Fabrizio Sciacca,il concetto di persona in Kant

Fabrizio Sciacca, Il concetto di persona in Kant, Milano, A. Giuffrè, 2000, pp. 151.
di Luca Mori
Nella filosofia kantiana, il concetto di persona ha rilevanza sia nel dominio del diritto che in quello
dell’etica: partendo da questa constatazione, Fabrizio Sciacca studia la relazione tra normatività e
politica in Kant e chiarisce il concetto kantiano di persona, mostrandone il rapporto con le nozioni
di «obbligazione», «imputazione», «dovere», «libertà» e «legge».
Il primo capitolo del libro di Sciacca mette in luce i presupposti e assieme l’originalità della
riflessione kantiana sul concetto di «persona», concentrando l’attenzione anzitutto sull’eredità
wolffiana: in Wolff, dunque, l’uomomorale o spirituale, distinto da quello meramente carnale, è
soggetto di diritti e obbligazioni; in quanto tale, sulla scia di Grozio e Locke, l’uomo
è persona, perché compie azioni imputabili e, come persona, è libero,perché l’imputabilità
comporta il riferimento ad una dimensione ulteriore rispetto a quella della causalità naturale.
In Kant, sostiene Sciacca, possiamo trovare un intreccio analogo tra i concetti
di persona, libertà e imputabilità: tuttavia, ciascuno di questi concetti, e quindi anche l’insieme, va
collocato nel nuovo orizzonte argomentativo aperto dal «fatto di ragione», cioè dall’imperativo
categorico morale nella formulazione kantiana, che comporta il fondamento a priori
dell’obbligazione. In Kant, infatti, l’imputabilità delle azioni rinvia al criterio del
dovere interiore all’uomo, cioè al fatto della moralità: così, dalle argomentazioni di Sciacca, emerge
che la capacità giuridica della persona kantiana non è riducibile semplicemente ad
una habilitas, come accadeva in Wolff, ed il fatto stesso di «essere persona» non è più definito, in
Kant, nell’ottica di una volontà genericamente intesa, ma in base ad una «volontà pura possibile».
Come nel primo capitolo, anche nel secondo Sciacca si riferisce anzitutto, ma non esclusivamente,
alla Metafisica dei costumi, concentrando l’attenzione su sei luoghi, relativi, i primi tre, alla dottrina
del diritto e, i restanti, alla dottrina della virtù. Sciacca mette in luce che, in Kant, la duplicità della
natura
umana
(homo
phaenomenon e homo
noumenon)
non compromette
l’unità
della persona, perché il concetto di persona contraddistingue unicamente l’homo noumenon, in
quanto soggetto di azioni imputabili, indipendentemente dalla pluralità dei doveri (perfetti o
imperfetti, noumenici o fenomenici, restrittivi o estensivi). Sciacca suggerisce poi due prospettive di
lettura. In primo luogo, propone di servirsi della nozione lockeana di identità «sortale» per
esprimere il fatto che, in Kant, l’individuo ha come proprietà invariante quella di essere «un’entità
noumenica, morale e giuridica» (p. 52). In secondo luogo, Sciacca mostra che in Kant è
presupposta l’impossibilità
di
pensare
l’autonegazione
della
personalità.
Gli ultimi due capitoli sono dedicati rispettivamente alla sovranità interna ed esterna della persona.
Come era emerso già nei capitoli precedenti, la persona kantianamente intesa possiede, secondo
l’espressione di Sciacca, «già a livello pre-giuridico, uno status ontico e deontico di carattere etico e
politico»
(p.
72):
la
persona
ha
diritti
e
doveri
innati
che
sono,
insieme, costitutivi e regolativi dell’attività politica, e questa attività, a sua volta, tramite il diritto,
colloca la persona nella dimensione pubblica ed intersoggettiva che le spetta.
Sciacca esamina, quindi, l’importante nozione kantiana di pubblicità e, di seguito, relativamente
alla sovranità esterna della persona, affronta problemi come i seguenti: la persona come fondamento
dell’eguaglianza politica; il diritto di resistenza ed i presupposti kantiani dell’«unicità del potere
sovrano» e della «sovranità inalienabile del potere legislativo»; la dimensione cosmopolitica della
persona; il passaggio dallo jus gentium,ancora condizionato dalla logica della guerra, allo jus
cosmopoliticum, che rinvia ad una repubblica mondiale come dover-essere a cui tendere
indefinitamente.
Questi problemi sono trattati in modo accurato, con scrupolosa precisione filologica e puntuali
riferimenti ai testi. Ci sono tuttavia anche altre questioni, che Sciacca ha il merito di sollevare e che
non sono secondarie nella riflessione sul concetto di persona in Kant: ricostruendo in modo
persuasivo, con un’interpretazione coerente, la coerenza che lo stesso Kant intendeva certo
attribuire al concetto di persona, Sciacca concentra però l’attenzione sugli scritti kantiani dedicati
anzitutto alla ragione pratica (dalla seconda Critica alla Metafisica dei costumi), e si limita ad
accennare a quelli dedicati principalmente alle condizioni e alle caratteristiche empiriche dell’agire
umano (dall’Antropologia pragmatica ai vari scritti politici e di filosofia della storia e del diritto).
Una questione di primaria importanza affrontata da Sciacca riguarda il tema della menzogna in
Kant (pp. 45 sgg.): una persona può mentire, se così facendo sa di salvare una vita umana, per
esempio sviando i propositi di un malintenzionato? Sciacca ricostruisce la posizione kantiana su
questo argomento: la persona non può mentire, perché la dignità personale comporta il
divieto assoluto di mentire, e l’eventuale danno a terzi successivo alla veracità non è in nessun caso
un atto voluto e libero, ma un evento accidentale (un evento, non una conseguenza della menzogna).
Una seconda questione, che comporta maggiori difficoltà interpretative, è in quei brani
della Metafisica dei costumi dove, trattando del matrimonio (noumenico e monogamico) come
unica condizione morale per il buon uso delle inclinazioni sessuali, Kant sostiene che il coniuge
tradito ed i genitori abbandonati dal figlio possono legittimamente impossessarsi rispettivamente del
coniuge traditore e del bambino fuggito, come se si trattasse di cose o animali domestici (brani citati
da Sciacca a p. 80, nota.)
In questi nodi del pensiero kantiano sembra emergere prepotentemente la tensione tra homo
phaenomenon e homo noumenon: tensione che, rileva Sciacca, Kant intende risolvere con l’esplicita
collocazione della persona nella dimensione noumenica; eppure i problemi riaffiorano quando si
tratta di questioni concrete: così, Kant è consapevole che l’uomo tende ad abusare della libertà, e
ciò comporta l’esercizio di una forza per il rispetto delle leggi (cfr. Sciacca, p. 109). Ma quali sono i
limiti di questa forza, e come viene legittimata? La risposta kantiana a questa domanda viene
considerata da Sciacca nelle pagine dedicate al diritto di resistenza e all’atteggiamento kantiano di
fronte alle rivoluzioni.
L’immagine di Kant ricavabile dal libro di Sciacca, nel complesso, è quella di un filosofo che non
considera sogno da visionario un Völkerbund als Weltrepublik, ma che è parimenti consapevole
delle difficoltà di tale aspirazione, dovute anzitutto al fatto che l’uomo è sì soggetto di una volontà
pura possibile, ma anche di un male altrettanto possibile: una «lega di popoli come repubblica
mondiale» presuppone l’armoniosa integrazione fra le dimensioni dissociate della moralità e
della legalità, e quindi sia il buon uso della ragione pratica, sia la pubblicità della legge.
L’antropologia pragmatica si limita ad opporre egoismo a pluralismo, ma è la riflessione sulla
ragione pratica che determina l’ambito concettuale in cui può e deve essere pensato l’uomo come
persona: forse è anche per questa dichiarazione kantiana (cfr. Sciacca, p. 133) che Sciacca dedica
minore attenzione a testi come l’Antropologia pragmatica e gli scritti politici e di filosofia della
storia e del diritto; testi che, pure, non sono di secondaria importanza per una riflessione completa
sul concetto di persona in Kant.
Il libro di Sciacca, in definitiva, costituisce un utile riferimento per tutti coloro che desiderano
studiare il concetto di persona in Kant, senza trascurare la complessità filologica oltre che filosofica
della questione: in questo senso, oltre al primo capitolo, che suggerisce interessanti spunti per una
riflessione sull’eredità (non solo wolffiana) della riflessione kantiana, sono utili i riferimenti
incrociati fra i testi, le frequenti citazioni di brani in lingua originale e le traduzioni che riportano
sempre l’originale tedesco dei principali concetti in questione.