziale del vapore acqueo supera quella atmosferica, e quindi può esercitare pressioni superiori, variabili e crescenti con le temperature, ma solo se si superano i 100°C. Non si tratta perciò delle situazioni che si verificano nella quasi totalità dei manti di impermeabilizzazione. Si può fare un semplice esperimento molto significativo. Prendiamo dei barattoli di metallo, e li riempiamo con quantità variabili d'acqua, dal barattolo completamente pieno a quello completamente vuoto, poi li chiudiamo in testa con un foglio di plastica per alimenti tipo Domopak, e li sigilliamo con un elastico. Mettiamo i barattoli a bagnomaria e vediamo se la tensione di vapore è in grado di formare delle bolle, o di rompere il film di plastica. Finché la temperatura all'interno dei barattoli si manterrà al di sotto dei 100°C, la spinta del vapore sarà pari a zero. Questo perché la pressione atmosferica fino ai 100°C è superiore alla spinta (tensione) del vapore. Perciò, è vero che il vapore spinge da sotto, ma è altrettanto vero che la pressione atmosferica finché non si raggiungono i 100°C è più forte di quella del vapore. Sul barattolo pieno d’acqua al 100%, possono formarsi delle piccolissime bollicine, dovute alla riduzione della solubilità di alcuni gas dell'aria disciolti nell'acqua, e un aumento del volume dell'acqua per effetto della dilatazione termica, ma la "spinta" del vapore non c'è, e non ci può essere fino ai 100°C (alla pressione atmosferica presente al livello del mare). Fig. 4 I barattoli contenenti diverse quantità d’acqua, dal 100% a 0% sono scaldati a bagnomaria. Fig. 5 Il rigonfiamento non avviene sul barattolo completamente pieno d’acqua, ma solo su quelli riempiti parzialmente e su quello vuoto. Dopo qualche minuto si può osservare che sui barattoli contenenti poca acqua o su quello vuoto si notano i rigonfiamenti. Sul barattolo completamente pieno il rigonfiamento è minimo. Ciò è dovuto al fatto che l’aria contenuta all’interno dei barattoli non completamente pieni, si dilata molto di più rispetto al liquido, perciò spinge. Mentre la pressione esercitata dal vapore sul barattolo completamente pieno, fino ai 100°C non è in grado neppure di sollevare il leggero film di plastica per alimenti. Quindi come si spiega l'effetto di rigonfiamento dei manti, che comunque esiste ed è reale, ovvero certo misurabile e riproducibile? Se le bolle che si formano sono piene di gas, si tratta di vapori diversi dal vapore acqueo, che in virtù delle loro differenti proprietà chimiche, sono in grado di esercitare pressioni positive superiori a quella atmosferica anche al di sotto dei 100°C. Cioè deve trattarsi di composti chimici diversi dall’acqua, aventi la tensione di vapore superiore rispetto alla pressione atmosferica alla temperatura di osservazione del fenomeno in esame. Il vapore acqueo ha una tensione di vapore che supera quella atmosferica solo oltre i 100°C. Il fenomeno è presente anche sui manti bituminosi, ed è dovuto alla presenza di componenti volatili bassobollenti o instabili che si liberano dalla miscela bitume-polimero. Gli inglesi lo chiamano "trapped gas”. Se invece le bolle sono piene di liquido, si tratta di un fenomeno diverso anche in termini di entità ed effetti, ed è dovuto all'osmosi, ovvero al trasferimento di un solvente che attraversa un mezzo poroso semipermeabile per stabilire un equilibrio di concentrazione della soluzione, da quella più concentrata alla meno concentrata. https://it.wikipedia.org/wiki/Osmosi C'è un altro aspetto che forse può avere il suo ruolo nel favorire il distacco dei rivestimenti, e che riguarda l'acidità dell'acqua di condensa. Quando il vapore acqueo presente nell'aria condensa, a causa della CO₂ e di altri gas disciolti, porta il pH dell'acqua su valori variabili dal 4,0 al 5,6, cioè diventa corrosiva per il cemento e per la maggior parte dei materiali edili. Perciò se si forma della condensa al di sotto del manto bituminoso o nel massetto, fermo restando che questa non potrà mai spingere per creare una bolla, di sicuro l'effetto sarà quello di corrodere il materiale di supporto, e sul lungo termine, quello di favorire il distacco del rivestimento. Marco Argiolas Il medico della casa® Milano Ringrazio il Sig. Arcangelo Guastafierro per aver fornito l’immagine di Fig. 3