Pitagora e la musica Testo tratto dalla trasmissione radiofonica Vite da logico, andata in onda su Radio2 nel 2004 Ercole grande eroe dell’antichità noto per le sue dodici fatiche un giorno andò in Iberia quella che oggi noi chiameremmo Spagna a rubare i buoi del gigante Gerione e portò appunto a termine una delle sue dodici fatiche. Tornando a casa si fermò in Calabria e qui la storia ci racconta alcuni episodi di ciò che successe; in particolare il pastore Lacigno cercò di rubargli la mandria (del gigante Gerione), l’eroe si seccò molto lo uccise però inavvertitamente uccise anche un pastore innocente che stava nei dintorni che si chiamava Crotone. E allora per espiare questo delitto Ercole seppellì l’innocente pastore che aveva ucciso e promise sulla sua tomba che sarebbe nato in quel luogo una potente città che ne onorasse il nome e questa città si chiama per l’appunto ancor oggi Crotone. Fu costruita verso il 700 a.C. e divenne un esempio perfetto si potrebbe dire oggi di quella che era la città greca. Una vita sana, atletica, tutto il contrario cioè di quello che succedeva nei dintorni in un’altra cittadina vicino a Crotone che ancora oggi si chiama Sibari che era invece il modello invece della società edonista e decadente. Sembra che fosse proprio questo il motivo, cioè il fatto che a Crotone si faceva una vita sana e atletica che fece si che Pitagora andò a vivere a Crotone. Crotone divenne il centro dell’attività dei pitagorici e fu appunto in questa città così ci dice per lo meno lo storico Giambico che verso il 500 a.C. successe un episodio che cambiò la storia della matematica e in realtà della scienza e addirittura potremmo dire la storia dell’umanità. Quale fu l’episodio? Pitagora passeggiava per le vie della città di Crotone insieme ai suoi studenti. Ad un certo punto, passando di fronte a una bottega di un fabbro sentì dei rumori, naturalmente dentro c’erano dei fabbri che lavoravano, però lì orecchio sensibile del filosofo fu seccato dal fatto che alcuni di questi rumori insieme non stavano bene erano quello che oggi noi diremmo dissonanti. E altri di questi rumori sembravano funzionare bene insieme non erano in contraddizione musicale ed erano quello che oggi noi chiameremmo consonanti. Allora Pitagora che era un filosofo volle vederci chiaro. Entro nella bottega del fabbro ferraio e cerco di capire qual era il motivo per cui alcuni suoni di incudine erano consonanti ed altri invece erano dissonanti. Il motivo fu presto spiegato per lo meno così scoprì Pitagora cioè se noi prendiamo due martelli uguali e li battiamo sull’incudine, non c’è bisogno di un filosofo per capire, il suono che viene fuori e lo stesso. Quello che invece scoprì Pitagora è che se noi prendiamo due martelli di cui però un è pesante metà, o il doppio dell’altro la cosa è simmetrica.. ecco allora che i suoni che vengono fatti da questi due martelli il cui peso è appunto uno il doppio dell’altro, sono lo stesso suono cioè la stessa nota però a distanza di quello che in musica si chiama un’ottava. Per esempio sono due Do. Un Do e poi il Do superiore e il Do inferiore. Questa fu una scoperta interessante naturalmente quella di scoprire che un certo rapporto fra i martelli produce dei suoni che hanno tra di loro un certo rapporto musicale. Naturalmente la cosa non finì qui … Pitagora scoprì anche che se i martelli hanno un rapporto invece di una volta e mezza uno con l’latro cioè un rapporto di 3 a 2 come diremmo oggi noi attraverso numeri di nuovo suoni sono consonanti, però non sono più la stessa nota, ma sono quello che oggi noi chiameremmo in musica un intervallo di quinta per esempio un Do e un Sol. Pitagora scopre che se i rapporti fra i pesi dei martelli sono 4 a 3 cioè uno è una volta e tre periodo l’altro, di nuovo i suoni, per lo meno per la musica greca sono consonanti, per noi non lo sarebbero più molto, sono quello che noi chiameremmo oggi in musica un intervallo di quarta per esempio un Do e un Fa successivo. Ora come dice il detto … “se una cosa succede una volta è un caso, se succede due volta è una coincidenza ma se succede tre volte allora c’è premeditazione”. E allora Pitagora scoprì che effettivamente non era un caso, non era una coincidenza, ma doveva esserci una premeditazione nel fatto che rapporti numerici come 2 a 1 oppure 3 a 2 oppure 4 a 3 potevano descrivere da un lato i rapporti fisici tra grandezze come il peso dei martelli e dall’altra però, questa era la cosa interessante rapporti armonici, rapporti musicali fra note diverse. Per esempio un’ottava, una quinta o una quarta. Su questo Pitagora si lanciò, capì che la matematica poteva essere un ponte fra la natura e nel caso dell’episodio che viene raccontato era per l’appunto quello che si riferisce ai pesi dei martelli e l’umanesimo che invece nell’episodio era i suoni che questi martelli producevano sulle incudini. Cioè la matematica come un ponte fra, oggi potremmo dire, le due culture, da una parte la cultura scientifica la fisica ed in generale lo studio della natura e dall’altra parte invece la cultura umanistica e in particolare come in questo caso la musica.