WADI EL-HITAN
a caccia del Dorudon Atrox
Lo sguardo spazia, ammaliato, tutto attorno, tra picchi contorti e banchi di roccia tormentata…
ciclopiche masse sedimentarie sbocconcellate, quasi rose da miriadi di tarli giganti, intessute di
un arabesco intricato e profondo fatto di tunnel e di buchi: sono tracce nette, incise dalla mano
della natura, possente e ripetitiva, sulle superfici glabre e convesse… tutto attorno regna un
silenzio sovrano, e sto trattenendo veramente il respiro, mentre “nuoto” su questi strani
fondali, piatti e disseminati di filari di pietre. Attorno a me, distanti dal fondo, ombre lunghe e
inquietanti torreggiano e si muovono silenziose e minacciose, inarcando con energia i loro
possenti corpi, allungati e lisci, animati dall’arcana vitalità degli Archeoceti, i Signori degli
Abissi, alla fine dell’Eocene!
Con un sospiro, mi sfilo gli occhiali da sole, a cui avevo sovrapposto un frammento di plastica
azzurrata, per assaporare la ricostruzione onirica del paesaggio sottomarino… e rientro nella
realtà, così com’è ora: soltanto 40 milioni di anni dopo… Il mio sogno ad occhi aperti mi ha
portato lontano, molto lontano… sul fondale di un mare perduto, negli abissi misteriosi del
tempo… Questo posto si è trasformato durante milioni di anni: qui ed ora, in questa
arroventata landa fatta di deserto e di rocce, in questa valle bruciata molto distante dalla
civiltà e a 50 km dall’oasi più vicina, si possono ancora osservare reperti fra i più rari al mondo
(altri ne sono stati trovati in Pakistan ed in poche altre zone). Questi reperti fossili ci
raccontano una storia delle più incredibili: la trasformazione dei mammiferi acquatici, il salto
evolutivo che li portatò, alla fine dell’Eocene, dalla vita terrestre alla vita acquatica, perdendo
l’uso degli arti per la deambulazione.
Curiose erosioni lasciate dal mare in fase di ritiro dal fondale… le rocce sembrano “tarlate”!
Ebbene si! Siamo qui, il solito gruppo degli RdK, che si muove ancora una volta alla ricerca di
nuove emozioni nell’antica terra d’Egitto. Dove siamo? Beh, siamo in Medio Egitto, nella zona
occidentale dell’oasi del Fayyum, mentre trasciniamo le nostre calzature impolverate e
arroventate, nella cosiddetta “Valle delle Balene”… E’ un posto incredibile, dove un tempo,
decine di milioni di anni fa, si stendeva il fondale di un mare Eocenico, popolato da numerose
creature preistoriche, tra cui gli antenati delle nostre “Balene”, e più precisamente quelli che i
paleontologi definiscono gli “Archeoceti”.
Vediamo di inquadrare più precisamente il contesto: Wadi Al-Hitan (in arabo:
‫الحيتان‬
‫وادي‬‎,
"Valle delle Balene") è un sito paleontologico nel Governorato di Al-Fayyum, in Egitto,
circa a 150 km a sudovest del Cairo. E’ stato designato dall’UNESCO come “World Heritage
Site” nel luglio 2005 per le centinaia di fossili relativi alle più antiche forme di cetacei: gli
archeoceti (una sotto famiglia di balene ora estinta). Nessun altro posto al mondo conserva
fossili di questo tipo in tale numero, concentrazione e qualità. Inoltre l’accessibilità del luogo lo
ha reso idoneo alla sua trasformazione in sito turistico, e vi sono state create strutture
opportune per accogliere i visitatori e le loro guide.
Uno dei locali della reception per i turisti a Wadi el-Hitan, costruita in tono con l’ambiente…
La strada ghiaiosa e disseminata di buche che si addentra per 50
km nel deserto occidentale, è stata inaugurata dalla Signora
Mubarak pochi mesi fa, e, a detta dei quotidiani cairoti,
sembrava che per accedervi, invece dei rover, fosse sufficiente
un’automobile normale, o un pullmino d’agenzia… e così abbiamo
fatto! Invece il nostro bravo guidatore Khaled ne ha passate di
tutti i colori, ha dovuto rallentare fino quasi a fermarsi più volte,
per evitare di scassare i semiassi… ed alla fine il tempo
impiegato per raggiungere il sito sembrava davvero
interminabile. Durante il tragitto siamo passati accanto ad un
altro sito intrigante: Wadi el-Rayan… con la sua enorme distesa
d’acqua. Il suo livello è inferiore a quello del vicino lago Qarun,
attorno al quale
si estende l’oasi del Fayyum, infatti
l’alimentazione della massa idrica che lo tiene in vita avviene
attraverso una serie di piccole cascatelle, che coprono il
dislivello… Il panorama, per il resto, è strano… sembra di
viaggiare tra i canyon del far-west, tranne che i colori sono più
grigi e polverosi.
cascate di alimentazione
di wadi el-Rayan
Tra le rocce da far-west, si intravvedono le acque e le sponde verdi di Wadi el-Rayan…
La strada è molto sconquassata e piena di buche, e i 50
km passano molto lentamente. La scorta militare che ci
precede, avendo una jeep più resistente, ha tirato ad
un’andatura più sostenuta… ma all’arrivo i militari, seduti
nell’alloggiamento aperto posteriore, erano bianchi di
polvere, come statue di gesso, e si scuotevano di dosso,
brontolando, la fine sabbia che aveva impregnato loro
vesiti e capelli! Noi invece, con più calma, e senza grossi
scossoni ce la siamo cavata, chiusi dentro il minibus,
senza impolveramenti di sorta!
A causa di questo motivo, però, siamo arrivati alla reception del sito verso le 11.30 del
mattino, ora quanto mai poco indicata per avventurarsi a piedi tra le sabbie arroventate della
Valle… D’altro canto dopo tutto quel tragitto sarebbe stato un vero peccato rinunciare! Così
eccoci qua : ad un’ora dall’ingresso, mentre ci muoviamo lentamente, coperti di sciarpe e
cappelli, per non sprecare energie e conservare la nostra temperatura corporea… Lassù, nel
cielo azzurro intenso e terso come un cristallo, il sole cocente e abbacinante è fisso e radioso,
come una sfera incandescente, e ci irradia con la sua gialla vampa sfolgorante, senza pietà.
L’inizio del sentiero che si inoltra nel deserto, costeggiando tutte le zone di affioramento dei fossili
Il sito è disegnato in modo che, tra le sabbie e i blocchi di roccia sedimentaria emergenti, sono
tracciati dei sentieri, segnati da sfere di cemento colorate di marrone-rossiccio… I visitatori
possono seguire questi sentieri che si snodano verso i contrafforti lontani dell’altopiano che
delimitava questo specchio d’acqua marina. In tutto sono quasi tre ore di cammino sotto la
sferza del sole, ma noi ne percorreremo soltanto una parte… a quest’ora sarebbe un suicidio
andare oltre. Mano a mano, lungo il sentiero sono allestiti dei circoli delimitati da paletti e
corde, che evidenziano gli affioramenti dei reperti: si! Le ossa ed i resti di questi animali
preistorici affiorano così, a poche decine di centimetri dalla superficie sabbiosa! Ogni
affioramento è contraddistinto da una tabella descrittiva che ci permette di identificare di che
cosa si tratta. Ovviamente i pezzi più integri e delicati sono stati trasferiti in alcuni grandi
musei di tutto il mondo, ma resti significativi e molto estesi rimangono qui a disposizione della
curiosità dei turisti.
Uno degli “ospiti” più importanti: il Basilosaurus Isis…
Carla mentre scatta alucne foto alla massiccia
colonna vertebrale di un Basilosaurus Isis
Cranio di Basilosaurus al Museo di
Storia Naturale di Chicago
Mascella e costole di Basilosaurus Isis
Ricostruzione di Basilosauro allo Smithsonian Museum
Ricostruzione virtuale del Basilosauro
Questi tipi di Archeoceti presentavano ancora rudimentali arti che erano
vestigia di strutture scheletriche una volta preposte alla deambulazione
terrestre. Nella foto qui a sinistra:
Caviglia, piede, e dita del Basilosaurus isis scavati a Wadi Hitan, Egitto.
Questo ritrovamento ritrovamento fu descritto da Gingerich et al. (1990). Il
piede raffigurato è lungo approssimativamente 12 cm. Fotografia ©1991
Philip Gingerich. La figura può essere riprodotta per usi no-profit o
educazionali.
Altro “ospite” di rilievo: il Dorudon Atrox…
La lunghissima spina dorsale di un Dorudon Atrox
Visione frontale dei resti del Dorudon,
mascelle e denti la dicono lunga sulla sua ferocia…
Ricostruzione virtuale dell’animale:
ecco come doveva presentarsi da vivo
Ricostruzione dello scheletro al
Museo Senckenberg
Foto dalle prime ricerche di Philip Gingerich
nella zona di Wadi el Hitan alla fine degli anni ‘90
Ed ora, un po’ di teoria:
L’ordine
dei
mammiferi
chiamato
“Cetacea” è suddiviso in tre sotto-ordini:
(1) dall’Oligocene ad oggi: Odontoceti o
'balene con i denti'— oggi viventi;
(2) dall’Oligocene ad oggi: Mysticeti o
'balene propriamente dette' provviste
di fanoni— oggi viventi; e
(3) i più antichi e primitivi Archeoceti
dell’Eocene o 'balene archaiche' — che
evolvettero dai mammiferi terrestri e
diedero origine ai più recenti odontoceti e
mysticeti.
L’ultima ricerca, del 2005, che continua
quella precedente (anni ’90) di Gingerich,
si focalizza sugli archeoceti, e cioè sulle
origini e la recente evoluzione delle
balene. Il team di ricerca conteneva
parecchi membri di nazionalità diverse che
collaborarono su questo tema in Egitto,
Giordania, Pakistan, e India. Durante le
rilevazioni in Egitto furono trovati e
raccolti scheletri virtualmente completi di
and
Basilosauridae
(Dorudon
Basilosaurus) del medio-tardo Eocene,
negli altri siti sono stati rinvenuti scheletri
particolarmente integri di Protocetidae
(specialmente Rodhocetus e Artiocetus)
del medio Eocene e un teschio parziale di
un Pakicetidae (Pakicetus) del primo
medio Eocene. Infine il recupero di ossa
delle caviglie di scheletro di Protocetidi
primitivi, durante un lavoro in Pakistan nel
2000, ha confermato la derivazione dei
Cetacei dagli Artiodattili (l’ordine dei
mammiferi che include vacche, cervi,
ippopotami etc…) ed ha dimostrato in
modo convincente che le balene non
originano dai mesonichidi come ipotizzato
da Van Valen, nello schema qui a sinistra.
Ma torniamo ora al nostro incredibile sito: vagando silenziosamente tra le sabbie infuocate, alla
ricerca di una traccia di ombra rinfrescante, ecco che si presentano al nostro sguardo altri
fossili… ce ne sono di svariati tipi. Un muso di pesce sega, i resti rinsecchiti di un tronco di
albero fossile, radici tubuliformi e intricate di un gruppo di mangrovie, conchiglie fossili, ed
addirittura una manciata di piccoli denti di selaci, ossia “squaliformi”…
Sembra che questi resti siano sparsi dovunque, testimonianza di un fondo marino che era
anche un formidabile cimitero ove, alla morte, si è depositata la spoglia di ogni forma di vita
che nuotava in questo mare milioni di anni fa. Pensando a come doveva essere questo posto in
un remoto passato, immagino la frescura delle acque marine, e la tenue colorazione verde
azzurrastra per l’effetto del filtro dell’acqua sui raggi solari… sembra impossibile, ora, dal
nostro punto di osservazione, la trasformazione avvenuta: tutto qui ha un aspetto secco e
polveroso, sommerso dalla sabbia, ed i colori dominanti sono il giallo-arancio ed il marronerossiccio delle rocce e delle distese sabbiose, sovrastati da un cielo azzurro e terso, che ospita
un sole rovente.
I resti massicci e ciclopici di un albero fossile
Una vertebra di Archeocete sporge da un
Contrafforte di roccia sedimentaria
Resti fossili di un muso di pesce-sega
Minuscoli dentini di Selaci dell’Eocene
Aggrovigliate e tubuliformi: le radici di
un gruppo di mangrovie
E’ stata una vera avventura, un sogno ad occhi aperti sul fondo disseccato di questo mare
preistorico… i resti che abbiamo potuto osservare con i nostri occhi, e con il commento
scientifico di una brava guida, ci hanno fatto rivivere i momenti importanti dell’evoluzione della
specie…
Alla fine del percorso, stanchi e prosciugati dal solleone, ci siamo rinfrancati con uno squisito
the egizio nel localino abbinato alla reception. Eh, si…! una bella storia da raccontare: ancora
una volta, insieme, abbiamo affrontato una passeggiata nel fuoco del deserto, alla ricerca di
nuove emozioni. Questa volta la nostra Amica Fatma ci ha dato veramente un consiglio
prezioso, e le siamo infinitamente grati per averci permesso di spaziare con i nostri sensi in
una ennesima nuova dimensione, ancora a noi sconosciuta, di questo vasto, misterioso e
spettacolare Egitto.
La gentile Fatma, in basso con l’ombrellino da sole rosso, ci ha accompagnato a visitare la Valle
E anche per Wadi el-Hitan è tutto.
Alla prossima !!