Per un welfare del corpo e della mente: la Salute Emotiva

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Per un welfare del corpo e della mente:
la Salute Emotiva e Comportamentale come possibile modello di sviluppo
di Vincenzo Barretta
In un momento di crisi economica e sociopolitica, come quella attuale, sono molteplici
gli studiosi che lavorano allo scopo di
individuare nuovi modelli di sviluppo e
numerosi i leader politici che si pongono la
finalità di immaginare nuovi scenari sociali ed
economici.
Per introdurre una breve riflessione su questi
argomenti
sarà
opportuno
definire
sinteticamente alcuni dei concetti correlati.
Lo sviluppo sociale consiste in una serie di
cambiamenti che riguardano da un lato le
istituzioni e dall’altro i comportamenti delle
comunità o di un intero sistema sociale, che
coinvolgono gruppi di individui con
determinati valori comuni.
La domanda di nuove regole da parte di
individui o gruppi, come ad esempio una
maggior equità e giustizia sociale è spesso
parte sostanziale di tali cambiamenti.
Il miglioramento sociale può, altresì, essere
descritto come un movimento ascendente
della società che solitamente si sviluppa
attraverso vari stadi.
La crescita economica è rappresentata
dall’insieme degli aspetti quantitativi dello
sviluppo, misurati attraverso le principali
grandezze
macroeconomiche
(reddito
nazionale, reddito individuale, risparmio,
investimenti, Prodotto Interno Lordo, ecc.).
Tra le variabili che sono state individuate, per
elaborare modelli esplicativi relativi alla
crescita del sistema economico, particolare
attenzione è stata dedicata al capitale umano.
Quest’ultimo viene inteso come il risultato
d’investimenti nel campo della formazione e
dell’istruzione.
Il concetto di benessere sociale appare più
arduo da descriversi poiché la sua definizione
non gode ancora di consenso unanime e varia
a seconda dei contesti teorici ed inoltre una
sua
disamina,
quantunque
sintetica,
apparirebbe troppo complessa per gli intenti
che ci proponiamo.
Le teorie sul benessere sociale e sulle sue
componenti sono piuttosto discordanti.
Se da una parte è innegabile l’influenza
dell’ambiente sociale sul benessere degli
individui, allo stesso modo non possiamo
evitare di considerare quanto il benessere
complessivo del singolo individuo sia in
grado di agire sui fattori che determinano il
benessere sociale, comunque esso venga
inteso.
Occorre necessariamente accettare l’idea che
tra i due ambiti ci sia una reciproca influenza,
secondo un pattern di interazione reciproca.
Il benessere del singolo individuo, tollerando
il rischio di incorrere in esplicazioni
ipersemplificanti, può essere concettualizzato
come la somma della soddisfazione di vari
bisogni. Tra questi possiamo selezionarne
alcuni, individuati tra quelli fondamentali,
quali, il lavoro, le relazioni sociali e familiari,
la salute.
Proprio a proposito di quest’ultima vanno
poste ulteriori osservazioni.
Quando pensiamo alla salute siamo
prevalentemente focalizzati sull’idea di una
condizione caratterizzata dall’assenza di
malattie,
laddove le malattie sono
sostanzialmente correlate ad alterazioni di
alcune funzioni corporee che determinano
dolore, disagio, menomazione funzionale o
rischi per il futuro.
Troppo spesso, dalle nostre considerazioni
sulla salute, resta esclusa una parte importante
che, nella nostra percezione, pertiene ad un
altro ambito.
N. 3 - Maggio-Giugno 2016
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Per un welfare del corpo e della mente:
la Salute Emotiva e Comportamentale come possibile modello di sviluppo
di Vincenzo Barretta
Proveremo, di seguito, ad analizzare il valore
e le implicazioni dell’ambito della cosiddetta
Salute Mentale.
La Salute “a tutto tondo”
Il termine di “Salute Mentale” solitamente
viene usato per definire un ambito della salute
che pertiene ai processi psichici, alla
psicopatologia ed ai sistemi di cura ad essa
connessi.
Questa terminologia ripropone e rilancia la
storica scissione corpo/mente, laddove la
Medicina si occuperebbe della salute del
corpo (e quindi della salute della popolazione
in generale) e la salute mentale di quella
piccola percentuale di soggetti affetti da
malattie mentali.
La realtà delle cose è, in verità, molto diversa.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità,
ormai da quasi cinquanta anni, parlando di
promozione della salute, con la conferenza
d’Alma Ata prima (1971), e con la carta
d’Ottawa poi (1986), ha ribadito la
definizione del concetto di salute e di
benessere nella sua dimensione positiva.
L’OMS definisce la salute come “uno stato di
completo benessere bio-psico-sociale (fisico,
mentale e socio-relazionale) e non solamente
come assenza di malattia o infermità”.
Tale definizione rappresenta un cambiamento
concettuale storico, che consente di
abbandonare l’interpretazione medicalistica e
semplicisticamente riduzionista del benessere
e della Salute.
All’interno del concetto di salute, ampio
spazio occupa la diagnosi, la cura e la
prevenzione delle malattie, le quali, secondo
la
visione
comune,
corrispondono
sostanzialmente alle malattie che colpiscono il
nostro corpo.
Purtroppo esiste, ancora, una certa difficoltà a
concepire, correttamente in questo ambito,
tutto ciò che pertiene alla salute della mente.
Tuttavia, secondo tale definizione, non solo la
salute comprende l’ambito psichico ma,
addirittura, anche quello socio-relazionale,
ampliando così, di fatto, notevolmente
l’ambito di interesse e di intervento dell’intera
Medicina, che, per proprio statuto fondante,
deve occuparsi della Salute degli individui nel
senso più ampio del termine.
“Non c’è salute senza salute mentale”
-“Non c'è salute senza salute mentale, la
salute mentale e il benessere mentale di una
persona sono fondamentali per la qualità
della sua vita. Incidono sulla produttività
degli individui, delle famiglie, delle comunità
e delle nazioni. Rendono le persone capaci di
sperimentare il vero significato della vita.
Permettono loro di esprimere la propria
creatività e di essere dei cittadini partecipi e
attivi”-.
La precedente affermazione riveste un
particolare ed ampio significato, poiché è
stata formulata e condivisa dai ministri della
salute
di
52
paesi,
membri
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
(O.M.S.) che, in un accordo firmato ad
Helsinki nel 2005, hanno sottoscritto una
dichiarazione sulla salute mentale.
La dichiarazione dell'O.M.S. pone questo
ambito in una posizione centrale per la
realizzazione del potenziale umano, sociale ed
economico dei cittadini nelle diverse nazioni.
Essa esorta gli stati membri a considerarla
come parte integrante delle proprie politiche
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sociali, al pari della difesa dei diritti umani,
dell'educazione e dello sviluppo.
Dati provenienti da diversi studi e ricerche
scientifiche mostrano come, all’interno di una
popolazione, parametri come la crescita
economica, lo sviluppo sociale e finanche il
progresso scientifico e tecnologico, siano
correlati, in maniera positiva, con il
benessere psicologico e comportamentale
degli individui e delle famiglie.
Alcuni eminenti studiosi (tra cui Richard
Layard, noto economista inglese, direttore
del “Centre for Economic Performance” alla
“London School of Economics” ), ritengono
che il Prodotto Interno Lordo (PIL) sia, in
qualche maniera, influenzato dal benessere
psicologico della popolazione, a tal punto che
si tende sempre più ad individuare parametri
che, al posto del PIL, utilizzano, invece, dati
riguardanti il benessere e la felicità delle
persone, convinti che queste condizioni
rappresentino la reale potenzialità di un paese,
soprattutto in termini di sviluppo socioeconomico.
Verso una piccola rivoluzione semantica ed
ideologica
Nonostante l’innegabile correttezza delle
affermazioni e delle concezioni espresse
dall’OMS e dagli studiosi citati ( e sebbene
l’importanza strategica della salute mentale,
anche nell’ottica dello sviluppo delle nazioni,
sia evidente), utilizzare il termine di “salute
mentale” potrebbe essere ancora troppo
fuorviante, per certi versi e stigmatizzante per
altri. Lo è perché, come anzidetto, tale
espressione, rimanda all’idea della malattia
mentale grave, ricorda il mondo e l’esperienza
dei manicomi, in definitiva riporta
l’attenzione, del pubblico dei non addetti ai
lavori, all’idea che si stia parlando di cose,
tutto
sommato,
alquanto
lontane
dall’esperienza comune.
In fondo, il rischio è che la gente pensi che ci
si riferisca a quella percentuale della
popolazione affetta da disturbi psichici molto
gravi, come le psicosi e la schizofrenia, che
colpiscono non più del 2-3% delle persone.
Sarebbe più utile abituarsi ad usare altre
terminologie come, per esempio, quella di
“salute della mente”, che (poiché una mente
ce l’abbiamo tutti ed inevitabilmente
riconosciamo ad essa un ruolo primario nella
nostra vita) potrebbe più facilmente indicare
la necessità di preservare, in tutti i modi,
anche questo aspetto del nostro benessere e
della nostra salute, che riguarda davvero tutti.
Tuttavia, anche usando espressioni di questo
tipo, a ben vedere, potrebbe restare fuori dalla
nostra attenzione quell’ampio territorio
costituito da disturbi ed alterazioni del
comportamento, quali quelli legati al
consumo di sostanze ed alle dipendenze, al
gioco patologico, al discontrollo degli
impulsi, ai comportamenti aggressivi in
famiglia, verso il coniuge o verso i figli ed a
tutti quei tipi di condotta alterata che vanno
sotto l’etichetta di “lifestyle disorders” che
tanto disagio esprimono e possono causare,
soprattutto nei giovani, e che posseggono
notevoli potenzialità patogenetiche.
Occorre dunque, a questo punto, ampliare la
nostra visione delle cose ed adottare anche
terminologie maggiormente capaci di definire
e descrivere i vari fenomeni considerati.
Una migliore definizione potrebbe essere
quella
di
Salute
Emotiva
e
Comportamentale.
L’area della “Salute
Emotiva e
Comportamentale” rappresenta un ampio
ambito di interesse e di intervento, costituito
da elementi e dinamiche che influenzano
fortemente, non solo la nostra salute psichica
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ed il nostro benessere psicologico, ma
finanche la nostra salute fisica ed in ultima
analisi influenzano processi sociali ed
economici.
Si
tratta
di
un
costrutto
teorico
multidimensionale e multidisciplinare che
abbraccia aree della conoscenza che vanno
dalla Medicina alla Psicologia, estendendosi
fino alla Sociologia ed all’Economia.
Verso un nuovo modello di sviluppo e di
welfare (in principio fu…. Adriano Olivetti!)
Le riflessioni sin qui condotte inducono ad
analizzare l’impatto di tutti questi elementi
sull’ambito familiare, su quello sociale e
finanche su quello produttivo, come in parte
già accennato.
La famiglia è il cardine intorno al quale ruota
l’organizzazione e lo sviluppo del nostro
modello di società. Fattori che abbiano una
qualche potenzialità disgregante, o agiscano
in modo da rendere conflittuali le dinamiche
intrafamiliari e quelle relazionali in generale,
sono da considerarsi dei rischi potenziali per
la stessa crescita e coesione sociale,
ostacolando il benessere e favorendo quei
processi che si oppongono alla crescita ed allo
sviluppo.
Fondamentale, in quest’ottica, appare anche la
possibilità di porre attenzione al mondo del
lavoro e della produttività.
Alcuni importanti personaggi del mondo
dell’imprenditoria hanno, già in passato,
considerato con attenzione l’importanza del
benessere del lavoratore ai fini della stessa
produttività aziendale. Tra quelli che hanno
avuto maggiore rilievo nella storia del nostro
paese, possiamo citare Adriano Olivetti.
Egli si distinse per i suoi innovativi progetti
industriali, basati sul principio secondo il
quale il profitto dell’azienda deve essere, in
parte,
reinvestito per il benessere del
lavoratore ed in ultima analisi a beneficio
dell’intera comunità .
Il mondo del lavoro risente, infatti, fortemente
delle condizioni di salute e di disagio
psicologico, nelle sue varie forme, parimenti è
influenzato dal consumo di alcol e sostanze
stupefacenti.
Tuttavia, non sempre i datori di lavoro sono
sufficientemente
attenti
a
queste
problematiche, anche quando a risentirne è la
stessa efficienza e produttività dei lavoratori,
in quanto spesso non si tiene in debito conto
l’entità e l’impatto dei problemi relativi a
quest’area.
Sarà, dunque, necessario portare questi
argomenti all’attenzione del mondo del lavoro
e delle aziende, producendo interventi
specifici, sia di formazione che di
prevenzione, atti a ridurre l’impatto di questi
fenomeni anche in termini economici.
L’entità del problema
L'Organizzazione Mondiale della Sanità
calcola che nel mondo ci siano 450 milioni di
persone che soffrono di disturbi mentali, o del
comportamento (circa 1 persona su 4),
Prevedendone, inoltre, un incremento di
almeno il 15% entro il 2020, e che la gran
parte di questi disturbi non siano né
diagnosticati né trattati .
In Europa il 4% degli adolescenti (tra i 12 ed
i 17 anni) e il 9% dei 18enni soffre di disturbi
depressivi.
Un ragazzo su cinque sotto i 18 anni ha
problemi di carattere emotivo o del
comportamento ( fonte :World Health
Organization).
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Secondo le stime attendibili più recenti, le
persone che si trovano in una condizione di
disagio mentale sarebbero, il 38,2% della
popolazione europea (Società Europea di
Psichiatria, Aprile 2015) o il 33 % secondo la
Società Italiana di Psichiatria (Ottobre 2015)
La somma delle persone in una condizione
più o meno grave di sofferenza psichica
risulta quindi di un miliardo abbondante di
soggetti, cioè un quinto della popolazione
globale.
Se riportiamo questi dati alla realtà del nostro
paese, possiamo avanzare l'ipotesi che oltre
20 milioni di italiani soffrano per un disagio
o per un disturbo mentale o comportamentale.
Alcuni studi si sono occupati di calcolare i
costi che sono direttamente o indirettamente
connessi con questi disturbi.
Essi hanno rivelato che in Europa il costo dei
disturbi neuropsichiatrici e comportamentali
sia pari a 798 miliardi di Euro, di questi il
40% sono costi diretti che gravano
interamente sulle famiglie.
A questi vanno aggiunti i costi relativi alle
patologie da dipendenza (da sostanze come
l’alcol, o comportamentali come la ludopatia).
Vanno inoltre considerati i costi in termini di
giornate lavorative perdute, relative al
soggetto, ma spesso anche ai componenti
dell’intero nucleo familiare, che vengono
frequentemente coinvolti dall’impatto in
termini di sofferenza emotiva generato dai
problemi del loro congiunto.
Quest’ultimo fenomeno, a sua volta, produce
un’ulteriore aggravio dei problemi e dei costi
relativi.
Un’analisi condotta dall’ O.M.S., in 36 tra i
paesi più sviluppati, ha rivelato che ogni
anno, per le sole ansia e depressione, saranno
persi 12000 miliardi di ore lavorative (o 50
milioni di anni di lavoro) tra oggi ed il 2030.
Con una perdita economica pari a 925.000
miliardi di dollari (651000 miliardi di
euro).
Il costo delle cure nei prossimi 15 anni sarà
solo di 147000 miliardi di dollari.
Gli autori affermano che con un aumento
degli investimenti terapeutici pari al 5% si
avrebbe un miglioramento delle capacità
lavorative in grado di consentire il recupero di
circa 400.000 miliardi
di dollari e
produrrebbe un ulteriore ricavo di 310.000
miliardi di dollari in termini di
miglioramento della salute.
Gli autori dello studio concludono il loro
lavoro mettendo in rilievo una ulteriore
considerazione che varrà la pena di
evidenziare.
Essi affermano, in modo chiaro, che: In
questo campo ogni dollaro investito ne fa
risparmiare 4 (fonte : Lancet Psychiatry
2016).
Che cosa occorre fare?
Da quanto fin qui brevemente analizzato,
appare evidente come La tutela della Salute
Emotiva
e
Comportamentale,
così
concettualizzata, potrebbe rappresentare un
possibile e fattivo contributo alla costruzione
di nuovi modelli di sviluppo sociale, di
crescita economica e di welfare, oltre che dare
nuovo impulso alle strategie di prevenzione di
molteplici patologie e di disagi sociali ed
esistenziali.
In considerazione del notevole vantaggio che
si potrebbe ottenere nei molteplici ambiti
precedentemente considerati e valutata la
necessità di condurre interventi ed azioni a
vari livelli (nonché la sostanziale omogeneità
degli interventi stessi), in assenza di enti ed
organizzazioni (pubbliche o private) che si
occupino
in
maniera
specifica
(e
pragmaticamente efficace) di tutto quanto
concerne a questo ambito concettuale, appare,
dunque auspicabile la
progettazione e la creazione di una “Agenzia
(Osservatorio) per la Tutela della Salute
Emotiva e Comportamentale.
L’agenzia, accogliendo contributi dalle varie
aree teoriche menzionate, si potrebbe proporre
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Per un welfare del corpo e della mente:
la Salute Emotiva e Comportamentale come possibile modello di sviluppo
di Vincenzo Barretta
come una sorta di “Think tank” , associato ad
un ramo operativo caratterizzato da proattività
ed in grado di dare impulso, coordinare ed
attuare
le
varie
attività
necessarie,
suddividendole in quattro grandi aree di
intervento o, altrimenti definite, “Mission
Unit”.
Ci
potremmo
immaginare
un’area
d’intervento relativa alle scuole, incentrata su
programmi di prevenzione, una relativa
all’ambito socio-sanitario, prevalentemente
dedicata alla formazione ed aggiornamento
dei professionisti del settore.
Importanti interventi di sensibilizzazione ed
informazione andrebbero condotti presso le
famiglie, coinvolgendo in particolar modo i
genitori ed i giovani.
Di particolare rilievo gli interventi che si
renderebbe necessario attivare all’interno del
mondo del lavoro, finalizzati a ridurre
l’impatto, dei fattori descritti, sulla
produttività dei lavoratori e delle intere
aziende. Interventi che andrebbero rivolti alla
sensibilizzazione ed alla prevenzione, nonché
all’intervento precoce e tempestivo sulle
patologie considerate, riducendone i costi
relativi e migliorando così anche le interazioni
e finanche la comunicazione all’interno delle
aziende.
La creazione di una tale organizzazione
potrebbe efficacemente attivare programmi
nelle varie aree e contribuire a dare impulso
ad un possibile nuovo modello di welfare,
prevalentemente incentrato sul benessere dei
cittadini ed in particolar modo rivolto al
miglioramento della salute relativa alla sfera
emozionale,
relazionale
e
finanche
comportamentale.
N. 3 - Maggio-Giugno 2016