PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE
presenta
Il mondo in bianconero
L’occhio fotografico tra realtà e rappresentazione
La realtà come detonatore emotivo e sensoriale
La fotografia come codice fluttuante della conoscenza
GIUSEPPE RIPA
In un certo senso una mostra antologica
a cura di Italo Bergantini e Gianluca Marziani
OPENING: sabato 29 giugno 2013 ore 12:00
Preview stampa: sabato
29 giugno 2013 ore 11:00
La mostra prosegue fino al 29 settembre 2013
Tutte le info su www.palazzocollicola.it
Contatti stampa: Romberg Arte Contemporanea / [email protected] / M +39 334 710 5049
www.giusepperipa.it
Continua l’indagine di Palazzo Collicola Arti Visive nel mondo della fotografia contemporanea. Il Piano
Nobile ospita oggi una mostra di Giuseppe Ripa, artista italiano di matura esperienza sul campo instabile
del Pianeta, autore di sette momenti seriali caratterizzati da una parallela linea editoriale con il marchio
Charta. Il progetto di Spoleto avrà il suo focus sui cicli americani Moondance e Liminal, esposti, in
collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura, rispettivamente alla Leica Gallery di New York e all’Italian
Embassy di Washington per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una terza sezione verrà dedicata alla nuova serie
dal titolo Seaside. L’ultima sezione riguarderà i precedenti cicli Anima Mundi, Tibet, Memorie di pietra,
Lightly, Aquarium, evocati in mostra attraverso gli omonimi artbooks (editi da Charta) e uno slide-show con i
lavori non esposti nelle altre sale.
Prima sala: Moondance… la realtà dei luoghi contemporanei in una metafisica da science-fiction, tra
sospensioni liminali e nomadismi dell’occhio interiore. La vita reale si trasforma in una fantasy dentro
l’apparenza, a conferma di uno sguardo “lunare” che determina la chiave risolutiva dietro un’immagine
fotografica.
Seconda sala: Liminal… New York secondo l’occhio fluido di Ripa, un viaggio nel bianconero che veste il
dinamismo urbano, l’architettura e l’inaspettato, i corpi mobili e i feticci metropolitani. Le stesure estetiche
scorrono ai confini dell’astrattismo, in un flusso elettrico e fantasmatico tra realtà e rappresentazione.
Terza sala Seaside… qui siamo davanti al mare, sulla sabbia che accoglie frammenti vagabondi e
disarticolati. Assistiamo alle nature che ancora respirano, ai brandelli che il pianeta acquatico ci restituisce
dopo la sua vorace bulimia biologica. E’ la natura morta che torna a morire per rinascere.
Quarta sala: 7 artbooks (Charta) e slideshow sui lavori non esposti… il mondo degli acquari, la Nuova Fiera
a Milano e le rovine di Angkor, il misterioso Tibet, le nature possenti alla ricerca dell’anima mundi, diversi
momenti per una coda espositiva che è raccordo e riassunto narrativo, visione dentro la visione in una sorta
di montaggio interiore.
Giuseppe Ripa si affida alla coerenza elegante del suo bianconero, modulato con ampie scale di tonalità
intermedie, così da evocare le chiavi sensoriali attraverso la natura mutante della luce. La sua fotografia,
evitando le gabbie rigide del timbro univoco, si muove come un ciclo acquatico che si stratifica sul reale e
imprime contrasti, annebbiamenti, distorsioni, fluidità semantiche. Una soglia tra visibile e plausibile, un
dinamismo ritmico che aderisce simbioticamente ai cicli della Natura. La coscienza autoriale parla di uno
sguardo ora liquido ora gassoso, fluido come fonte acquatica, aereo come nuvole in scorrimento. Anche la
grana stilistica si lega agli elementi della Terra, in una simbiosi riuscita tra significati ed estetica. E’ la luce a
dettare le regole del gioco ed esprimere il codice della forma, l’ambiguità tra reale e immaginario. Una luce
che è l’embrione dell’immagine, una luce inspiegabile e quasi incosciente, intrisa di notte e lampi ancestrali.
Ripa porta la fotografia ai suoi archetipi, ad una purezza universale che riparte dalla pura luminosità, da una
luce originaria poiché astratta, soggettiva, retinica. Sembra dirci che non contano realmente i luoghi
specifici ma l’occhio, l’approccio conoscitivo, la disposizione emotiva: e tutto questo significa fotografare
l’immagine con l’immaginazione, ricordando che non esiste la realtà ma solo una molteplicità di
interpretazioni del vero.