1 IL CAMPO ELETTROSTATICO La conoscenza dei fenomeni elettrici e magnetici, nella forma presentata in questo corso, è relativamente recente. Tuttavia, fenomeni legati all’elettricità ed al magnetismo erano noti anche ai popoli della Grecia che già conoscevano la resina fossile, detta ambra e la magnetite. Per arrivare ad una prima conoscenza dei fenomeni magnetici come li intendiamo oggi bisogna attendere il libro dell’inglese William Gilbert, del 1600. In esso si parla del magnetismo terrestre e dell’orientamento degli aghi magnetici, nonché dell’elettricità per strofinio. La nascita dell’elettricità moderna si fonda, in ogni caso, sui lavori del francese Charles Augustin Coulomb (1736-1806). La storia dell’elettricità e del magnetismo, come tutte le storie relative al progresso della conoscenza umana, non è mai il contributo di pochi ed è difficile compendiare gli sforzi dei molti che ci hanno consegnato i loro risultati. In particolare, vogliamo rilevare che la storia dell’elettricità e del magnetismo si è mescolata con la storia della costituzione della materia e con la storia della natura della luce. Durante questo corso conosceremo alcuni dei protagonisti ed il lavoro da essi svolto. Non procederemo in maniera storica, perché un tale approccio non spetta a questo corso, ma partiremo quasi dalla fine, ovvero dalla costituzione della materia, in una forma semplificata. Tutti i corpi sono costituiti di atomi. Gli atomi sono costituiti da un nucleo, ove risiedono i neutroni ed i protoni, e da elettroni che sono localizzati intorno al nucleo. Questo modello fu proposto nel 1917 dall’inglese Rutherford e dal danese Bohr. Elettroni e protoni posseggono una carica elettrica che indicheremo, rispettivamente, con qe e qp . Per convenzione, la carica dell’elettrone è stata assunta negativa. Il protone, possiede una carica di valore pari a quella dell’elettrone ma di segno opposto; la carica dell’elettrone e del protone è detta carica fondamentale o lementare e il suo valore è qe = −1, 6 × 10−19 C qp = 1, 6 × 10−19 C dove C sta per Coulomb, ed è l’unità di misura della carica elettrica, nel Sistema Internazionale. Un corpo è carico quando vi è un eccesso di cariche positive o negative. Tutti i corpi carichi risultano avere una carica che è un multiplo intero della carica fondamentale. L’elettrone fu scoperto nel 1897 dall’inglese Joseph John Thomson (18561940). 2 La legge di Coulomb Il contributo più rilevante di Coulomb è stato la determinazione, per via sperimentale, di quella che oggi è nota come legge di Coulomb (1785). In particolare, essa stabilisce che due corpi carichi puntiformi, posti nel vuoto ad una distanza 1 r, esercitano l’uno sull’altro una forza la cui intensità, è data da Q1 Q2 r2 dove Q1 e Q2 sono le cariche possedute dai corpi e k0 è una costante, detta costante di Coulomb, che nel Sistema Internazionale vale circa F0 = k0 N m2 C2 La direzione della forza F0 è lungo la congiungente i due corpi e risulta attrattiva,se le due cariche sono di segno opposto, o repulsiva, se sono dello stesso segno: k0 = 9 × 109 Nel Sistema Internazionale si usa riscrivere la costante k0 nel modo seguente 1 4π 0 dove 0 è una costante, detta costante dielettrica del vuoto, (o permettività assoluta del vuoto). Il suo valore, nel Sistema Internazionale è circa k0 = 0 2.1 = 8, 9 × 10−12 C2 N m2 Il campo coulombiano Si considerino due cariche puntiformi, Q e q ed un sistema di riferimento con l’origine sulla carica Q. Secondo la legge di Coulomb, sulla carica puntiforme q verrà esercitata, da parte della carica puntiforme Q, una forza la cui espressione è F0 = ±k0 Qq ur r2 (1) dove ur è il versore del vettore posizione r r Nella (1) il segno positivo va preso se le due cariche sono dello stesso segno, mentre il segno negativo va preso se le due cariche hanno segno opposto. ur = 2 Assumeremo, in tutta la restante sezione, che entrambe le cariche siano positive. Il vettore E= F0 q (2a) è detto campo elettrico generato dalla carica Q. Usando la (1), possiamo ottenere la forma esplicita del campo: Q ur (2b) r2 Come si vede, il campo elettrico dipende dalla carica Q e dalla sua distanza dalla carica q. E = k0 Indipendentemente dalla presenza effettiva della carica q, ad ogni punto dello spazio intorno alla carica Q si può associare un vettore, la cui direzione è lungo la congiungente la carica Q e la carica q, il cui verso è quello del versore posizione e la cui intensità è data da E = k0 3 Q r2 (3) L’insieme dei vettori associabili ai punti dello spazio, con le modalità appena descritte, costituiscono il campo coulombiano della carica puntiforme Q. L’unità di misura del campo elettrico è quella di una forza per unità di carica [E] = [f orza] N = [carica] C Un tipico valore del campo elettrico è 104 N/C. Il campo coulombiano generato da Q non dipende dalla carica q. Tuttavia, per misurare il campo coulombiano E0 , dobbiamo, secondo la (2), prima conoscere la forza F0 agente sulla carica q e poi dividere la forza stessa per il valore di q. Per evitare che ci sia una dipendenza dalla carica, q usata per determinare il campo coulombiano, occorre che essa sia una carica di prova. Per carica di prova si intende una carica che sia puntiforme e sufficientemente piccola se paragonata con Q, in maniera tale che il campo coulombiano di Q non sia modificato apprezzabilmente da essa. Allora, possiamo scrivere E= F0 Q = k0 2 ur q r q¿Q (4) La carica di prova sarà indicata con q e assunta sempre positiva. Una volta determinato il campo coulombiano di una carica puntiforme Q, usando la carica di prova, possiamo determinare la forza esercitata dalla carica Q su una qualunque carica puntiforme Q1 ; basterà moltiplicare il campo, dato dalla (4), per la quantità Q1 : F0 = Q1 E (5) Se la carica Q non è nell’origine, ma occupa una posizione r1 , allora il campo elettrico da essa generato nel punto P, la cui posizione è r, sarà: E (r) = 2.2 1 Q (r − r1 ) 4πε0 |r − r1 |3 (6) Uso delle coordinate cartesiane In maniera esplicita, ora otterremo i risultati in forma generale, ma usando le coordinate cartesiane. 4 Con riferimento alla figura, il campo elettrico coulombiano in P dovuto alla carica Q è E0 = k0 Q 1 uR R2 dove r − r1 = R Introducendo le coordinate cartesiane dei punto P e Q : r1 = x1 ux + y1 uy + z1 uz r = xux + yuy + zuz troviamo R = (x − x1 ) ux + (y − y1 ) uy + (z − z1 ) uz e |R|2 = (x − x1 )2 + (y − y1 )2 + (z − z1 )2 Inoltre, poiché uR = avremo uR = R |R| (x − x1 ) ux + (y − y1 ) uy + (z − z1 ) uz q 2 2 2 (x − x1 ) + (y − y1 ) + (z − z1 ) In definitiva, il campo coulombiano sarà dato E0 = k0 Q (x − x1 ) ux + (y − y1 ) uy + (z − z1 ) uz 2 2 2 3/2 [(x − x1 ) + (y − y1 ) + (z − z1 ) ] Se la carica Q è posta nell’origine del sistema di riferimento avremo 5 E0 = k0 Q 3 xux + yuy + zuz [x2 + y 2 + z 2 ]3/2 Il campo prodotto da più cariche puntiformi Vale, per il campo elettrico, il seguente principio di sovrapposizione: Il campo elettrico di due o più cariche puntiformi è uguale al vettore somma dei campi elettrici di ognuna di queste cariche prese separatamente. In forma matematica scriveremo, per N cariche puntiformi : E= N X En (1) n=1 ovvero E= N 1 X Qn (r − rn ) 4π 0 n=1 |r − rn |3 (2) dove Qn è la carica posta nella posizione rn ed r è la posizione del punto P, in cui si vuole calcolare il campo coulombiano. 4 Le linee di forza del campo elettrostatico Per visualizzare il campo si usa introdurre le linee di forza del campo. Una tale descrizione, precisiamo subito, è solo approssimativa e serve solo ad avere, al livello in cui opereremo, un aiuto "visivo" alla nostra rappresentazione del campo. Una linea di forza di un campo elettrico è una linea che ha per tangente in ogni suo punto un vettore che coincide con il campo nel punto considerato. Le linee di forza di cariche puntiformi positive e negative sono mostrate sotto. Esse sono sempre dirette dalle cariche positive (da cui "escono") a quelle 6 negative (in cui "entrano"). Esempi di linee di forza di cariche positive e negative sono mostrate nella figura sotto: Il verso delle linee di forza si comprende immaginando nei vari punti la carica di prova. Si può immaginare che il numero di linee di forza sia proporzionale all’intensità del campo e quindi visualizzare una maggiore o minore intensità del campo, in una certa regione, aumentando o diminuendo, rispetto ad un’altra regione il numero di linee di forza. In ogni caso, non bisogna dimenticare che il campo è una funzione continua dello spazio e quindi l’uso, naturalmente discreto delle linee di forza, può essere fuorviante. Un modo analitico per determinare le linee di forza, ovvero per determinare le equazioni di tali linee è quello di usare la condizione di parallelismo tra il campo E e la tangente dl alla linea di forza in un punto: E ∧ dl =0 ovvero, in termini di componenti dx dy dz = = Ex Ey Ez 5 Esempi Esempio 1:Si determini il rapporto tra la forza di Coulomb e la forza gravitazionale che un protone esercita su un elettrone. Ambedue le forze sono attrattive. La forza di Coulomb esercitata dal protone sull’elettrone è data da Qp Qe r2 dove k0 è la costante di Coulomb ed r la distanza tra le due cariche. La forza gravitazionale esercitata dal protone sull’elettrone è data da F0 = k0 Mp Me r2 dove G è la costante di gravitazione universale ed Mp ed Me la massa del protone e dell’elettrone, rispettivamente. Facendo il rapporto tra le due forze FG = G 7 k0 Qp Qe F0 = FG G Mp Me e sostituendo i valori numerici (Mp = 1, 7 × 10−27 kg, Me = 9, 1 × 10−30 kg) e (G = 6, 7 × 10−11 N m2 /kg 2 , Qi = 1, 6 × 10−19 C) alle varie quantità , si trova F0 = 2, 3 × 1039 FG La forza di Coulomb è enormemente più intensa della forza gravitazionale. Esempio 2: Trovare il campo coulombiano nel punto P di coordinate (0,0,5) prodotte da due cariche puntiformi di uguale valore, Q1 = Q2 = Q poste nei punti di coordinate (3,0,0) e (0,4,0). Poiché r1 = x1 ux + y1 uy + z1 uz r2 = x2 ux + y2 uy + z2 uz r = xux + yuy + zuz troviamo r1 = 3ux r2 = 4uy R1 = r − r1 = (−3) ux + (5) uz q √ 2 2 |R1 | = (−3) + (5) = 34 R2 = r − r2 = (−4) uy + (5) uz q √ 2 2 |R2 | = (−4) + (5) = 41 Inoltre, poiché r − r1 |r − r1 | uR2 = r − r2 |r − r2 | (−3) ux + (5) uz √ 34 uR2 = (−4) uy + (5) uz √ 41 uR1 = avremo uR1 = r = 5uz 8 Il campo coulombiano in P, dovuto alla carica Q1 , sarà dato da E1 = k0 Q 1 (|R1 |)2 uR1 e quello dovuto alla carica Q2 sarà dato da E2 = k0 Q 1 2 uR2 (|R2 |) Usando le relazioni precedenti troviamo E1 = k0 Q −3ux + 5uz E2 = k0 Q 3/2 (34) −4uy + 5uz (41)3/2 Il campo risultante sarà E = E1 + E2 = k0 Q (−0, 01ux − 0, 01uy + 0, 04uz ) Esempio 3: Due cariche Q1 = 50µC e Q2 = 10µC sono poste nei punti di coordinate (−1, 1, −3) m e (3, 1, 0) m. Si determini la forza agente su Q1 . Possiamo scrivere i vettori posizione delle due cariche, avendo le componenti, come r1 = −ux + uy − 3uz r2 = 3ux + uy da cui, facendo la semplice differenza delle componenti omologhe, avremo p R = r1 − r2 = −4ux − 3uz |R| = 42 + 32 = 5 Infine uR = La forza agente su Q1 sarà F12 = 1 r1 − r2 = (−4ux − 3uz ) 5 |r1 − r2 | 1 Q1 Q2 uR = 0, 18 (−0, 8ux − 0, 6uz ) N 2 4π 0 r12 Esempio 4: (Dipolo elettrico) Due cariche, uguali ma di segno opposto, sono tenute ferme lungo l’asse z, ad una distanza l, uguale per entrambe, dall’origine del sistema di riferimento. Si determini il campo E in un punto P dell’asse y. 9 Nella figura precedente, con E+ ed E− abbiamo indicato il campo elettrico generato in P dalle cariche positiva e negativa rispettivamente. Il campo generato dal dipolo in un punto arbitrario P è in generale, come mostreremo successivamente, abbastanza complesso. Qui la semplicità del calcolo è realizzata mediante la limitazione al solo asse y, che è un asse di simmetria per le due cariche. Il campo E+ generato dalla carica Q è repulsivo, mentre il campo E− è attrattivo. La distanza d, di P da Q, è uguale alla distanza di P da (−Q) ed entrambe sono uguali a d2 = l2 + y 2 (1) I due campi hanno uguale intensità: E+ = E− = 1 |Q| 4π 0 l2 + y 2 (2) Le componenti lungo l’asse y sono uguali e di segno contrario. Le componenti lungo l’asse z sono uguali e dello stesso segno; il loro modulo è, rispettivamente: l E+,z = E+ cos α = E+ p 2 l + y2 l E−,z = E− cos α = E− p 2 l + y2 allora, la risultante componente lungo l’asse z è Ez = E+,z + E−,z = 2 |Q| l 4π 0 (l2 + y 2 )3/2 (3) Nel caso in cui y À l (approssimazione di dipolo), si può trascurare l2 nel denominatore e la precedente relazione diventa Ez ∼ = 2 |Q| l 4π 0 y 3 10 (4) Se introduciamo la quantità dQ dQ = 2lQ (5) detta, momento di dipolo elettrico, avremo Ez ∼ = 1 dQ 4π 0 y 3 (6) Esempio 5: Moto in un campo elettrico longitudinale. Con riferimento alla figura precedente, determinare la velocità di arrivo dell’elettrone sullo schermo, sapendo che il campo elettrico uniforme è presente solo nel tratto d . Il teorema dell’energia cinetica, nel tratto d, si scrive qe Ed = da cui vf = 1 1 Me vf2 − Me v 2 2 2 r v2 + 2qe Ed Me Poiché nel tratto l il moto è rettilineo uniforme, la precedente espressione rappresenta anche la velocità di arrivo sullo schermo. Esempio 6: Moto in un campo elettrico trasverso; Determinare il punto di arrivo sullo schermo dell’elettrone mostrato nella figura seguente e calcolarela velocità con cui vi arriva 11 Le equazioni utili sono Me ax (t) = 0 Me ay (t) = −qe (−E) da cui vx (t) = v vy (t) = x (t) = vt qe E t Me → y (t) = 1 qe E 2 t 2 Me Eliminando il tempo tra le equazioni delle coordinate si ottiene y= 1 qe E 1 2 x 2 Me v 2 (1) che è l’espressione di una parabola. Poiché, dopo aver attraversato il tratto d la particella si muove di moto rettilineo uniforme, la velocità di arrivo sullo schermo è uguale alla velocità di arrivo in h. Il valore di h è h= 1 qe E 1 2 d 2 Me v 2 (2) La velocità in h avrà un modulo che otterremo dal teorema dell’energia cinetica Z 1 1 F · dr = Me vf2 − Me v 2 2 2 Poiché avremo Z F · dr = Z Fx dx + Fy dy = Z Fy dy = qe Eh 1 1 Me vf2 = Me v 2 + qe Eh 2 2 da cui vf = r v2 + 2 12 qe Eh Me (3) Per ottenere la direzione della velocità basta trovare la tangente alla traiettoria, nel punto di coordinate (d, h). Facendo la derivata della (1), si trova dy qe E 1 x = dx Me v 2 Ponendo x = d, si ottiene tan α = qe E 1 d Me v 2 (4) Rimane la determinazione di h1 . Geometricamente, si ha h1 = h + l tan α da cui 1 qe E 1 2 qe E 1 qe E d h1 = d +l d= 2 2 2 Me v Me v Me v 2 13 µ d +l 2 ¶ (5)