Giovanni Pascoli ``Digitale Purpurea``

(da "Primi Poemetti")
Due giovani, la bionda e semplice Maria e l'ardente Rachele,
rievocano i loro anni di collegio. E rammentano come nel giardino
di quel collegio sorgesse una Digitale Purpurea: da qui la
confessione di Rachele all'amica: aver ceduto alla tentazione,
inebriandosi di quell'aroma.
I
Siedono. L'una guarda l'altra. L'una
esile e bionda, semplice di vesti
e di sguardi; ma l'altra, esile e bruna,
l'altra... I due occhi semplici e modesti
fissano gli altri due ch'ardono. "E mai
non ci tornasti?" "Mai!" "Non le vedesti più?"
"Non più, cara" "Io sì: ci ritornai;
e le rividi le mie bianche suore,
1
e li rivissi i dolci anni che sai; (1)
quei piccoli anni così dolci al cuore..."
L'altra sorrise. "E dì: non lo ricordi
quell'orto chiuso? i rovi con le more?
i ginepri tra cui zirlano i tordi?
i bussi amari? (2) quel segreto canto
misterioso, con quel fiore, fior di...?"
"morte: sì, cara" "Ed era vero? Tanto
io ci credeva che non mai, Rachele,
sarei passata al triste fiore (3) accanto.
Ché si diceva (4): il fiore ha come un miele
che inebria l'aria; un suo vapor (5) che bagna
l'anima d'un oblio dolce e crudele.
Oh! quel convento in mezzo alla montagna
cerulea! (6)" Maria parla: una mano
posa su quella della sua compagna;
e l'una e l'altra guardano lontano.(7)
II
2
Vedono. Sorge nell'azzurro intenso
del ciel di maggio il loro monastero,
pieno di litanie, pieno d'incenso.
Vedono; e si profuma il lor pensiero
d'odor di rose e di viole a ciocche,
di sentor d'innocenza e di mistero.
E negli orecchi ronzano, alle bocche
salgono melodie, dimenticate,
là, da tastiere appena appena tocche...(8)
Oh! quale vi sorrise oggi, alle grate, (9)
ospite caro? onde più rosse e liete
tornaste alle sonanti camerate (10)
oggi: ed oggi, più alto, Ave, ripete,
Ave Maria, la vostra voce in coro;
e poi d'un tratto (perchè mai?) piangete... (11)
Piangono, un poco, nel tramonto d'oro,
senza perchè. Quante fanciulle sono
nell'orto, bianco qua e là di loro! (12)
Bianco e ciarliero. Ad or ad or, col suono
3
di vele al vento, vengono. Rimane
qualcuna, e legge in un suo libro buono. (13)
In disparte da loro agili e sane,
una spiga di fiori, anzi di dita
spruzzolate di sangue, dita umane,
l'alito ignoto spande di sua vita. (14)
III
"Maria!" "Rachele!" Un poco più le mani
si premono. In quell'ora hanno veduto
la fanciulezza, i cari anni lontani.
Memorie (l'una sa (15) dell'altra al muto
premere) dolci, come è tristo e pio (16)
il lontanar d'un ultimo saluto!
"Maria!" "Rachele!" questa piange, (17) "Addio!"
dice tra sé, poi volta la parola
grave a Maria, ma i neri occhi no (18): "Io"
mormora, "Sì: sentii quel fiore. Sola
ero con le cetonie verdi. (19) Il vento
4
portava odor di rose e di viole a
ciocche. Nel cuore, il languido fermento
d'un sogno che notturno arse e che s'era
all'alba, nell'ignara anima, spento. (20)
Maria, ricordo quella grave sera.
L'aria soffiava luce di baleni
silenziosi. (21) M'inoltrai leggiera,
cauta, su per i molli terrapieni
erbosi. I piedi mi tenea (22) la folta
erba. Sorridi? E dirmi sentia, Vieni!
Vieni! E fu molta la dolcezza! molta!
tanta, che, vedi... (l'altra lo stupore
alza degli occhi, e vede ora, ed ascolta
con un suo lungo brivido...) si muore!" (23)
1) Che conosci anche tu.
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2) Le piante di bosso, le cui foglie mandano un'amaro sentore.
3) La Digitale Purpurea è chiamato "triste fiore" perchè è una pianta
velenosa; le corolle dei suoi fiori sembrano delle dita mozzate, chiazzate
di rosso.
4) Dicevamo noi collegiali, ripetendo la leggenda sul fiore.
5) Esalazione che irrora: come un liquido di un filtro magico.
6) Che sembra azzurra, in lontananza.
7) Prese dalla contemplazione del loro passato.
8) Delicatamente sfiorate.
9) Secondo un'usanza monacale, le grate del parlatorio, che dividono le
collegiali dai visitatori.
10) Per il chiacchiericcio delle giovani fanciulle.
11) Il pianto rivela il turbamento delle fanciulle.
12) Nell'oscurità del tramonto, l'orto qua e là biancheggia per il candido
grembiule delle collegiali.
13) Un libro edificante.
14) è la Digitale Purpurea.
15) Comprende.
16) Amaramente nostalgico.
17) Rachele, che gustò il funesto aroma della Digitale Purpurea. Piange,
forse perchè sa di aver perso l'innocenza, e di essere indegna di Maria.
18) Rivolge a Maria la parola, ma non gli occhi, mancandole il coraggio
di guardarla.
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19) Le cetonie sono degli insetti verdi, visibili nei rosai.
20) Rachele ha ceduto alla Digitale Purpurea dopo una notte di sogni
languidi e frementi, che dileguandosi all'alba, le avevano lasciato per
tutto il giorno, un vuoto torpore.
21) Lampi senza tuono.
22) Tratteneva quasi ammonendola di non procedere.
23) Forse allude alla morte dell'anima; forse all'estinguersi
dell'innocenza, nel piacere del peccato.
Commento: il tema della pianta maligna, della vegetazione mostruosa e
velenosa, si trova per tutto l'800, ed è tipicamente decadente: la
vegetazione corrotta, che magari poggia le sue radici su cadaveri umani,
è emblema del compiacimento decadente per tutto ciò che è impuro e
infetto. Il tema era già apparso in Shelley, "La sensitiva" (1820) :
"Cominciarono a crescere le erbacce più immonde/le cui ruvide foglie
erano maculate come il ventre/del serpe d'acqua o la schiena del
rospo...", in Hawthorne (1804-1864), "La figlia di Rapaccini", novella
nera che racconta la passione di una fanciulla per un orto di piante
velenose; lo stesso Zola, in "Curée"(1872) descrive l'incesto tra una
matrigna e il figliastro, consumato in una torrida serra, dove prolifera
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una vegetazione tropicale: "Ma ciò che, a tutte le svolte del viale,
colpiva lo sguardo, era un grande Ibisco della Cina... i larghi fiori
purpurei di tale specie di malva gigantesca, che rinascono senza posa,
non vivono che qualche ora. Li si sarebbe detti delle bocche sensuali di
donne che s'aprivano, le labbra rosse, molli e umide di qualche
Messalina gigante, che dei baci straziavano, e che sempre rinascevano
con il loro sorriso avido e sanguinante...". Zola riprende il tema della
vegetazione mostruosa e venefica anche in "La colpa dell'abate Mouret"
(1875) :
"Dei cortei di papaveri se ne andavano in fila puzzando di morte,
schiudendo i loro grevi fiore di uno splendore febbrile...dei tozzi datura
[piante medicinali] allargavano i loro cartocci violacei, dove gli insetti,
stanchi di vivere, venivano a bere il veleno del suicidio.".
Anche nell'Autore di "Controcorrente", Huysmans, compare il tema
della vegetazione corrotta e repellente:
"I giardinieri portarono ancora nuove varietà: esse ostentavano,
stavolta, un'apparenza di pelle artificiale, solcata da false vene; e per lo
più, come corrose dalla sifilide e dalla lebbra, tendevano delle carni
livide, marmorizzate di roseola, damascate da erpeti; altre avevano il
tono rosa vivo delle cicatrici che si chiudono o la tinta bruna delle
croste che si formano; altre erano cosparse di bolle come determinate di
cauteri, gonfiate da bruciature; altre ancora mostravano epidermidi
pelose, scavate da ulcere e come lavorate a sbalzo da tumori."
Anche Gustav Meyrink, uno degli scrittori più visionari!, ha scritto un
racconto al riguardo, "Le piante orribili".
Pascoli in "Digitale Purpurea", come si è visto, descrive due fanciulle,
una ancora incontaminata, e l'altra, già "posseduta" dal "Fior di Morte",
dai fiori simili a "dita spruzzolate di sangue", che quasi induce l'altra
ragazza a "coglierlo". A livello più subliminale, si può vedere "cogliere
quel fiore purpureo" come la perdita dell'innocenza dopo un rapporto
sessuale:
sangue, lacerazione, dolore, contaminazione.
D'Annunzio ritorna nuovamente su questo tema in "Favola
sentimentale" un racconto del "Libro delle Vergini" (1884, ma il testo
era già uscito nel 1882):
8
"Dietro la villa, in un pezzo di terreno, una vegetazione malaticcia e
pingue sonnecchiava nell'ombra; erano grosse foglie carnose di un
bruno tendente al violetto, cosparse di pelurie come una muffa; erano
ramificazioni nane, ignude, simili a rettili morti o a bruchi enormi;
erano lame piatte di un verde pallido, rigate di bianco e macchiate come
dorsi di rane... certi calici di un roseo di pelle umana si gonfiavano su li
steli contorti; certe bocche di uno scarlatto cupo emettevano stami
simili a piccole lingue giallicce. I petali avevano come il viscidume dei
funghi... in torno, nell'autunno, le vitalbe sembravano viluppi di ragni
pelosi o mazzi di piume grigiastre."
Comunque, l'esempio più famoso di vegetazione maligna resta il titolo
di Baudelaire "I Fiori del Male".
Il critico letterario Getto ha così commentato la Poesia di Pascoli: "La
Digitale Purpurea è il fiore forse più corrotto fra quanti produsse, dal
seme dei Fiori del Male, il nostro Decadentismo."
Per finire, un mio ricordo autobiografico, di quando ero molto
piccola.
Un pomeriggio, mia zia mi portò in un grande parco, non ricordo dove,
(forse Gorla o Monza) ma era un parco sul limitare del bosco. Ricordo
che mi addentrai nelle zone più scure, e vidi di fronte a me dei
mostruosi fiori, la pianta nota comunemente come "Pan di Biscia"
(Arum maculatum).
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Erano altissimi, e la me-bambina si fermò in contemplazione di quella
pianta, che mi parve spaventosa. Non ricordo se la toccai, ma so per
certo che se avessero avuto le bacche, quasi certamente le avrei
mangiate.
Non ho più avuto modo di vedere il "Pan di biscia"; probabilmente è
una pianta abbastanza rara, ma credo che se mi capitasse di rivederla,
mi fermerei ancora a guardarla.
Riporto qui alcune informazioni sul "Pan di biscia";
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"In Arum maculatum, un'ampia brattea, chiamata spata, circonda
un'infiorescenza allungata terminante a clava, lo spadice, che emette un
odore di sostanza organica in decomposizione. Tale odore, insieme al
lieve calore emanante dallo spadice, attira gli insetti e questi vengono
intrappolati dai peli che si trovano nello spadice, sopra i fiori maschili.
I fiori sono disposti in due gruppi: quello superiore è formato dai fiori
maschili, quello inferiore dai fiori femminili. Gli insetti prigionieri
girano attorno ai fiori, raccogliendo e depositando il polline, finché non
muoiono o non riescono a liberarsi. Questo può accadere quando la
spata avvizzisce, dopo la fecondazione. Nel passato, le radici venivano
raccolte per il loro alto contenuto di amido e nel secolo XVII erano
usate per irrigidire i colletti alti a piegoline, allora di moda. Le bacche
rosse di questa pianta, che sono velenose, possono rivelarsi letali se
ingerite dai bambini: infatti, Arum maculatum e Arum italicum sono
chiamati anche "pan di biscia". L'altezza della pianta varia dai 30 ai 45
cm. Fiorisce da aprile a giugno."
("Guida pratica ai fiori spontanei in Italia" Selezione dal Reader's digest)
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"L'espressione è il mio modo unico di vivere. Esprimersi,
esprimere è vivere."
"L'inconsapevole"
(1883)
(da "Intermezzo di rime")
Come da la putredine le vite
nuove crescono in denso brulicame (1)
e strane piante balzano nutrite
da li umori corrotti d'un carname: (2)
sgorgano i grandi fior' quali ferite
fresche di sangue (3) con un giallo stame
e crisalidi (4) enormi seppellite
stanno tra le pelurie de'l fogliame (5):
così dentro il mio cuore una maligna
flora di versi gonfiasi (6); le foglie
vanno esalando un triste odore umano.(7)
Attratta da'l fulgor de la sanguigna
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tinta la inconsapevole (8) ne coglie;
e il tossico (9) le morde acre la mano.
1) Come un fitto brulicame di vermi o insetti cresce da un corpo in
putrefazione.
2) E piante mostruose crescono rapide, alimentate dai liquidi corrotti di
un carname putrefatto. (nel testo del 1894: "truci piante" e "liquidi
fermenti")
3) Spuntano grandi fiori rosso vivo, che sembrano ferite colanti ancora
sangue fresco.
4) Lo stadio tra il bruco e la farfalla.
5) Le foglie di questa pianta descritta dal Poeta sono coperte di una fitta
peluria. (nel testo del 1894: "ne le rughe del carneo fogliame")
6) I versi ispirati dalla corruzione della sua vita proliferano rigogliosi
come quella vegetazione malata che si alimenta della putredine.
7) è l'odore della decomposizione.
8) "La inconsapevole" è la fanciulla innocente, che legge versi di poesia,
attratta dalla loro bellezza, senza sapere che le saranno velenosi, o
ancora, una fanciulla che si avvicina a una pianta velenosa, ma di
grande bellezza.
9) Veleno.
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