Dentro internet - Progetto Culturale

Identità e relazioni sociali nel Web 2.0
Come il social networking cambia il rapporto tra
comunità e persone
di Stefano Martelli 1
intervento al convegno: «Chiesa in Rete 2.0»,
promosso da Cei-Ucs e SiCei,
Roma, 19-20 gennaio 2009
Indice
Premessa .............................................................................................................................................2
1. Cos’è il Web 2.0?............................................................................................................................2
2. Il Web 2.0 in Italia..........................................................................................................................4
2.1. Una prima tassonomia...................................................................................................4
2.2. Gli utenti del Web 2.0 italiano e la durata della permanenza nei siti............................4
Fig. 1 – Le 9 categorie del Web. 2.0: penetrazione e tempi di navigazione in Italia ............................................. 5
2.3. Gli internauti italiani del Web 2.0 e le loro preferenze.................................................6
3. Il Web 2.0 nella prospettiva della sociologia multidimensionale e relazionale.........................6
3.1. Oltre gli opposti determinismi tecnologici....................................................................6
3.2. Le comunità del Web 2.0 italiano: una tipologia ..........................................................8
3.2. Cambiamenti nell’identità e nella comunità .................................................................8
3.4. Identità e relazioni nei social network italiani ..............................................................9
Conclusione: Due processi rendono più sociale il Web 2.0 ..........................................................10
Bibliografia di riferimento ..............................................................................................................10
1
Professore Ordinario di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Scienze
dell’Educazione “G.M. Bertin” dell'Alma Mater Studiorum-Università degli Studi di Bologna. Sui temi trattati dal
convegno ha scritto Videosocializzazione. Processi educativi e nuovi media (a cura di, Franco Angeli, ivi 20034);
La comunicazione del terzo settore nel Mezzogiorno (a cura di, Franco Angeli, Milano 2006); Comunicazione
multidimensionale. I siti internet di istituzioni pubbliche e imprese (Franco Angeli, ivi 20032, con la coll. di
G.Amenta e al.) e Immagini della emergente società in rete (con S.Gaglio, a cura di, Franco Angeli, ivi 2004, con
cd-rom allegato). Sul rapporto tra Chiesa e media ha pubblicato tra l’altro: Il Giubileo “mediato”. Audience
televisive e religiosità in Italia (Franco Angeli, ivi 2003, con la collab. di G. Cappello e L. Molteni). Tra le ricerche
socio-religiose condotte in Italia la più recente è Nei luoghi dell’aldilà. Comportamenti socio-religiosi nei
confronti dei defunti in un contesto di Terza Italia (Franco Angeli, Milano 2005, con la collab. di M. Bortolini et
al.).
Martelli S.,
Identità e relazioni sociali nel Web 2.0
Premessa
Il titolo di questo convegno, Chiesa in rete 2.0, se letto a partire dall’orizzonte socioculturale “post”-moderno –contrassegnato da fenomeni di de-costruzione delle ideologie, da
frammentazione di gruppi e movimenti, e dall’esasperata enfasi sull’auto-realizzazione individuale–
può indurre a qualche incomprensione. La prima è che si voglia parlare solo dell’individuo e
dell’impiego delle nuove tecnologie della comunicazione per rispondere ai suoi molteplici bisogni,
trascurando il fatto che internet –termine-“ombrello” per indicare le migliaia di reti telematiche tra
loro interconnesse che avvolgono il globo– è una costruzione sociale collettiva e che le nuove
applicazioni favoriscono il social networking. La seconda misunderstanding è che si voglia
contrapporre il mondo “reale” al cybermondo “virtuale”, con l’implicito sottinteso che solo il primo
è quello “vero” e pertanto che solo le relazioni sociali stabilite “faccia-a-faccia” contino davvero,
mentre i rapporti mediati dal computer siano quanto mai incerti e fuorvianti.
Di certo non è questa l’intenzione degli organizzatori di questo convegno, che, già nel titolo,
hanno manifestato la medesima attenzione per le nuove relazioni sociali che si stabiliscono tramite
internet, già manifestata nove anni fa promuovendo il convegno Chiesa in rete 2 . Nei pochi anni
trascorsi da questo primo evento –una vera pietra miliare nella pastorale contemporanea–
l’evoluzione delle tecnologie telematiche ha favorito il moltiplicarsi di nuove forme di interazione
on line e l’aumento della loro rilevanza sociale. Pertanto le due incomprensioni suddette –
l’esasperato individualismo in rete e la contrapposizione tra realtà e virtualità con svilimento di
quest’ultima–, si superano facilmente, qualora si voglia considerare con mente serena le molteplici
opportunità –assieme ai nuovi limiti e rischi– offerti dai social networking che si stanno
sviluppando in internet, e che aggregano le persone con effetti di composizione che risultano
rilevanti anche a livello macro-sociale.
Ma cos’è il Web 2.0 da un punto di vista sociale e culturale? In questa sede dapprima
cercherò di offrire una definizione dei più recenti sviluppi di internet, in cui le nuove tecnologie
della comunicazione sembrano più facilmente realizzare forme inedite di convivialità sociale [n. 1].
Offrirò poi una panoramica del Web 2.0 in Italia, offrendo dapprima una tassonomia dei principali
siti –circa una trentina–, e poi descrivendo le principali caratteristiche socio-demografiche e le
preferenze degli internauti italiani che li visitano [n. 2].
Seguiranno poi alcune riflessioni sulle trasformazioni delle identità personali e dell’idea di
comunità nel social networking [n. 3], per arrivare poi, nelle osservazioni conclusive, ad individuare
due processi emergenti che potrebbero rafforzare l’impiego a fini pastorali del Web 2.0.
1. Cos’è il Web 2.0?
Gli studi sociologici su internet ormai concordano nel ritenere questo nuovo medium un
vero e proprio ambiente comunicativo, entro il quale si stanno sviluppando numerosi e differenti tipi
di comunicazione, così come nuove forme di socialità in rete. Le prime indagini mostrano che
internet viene impiegato dalla gente per stabilire nuovi legami sociali e per consolidare quelli
esistenti; ad esempio Jeffrey Boase e altri, che hanno sviluppato il Pew Internet & American Life
Project, hanno accertato –nel corso di una survey, condotta tra il marzo 2004 e il marzo 2005 su un
campione statisticamente rappresentativo di 2.200 statunitensi adulti (18 anni e oltre)– che:
i) «internet aiuta a costruire capitale sociale»;
ii) «internet gioca ruoli socialmente positivi in un mondo orientato all’“individualismo
reticolare”. Le e-mail consentono alla gente di trarre aiuto dalle reti sociali cui
2
Su significato e rilevanza ecclesiale del convegno nazionale «Chiesa in rete. Nuove tecnologie e pastorale»
(Assisi, marzo 2000), cui poi altri eventi seguirono [Aroldi e Bifo 2002; Comodo 2006], rinvio a quanto detto con
chiarezza e profondità da Domenico Pompili, Direttore dell’Ucs, in questo volume. Tra i relatori di quel primo e
aurorale evento vorrei qui ricordare Piero Bertolini, Ordinario di Pedagogia all’Università di Bologna “Alma Mater
Studiorum”, prematuramente scomparso nel settembre 2007.
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Identità e relazioni sociali nel Web 2.0
appartengono e il web consente loro di trarre ulteriori informazioni e di trovare
sostegno e notizie, allorché devono prendere importanti decisioni»;
iii) internet supporta le reti sociali;
iv) le e-mail, più che i contatti personali o le chiamate telefoniche, sono in grado di
facilitare contatti regolari con le grandi reti» [Boase et al. 2006: IX].
Gli usi sociali del medium tendono a rafforzarsi con la comparsa di siti e applicazioni che
favoriscono le forme di relazionalità sociale: è quella parte di internet che da qualche anno si va
chiamando «Web 2.0». Il termine, coniato da Dale Dougherty e diffuso da O’Really [2005], indica
in generale l’ambiente tecnologico in cui si sviluppano interfacce comunicative, le quali
favoriscono negli internauti l’assunzione di atteggiamenti decisamente attivi, come:
(i) la produzione e lo scambio di contenuti testuali;
(ii) l’esposizione di materiale audio/video auto-prodotto;
(iii) la partecipazione a dibattiti e a scelte anche di impegno civico, sociale, politico…
In realtà alcune forme di cyberattività si ritrovano anche nel web 1.0: si pensi alla
partecipazione a forum, chat line, Mud, e all’impiego di e-mail e di siti web al fine di promuovere la
mobilitazione sociale, ad esempio in occasione di manifestazioni no global [Bentivegna 1999, 2002;
Fici e La Spina 2004].
Qual è allora la differenza tra le due versioni di internet? Il dibattito è tuttora in corso,
alimentato dalle stesse innovazioni che quasi ogni giorno la rete stessa offre 3 . Mary Madden e
Susannah Fox, due ricercatrici del Pew Internet & American Life Project, propongono di
considerare il controllo sui contenuti ceduto all’utente la principale differenza fra i siti dell’una e
dell’altra versione di internet. Ad esempio Google, che dimostra molta sensibilità per le
applicazioni del Web 2.0, non concede però alcuna possibilità agli utenti di intervenire
nell’impostazione dei servizi –non è possibile, ad esempio, modificare o cancellare le modalità di
interrogare la rete per cercare determinati siti. In breve «Gli utenti contribuiscono con contenuti allo
sviluppo di molte applicazioni di Google, però non possono controllarle pienamente», osservano
Madden e Fox [2006: 1; mia trad., corsivi nel testo], così ribadendo la distinzione da loro proposta
tra le due forme di internet.
Anche Daniele Sommavilla, presentando il primo rapporto Nielsen/NetRatings sul Web 2.0
italiano, propone di definirlo «l’ambiente in cui si sono sviluppati dei siti e delle applicazioni web,
che mettono il controllo del contenuto, sia generato direttamente dall’utente che no, nelle mani del
consumatore» [Sommavilla 2007: 3].
Dalla cyberattività in internet all’internet partecipata e divenuta social networking: sembra
essere questa, dunque, la direzione di sviluppo del Web 2.0 più interessante. In attesa che gli
sviluppi delle tecnologie incontrino i gusti della gente e si diffondano –interessante, in questa
prospettiva, è la tendenza crescente negli Usa e in Gran Bretagna ad impiegare il telefono cellulare
anziché il computer portatile ai fini di navigare in rete e così di poter svolgere social networking in
tutti i luoghi e situazioni [Nielsen/Mobile 2008]–, è ora opportuno guardare più da vicino come si
presenta il Web 2.0 nel nostro Paese.
3
A conclusione del suo “manifesto”, O’Really [2005] indica le sette competenze chiave richieste nelle società
che guardano al Web 2.0 come ad una struttura socio-culturale emergente:
1. «Servizi, e non pacchetti di software, con una scalabilità efficace dal punto di vista dei costi
2. Controllo su fonti di dati uniche e difficilmente replicabili, che si arricchiscono man a mano che
vengono utilizzate
3. Dare fiducia agli utenti come co-sviluppatori
4. Sfruttare l’intelligenza collettiva
5. Influenzare “the long tail” attraverso il customer self-service
6. Il software a un livello superiore rispetto al singolo dispositivo
7. Interfacce utenti, modelli di sviluppo, E modelli di business leggeri».
Egli così conclude: «La prossima volta che una società dichiara di essere “Web 2.0”, verificate le sue
caratteristiche a fronte di questa lista. Più punti otterranno, più si meriteranno questo nome. Ricordate, però, che
l’eccellenza in una sola area può essere più efficace di alcuni piccoli passi compiuti in tutte e sette».
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2. Il Web 2.0 in Italia
2.1. Una prima tassonomia
Il panorama offerto dal Web 2.0 italiano è già affollato da numerosi siti: sono oltre una
settantina, di cui 27 quelli più frequentati dagli internauti italiani. Si possono distinguere 9 tipi di
tali interfacce telematiche, le seguenti:
1. i giants, come Wikipedia, MySpace e YouTube;
2. le communities come Ebo, LinkedIn e Facebook;
3. i bloggers, come Blogger, Splinder e Xanga.com;
4. le niches, come Flixter, VirtualTourist e Digg;
5. i photosites, come Pic20, Flickr e Frog;
6. i portals, come Google, WindowsLiveSpace e Yahoo!;
7. i video, come LiberoVideo, MetaCafé e GoogleVideo;
8. i knowledge: sono siti specializzati in informazioni come Yhaoo!Answers,
Wiktionary e Answers.com;
9. infine nei virtual life –Habboo, Virtual Life e Neopets– è possibile interagire a
distanza con altri grazie al computer connesso in rete e vivere esperienze virtuali
[Sommavilla 2007: 5].
Questa prima tassonomia consente già di scorgere la molteplicità di bisogni cui il Web 2.0
cerca di rispondere. Si va dagli usi strumentali, come il reperire informazioni sugli argomenti più
disparati o scambiarsi consigli e pareri soprattutto di tipo tecnico –si pensi a Google, a
Yhaoo!Answers, a Wikipedia o a WindowsLiveSpace–, agli usi espressivi, come l’esporre proprie
foto o video in MySpace, YouTube, LiberoVideo, MetaCafé e GoogleVideo. È tuttavia il social
networking il campo in cui il Web 2.0 offre ai ciybernauti le maggiori opportunità di relazionarsi e
di sperimentare la propria identità: qui i siti sono davvero numerosi (Habboo, Virtual Life, Neopets,
Blogger, Splinder, Xanga.com ecc.).
Tra breve si riprenderà questo sforzo di classificazione con l’aiuto degli strumenti propri
della sociologia della comunicazione multidimensionale e relazionale; ora però è opportuno
continuare ad osservare il panorama offerto dal Web 2.0 italiano, esaminando le caratteristiche
socio-demografiche degli utenti di questo cybermondo.
2.2. Gli utenti del Web 2.0 italiano e la durata della permanenza nei siti
Similmente alla rapida crescita di utenti verificatasi negli Stati Uniti qualche anno prima
[Nielsen/NetRatings 2006], anche il Web 2.0 italiano è in veloce espansione. Secondo il primo
rapporto preparato per l’Italia dalla Nielsen/NetRatings, a gennaio 2007 il 56% dei navigatori
italiani, pari a 11 milioni 380 mila persone, ha visitato almeno una volta i siti del Web 2.0
[Sommavilla 2007: 8]. Questi utenti mostrano dati di consumo della rete più elevati rispetto alla
media, sia sotto l’aspetto della durata mensile (27 ore e 50 minuti, contro le 18 ore e 36 minuti della
media degli internauti), sia in virtù della tendenza a collegarsi più frequentemente alla rete (44
collegamenti mensili contro i 29 della media) [ibidem: 6-7].
Posti a confronto con quanto avviene in Europa, si nota che gli internauti italiani si
posizionano al quinto posto tra i principali paesi europei nella classifica dei visitatori di Wikipedia,
MySpace e YouTube. Oltre un terzo degli internauti italiani, infatti, ha visitato questi tre noti siti del
Web 2.0 (37%), mentre in Spagna sono il 43%, nel Regno Unito il 42%, in Francia il 41% e in
Germania il 39% [ibidem: 12].
Anche la velocità di crescita dell’utenza di alcuni social network italiani risulta
ragguardevole. In termini di utenti unici Wikipedia è cresciuta in un solo anno –da gennaio 2006 a
gennaio 2007– del 122% [ibidem: 11]. Incrementi vertiginosi hanno conosciuto poi gli altri giants
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che, affacciatisi in internet solo di recente, hanno però subito incontrato i gusti della gente e quindi
hanno visto crescere in un solo anno di oltre il mille per cento la propria utenza: è il caso di
YouTube (+1.034%) e di MySpace (1.295%) [ivi].
Ma quanti sono gli internauti attirati dal Web 2.0 italiano? E quanto tempo essi vi dedicano?
A queste domande una prima risposta viene dalla fig. 1.
Fig. 1 – Le 9 categorie del Web. 2.0: penetrazione e tempi di navigazione in Italia
Fonte: Sommavilla [2007: 14].
La fig. 1 evidenzia il fatto che portals e giants sono i siti del Web 2.0 cui più
frequentemente si collegano gli internauti italiani: poco più dei due quinti di essi –circa 8 milioni–
visita i portals (Google, WindowsLiveSpace e Yahoo!) e oltre un terzo –circa 7 milioni– consulta i
giants, come Wikipedia, MySpace e YouTube. Quantità inferiori, ovviamente, visitano gli altri sette
tipi di siti del Web 2.0, dai circa 4,4 milioni che scrivono sui bloggers, alle poche decine di migliaia
che sperimentano identità e modi inediti di relazioni sociali nei siti di virtual life 4 .
Non sempre al decrescere del numero dei visitatori corrisponde una minore durata di
permanenza nel sito da parte del cybernauta. Ad esempio neanche l’1% degli internauti italiani,
come si è appena detto, visita siti del tipo virtual life (Habboo, Virtual Life e Neopets), però quelli
che lo fanno vi si trattengono più a lungo –in media oltre 40 minuti!–, di quanto facciano coloro che
visitano qualsiasi altro tipo di social network.
Infine una scorsa all’elenco dei dieci siti più visitati sulla settantina che formano il Web 2.0
italiano mostra una grande differenza nel numero dei visitatori. Sempre secondo il rapporto
Nielsen/NetRatings, quasi un terzo degli internauti –il 31%, pari a quasi 5 milioni– si collega a
Wikipedia; molto staccato appare il secondo sito classificato: YouTube (14%, poco più di 2,2
4
Le cifre riguardanti gli utenti del Web 2.0 riportate dal Rapporto Nielsen/NetRating 2007 sono superiori a
quelle che si otterrebbero calcolando le frequenze in base ai dati forniti dall’Istat sugli internauti italiani. Infatti l’Istat
valuta che circa il 23% della popolazione totale è collegata ad internet, e ciò equivale a circa 16 milioni gli internauti
italiani [Istat 2007]. Applicando a questa cifra le percentuali della fig. 1, i visitatori dei portals sarebbero appena circa
6,5 milioni, mentre quelli che si collegano ai giants sarebbero appena circa 5,7 milioni, ecc. Le differenze nelle stime si
spiegano in base alla maggiore o minore ampiezza dei campioni utilizzati; la maggiore ampiezza di quello impiegato
dall’Istat e quindi pure la sua maggiore rappresentatività induce a guardare con prudenza alle cifre presentate dal
Rapporto Nielsen/NetRating.
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milioni). Seguono Blogger e LiberoVideo, ciascuno visitato dal 10% (1,6 milioni di internauti);
pure Yahoo!Answers e Splinder hanno il medesimo numero di visitatori (8%. 1,3 milioni), e
Blogo.it, GoogleVideo, Myspace e Facebox sono visitati da quote decrescenti comprese tra il 7% e
il 6% (circa un milione di internauti ciascuno) [Sommavilla 2007: 13].
2.3. Gli internauti italiani nel Web 2.0 e le loro preferenze
Chi sono gli internauti italiani che si rivolgono al Web 2.0 e quali siti di social networking
preferiscono? I dati raccolti da Nielsen/NetRatings confermano anche per il Web 2.0 il profilo già
noto degli utilizzatori del computer nel nostro Paese [Istat 2008]; più precisamente, gli utenti del
Web 2.0 sono più di frequente maschi (+8 punti percentuali sulla media) e giovani-adulti o adulti
(18-34 anni: +6 punti percentuali sulla media: 35-49 anni: +4 punti); di converso sono meno
frequentemente rappresentati le femmine, i più giovani e i più anziani [Nielsen/NetRatings 2007:
15].
Ciascuna di queste principali categorie socio-demografiche ha le sue preferenze, e pertanto
i siti visitati sono diversi, però si possono individuare delle regolarità; ad esempio:
a) le internaute si rivolgono più frequentemente a siti come Neopets (indice di
composizione: 218), Pic20 (192), VirtualTourist (188), Wiktionary (181), Ebo (153) e
IoBloggo (140) [ibidem: 16];
b) i minorenni sono attirati dai siti in cui possono dare libero sfogo alla propria espressività,
come Habbo (indice di composizione: 479), Xanga.com (296), Ringo (272), Facebook
(184), Freewebs (183) e Bolt (173);
c) i giovani (18-24 anni) vogliono sperimentare nuove relazioni sociali e identità, pertanto
si rivolgono più frequentemente a SecondLife (indice di composizione: 539); con ampio
distacco seguono Ringo (267), Facebook (253), Bolt (247), IoBloggo (222) e
WindowsLifeSpace (216);
d) gli adulti-anziani (50 anni e oltre) scelgono invece più frequentemente i photosites o le
communities come Webshots (indice di composizione: 172), Technorati (160),
AolHometown (153), Panoramio (121), Yhaoo!Groups (119) e FreeWebs (113).
Quasi la metà dei cibernauti italiani (47%) poi è un heavy user, ovvero rimane collegato alla
rete ad ogni collegamento in media per oltre 10 minuti.
In breve, sono tre le principali caratteristiche del Web 2.0 italiano che emergono dai primi
studi sociali, le seguenti:
1) Il Web 2.0 sta coinvolgendo porzioni crescenti degli internauti italiani –pure questi sono
in crescita, ma con assai minore velocità dei primi;
2) Più della metà degli internauti italiani (56%) frequenta uno o più siti di social
networking;
3) Nel Web 2.0 italiano i più visitati finora sono i siti informativi, meno quelli espressivi.
3. Il Web 2.0 nella prospettiva della sociologia multidimensionale e relazionale
Vorrei ora sviluppare alcune considerazioni sociologiche sul Web 2.0 italiano, mettendo
meglio a fuoco le trasformazioni che l’identità e il senso della comunità incontrano nell’attività di
social networking.
3.1. Oltre gli opposti determinismi tecnologici
Prima però occorre sgombrare il capo da un equivoco, che in forme differenti è assai
diffuso: ovvero che la tecnologia determini profondi cambiamenti nella società. Questa
impostazione deterministica, che in varie forme è stata proposta da sociologi e da filosofi, sia
materialisti sia idealisti, può avere due varianti: una pessimistica ed una ottimistica.
Limitandoci al caso delle nuove tecnologie della comunicazione, la prima variante descrive i
social network come pericolosi perché chi li frequenta può cadere vittima di criminali o disturbati
mentali che lo infastidiscono, lo minacciano o gli fanno proposte oscene, o più semplicemente (e
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fraudolentemente) cercano di carpirgli dati sensibili, utili per effettuare poi transazioni bancarie a
suo danno. In breve, i tecno-deterministi nella versione pessimistica, come Alessandro Acquisti e
Ralph Gross [2006], tendono a considerare gli utenti dei social network come incaute prede di
malintenzionati e come facili vittime della ingannevole facilità d’uso delle nuove tecnologie.
All’opposto la versione tecno-ottimista enfatizza le opportunità offerte dal social networking
per rafforzare le capacità individuali, per valorizzare l’autonomia e la libertà personale, e per
consolidare legami sentimentali e comunitari. Ad esempio Danah Boyd [2008] sostiene che i social
network rappresentano soluzioni tecnologiche in grado di sostenere i legami “deboli” –tali perché le
persone sono lontane e/o si vedono raramente– e per di più esse consentono ai giovani di sfuggire al
controllo degli adulti –genitori, insegnanti, educatori– e di rifugiarsi in spazi autonomi, nei quali
possono sperimentare le proprie capacità, plasmando a piacere la propria identità.
È evidente che sia la teoria della vittimizzazione, elaborata dai tecno-pessimisti, sia quella
dell’empowerment della persona tramite i nuovi media, elaborata dai tecno-ottimisti, sono entrambe
fuorvianti: esse si oppongono su tanti aspetti, ma accettano la medesima impostazione
deterministica ed individualistica, ovvero che le nuove tecnologie di per sé spingano i
comportamenti umani verso un esito predefinito. Questa illusione tecnologica, come ha mostrato da
tempo Umberto Eco in Apocalittici e integrati [1963], risorge ogni volta che una nuova tecnologia
della comunicazione si è affacciata nella società moderna: la si ritrova nei dibattiti sulla “potenza”
dei media originatisi all’apparire delle prime forme di cinema, di radio, di televisione, di computer
e, oggi, di social networking. Essa va respinta perché, creando una sorta di corto circuito tra il
progresso tecnologico e la mente, presume di poter determinare i comportamenti individuali, e pure
ignora i valori, le norme e le pratiche del contesto sociale in cui la persona vive, ovvero il suo essere
libero (pur nei vincoli dati dalla situazione).
La migliore ricerca sociale pertanto ha respinto da tempo ogni suggestione deterministica e
ha preso sul serio la libertà e la creatività delle persone, analizzandone la cultura e considerando i
vincoli posti dall’ambiente sociale in cui essi vivono come limiti e al tempo stesso come
opportunità [Archer 1997, 2006; Donati 2002, 2007]. Pertanto la sociologia multidimensionale e
relazionale [Martelli 1999, 20034, 2006] considera il Web 2.0 un fenomeno sociale complesso, che
però può essere facilmente compreso osservandolo a partire dallo schema Agil, che per Pierpaolo
Donati costituisce la «bussola» capace di orientare l’analisi di ogni fatto sociale. Adottando questa
chiave interpretativa emergono quattro aspetti, generatori di relazioni, del Web 2.0, i seguenti:
(A) Le pratiche per adattarsi alle proprietà dei mezzi tecnologici (ad esempio: come e con
chi scoprire possibilità e limiti della piattaforma usata);
(G) Gli scopi che il soggetto si propone di realizzare (ad esempio: mostrare una propria foto
ad amici che non si vedono da anni, ecc.);
(I) Le norme che si devono seguire (la net etiquette va rispettata, ad esempio: NON
SCRIVERE IN MAIUSCOLO, è come se tu urlassi);
(L) I valori che orientano l’azione (ad esempio: partecipazione, condivisione, creatività,
ecc.).
Non è questa la sede per approfondire ciascuno di questi quattro aspetti funzionali e
descrivere le relazioni sociali che essi generano. Piuttosto è importante tenere fermo il fatto che
pure il Web 2.0 è un artefatto umano, quindi un fenomeno sociale e culturale, che non va
demonizzato e neppure acriticamente esaltato, ma va compreso nelle sue dinamiche sociali a partire
dalle proprietà emergenti che lo caratterizzano. In particolare lo sviluppo del Web 2.0 dipende dal
capitale sociale esistente nella società; al tempo stesso, tecnologie efficaci di social networking
aiutano a riprodurre la fiducia tra persone e le relazioni solidaristiche e cooperative tra queste e le
istituzioni, e quindi a migliorare la società attuale 5 .
5
Per esempi della circolarità esistente tra le iniziative di social networking e lo sviluppo di capitale sociale in
contesti deprivati, mi si consenta di rinviare ai volumi La comunicazione del terzo settore nel Mezzogiorno
(FrancoAngeli, Milano 2006) e La comunicazione al servizio del volontariato (FrancoAngeli, ivi 2009), in cui descrivo
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3.2. Le comunità del Web 2.0 italiano: una tipologia
Applicando quanto appena detto al panorama italiano dei siti Web 2.0 già noti e
analizzandolo in base allo schema Agil, si ottiene la seguente tipologia degli attuali social network:
1. Le comunità ludiche (L) –rappresentate da YouTube, LiberoVideo, Metacafe, GoogleVideo,
Pic20, Flickr e Frogg– potenziano l’espressività degli internauti e ne valorizzano la ludicità:
una dimensione dell’essere umano, come ha mostrato Huizinga [1927], ingiustamente
trascurata dalla modernità;
2. Le comunità relazionali (I), come Habbo, Neopets, SecondLife, Blogger, Splinder,
Xanga.com, googleGroups, Yahoo!Groups e Facebook, realizzano forme di convivialità in
rete;
3. A loro volta le comunità di scambio (G), come MySpace, Flixster, VirtualTourist, Digg e
WindowsLiveSpaces, creano circuiti per beni e servizi, a volte scambiati –specie nel caso di
software o altri beni immateriali– in forme tipiche dell’«economia del dono», in altre
regolati dalle modalità capitalistiche di transazione;
4. Infine le comunità di apprendimento (A), da Wikipedia a Yahoo!Answers, da Wiktionary ad
Answers.com ed a LinkedIn, realizzano forme di condivisione dello scibile umano e di
cooperazione per rintracciare informazioni 6 .
In breve le comunità nel Web 2.0 si presentano come reti sempre instabili di rapporti
personali mediati dalle nuove tecnologie, che forniscono quattro principali risorse, le seguenti:
a) Socialità “mediata” (o tecnosocialità) [Dell’Aquila 1999, 2005];
b) Supporto emotivo a un “Io minimo” [Lasch 1985];
c) Informazioni e consigli (specie di tipo tecnico);
d) Un senso di appartenenza a un gruppo e una identità sociale, però sempre provvisoria e
reversibile.
3.2. Cambiamenti nell’identità e nella comunità
Nella «emergente società in rete» [Martelli e Gaglio 2005] sia l’identità, sia la comunità
appaiono in profonda ridefinizione. La «networked society» [Castells 2002, 2002-2003, 2004] si
presenta come un insieme di persone che entrano ed escono continuamente da gruppi formatisi
grazie alle opportunità tecnologiche offerte da migliaia di reti telematiche; l’appartenenza a tali
“comunità” è libera e assicurata da un semplice “colpo di click” del mouse. Così, grazie alle nuove
tecnologie, le persone possono coltivare contemporaneamente appartenenze multiple e pure
sperimentare identità differenti; il rovescio di tale libertà di relazioni è però la loro instabilità.
Queste trasformazioni del legame sociale, favorite dalle nuove tecnologie, si iscrivono però
entro trasformazioni socio-culturali più ampie, le quali tendono alla «de-costruzione» della
modernità [Lyotard 1981; Martelli 1999]. La globalizzazione, anziché configurarsi come
assimilazione di tutte le culture entro il modello occidentale ovvero come omologazione
all’american way of life, si intreccia con la vitalità di religioni e culture –inattesa per chi si colloca
acriticamente nella visione eurocentrica e modernistica della società contemporanea–, e con la
riscoperta delle identità locali. Pertanto Robert Robertson [1995], seguito da molti altri, ha proposto
di parlare di «glocalizzazione», al fine di evidenziare meglio gli effetti paradossali e, talora,
“perversi” che si originano da questo inedito intreccio tra apertura al mondo e rinvigorirsi del
localismo [Martelli 1999, Parte II, cap. I].
In breve sia l’identità, sia la comunità vengono profondamente ridefinite dagli usi sociali
delle nuove tecnologie. Sintetizzando al massimo quanto risulta da numerosi studi [Turkle 1997;
Dell’Aquila 2005; Spedicato 2008], si può dire che:
varie iniziative realizzate in tale prospettiva sia al Sud sia al Nord, a cominciare dal Portale per la comunicazione del
terzo settore a Palermo (2003-2005).
6
Ringrazio Paolo Dell’Aquila, Docente di Giornalismo sportivo presso l’Università di Bologna "Alma Mater
Studiorum", per l’aiuto datomi nel classificare i 27 siti che compongono il Web 2.0 italiano.
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Martelli S.,
Identità e relazioni sociali nel Web 2.0
 L’identità, da “essenza” stabile e definita, appare un costrutto socio-culturale in
continua evoluzione, oggetto di sperimentazione continua e continui adattamenti ad
ambienti virtuali differenti. Il soggetto “post”moderno, distinguendo il proprio “io” dai
molti sé come ha insegnato da tempo la sociologia di Ervin Goffman [1969], sa entrare
in gruppi e comunità virtuali in modi differenti, presentando avatar e maschere virtuali,
collezionando molteplici identità, sempre parziali e continuamente ri-definite. Il
networked individualism [Wellman et al. 2003] dà quindi adito alla trasformazione
dell’identità stabile in una molteplicità di identità;
 Analoga trasformazione subisce la comunità: da concetto olistico –come nelle
sociologie di Ferdinand Tönnies o di Émile Durkheim– nella società in rete essa va
inevitabilmente declinata plurale: non solo perché nel cyberspace si possono distinguere
tipi differenti di comunità –ad esempio comunità “ancorate” ad un territorio dato
(metropoli, regione, ecc.), comunità di interesse (etnico, religioso, professionale, ecc.) o
anche comunità di affinità (appassionati di musica, fan del calcio o della moda, ecc.)–,
ma soprattutto perché il moltiplicarsi a dismisura del loro numero introduce un
trasformazione irreversibile nel concetto stesso di comunità. Con buona pace dei tecnoottimisti del virtuale [Rheingold 1993, 20002], le comunità in rete si presentano come
diluite e depotenziate: proprio quelle caratteristiche –integrazione sociale, sostegno della
personalità, ecc.– che più sono cercate dagli internauti, sono anche quelle più labili: il
cybermondo appare popolato da comunità «immaginate» [Fernback 2007]. Pertanto pure
la riscoperta della comunità, nella società glocalizzata, è più frutto di nostalgia che una
struttura emergente, e ciò dà luogo ad esiti imprevisti e paradossali7 .
In breve sia la personalità, sia la comunità nella «emergente società in rete» si pluralizzano e
si trasformano, con esiti e in direzioni che sono ancora oggetto di studio da parte delle scienze
sociali.
3.4. Identità e relazioni nei social network italiani
Tenendo presente quanto si è appena detto sulle trasformazioni sia dell’identità, sia della
comunità, si può dire in estrema sintesi che nei social network italiani:
1) le identità esprimono liberamente spontaneità, creatività, gratuità;
2) si assiste alla pluralizzazione delle identità di un singolo soggetto (Io multiplo, identità
sempre reversibile);
3) l’atmosfera delle comunità virtuali è emotiva (ambience, stimmung): favorisce il ri-crearsi
del legame sociale, anche se in forme differenti da quelle proprie dei rapporti face-to-face;
4) la socialità appare diffusa, ma anche instabile ed a-finalistica ed a-progettuale.
Queste caratteristiche sono effetto dei processi socio-culturali in atto nella società “post”moderna, tra cui quello di de-individualizzazione e di de-comunitarizzazione [Martelli 1999].
7
Ad esempio il senso di intimità che crea l’essere ammessi a condividere il profilo creato su MySpace da
Michael e Amy –due ragazzi di 17 e 16 anni che, appena fidanzatisi, hanno deciso di condividere la loro relazione con
tutti i loro amici virtuali– può a breve ritorcersi in un senso di delusione e di imbarazzo quando la loro “storia” finisce e
ci si trova coinvolti in litigi ed insulti, anch’essi resi pubblici tramite il social network. Concordo con Danah Boyd
[2008] nel sottolineare che gli aspetti strutturali del Web 2.0 –ad esempio la pubblicazione delle dichiarazioni (d’amore
o di rabbia), la persistenza delle informazioni condivise, la consapevolezza di essere visti da un pubblico invisibile–
portano a trasformazioni dell’intimità –in genere delle relazioni sociali. Non parlerei però, come fa la Boyd, di
«convergenza sociale» –termine troppo “deterministico” in senso tecnologico: infatti richiama la «convergenza su base
digitale»–; suggerisco semmai la «con-fusione» di pubblico e privato, che è un tratto socio-culturale tipico della
“logica” “post”-moderna [Martelli 1999, cap. 4].
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Martelli S.,
Identità e relazioni sociali nel Web 2.0
Conclusione: Due processi rendono più sociale il Web 2.0
Quale sarà l’esito finale di queste trasformazioni? È ancora presto per poter dare risposte
attendibili. Per ora si osserva che le radicali modifiche in atto nel senso della comunità e
dell’identità personale, nei social network italiani descrivono le seguenti tre direzioni:
1) Dall’unica comunità alla pluralizzazione delle comunità (i legami sociali si moltiplicano,
ma anche si indeboliscono);
2) Dall’identità definita e rigida si passa alle identità plurime, flessibili ma volatili (dei tre
esiti del processo di videosocializzazione, prevale la «personalità a bassa definizione»
[Martelli 20034, cap. 1]);
3) Gli effetti sull’impegno civile, sociale, religioso sono poco visibili e a lunga durata
(secondo quanto previsto dalla «teoria della coltivazione» di Gerbner [et al., 1986]).
Ciascuna direzione costituisce una sfida alla pastorale ecclesiale, che va studiata e
interpretata, al fine di potervi dare adeguate risposte. Al tempo stesso fin da ora si può osservare che
le migliori esperienze di comunità telematiche nel Web 2.0 si inseriscono nei due processi seguenti:
a) Ri-territorializzazione del legame sociale;
b) Ri-personalizzazione del networked individualism.
Mi sembra che, ragionando sulle implicazioni che ne derivano per la pastorale della Chiesa
italiana, si potrebbero immaginare molte e diverse applicazioni… Ma questa è un’altra storia, che
tocca scrivere non più al sociologo, ma agli animatori della cultura e delle comunicazioni, ai
webmaster e ai tanti giovani impegnati su queste nuove frontiere della Chiesa in Italia 8 .
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8
A costoro e in particolare ai giovani è rivolto il Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni
2009, intitolato «Nuove tecnologie, nuove relazioni». A ribadire l’incoraggiamento ad operare nei social network con
creatività e fiducia è l’esempio dato dal Pontefice, che accettando la proposta di collaborazione con YouTube ha fatto
inserire proprie clip sul sito http://www.youtube.com/vatican, aperto in pari data (24.01.2009) del Messaggio.
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