Il corso descrive le metodologie di base della Fisica,
richiamando le regole elementari dell’Analisi dei Dati,
della Meccanica, dell’Elettromagnetismo e dell’Ottica.
Per superare l’esame si devono superare in modo
sufficiente le due prove (Analisi dati e Meccanica,
Elettromagnetismo e Ottica) durante il corso o la prova
globale alle sessioni di esame successive. Istruzioni
dettagliate sono disponibili sul sito.
Le prove consistono di esercizi numerici per i quali va data la
risposta. Ogni esercizio ha un peso e la sua valutazione è pari al
peso se la risposta è corretta, altrimenti zero. Le risposte errate non
vengono valutate.
Per spiegazioni si riceve al Dipartimento di Fisica
(IV piano la mattina dalle 10:00 alle 13:00 circa.
I prerequisiti sono:
Nozioni di base di algebra, manipolazione delle
espressioni numeriche e letterali.
Nozioni base di Analisi Matematica: funzioni elementari,
loro derivate, concetto di integrale
Possibili libri di testo
Fisica per le Scienze della Vita, Bellini, Manuzio, Piccin
Elementi di Fisica, Bersani et al., Piccin
Elementi di Fisica, Mazzoldi, Nigro, Voci, EdiSES
Fondamenti di Fisica, Halliday, Resnick, Walker, Ambrosiana
Fisica per Moduli, Ruffo, Zanichelli
Importanza del
tempo nel
comportamento
degli organismi
viventi.
La cellula
Tempi
10 -15 10 -12 10 -9
fs
ps
ns
moto di
e-
moti
termici
10 -6 10 -3 10 0
µs
ms
s
catalisi
enzimi
...
confor.
proteine
10 16 s
GY
evoluzione
Il metodo sperimentale
Tutte le scienze naturali si basano
sull’osservazione di come procedano i
fenomeni che avvengono in natura
assumendo a priori il numero
minimo di ipotesi
L’osservazione della natura si effettua su
differenti scale di tempo e di spazio. Queste
differenze, oltre ad altri fattori convenzionali,
definiscono i limiti delle varie aree scientifiche.
Ad esempio la Biologia si occupa di vari aspetti
relativi agli esseri viventi e di varie molecole
rilevanti per gli organismi viventi e virus.
I limiti delle Scienze Convenzionali cambiano
continuamente.
Letteralmente: la fisica è l’unica scienza naturale.
Ipotesi minime necessarie in fisica e nelle
altre scienze naturali convenzionali:
1) Causalità temporale (ogni evento dipende solo da quelli che lo precedono).
2) Lo spazio in cui si fanno le osservazioni è omogeneo ed
isotropo (non ci sono a priori posizioni o direzioni speciali nello spazio).
3) Omogeneità del tempo (dal punto di vista di un’osservazione ogni istante di
tempo è equivalente)
Concetto di osservazione
1) Osservazione qualitativa: gli oggetti sulla
superficie della Terra, se lasciati liberi, cadono.
2) Osservazione quantitativa: gli oggetti sulla
superficie della Terra, se lasciati liberi, cadono con
un’accelerazione costante verso il basso di 9,80665
m/s2.
L’osservazione quantitativa è estremamente
importante.
Grandezze fisiche e loro misura sperimentale
Non esiste a priori un insieme predefinito
di grandezze fisiche.
Esse vengono introdotte man mano che vengono scoperti
nuovi fenomeni.
Esistono molte grandezze fisiche immediate che fanno
parte della normale esperienza.
Esempi: velocità, distanza fra due punti dello spazio.
Misura di una grandezza fisica.
La misura (valore) di una grandezza (fisica) è sempre
relativa:
1) Si definisce l’unità di misura in modo arbitrario (che
poi rimane fisso)
2) Si determina il rapporto fra la grandezza fisica che si
vuole misurare e l’unità di misura scelta.
Il processo è sempre soggetto ad errori detti
sperimentali.
Le unità di misura devono essere scelte in modo
convenzionale valido per tutti.
La loro definizione universale è un’operazione
complessa che viene raffinata continuamente.
Ad esempio il metro (unità di misura per le distanze) era
definito, fino al 1960 con una barra di platino tenuta
sempre a zero gradi centigradi (la sua lunghezza era stata scelta circa
uguale ad 1/40.000.000 della circonferenza della Terra). Dal 1960 al 1983 era
definito come 1.650.763,73 volte la lunghezza d’onda
della luce gialla dell’isotopo 86 del kripton. Dal 1983 ad
oggi esso è 1/299.792.458 lo spazio percorso dalla luce in
1 secondo (attenzione si deve definire prima il secondo).
Le unità di misura che vengono attualmente
impiegate sono quelle del Sistema Internazionale
(SI, protetto dalla Legge,
http://physics.nist.gov/cuu/Units/).
Le unità di misura di base di questo sistema sono:
Grandezza
Nome
Simbolo
lunghezza
metro
m
massa
chilogrammo
kg
tempo
secondo
s
corrente elet.
Ampere
A
temperatura
kelvin
K
quantità di mat. Mole
mol
intensità luminosa candela
cd
Definizioni delle unità di base
1 m = 1/299.792.458 co * 1 s
1 kg = massa di un apposito campione di Pt-Ir
conservato presso il BIPM (Bureau International des Poids et
Mesures )
1 s = 9 192 631 770 periodi della radiazione prodotta
dal 133Cs (riga opportuna)
1 A = corrente che produce la forza di 2 10-7 Newton
per m, fra due fili infiniti ad 1 m di distanza
1 K = 1/273,16 della temperatura del punto triplo
dell’acqua
1 mol = quantità di sostanza che contiene tante
molecole quante ve ne sono in 0,012 kg di 12C
Nel SI si definiscono, oltre alle grandezze di base,
le grandezze derivate con le relative unità di
misura. Ad esempio la velocità:
v = [s/t] = [m/s]
La relazione fra parentesi quadre indica che
essa è una relazione di tipo dimensionale.
Esempio di grandezze derivate con nomi specifici
Grandezza
Simbolo
Nome
Angolo piano
rad [m/ m] = 1
radiante
steradiante
Angolo solido
sr [m2/m2] = 1
hertz
Frequenza
Hz [s-1]
Forza
N [m kg/s2]
newton
Pressione o sforzo
Pa [N/m2]
pascal
Energia o lavoro
J [N m]
joule
Potenza
W [J/s]
watt
Carica elettrica
C [s A]
coulomb
Differenza di potenziale V [W/A]
volt
Di tutte le unità si definiscono multipli e
sottomultipli. Tra quelli previsti nel SI ci sono:
f
p
n
µ
m
Sottomultipli
femto 10-15
pico 10-12
nano 10-9
micro 10-6
milli 10-3
k
M
G
T
P
Multipli
kilo
mega
giga
tera
peta
http://www.digitaldutch.com/unitconverter/
103
106
109
1012
1015
Ad esempio:
1 Pm = 1015 m (~ 0.1 anni luce)
1 km = 103 m (~ passeggiata)
1 µm = 10-6 m (~ microrganismo)
0.1 nm = 10-10 m (~ atomo)
1 fm = 10-15 m (~ diametro del protone)
Nella pratica si effettuano osservazioni quantitative o
Misure
Gli strumenti di misura possono essere molto
semplici ma anche molto complessi e composti
di numerose parti.
Ripetibilità delle misure.
Ogni osservazione sia qualitativa che
quantitativa deve dare lo stesso risultato se
ripetuta nelle stesse condizioni in luoghi
diversi ed in tempi diversi
Ogni strumento di misura è caratterizzato da:
1) Sensibilità
2) Precisione
3) Intervallo di misura (o portata)
4) Ripetibilità
La sensibilità è il rapporto fra la risposta dello
strumento ed il valore della grandezza
La precisione è l’effettiva corrispondenza fra
il valore fornito dallo strumento e l’effettivo
valore della grandezza che si sta misurando
L’intervallo di misura si riferisce al minimo
ed al massimo valore misurabile della
grandezza che si vuole misurare
Calibro digitale (centesimale)
Gli errori sperimentali
Ogni misura è soggetta ad errori sperimentali.
Essi sono di due tipi, sistematici e casuali:
1) Imperfezioni dell’unità di misura intrinseche allo
strumento impiegato (sistematico)
2) Errori dovuti al processo di confronto fra grandezza
ed unità di misura (sistematico)
3) Processi casuali che fanno variare il risultato in modo
imprevedibile (casuale)
Gli errori sistematici non sono controllabili,
essendo strettamente connessi allo strumento
impiegato. Il solo modo di controllo è l’impiego
di un secondo strumento.
Ad esempio: un calibro può essere tarato
controllando che dia il risultato corretto nella misura
di uno spessore di 50 mm noto a priori.
Gli errori sistematici possono essere legati ad
una cattiva taratura, ma, più comunemente,
alle caratteristiche costruttive.
Ad esempio le punte del calibro possono
essere troppo flessibili.
La taratura può essere effettuata su tutto
l’intervallo accessibile allo strumento, in
questo modo si minimizzano gli errori
sistematici.
Gli errori casuali si presentano in vari modi.
ad esempio in una misura con il calibro si
possono ottenere diversi risultati:
1) Lo spessore che si deve misurare non è
completamente regolare.
2) L’allineamento tra il calibro e lo spessore
non è mai esattamente lo stesso.
In condizioni ottimali uno strumento come il calibro
fornisce una misura che ha solo un errore di lettura.
Il risultato si indica nella forma:
g = gletta ± ∆g
La forma:
g = gletta ± ∆g
Indica che la grandezza g ha valore che è
compreso fra:
gletta – ∆g e gletta + ∆g
∆g è detto errore di lettura. Le condizioni
ottimali si ottengono quando la grandezza da
misurare è costante meglio del limite di lettura
dello strumento (di fatto ∆g).
Ad esempio, nel caso del calibro ventesimale
∆g = 1/20 mm, ovvero ∆g = 0,05 mm
Il calibro digitale ha invece ∆g = 0,01 mm,
cioè 10 µm.
Un normale metro a striscia metallica ha
divisioni di 1 mm. In questo caso si assume di
poter apprezzare ½ divisione, cioè ∆g = 0,5 mm
Spesso, ripetendo la misura, nelle stesse
condizioni e con lo stesso strumento non si
ottiene lo stesso risultato a causa di varie
fattori che fanno fluttuare la determinazione.
In questo caso si ottiene solo una
determinazione statistica del valore della
grandezza.
A volte la fluttuazione statistica è un fatto
intrinseco.
Esempio 1: se si misura con il calibro molto sensibile
è impossibile ottenere sempre lo stesso risultato. In
questo caso la grandezza potrebbe (forse) essere ben
definita, ma il metodo di misura introduce
fluttuazioni.
Esempio 2: si vuole misurare il numero di globuli
rossi nel sangue. Ovviamente non si misurano tutti,
ma solo il numero per unità di volume, in un volume
piccolo, adatto al microscopio. In ogni piccolo
volume non si trova sempre lo stesso numero di
globuli rossi.
Per dare senso a questo tipo di misure si fa ricorso
al concetto di probabilità.
Limitandosi al caso finito
La probabilità del verificarsi di un evento è definita
come il rapporto fra il numero di casi favorevoli Nf
(al fatto che l’evento accada) ed il numero di casi
possibili Np:
P = N f / Np 0 ≤ P ≤ 1
Il concetto di probabilità è astratto, tuttavia si
enuncia il seguente principio. Se si ripete una
prova un numero arbitrariamente grande di
volte N (ad esempio il lancio di una moneta),
il rapporto fra il numero di volte in cui si
verifica un evento Nf (ad esempio il fatto che
la moneta cada con testa verso l’alto) ed N,
verifica:
Nf
lim
=p
N →∞ N
Esempio 1:
la probabilità che esca il 32 in
un’estrazione singola al lotto è il rapporto fra
1 (un solo caso di uscita del numero scelto) e
90 (il numero di possibili estrazioni):
P32 = 1/90
Esempio 2:
La probabilità che, lanciando un dado, esca 3 è:
P3 = 1/6
La probabilità che esca 3 in due lanci è:
P3-3 = 1/36
Infatti su due lanci c’ è 1 evento favorevole su
6x6 = 36 eventi totali possibili.
Si ha la seguente regola: la probabilità che due
eventi (l’estrazione di due volte 3) o più
eventi di probabilità p1,…,pn si verifichino è:
p1-n = p1 … pn
Esempio 3:
La probabilità che, lanciando un dado, escano o 2
o 3 è:
P3 = 2/6
Infatti si hanno due eventi favorevoli su
6 eventi totali possibili.
Si ha la seguente regola: la probabilità che due
eventi (l’estrazione di 2 o 3) o più
eventi di probabilità p1,…,pn si verifichino in
alternativa è:
p1-n = p1 + … + pn
Esistono casi finiti ma di complessità
crescente. Ad esempio, la probabilità che,
lanciando un dado 10 volte, 3 volte esca 6. Per
trattare questi casi si introduce la distribuzione di
probabilità:
pN (k). Vale sempre la proprietá:
PN
k=0
pN (k) = 1.
Essa è la probabilità che si verifichi k (3
nell’esempio) volte un certo evento (uscita del
6 nell’esempio) su N (10 nell’esempio) prove.
Il caso considerato è detto della distribuzione
binomiale. La probabilità del singolo evento è
p, la probabilità di k eventi su N è:
Ã
!
N k
N −k
pN (k) =
p (1 − p)
k
Ã
N
k
!
N!
=
k!(N − k)!
Un’altra distribuzione di probabilità molto
importante si riferisce ad un evento di
probabilità molto bassa (al limite tendente a 0)
per il quale si effettuano moltissime prove (al
limite N → ∞, ma N p = m, finito). Questa è
detta distribuzione di Poisson:
k
m −m
p(k) =
e
k!
Si misuri la velocità di un oggetto determinando la
distanza tra due punti ed il tempo necessario a
percorrere questa distanza.
d = 5.000 ± 0.002 m
t = 150 ± 2 ms
La velocità è quindi:
v = 33.33… m/s
vmin = 4.998/0.152 = 32.881… m/s
vmax = 5.002/0.148 = 33.797… m/s
L’errore viene quindi determinato sulla velocità a
partire dal valore minimo e quello massimo.
v – vmin = 0.452… m/s
vmax – v = 0.463… m/s
Le due differenze sono praticamente uguali e
possono rappresentare l’errore sulla grandezza
derivata v.
v = 33.3 ± 0.5 m/s
Questa procedura si potrebbe applicare in ogni
caso.
Nel caso delle distribuzione di probabilità è
utile introdurre i seguenti concetti:
Media e Varianza
hki =
∞
X
k p(k) = m
k=0
σ 2 = hk 2i − hki2 =
∞
X
k=0
k 2 p(k) − m2 = m
Calcolo della media della distribuzione di
Poisson
∞
X
k −m
m e
hki =
k
k!
k=1
−m
me
∞
h
X
m
h=0
h!
∞
X
mk
−m
=
e =
−
(k
1)!
k=1
= me
−m m
e =m
Calcolo della varianza della distribuzione di
Poisson
∞
X
∞
k −m
X
m
e
kmk
2
2
−m
hk i =
k
=e
− 1)!
k!
k=0
k=1 (k
e−m
∞
X
(h + 1)mh+1
h!
h=0
m
∞
X
hp(h)
h=0
h!
= e−m m
·X
∞
hmh
h=0
h!
+
∞
h¸
X
m
h=0
+ me−m em = m2 + m
σ2 = hk 2 i − hki2 = m2 + m − m2 = m
h!
=
Esempio. Nel conteggio dei globuli rossi nel
sangue si parte dal fatto che siamo di fronte a
numeri totali molto alti. Se si considera un
volume di sangue dove ce ne siano solo una
decina, la distribuzione del numero di globuli
rossi per ogni volume uguale è una
distribuzione di Poisson.
Tipiche distribuzioni di Poisson.
0.16
0.2
0.16
0.12
0.12
p(k)
p(k)
m = 10
m=5
0.08
0.08
0.04
0.04
0
0
0
4
k
8
12
0
5
10
k
15
20
25
Come si vede, facendo conteggi piccoli, c’è
un’elevata probabilità che il numero misurato
sia abbastanza lontano da quello che ci si
aspetta. Nelle misure intrinsecamente
statistiche la varianza ha il ruolo di quadrato
dell’errore. Convenzionalmente, nel caso di
distribuzioni di Poisson, dopo una singola misura,
si scrive
g = g0 ±
√
σ2
Confronto fra la distribuzione di Poisson e un
processo che deve seguire questa
distribuzione.
0.2
m=5
p(k)
0.16
N = 5000
0.12
0.08
0.04
0
0
4
8
k
12
16
Nel limite in cui m sia molto grande
(superiore a circa 20), allora la distribuzione
di Poisson si trasforma nella distribuzione di
Gauss o Gaussiana. Essa è detta anche
distribuzione normale.
µ
2¶
−(k − m)
1
exp
p(k) = √
2σ 2
2πσ
√
σ= m
Esempio.
Si supponga di dover determinare il valore di una
grandezza con distribuzione di Poisson a media
bassa (ad esempio circa 5). Effettuando una
singola determinazione si ottiene una stima del
tipo:
k = kmis ±
q
kmis
se kmis = 4, allora la radice della varianza é 2
È evidente che l’indeterminazione è
eccessiva. Per ridurla si studia prima la
Propagazione degli errori
Si hanno due casi:
1) Lettura di uno strumento (ad esempio il calibro)
2) Misura di una grandezza soggetta a fluttuazioni
casuali (variabile aleatoria)
Caso 1). Si abbiano due grandezze, A e B che
vengono misurate con relativo errore ∆A e
∆B. Si abbia una terza grandezza G che sia
funzione delle altre due e quindi sia una
grandezza derivata. L’errore su G è:
G = F (A, B)
¯
¯
¯
¯
¯ ∂F (A, B) ¯
¯ ∂F (A, B) ¯
¯∆A + ¯
¯∆B
∆G = ¯¯
¯
¯
¯
∂A
∂B
Esempio:
G=A+B
∆G = ∆A + ∆B
G=kA
∆G = k ∆A
G = k A2
∆G = k 2 A ∆A
Caso 2). Si abbiano due grandezze (aleatorie),
A e B che vengono misurate con varianze ∆A2
e ∆B2. Si abbia una terza grandezza G che sia
funzione delle altre due e quindi sia una
grandezza derivata. La varianza ∆G2 di G è:
G = F (A, B)
∆G =
s
µ
∂F (A, B)
∆A
∂A
¶2
µ
∂F (A, B)
∆B
+
∂B
¶2
Un caso particolare di applicazione della
propagazione degli errori è la media di più
misure. Si abbia la grandezza fluttuante
dell’esempio precedente:
k = kmis ±
q
kmis
se kmis = 4, allora la radice della varianza é 2
Si effettuino N determinazioni di k e si calcoli
la media e la varianza delle N determinazioni.
hki =
N
X
1
N
ki
i=1
La varianza di hki é quindi
2
σhki
N
X
1
hki
= 2
ki =
N i=1
N
La varianza della media risulta quindi minore
della varianza di una singola determinazione.
Infatti si ha:
q
2
σhki
=
s
k
N
Nell’esempio numerico precedente, se N = 100
si ha:
q
2
σhki
= 0.2 invece di 2
La procedura di media riduce in modo
considerevole la varianza e permette una
stima accurata di determinate grandezze. Gli
esempi legati a conteggi di oggetti sono i più
comuni.
Le relazioni che definiscono la propagazione
degli errori partono dall’assunto che essi siano
piccoli e sono ricavate effettuando uno
sviluppo in serie della funzione.
Gli errori che vengono dedotti, sia dalle
misure dirette, che per grandezze derivate,
sono sempre delle stime.
Spesso conviene anche indicare l’errore relativo.
Esso è il rapporto fra l’errore (anche statistico) ed il
valore della grandezza:
∆grel = ∆G/G
Per presentare il risultato è importante anche l’uso
corretto delle cifre significative. Ad esempio:
10.25 ± 0.15
1.03 ± 0.02
3289 ± 5
Esempio pratico.
Si vuole determinare, per mezzo di un
microscopio, il numero medio per unità volume, di
microrganismi presenti in un campione disposto su
di un vetrino. Essendo il numero troppo elevato
NON si possono contare tutti. Si utilizza quindi un
sistema di divisione del campo in vari quadrati che
contengano un numero piccolo di microrganismi,
tipicamente dell’ordine di 10.
Campo di Brooklynella – protozoo patogeno dei pesci
Nei quattro quadrati vi sono, rispettivamente, 5, 7,
6, 8 microrganismi.
La media risulta quindi 6.5. La distribuzione
dovrebbe essere di Poisson e quindi la varianza
della distribuzione è la radice quadrata di 6.5, cioè
2.5. Tuttavia l’informazione cercata è il valor
medio del numero di microrganismi per unità di
volume, quindi l’indeterminazione nella misura
viene stimata come la varianza della media, cioè
1.3.
Alcune semplici regole di derivazione
f (x) = x
f (x) = sin(x)
n
df
= cos(x)
dx
df
df(ax)
=a
dx
dx
df
= nxn−1
dx
f(x) = cos(x)
df
= −sin(x)
dx
dg
df
d[f(x)g(x)]
= f(x) + g(x)
dx
dx dx
d[1/f(x)]
1 df
=− 2
dx
f (x) dx
ANALISI DIMENSIONALE
Come ricavare delle informazioni dal
solo confronto delle unità di misura delle
grandezze in uso
Come essere uno Scienziato o un
Ingegnere
I passi per comprendere e/o controllare un
fenomeno (fisico)
1. Identificare le variabili (fisiche) rilevanti
2. Connettere queste variabili usando le leggi
(fisiche)
3. Risolvere le equazioni risultanti
A volte la procedura è molto
complessa, ma si può ricorrere
all’analisi dimensionale
• Le leggi devono essere indipendenti dalle
unità di misura che sono arbitrarie: La
natura non si preoccupa del fatto che si
misurino le lunghezza in cm o pollici o
anni luce!
• Controllare le unità: tutte le relazioni
devono essere dimensionalmente corrette
Analisi Dimensionale
•La distanza ha dimensione L.
•L’area ha dimensione L2.
•Il volume ha dimensione L3.
•Il tempo ha dimensione T.
•La velocità ha dimensione L/T
Perché non ci sono piccoli animali
nelle regioni polari?
• Perdita di calore ∝ Superficie (L2)
• Massa ∝Volume (L3)
• Perdita di calore/Massa ∝ Superficie/Volume
= L2/ L3
= L-1
Perdita di calore/Massa ∝ Area/Volume
= L2/ L3
= L-1
Topo (L = 5 cm)
1/L = 1/(0.05 m)
= 20 m-1
Orso polare (L = 2 m)
1/L = 1/(2 m)
= 0.5 m-1
20 : 0.5 o 40 : 1
Quindi un animale delle dimensioni di un topo perde molto più
calore che uno delle dimensioni di un orso
Il Teorema di Pitagora
•
•
•
•
Area totale = F(θ) c2
A1 =F(θ) b2
A2=F(θ) a2
Area = A1 +A2
F(θ) c2= F(θ) a2 +F(θ) b2
2
c=
a
A2
θ
c
A1
2
2
a +b
Il teorema è quindi direttamente
ottenibile da un’analisi dimensionale
b
θ