C`è un`altra questione morale: gli intellettuali in

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C'è un'altra questione morale: gli intellettuali in malafede - Massimo Fini
Sul Corriere della Sera Francesco Alberoni se l' è presa con i carrieristi, con gli sfrenati arrivisti,
con tutti coloro che perseguono il successo senza avere un'adeguata etica del lavoro, del
dovere, del merito. È come se un vampiro si scandalizzasse per un prelievo di sangue: perché
di questi cultori del successo facile Alberoni è il riconosciuto prototipo avendo egli, che di
mestiere fa il sociologo, scritto libri dove non s'avverte la minima traccia di studio, di lavoro, di
ricerca, libri che si basano esclusivamente su un titolo ammiccante e sull'incessante ed
accomodante grancassa dei mass-media. In realtà Alberoni contesta il meccanismo che lo ha
messo in orbita ora che se ne servono anche altri. Sulla scia di Alberoni il settimanale
Panorama s'è scagliato contro i rampanti, gli emergenti, i presenzialisti da salotto ed anche
questa è una bella performance perche costoro sono esattamente i lettori che, da anni,
Panorama si viene educando e crescendo con la massima cura, solleticandone le ambizioni,
fornendo loro regole di arrampicamento e manuali di abbigliamento, miti da seguire, salotti da
ammirare. Per sopramercato, Panorama ha chiamato ad esprimersi su questo tema Lina Sotis
ed Enrico Vanzina che, senz'ombra di imbarazzo, si sono messi a moraleggiare sul successo
facile come se il loro fosse dovuto a qualche dote titanica, a qualche sofferta disciplina interiore.
Sull' Espresso di un paio di settimane fa si poteva leggere un illuminato e profondo articolo di
Giorgio Bocca, «Signori, qui c'è poco da ridere», che, facendo giustizia di tutti i luoghi comuni
del e sul riflusso, riportava l'edonismo straccione con i piedi per terra, ma chi in quei giorni
avesse aperto la televisione avrebbe potuto vedere lo stesso Giorgio Bocca, tutto sorridente, far
propaganda ad un libretto di Valentina Crepax, Uomini: istruzioni per l'uso, il cui unico merito è
quello di inserirsi in una manualistica demenziale. Il direttore de la Repubblica, Eugenio
Scalfari, noto per la destrezza e la velocità nel cambiare opinione facendo finta di nulla, ha
raggiunto qualche tempo fa un record crediamo difficilmente battibile sostenendo, in uno stesso
articolo, a proposito di Craxi, una tesi ed il suo opposto. Nei mesi scorsi Claudio Martelli
minacciò, se non ricordiamo male, un referendum che abrogasse il servizio televisivo pubblico
perché terreno della più efferata lottizzazione, dimenticandosi di esserne l'artefice più
assatanato. Di fronte a questi esempi, fra i tanti che si potrebbero fare, di protervia intellettuale
e di disprezzo dell'intelligenza del pubblico, indignarsi, forse, non basta. Bisognerebbe cercare
di capire perché simili comportamenti siano oggi possibili, unanimemente praticati e in fondo
accettati. Essi infatti indicano che una profonda trasformazione, morale, culturale, sociologica, è
avvenuta nella nostra società rispetto ad un passato abbastanza recente. Se infatti negli anni
'50 Liala, poniamo, si fosse messa a pontificare contro l'editoria di bassa lega sarebbe stata
sommersa dal ridicolo. Se in quegli stessi anni il direttore di un grande giornale si fosse
platealmente contraddetto non da un giorno all'altro, ma da un anno all'altro, senza
preavvertirne il lettore, avrebbe perso ogni credibilità e sarebbe stato espunto dal consorzio di
coloro che fanno opinione. Evidentemente nella società attuale non sono più valori né la
coerenza morale, che vuole che alle parole tengano dietro fatti conseguenti, ma nemmeno quel
minimo etico che è la coerenza intellettuale, che vuole che alle parole tengano dietro almeno
parole conseguenti. Come mai? Ecco una bell'indagine per sociologi. Ma poiché questi sono
impegnati a scriver d'erotismo e di innamoramento, proveremo noi, in mancanza di meglio, a
buttar là qualche spunto. La prima considerazione è che oggi è possibile praticare la malafede
intellettuale perché contro di essa non esiste più sanzione morale. Infatti è venuta a mancare,
nella struttura sociale, un'elite, intellettuale, culturale e morale, quella che Giorgio Bocca in
tempi di maggior lucidità ha chiamato la «società degli eccellenti», capace di far da filtro alle
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C'è un'altra questione morale: gli intellettuali in malafede - Massimo Fini
sguaiataggini più impudenti e con un peso sufficiente nella società, nei suoi mezzi di
comunicazione, per imporsi. Inoltre oggi coloro che violano il codice della coerenza sono gli
stessi, e gli unici, che avrebbero i mezzi per applicare la sanzione, detenendo il monopolio
assoluto del sistema dei mass-media. Manca cioè una cultura d'opposizione che abbia
possibilità di esprimersi al di fuori dei samizdat e dei fogli marginali (cosa che non era nei '50
dove esisteva ancora un'opposizione). Questa profonda malafede, che dai «maestri pensatori»
discende giù per li rami ed impregna di sè tutto il tessuto della società italiana, rappresenta una
degenerazione grave del nostro vivere civile di cui coloro che ricoprono ruoli intellettuali hanno
la pesante responsabilità. Anzi, secondo noi, la vera e determinante «questione morale»
italiana più che nella notoria corruzione della classe politica sta proprio qui nella corruzione
degli intellettuali, nella loro abdicazione, per opportunismo, viltà e tornaconto, alla coerenza,
nell'aver eletto la malafede a principio o, quantomeno, a modo di vita. Perché una società i cui
politici sono corrotti può recuperare, ma una società in cui gli intellettuali ed i moralisti sono più
corrotti di coloro cui pretendono di far la morale non può che precipitare nel caos.
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