A chi dà fastidio il Corpo forestale Ramzi: dall`intifada

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20 GIUGNO 2015 | NUMERO 23 | SETTIMANALE € 2,50 | 92 PAGINE
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AMBIENTE
A chi dà fastidio
il Corpo forestale
PALESTINA
Ramzi: dall’intifada
alla mia viola
SCIENZA
L’inarrestabile
ascesa dei robot
SOGNAVO L’EUROPA
Frontiere chiuse, quote bloccate e rimpatri veloci per i migranti in arrivo.
L’egoismo degli Stati nazionali uccide l’Unione
di Tiziana Barillà, Umberto De Giovannangeli, Genni Fabrizio, Michela Iaccarino, Galadriel Ravelli
LA MAGGIORANZA INVISIBILE
di Emanuele Ferragina
Ci siamo infilati in un tunnel
fatto di moralismo e austerità
D
a tempo sostengo che i sistemi
di welfare dei Paesi mediterranei
debbano essere profondamente
ristrutturati. Ho raccolto la disapprovazione di molti “a sinistra” (e qualcuno mi
ha anche dato del neoliberista) dicendo che la
ripartizione della spesa pensionistica in Italia
(ma anche in Grecia) è assurda. Ho sottolineato con forza che se non si riesce a ridurre la
spesa per i vecchi rischi e far crescere quella
per i nuovi (disoccupazione giovanile e conciliazione vita familiare-lavorativa, per esempio)
non andiamo da nessuna parte. Tuttavia, quello che viene chiesto all’Europa mediterranea,
non è di limitare la spesa e le politiche espansive, ma di tagliare con l’accetta la spesa sociale.
Ormai giornali e televisioni ci inondano con le
parole di “grandi economisti”, che sottolineano come per anni abbiamo vissuto al di sopra
dei nostri mezzi, e che per uscire dalla crisi
occorra tagliare. Viene spesso invocata la necessità, che ogni Paese, come una famiglia in
tempo di difficoltà, debba stringere la cinghia
per incamminarsi verso un futuro migliore.
Purtroppo, stringere la cinghia, in un momento di crisi per il tutto il continente, significa solamente deprimere ulteriormente i consumi e
l’economia. Mentre si discute dell’insipienza
greca, trasformando in connotato quasi antropologico quello della propensione al debito
e della scarsa voglia di lavorare del popolo ellenico, l’afflato moralistico di chi vuole continuare sulla strada dell’austerità dimentica una
serie di fatti che è bene ricordare.
Primo: da quando abbiamo intrapreso la strada dell’austerità in Europa, il debito complessivo non è sceso ma è aumentato. Caso per
antonomasia, ovviamente, quello greco, dove
la spesa corrente è stata ridotta (con conseguenze nefaste come l’innalzamento della
mortalità infantile e il calo dell’aspettativa
di vita), mentre il debito continua a crescere. Tuttavia, sono ancora in molti a sostenere
che i greci non hanno tagliato abbastanza.
Secondo: subito dopo la crisi finanziaria, il
debito nei Paesi europei non è aumentato
esponenzialmente a causa della spesa sociale,
ma per finanziare costose operazioni di bail
out di banche che si erano esposte in maniera eccessiva per fare profitto. Terzo: nessuno
ci ha spiegato perché non si sono semplicemente lasciate fallire quelle banche (quello
che avrebbe prescritto Milton Friedman),
concentrandosi sulla garanzia dei conti corrente (come in Islanda). Quarto: non ho ancora visto nessuno dimostrare l’esistenza di
una correlazione tra il livello di spesa e la crisi
finanziaria. Non è un caso, che l’unica policy
che ci ha dato un minimo di respiro (ma che
ha comunque possibilità limitate d’impatto
nel lungo periodo) è stata quella di Draghi
che ha portato a una pesante svalutazione
dell’euro. Non certo una manovra restrittiva e
volta all’austerità quindi. Quinto: al contrario
di quanto si dice comunemente sui principali
media italiani ed Europei, è la crisi finanziaria
che ha comportato l’aumento del debito pubblico e non viceversa.
Morale della favola, ci siamo infilati in un tunnel dal quale possiamo uscire solo rifiutando le
politiche di austerità e dando vita a misure anticicliche che almeno nel breve periodo rilancino
i consumi. A ben vedere, non è un caso che gli
americani negli ultimi anni siano tornati keynesiani. L’idea che tutta Europa, e in particolare
l’Europa mediterranea, in qualche anno possa
diventare come la Germania (un’economia basata sulle esportazioni e il contenimento dei salari) è una follia pura. L’impressione che si ha a
guardare le posizioni della commissione Europea è che, pur di ridurre l’incidenza del welfare
state (per ragioni puramente ideologiche), si è
pronti a qualunque mossa. Anche mettere a repentaglio la stabilità sociale di tutto il continente. E’ il caso di dirlo, quando l’ideologia scaccia
via il senso pratico non c’è da essere ottimisti.
20 giugno 2015
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L’impressione
che si ha
a guardare la Ue
è che, pur di
ridurre l’incidenza
del welfare state
(per ragioni
ideologiche),
si è pronti
a qualunque mossa.
Anche mettere
a repentaglio
la stabilità
sociale di tutto
il continente
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