PEDAGOGIA SPECIALE DELLA GESTIONE INTEGRATA DEL GRUPPO CLASSE Indice della lezione: Trama del film Riflessioni sul film: inizio lezione Scuola accogliente scuola competente Scenario internazionale: Globalizzazione, cambiamento, incertezza LA scuola nel nuovo scenario: Sviluppare competenze Visione iniziale del circo della farfalla: https://www.youtube.com/watch?v=IHdxs1WNHMo Trama del film Il circo della farfalla La storia ruota attorno alla figura dell'"uomo senz'arti" Will (interpretato da Nick Vujicic), disabile sfruttato come attrazione principale dal direttore di un parco giochi, il quale conosce il signor Mendez, proprietario di un circo, e inizia a vivere con la sua famiglia (composta da tutti gli artisti del circo), in attesa di trovare uno scopo per cui vivere degnamente. Riflessioni sul film: Cosa suggerisce a noi, in quanto persone, questa storia? 1. ci fa riflettere sulla forza e lo “spessore” di una relazione positiva, 2. ci insegna quanto è grande il potere, la capacità di meravigliarsi e di saper guardare oltre l’apparenza, 3. fa emergere la tendenza a giudicare gli altri dalle apparenze, a guardare noi stessi concentrandosi su cosa non va, su ciò che ci manca, Dal film ricaviamo alcuni spunti utili per la nostra riflessione come educatori: è educativa soltanto un’azione che si prende cura della persona, che sa andare oltre le apparenze, che diventa autentica relazione interpersonale, che fa crescere entrambe le persone coinvolte. Una relazione educativa autentica è una grossa sfida, un compito arduo; comporta: è un cambio di prospettiva: dal vedere “le mostruosità umane” allo “stupore, perché si ammira qualcosa di straordinario”, per “vedere la bellezza che può nascere dalle ceneri” … 1 Inizio lezione: Una scuola che è, insieme, accogliente e competente è una scuola inclusiva. Una scuola che è inclusiva è una “Buona Scuola”. Nella scuola è possibile far sì che tutte le persone diventino risorse per gli altri. Parole/significati: handicap deficit disabilità bisogni educativi speciali Queste 4 parole non sono equivalenti ma dicono cose che si collegano anche se hanno significati molto diversi fra loro. La legge 517 del ‘77, spartiacque rispetto al modo di rapportarsi verso la disabilità, inizia a parlare di persona con handicap, quindi si comincia (anche grazie al lessico) a parlare di persona e non solo della sua condizione. Handicap, quindi, viene usata per esprimere la situazione oggettiva di difficoltà in cui viene a trovarsi il portatore di deficit nel processo di integrazione nella comunità, che è organizzata secondo standard di potenzialità o di prestazioni considerate normali, ed è evidentemente dipendente da un rapporto spazio temporale. L’handicap, allora, si lega ad una condizione e non è un’etichetta che descrive una persona ma in maniera più larga una mancanza dovuta al contesto. Deficit, invece, viene usata per definire la condizione soggettiva e personale di chi, a causa di un evento traumatico o morboso, abbia subito una menomazione della propria sfera biologica o psichica con conseguente minorazione organica che comporta difficoltà di apprendimento e di relazioni interpersonali. La disabilità , è quasi una conseguenza del deficit, ed è la perdita di funzioni, di una capacità operativa, conseguente alla menomazione, ovvero qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere una attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano. Penso sia importante comprendere la differenza tra il concetto di disabilità, deficit e quello di handicap, perché è quest'ultimo il campo del nostro agire nella scuola: cercare di rimuovere, di ridurre e, se possibile, di annullare quegli aspetti e quegli ostacoli che creano e mantengono lo stato di disagio, quel peso in più rispetto agli altri che questi ragazzi potrebbero portare per il resto della loro vita. L'espressione Bisogni Educativi Speciali fa riferimento, invece, ad un'ampia categoria di difficoltà, è quasi un’espressione omnicomprensiva che va oltre le condizioni di disabilità fino ad abbracciare il campo dei disturbi specifici dell'apprendimento, lo svantaggio sociale e culturale e ancora le difficoltà linguistiche per gli alunni stranieri. Di conseguenza, come si comprende, queste situazioni di disagio possono essere globali e pervasive (si pensi all'autismo) oppure più specifiche (ad la dislessia), settoriali (disturbi del linguaggio, disturbi psicologici d'ansia, ad esempio); gravi o leggere, permanenti o transitorie. 2 Scuola accogliente scuola competente L’accoglienza è compatibile con la competenza? L’inclusione è compatibile con l’eccellenza? Dedicare attenzione agli alunni con Bisogni Educativi Speciali consente di dedicare adeguata attenzione a tutti gli alunni? (discussione sul film la classe) Dentro le mura dell’aula l’insegnante è di fronte alla sua ‘classe’. Nell’ “ora e qui” della relazione didattica vengono messi alla prova i valori professati, le teorie e i metodi didattici adottati, la qualità della sua relazione con gli alunni. Il film sembra quasi un documentario su ciò che accade realmente all’interno delle relazioni docente/discente. La relazione didattica che l’insegnante vive nell’aula è strettamente collegata alle condizioni organizzative, alle ‘regole istituzionali’, al clima interno alla scuola. La scuola stessa si trova collocata dentro il più ampio sfondo culturale, sociale, economico, politico, nazionale e internazionale. Pur non essendoci un rapporto di causa-effetto, è innegabile che la qualità della relazione didattica nell’aula è largamente condizionata dalla qualità dell’organizzazione scolastica e, ancor di più, dallo sfondo sociale e culturale, nazionale e internazionale. La classe, quindi, è un contesto per lavorare con i singoli. I contesti nei quali lavoriamo sono un po’ come delle matrioske, le più piccole danno forma alle più grandi: Il più grande di tutti è il contesto sociale che condiziona nel bene e nel male il “qui e ora” Scenario internazionale: Globalizzazione, cambiamento, incertezza Nella società globalizzata, multiculturale, dell’incertezza e del cambiamento continuo e rapidissimo, le tradizionali missioni della scuola sono messe in crisi. Il nuovo paradigma è quello dell’ “apprendimento”. • Compito della scuola, quindi, non è insegnare ma insegnare ad apprendere: combinando una conoscenza generale sufficientemente ampia con la possibilità di lavorare in profondità su un piccolo numero di materie. Questo significa anche imparare ad imparare, in modo tale da trarre beneficio dalle opportunità offerte dall’educazione nel corso della vita. Nella società globalizzata le tradizionali missioni della scuola sono “messe in crisi”: 1. Tre dimensioni di Brunel a. Passato: ha a che fare con la memoria storica delle tradizioni, della cultura e della cittadinanza. b. Presente: ha a che fare con il “durevole” che consiste nel programmare un’educazione che permanga nel tempo poiché i cambiamenti sono rapidi. 3 c. Futuro: ha a che fare con la riformulazione delle conoscenze e con l’idea della scuola dell’apprendimento. La scuola nel nuovo scenario: “Il paesaggio educativo è diventato estremamente complesso” Il Libro Bianco su istruzione e formazione, ha tra le sue finalità quella di giungere a proposte aventi come obiettivo quello di “preparare gli europei ad una transizione morbida verso una società fondata sull’acquisizione di conoscenze e nella quale non si smetta di apprendere ed insegnare per tutta la vita. In altri termini verso una società conoscitiva”. Esso muove dall’analisi del cittadino europeo che, a prescindere dalla sua età, si trovi dinanzi al problema del suo adattamento a nuove condizioni di accesso al mercato del lavoro e all’evoluzione del mercato stesso. Il libro evidenzia come, nella società dell’informazione, nata e sviluppatasi grazie alla globalizzazione delle tecnologie, gli individui abbiano maggiori possibilità di accesso alla conoscenza e ciò, ha portato ad importanti cambiamenti in termini di competenze acquisite e sistemi di lavoro; in questa prospettiva il sistema di istruzione e formazione assume un ruolo centrale; esse diventano sempre più i principali vettori d’identificazione, di appartenenza, di promozione sociale e di sviluppo personale. E’ attraverso l’istruzione e la formazione, a vario titolo acquisite (sistema istituzionale, impresa, approcci informali) che gli individui si rendono protagonisti razionali del loro futuro, potendo così realizzare le loro aspirazioni. • • Un’economia basata sulla conoscenza richiede professionalità capaci di misurarsi con i problemi, ricercare soluzioni inedite, muoversi con padronanza in un mondo di possibilità e di imprevedibilità, essere capaci di vivere nell’incertezza Un mondo globalizzato ha bisogno di persone che sappiano interagire positivamente, che sappiano dialogare con culture diverse, senza per questo perdere la propria identità, diventando ‘massa’ 4 Un mondo nel quale le risorse non sono illimitate, le diseguaglianze sono sempre più accentuate, i diritti umani non sono dappertutto riconosciuti, ha bisogno di persone che sappiano cooperare, assumersi responsabilità, operare per il bene comune • Di fronte ai rischi della disumanizzazione, della riduzione della persona a numero, del prevalere della logica utilitaristica, c’è bisogno di persone che mantengano la loro spiritualità, che non smettano di ricercare il senso delle cose L’educazione nel corso della vita è basata su quattro pilastri: imparare ad apprendere, imparare a fare, imparare a vivere insieme e imparare ad essere • Imparare ad apprendere, combinando una conoscenza generale sufficientemente ampia con la possibilità di lavorare in profondità su un piccolo numero di materie. Questo significa anche imparare ad imparare, in modo tale da trarre beneficio dalle opportunità offerte dall’educazione nel corso della vita. • Imparare a fare, allo scopo d’acquistare non soltanto un’abilità professionale, ma anche, più ampiamente, la competenza di affrontare molte situazioni e di lavorare in gruppo. Ciò significa anche imparare a fare nel contesto delle varie esperienze sociali e di lavoro offerte ai giovani, che possono essere informali, come risultato del contesto locale o nazionale, o formali, che implicano corsi dove si alternano studio e lavoro. • Imparare a vivere insieme, sviluppando una comprensione degli altri ed un apprezzamento dell’interdipendenza (realizzando progetti comuni e imparando a gestire i conflitti) in uno spirito di rispetto per i valori del pluralismo, della reciproca comprensione e della pace. • Imparare ad essere, in modo tale da sviluppare meglio la propria personalità e da essere in grado di agire con una crescente capacità di autonomia, di giudizio e di responsabilità personale. A tale riguardo, l’educazione non deve trascurare alcun aspetto del potenziale di una persona: memoria, ragionamento, senso estetico, capacità fisiche e abilità di comunicazione. • I sistemi educativi formali tendono a sottolineare l’acquisizione delle conoscenze a detrimento di altri tipi d’apprendimento; ma ora è di fondamentale importanza concepire l’educazione in una maniera più globale. Una tale visione deve informare e guidare le future riforme e politiche scolastiche, in rapporto sia ai contenuti che ai metodi. • Sviluppare competenze “Fronteggiare efficacemente richieste e compiti complessi comporta non solo il possesso di conoscenze e di abilità ma anche l’uso di strategie e di routines necessarie per l’applicazione di tali conoscenze e abilità, nonché emozioni e atteggiamenti adeguati e un’efficace gestione di tali componenti.” (OCSE) 5 Ripensare il contesto della scuola: quali sono i suoi valori? “L’insegnante è di fronte alla classe: pone domande agli allievi. Dopo ogni domanda numerose mani si alzano. Alcuni allievi allungano le mani nella speranza di essere chiamati. Altri non alzano la mano e cercano di non incrociare gli occhi dell’insegnante nella speranza di non essere chiamati. L’insegnante chiama Diane. William, che siede vicino a Diane, conosce la risposta giusta e sa che, se Diane non sa rispondere, l’insegnante può chiamare lui. In effetti, l’unico modo in cui William può ottenere un riconoscimento in questa situazione, è che Diane fallisca. E’ naturale che, in questa struttura di classe così competitiva, gli studenti comincino a provare piacere del fallimento degli altri”. (Kagan S.) Un’antinomia? • Competizione • Cooperazione 6