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A
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1. Definizione
S.
L’economia del benessere

p.
 Capitolo 3 
Es
se
li
br
i
L’economia del benessere studia la desiderabilità sociale di allocazioni economiche
alternative e dei possibili interventi dello Stato. Tale disciplina si basa su due criteri:
l’efficienza nell’allocazione delle risorse e l’equità nella loro distribuzione fra gli individui
componenti la collettività. Per allocazione delle risorse s’intende il problema della sistemazione
e della ridistribuzione della ricchezza disponibile tra impieghi di breve, medio e lungo termine.
I presupposti di efficienza ed equità, tuttavia, costituiscono dei «giudizi di valore», nel senso
che tengono conto non solo del principio di razionalità, ma anche di valutazioni di tipo etico.
Secondo Pareto (economista e sociologo italiano vissuto a cavallo tra l’Ottocento e
il Novecento) si ha un’efficiente allocazione delle risorse quando non è possibile alcuna
riallocazione per accrescere il benessere di un individuo senza diminuire quello di un
altro (allocazione Pareto efficiente).
L’economia del benessere ha come scopo la valutazione dei possibili stati dell’economia, a partire dalle preferenze dei singoli individui e dalle differenti dotazioni iniziali di beni e fattori. Essa si avvale di strumenti logico-matematici che permettono di
trasformare i giudizi di valore individuali in scelte collettive.
2. Modello di puro scambio
B
xB
ig
bene Y
ht
©
Consideriamo un sistema economico molto semplice, in cui due individui A e B
consumano due beni X e Y disponibili in quantità fisse. Ora, analizziamo le allocazioni
realizzabili attraverso la cosiddetta scatola di Edgeworth: si tratta di un rettangolo
le cui dimensioni rappresentano le quantità dei due beni disponibili nel sistema economico. Ciascun punto del rettangolo individua una possibile allocazione di tali beni
tra gli individui.
C
op
yr
yB
O
yA
xA
A
bene X
Fig. 1 - La scatola di Edgeworth
.
174
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Libro II: Scienza delle finanze
B2
B
B3
i
B1
br
bene Y
S.
p.
Ad esempio, il punto O indica una situazione in cui l’individuo A possiede una
quantità xA del bene X e yA del bene Y, mentre B possiede una quantità xB del bene X e
yB del bene Y.
I punti situati all’interno della scatola di Edgeworth rappresentano tutte le allocazioni
realizzabili, lasciando invariata la quantità dei beni nell’economia. Ora, disegnamo la
mappa delle curve di indifferenza relative agli individui A e B: esse indicano le preferenze dei due consumatori riguardo al bene X e al bene Y.
A1
A3
A2
bene X
Es
A
se
li
O
Fig. 2 - La mappa delle curve d’indifferenza
ht
B
M
C
op
yr
ig
bene Y
©
Curve di indifferenza con un numero di pedice più alto indicano livelli di soddisfazione maggiori: per esempio, l’individuo A migliora la sua condizione passando dalla
curva A1 alla curva A2 e da questa alla A3. Un ragionamento analogo si può fare per
l’individuo B.
A questo punto ci chiediamo a quali condizioni avviene lo scambio tra i due soggetti:
esso avrà luogo solo se arrecherà ad entrambi un miglioramento in termini di utilità.
N
A
bene X
Fig. 3 - Lo scambio
.
175
A
Capitolo 3: L’economia del benessere
B
Es
se
bene Y
li
br
i
S.
p.
I punti collocati all’interno dell’area colorata (si veda la fig. 3) rappresentano una
situazione in cui entrambi i soggetti passano su una curva di indifferenza più elevata,
dopo aver effettuato lo scambio.
I due consumatori continueranno a scambiarsi quantità di beni finché non raggiungono un punto in cui non saranno più realizzabili ulteriori incrementi di utilità né per
l’uno né per l’altro. Dunque, lo scambio continua fino a quando la curva di indifferenza
dell’individuo A sarà tangente a quella dell’individuo B (punto M della fig. 3). In questo
caso, per accrescere l’utilità di A, dovrà diminuire quella di B: pertanto, l’allocazione
rappresentata dal punto M è Pareto efficiente.
All’interno della scatola di Edgeworth si individuano una serie di punti Pareto efficienti (punti di tangenza tra le curve di indifferenza dei due individui) che differiscono
tra loro per la quantità di risorse assegnata a ciascun consumatore. Il luogo a cui appartengono tutti questi punti si definisce curva dei contratti, perché individua tutti i
possibili esiti finali dei processi di contrattazione tra gli agenti.
©
A
bene X
ht
Fig. 4 - La curva dei contratti
C
op
yr
ig
Questa curva (fig. 4), che unisce l’origine di A all’origine di B, è composta da un numero infinito di punti, ognuno dei quali individua una diversa distribuzione di utilità
tra i due individui. Spostandosi verso destra, si va da allocazioni che rappresentano
un’utilità molto bassa per A ed elevata per B ad allocazioni con un’utilità elevata per
A e bassa per B.
In economia, il valore assoluto della pendenza della curva di indifferenza indica il
saggio marginale di sostituzione (MRS - Maginal rate of substitution), cioè la quantità
di un bene a cui il consumatore è disposto a rinunciare in cambio di un’unità dell’altro
bene. La condizione di tangenza tra le curve di indifferenza dei due soggetti considerati
esprime, allora, l’uguaglianza tra i saggi marginali di sostituzione dei due individui, che
realizza l’efficienza paretiana:
MRSA = MRSB
.
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Libro II: Scienza delle finanze
p.
3. Efficienza nella produzione e frontiera delle possibilità
produttive
br
i
S.
Finora abbiamo supposto che le quantità di beni disponibili nel sistema economico
siano fisse; vediamo che cosa accade quando diventano variabili.
Un’allocazione dei fattori produttivi di due beni è Pareto efficiente se non è possibile, riallocando i fattori, aumentare la produzione di un bene senza diminuire quella
dell’altro.
Anche questa proposizione può essere illustrata mediante la scatola di Edgeworth, in
cui alle curve di indifferenza si sostituiscono gli isoquanti di produzione. Supponiamo
che vengano prodotti due beni da due imprese diverse.
L2
K1
li
a
B Bene 2
se
d
b
Es
c
A
Bene 1
K2
L1
Fig. 5 - L’efficienza nella produzione
C
op
yr
ig
ht
©
Analogamente a quanto risultava dall’analisi dell’allocazione dei beni fra i due consumatori, l’allocazione ottimale dei due prodotti fra due imprese, date le loro dotazioni
iniziali di fattori produttivi (capitale K e lavoro L), è pari al tratto cd della curva dei
contratti (fig. 5). Ciascun punto di questo tratto verifica la condizione:
MRTS1 = MRTS2
dove MRTS sta per saggio marginale di sostituzione tecnica (marginal rate of technical substitution).
Generalizzando al caso in cui esiste un paniere di M beni, possiamo affermare che
il saggio marginale di sostituzione tecnica fra capitale e lavoro deve essere uguale in
tutte le imprese che producono gli M beni.
Le allocazioni ottimali dei fattori produttivi nella produzione degli M beni sono
infinite e si possono rappresentare graficamente con una curva, detta «frontiera delle
possibilità produttive» (vedi fig. 6).
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Capitolo 3: L’economia del benessere
c
bene Y
S.
w
c
o
z
bene X
li
x
br
i
y
Fig. 6 - La frontiera delle possibilità produttive
se
Ad ogni punto di tale curva corrisponde un punto della curva dei contratti.
La frontiera delle possibilità produttive indica la quantità massima del bene X
che si può produrre in corrispondenza di una data quantità del bene Y.
©
Es
Supponiamo che nel sistema considerato si produca una quantità Ow del bene Y e Ox del bene X. Se
aumentiamo la produzione del bene X da Ox a Oz, dobbiamo necessariamente sottrarre input alla produzione del beneY. Quindi, se la produzione del bene X aumenta della quantità xz, quella del bene Y si ridurrà
della quantità wy. Il rapporto wy/xz è detto saggio marginale di trasformazione (MRT), perché indica il
rapporto al quale il sistema economico può trasformare il bene X in bene Y. Esso misura il valore assoluto
della pendenza della frontiera delle possibilità produttive.
Il saggio marginale di trasformazione può anche esprimersi in termini di costo marginale (MC), che è il
costo aggiuntivo di produzione di un’unità del bene considerato. La distanza xz rappresenta il costo marginale
del bene X e la distanza wy quello del bene Y.
Pertanto:
xz = MCx e wy = MCy
ht
Ricordando che il rapporto wy/xz misura la pendenza della frontiera delle possibilità produttive ed è
anche uguale al saggio marginale di trasformazione, avremo:
wy/xz = MRT = MCy/MCx
Quindi, in presenza di produzione variabile, la condizione di efficienza paretiana diventa:
MRTyx = MRSyx
yr
ig
Ciò vuol dire che lo scambio è sempre possibile fin quando il saggio marginale di sostituzione non è
uguale a quello di trasformazione. Solo quando le pendenze delle curve di indifferenza e della frontiera delle
possibilità produttive sono uguali, è possibile ottenere un miglioramento paretiano (riallocazione delle
risorse che migliora la condizione di un individuo senza peggiorare quella di un altro individuo).
Il tasso a cui si possono trasformare unità del bene X in unità del bene Y (MRTyx) deve essere pari a quello
a cui i consumatori sono disposti a scambiare unità del bene X per unità del bene Y (MRSyx).
op
4. Il primo teorema dell’economia del benessere
C
Se ci troviamo in condizioni di concorrenza perfetta e se esiste un mercato per
tutti i beni, il primo teorema dell’economia del benessere afferma che l’allocazione
delle risorse è Pareto efficiente in corrispondenza del punto di equilibrio del sistema.
Un’economia concorrenziale alloca «automaticamente» le risorse in modo efficiente,
senza bisogno di alcun intervento esterno.
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Libro II: Scienza delle finanze
S.
p.
La caratteristica principale della concorrenza perfetta è che sia i produttori che i
consumatori sono price takers, cioè incapaci di influenzare l’andamento del prezzo.
Pertanto, un’impresa che opera in tale regime massimizzerà il proprio profitto in corrispondenza del punto in cui il prezzo si eguaglia al costo marginale: P = MC.
Tornando all’esempio dei due consumatori A e B che si scambiano i beni X e Y, avremo:
PX = MCx e PY = MCy,
cioè:
Ricordando che
MCy
MC x
Py
i
=
Px
br
MCy
MC x
= MRTxy (saggio marginale di trasformazione), possiamo scrivere come segue:
Secondo la condizione dell’efficienza paretiana, avremo:
li
MRSyxA = MRSyxB = MRTyx
se
Per concludere, in un mercato di concorrenza perfetta, se tutti i consumatori hanno come obiettivo la
massimizzazione dell’utilità e i produttori quella del profitto, si ottiene un’allocazione efficiente delle risorse.
5. Il secondo teorema dell’economia del benessere
Es
U
ig
ht
©
Utilità di y
Prendiamo nuovamente in considerazione i due consumatori X e Y, rappresentando
su un piano cartesiano le loro rispettive utilità (fig. 7):
yr
o
U
Utilità di x
Fig. 7 - La frontiera delle utilità possibili
C
op
La curva UU si chiama frontiera delle utilità possibili ed indica la massima utilità di
un individuo, dato il livello di utilità dell’altra persona. Tutti i punti situati lungo questa
curva e al di sotto di essa sono raggiungibili da parte della collettività; quelli collocati al
di sopra non lo sono. Inoltre, i punti appartenenti alla frontiera UU sono Pareto efficienti,
ma individuano distribuzioni delle risorse e quindi delle utilità molto diverse. Per sapere
quale tra questi punti rappresenta l’allocazione migliore, ipotizziamo l’esistenza di una
funzione del benessere sociale. Quest’ultima considera il benessere della collettività
.
179
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Capitolo 3: L’economia del benessere
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A
i
C
br
Utilità di Y
p.
in funzione dell’utilità dei singoli individui che la compongono. Tale concetto è espresso
graficamente dalle curve di indifferenza che descrivono le varie combinazioni di utilità
degli individui, in base alle loro preferenze.
Nella fig. 8 rappresentiamo una mappa di curve di indifferenza, sovrapposta alla
frontiera delle utilità possibili.
se
B
li
k
o
Utilità di X
Es
Fig. 8 - Le curve d’indifferenza sociali e la frontiera delle utilità possibili
C
op
yr
ig
ht
©
Il benessere sociale cresce man mano che ci si sposta verso l’alto e verso destra,
perché, a parità di altre condizioni, l’aumento dell’utilità di un qualsiasi individuo fa
aumentare anche il benessere sociale. Quindi, avremo:
W = F (UX, UY)
dove W sta per welfare (benessere sociale).
Il punto A è meno desiderabile del punto B, anche se A corrisponde ad un’allocazione
Pareto efficiente e B no. Ciò significa che, in base ai giudizi di valore della collettività,
una distribuzione delle risorse più equa è comunque preferibile, anche se non è efficiente. Infine, il punto C è migliore sia di A che di B, in quanto rappresenta un’allocazione
efficiente ed «equa» al tempo stesso.
Quindi, si può concludere che anche quando il sistema economico determina un’allocazione delle risorse Pareto efficiente, può essere necessario l’intervento pubblico per
ottenere una distribuzione «equa» delle risorse.
Il secondo teorema dell’economia del benessere afferma che, modificando opportunamente le dotazioni iniziali con strumenti di redistribuzione (imposte o sussidi)
e lasciando gli agenti liberi di contrattare, un’economia concorrenziale consente di
raggiungere qualsiasi allocazione Pareto efficiente sulla curva delle utilità possibili. In
altre parole, il libero operare del mercato concorrenziale, unito all’equa distribuzione
del reddito da parte dello Stato, fa sì che la collettività raggiunga allocazioni Pareto
efficienti ed eque.
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6. Funzione del benessere
S.
La funzione del benessere sociale rappresenta la classificazione delle preferenze espresse da una società
in relazione ad una serie di situazioni economiche alternative tra loro. La costruzione, quindi, di una funzione del benessere sociale permetterebbe il confronto tra le utilità dei diversi individui. Ciò è proprio quanto
affermano le impostazioni moderne dell’economia del benessere.
La funzione del benessere di Bentham determina il benessere sociale sommando le utilità dei singoli
individui. Le utilità sono espresse in modo cardinale e quindi sono misurabili.
In termini matematici la funzione può essere così espressa:
W = U1 + U2 + … + Un
br
i
La funzione del benessere sociale di Bentham o utilitarista non spiega, però, quale individuo può essere
beneficiato e quale danneggiato da una determinata politica varata dai governi.
Essa, infatti, potrebbe, ad esempio, ridurre l’utilità di un individuo che percepisce un reddito basso ed
incrementare quella di un altro individuo con reddito alto senza modificare il benessere sociale complessivo.
La funzione del benessere di Bergson - Samuelson lega il benessere sociale al benessere dei singoli
che compongono la collettività.
li
In termini analitici:
W = W (u1, u2, …, un)
Es
se
dove le u rappresentano le utilità dei membri della collettività.
La funzione in esame implica che il benessere sociale cresce al crescere dell’utilità di ogni individuo, per
cui il sistema economico tende verso una situazione di allocazione delle risorse pareto-efficiente; infatti, se la
funzione del benessere sociale è crescente significa che il benessere sociale può ancora essere incrementato.
Ciò induce ad affermare che la posizione di partenza non era ottimale. Tale meccanismo continuerà fino a
quando non sarà possibile aumentare l’utilità di un individuo senza ridurre quello di qualcun altro.
La funzione del benessere di Rawls rappresenta il nesso di corrispondenza tra il benessere sociale e il
benessere degli individui che si trovano nelle condizioni più svantaggiate.
Rawls, infatti, basandosi sull’impostazione contrattualista, ritiene che le diseguaglianze nella distribuzione
della ricchezza sono tollerabili solo se avvantaggiano le classi più povere.
Analiticamente la funzione può essere così espressa:
C
op
yr
ig
ht
©
W = min (u1, u2, …, un)
.
A
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 Capitolo 10 
S.
La giurisdizione in tema di pubblico impiego

i
1. Il riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego
ht
©
Es
se
li
br
Una delle principali innovazioni introdotte dal D.Lgs. 3-2-1993, n. 29, recante Norme
in materia di organizzazione del pubblico impiego (confluito, poi, nel D.Lgs. 165/2001),
è sicuramente costituita dalla devoluzione al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, del cospicuo contenzioso relativo al rapporto di lavoro tra P.A. e
dipendenti pubblici, precedentemente riservato alla giurisdizione esclusiva del G.A.
Al G.O. sono devolute dal 30 giugno 1998 tutte le controversie relative ai rapporti
di lavoro, incluse quelle relative all’assunzione, alle indennità di fine rapporto, al conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e alla responsabilità dirigenziale.
Sono devolute al G.O. anche le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni e quelle promosse da organizzazioni sindacali,
dall’ARAN e dalle pubbliche amministrazioni relative alle procedure di contrattazione
collettiva.
Restano devolute al G.A., invece, le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni nonché quelle
relative ai dipendenti esclusi dalla privatizzazione, indicati dall’art. 3 D.Lgs. 165/2001,
ivi comprese quelle attinenti a diritti patrimoniali connessi, in sede di giurisdizione
esclusiva (art. 63, comma 4, D.Lgs. 165/2001).
La successione tra la precedente e l’attuale disciplina in materia di riparto di giurisdizione sul pubblico impiego è regolata dall’art. 69, comma 7, D.Lgs. 165/2001, ai
sensi del quale le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di
lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15
settembre 2000.
C
op
yr
ig
Infine, è da notare la particolare posizione dei dirigenti, visto che, ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 165/2001,
il loro status è regolato nel dettaglio in parte dal provvedimento di conferimento dell’incarico, col quale si
possono anche indicare gli obiettivi da conseguire, e in parte dal contratto individuale, che definisce il trattamento economico, si pone un problema di scissione dei collegi. Difatti, il provvedimento di nomina e la
regolamentazione del suo oggetto e degli obiettivi, hanno natura di atto amministrativo, quando non di alta
amministrazione (es.: nomina dei dirigenti della ASL); invece, il contratto ha certo natura di atto privato.
A tale ultimo proposito, è stato messo in evidenza dalla Corte di Cassazione che, dal momento che, in
linea generale, in tema di impiego pubblico privatizzato, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, incluse le controversie concernenti
l’assunzione al lavoro e il conferimento di incarichi dirigenziali, una controversia riguardante una procedura selettiva pubblica per il conferimento, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, di un
incarico dirigenziale, deve essere fatta rientrare nell’ambito della giurisdizione del G.O., laddove si tratti di
una selezione che si attua mediante la valutazione dei titoli e dei colloqui con i candidati, senza attribuire
punteggi, che, pertanto, non assume i caratteri della procedura concorsuale per l’assunzione (Cass., SS.UU.,
20-10-2009, n. 22159).
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Libro IV: Organizzazione, gestione del personale e diritto del lavoro
p.
2. La giurisdizione in tema di controversie sui concorsi
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Abbiamo visto che sono da ricondurre alla giurisdizione amministrativa le procedure
concorsuali dirette al reclutamento dei dipendenti, senza che al riguardo rilevi la natura
della procedura espletata.
Estremamente delicata è, poi, la problematica relativa all’autorità giudiziaria competente a conoscere delle controversie in materia di concorsi interni alle pubbliche
amministrazioni e di progressioni verticali. Infatti, l’aspetto più discusso è stato quello
attinente alla natura delle selezioni di cui si tratta, e, di conseguenza, del giudice in
grado di riconoscere le relative controversie, e, in particolare, se ed in che misura esse
potessero essere considerate come strumenti di accesso all’impiego ovvero come sviluppi
di un rapporto di lavoro già esistente.
Dopo una serie altalenante di pronunce dal 2000 in poi, solo nel 2005 si è realizzata
una piena convergenza di argomentazioni tra Corte di Cassazione e Consiglio di Stato.
Sul punto, infatti, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 14259/2005
(che richiama la precedente 3948/2004) e il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza
1355/2005, hanno ritenuto di poter distinguere tra le seguenti diverse ipotesi, che fungono da discrimine per l’attribuzione delle eventuali controversie al giudice ordinario
o a quello amministrativo:
a) giurisdizione del giudice amministrativo nelle controversie relative a concorsi per
soli candidati esterni;
b) giurisdizione del giudice amministrativo nelle controversie relative a concorsi misti
(per interni e per esterni), il che rende irrilevante la circostanza che il posto da coprire
sia compreso o meno nell’ambito della medesima area funzionale in cui rientra la
posizione di lavoro degli interni ammessi alla procedura selettiva;
c) giurisdizione del giudice amministrativo nei concorsi per soli interni che comportano
il passaggio da un’area funzionale ad un’altra;
d) giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie attinenti a concorsi per soli
interni, che comportino passaggio da una qualifica ad un’altra, ma nell’ambito della
medesima area funzionale o della medesima categoria.
3. Le controversie concernenti il personale non privatizzato
op
yr
ig
Per quanto concerne la disciplina dell’impugnazione di atti e disposizioni concernenti il personale pubblico non privatizzato, di cui all’art. 3 del D.Lgs. 165/2001, resta
vigente l’impianto normativo esistente per l’intero impiego pubblico prima del D.Lgs.
29/1993 e, quindi, la disciplina che si fonda sul T.U. degli impiegati civili dello Stato
emanato con D.P.R. 3/1957, nonché sulle successive leggi di complemento e integrazione. Pertanto, permane la giurisdizione del giudice amministrativo anche per le
controversie instauratesi in materia e sorte dopo lo svolgimento delle procedure di
assunzione del dipendente; va, peraltro, precisato che trattasi di un’ipotesi di giurisdizione cd. esclusiva.
C
A seguito dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa segnata da Cass., SS.UU., 500/1999 e dalla L.
205/2000, inoltre, nella citata sede giurisdizionale amministrativa la tutela delle posizioni soggettive (diritti
ed interessi legittimi) del dipendente è piena, con poteri di condanna anche al risarcimento dei danni.
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p.
4. Le controversie in materia contabile
A
Capitolo 10: La giurisdizione in tema di pubblico impiego
S.
Al di là della configurazione (come pubblico o privato) del rapporto di lavoro, resta comunque ferma la
giurisdizione della magistratura contabile (Corte dei conti) tanto per tutte le controversie in materia di giudizi
di conto quanto per ogni ipotesi di danno dipendente dallo svolgimento delle funzioni di agente contabile
(tesoreria, spese delegate etc.) quanto, nei casi di danno erariale, per altre ipotesi di danno al patrimonio
dell’amministrazione (incluso il danno all’immagine della P.A., lesa dai suoi dipendenti macchiatisi di reati).
5. I Poteri del giudice ordinario e la tutela del lavoratore
©
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li
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Il giudice ordinario può conoscere di eventuali atti amministrativi e, per dirimere la
controversia principale, può disapplicare atti amministrativi presupposti illegittimi. Se,
comunque, l’atto amministrativo rilevante per la soluzione della controversia principale
viene impugnato innanzi il giudice amministrativo, tale impugnazione, diversamente
da come prospettato da una parte della dottrina all’indomani della riforma del ’93, non
importa la sospensione del processo.
Va, comunque, chiarito che in tale previsione non rientrano quegli atti che si presentano come veri e propri atti di gestione del rapporto di lavoro, in considerazione
della loro natura di atti di diritto privato, ormai parificati agli atti posti in essere da
un privato datore di lavoro. La norma riguarda, invece, gli atti organizzativi — coperti
dalla riserva di legge degli artt. 95 e 97 Cost. — adottati dalla pubblica amministrazione
nel perseguimento del pubblico interesse, i quali hanno però un inevitabile riflesso sui
rapporti di lavoro.
Va peraltro puntualizzato che, a fronte di tali atti, la tutela che il pubblico dipendente
può ottenere dal G.O., tramite un’eventuale disapplicazione, può risultare insufficiente
e non satisfattoria, risolvendosi in una vittoria meramente virtuale. Certa dottrina,
pertanto, ritiene che la possibilità di ricorrere innanzi al giudice amministrativo vada
riconosciuta non solo ai terzi, eventualmente lesi dall’atto amministrativo adottato dalla
P.A. nell’espletamento dei propri poteri organizzativi, ma anche ai pubblici dipendenti,
ogniqualvolta ciò consenta il raggiungimento di una maggiore tutela del bene della vita.
ig
ht
Il D.L. 112/2008, conv. con L. 133/2008, ha recato, agli artt. 53-54, norme di razionalizzazione del
processo del lavoro e di accelerazione del processo amministrativo. In particolare, l’art. 53, al comma 2, ha
statuito la sostituzione del primo comma dell’articolo 429 c.p.c., il cui testo ora recita: «nell’udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il
giudizio dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. In
caso di particolare complessità della controversia, il giudice fissa nel dispositivo un termine, non superiore
a sessanta giorni, per il deposito della sentenza».
op
yr
Con riferimento ai poteri del giudice ordinario, il secondo comma dell’art. 63 D.Lgs.
165/2001 statuisce che il G.O. può adottare «tutti i provvedimenti, di accertamento,
costitutivi e di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati».
Pertanto, nei confronti degli atti che non mantengono una forte impronta pubblicistica ma che si configurano come privatistici di gestione del rapporto, oltre alle pronunce
di accertamento, possono ammettersi pure pronunce di carattere costitutivo o di
condanna, anche a titolo risarcitorio.
Due nodi particolari sono poi quelli della tutela cautelare e dell’esecuzione forzata. Infatti:
C
— quanto al primo punto, se è vero che il G.O. può adottare tutti i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c.,
tuttavia appare difficile applicare gli stessi alle amministrazioni (è il caso, in particolare, del sequestro
conservativo che, in quanto presuppone il rischio della dispersione della garanzia del credito, è difficilmente operabile nei confronti della P.A., sempre solvibile). Conseguentemente, la giurisprudenza accorda
.
466
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Libro IV: Organizzazione, gestione del personale e diritto del lavoro
S.
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tutela cautelare ma accerta con particolare rigore la sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris e del
periculum in mora, rinvenendo più frequentemente quest’ultimo nelle ipotesi di mancata ammissione a
procedure concorsuali e di progressione di carriera;
— quanto all’esecuzione forzata delle sentenze pronunciate nei confronti della P.A., si sono riscontrate forti
oscillazioni, in dottrina e in giurisprudenza, sulla limitazione del rimedio dell’ottemperanza (con la conseguente possibilità di nomina di un commissario ad acta) alle sole pronunce del G.A. o sulla possibilità
di utilizzare lo stesso anche per dare esecuzione alle pronunce del G.O.
i
Sulla scorta della dottrina più evoluta, prescindendo dalla natura del rapporto di lavoro e focalizzando
l’attenzione sulla diretta relazione tra obbligo derivante dalla sentenza e possibile esecuzione forzata dello
stesso, si possono ritenere applicabili alla P.A. gli artt. 612 e ss. c.p.c. e 2931-32 c.c., nonché l’art. 68 c.p.c.,
che prevede una figura non dissimile dal commissario ad acta.
Le modifiche del collegato lavoro 2010
li
br
Anche alle controversie relative ai rapporti di lavoro pubblico, infine, trova applicazione l’obbligo del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali,
disciplinato dall’art. 410 c.p.c. e dall’art. 65 D.Lgs. 165/2001.
Una volta esperito il tentativo obbligatorio di cui sopra (o decorsi vanamente i termini minimi previsti per il suo esperimento), sarà procedibile la domanda giudiziale.
C
op
yr
ig
ht
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Es
se
La L. 4-11-2010, n. 183, cd. collegato lavoro (art. 31) procede alla sostituzione degli artt. 410, 411, 412,
412ter, 412quater c.p.c. e novella l’art. 420 c.p.c. Si tratta delle disposizioni, rispettivamente, in tema di
tentativo di conciliazione, processo verbale di conciliazione, risoluzione arbitrale della controversia, altre
modalità di conciliazione ed arbitrato previste dalla contrattazione collettiva e altre modalità di conciliazione ed arbitrato. L’art. 420 c.p.c., invece, riguarda l’udienza di discussione della causa.
In particolare l’art. 410 c.p.c. è stato sostituito dal collegato lavoro 2010: l’attuale rubrica non parla più
di «tentativo obbligatorio», bensì di «tentativo di conciliazione».
È necessario ricordare che le richiamate disposizioni si applicano anche alle controversie in materia di
pubblico impiego di cui al primo comma dell’art. 63 D.Lgs. 165/2001, essendo abrogati, al contempo, gli
artt. 65 e 66 del medesimo testo unico, riguardanti il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali e il collegio di conciliazione. Il profilo portante di tali interventi è, si rende opportuno
ribadirlo, l’introduzione di una serie di strumenti di composizione delle controversie in tema di lavoro che
si pongono come alternativi al ricorso al giudice.
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