Donna e Uomo, l`humanum nella sua interezza

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DONNA
A venti anni dalla Mulieris Dignitatem
Donna e Uomo, l’humanum
nella sua interezza
Maria Teresa Russo
A venti anni dalla pubblicazione
della Mulieris Dignitatem, il convegno
internazionale “Donna e Uomo, l’humanum nella
sua interezza”, promosso dal Pontificio
Consiglio per i Laici dal 7 al 9 febbraio 2008,
ha inteso costituire uno spazio di riflessione,
riunendo a Roma 250 partecipanti
provenienti da 50 Paesi. Un convegno promosso
con l’obiettivo non solo di realizzare
un bilancio di questi insegnamenti,
ma anche di rilanciarli con nuova vitalità,
rendendoli più incisivamente operativi. Il
convegno si è chiuso con il monito di Papa
Benedetto XVI che si è rivolto sia all’uomo che alla
donna, invitandoli ad una responsabilità insieme
personale e sociale.
Come è stato messo in luce da
uno dei biografi, l’americano George Weigel, Giovanni Paolo II ha considerato la questione della dignità e
della specificità della donna molto
più seriamente di alcune frange dello stesso femminismo. Due atti del
suo pontificato – La Lettera apostolica Mulieris Dignitatem, del 15 agosto 1988 e la Lettera alle donne, del
1994 – sono stati la prova di un’attenzione privilegiata per un’antropologia del femminile, che persino
molti intellettuali “laici” hanno mostrato di apprezzare. All’indomani
della pubblicazione della Mulieris
Dignitatem, la scrittrice Maria Antonietta Macciocchi scriveva per il
“Corriere della Sera” del 30 settembre del 1988 un articolo dal titolo significativo: “Papa Wojtyla crede nel
genio delle donne”.
È innegabile, infatti, che la Lettera apostolica Mulieris Dignitatem
abbia segnato davvero una pietra
miliare, giacché è stato il primo do-
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The International Conference on “Woman and
Man, the humanum in Its Entirety,” that took
place in Rome from 7-9 February 2008, and that
was organized by the Pontifical Council for the
Laity to mark the twentieth anniversary of the
Apostolic Letter Mulieris dignitatem, was held as
an opportunity for shared reflection by the 250
delegates from 50 countries who gathered for the
occasion. This meeting was assembled not only for
the objective of achieving a balance of these
teachings, but also to re-establish them with
newvitality and rendering them more useful. The
International Conference ended with an
admonition from Pope Benedict XVI who
addressed both men and women, inviting them to
share personal and social responsibility.
cumento pontificio dedicato interamente alla donna. Pubblicato durante l’anno mariano il 15 agosto
del 1988, esso ha offerto un percorso che partendo dall’antropologia
contenuta nel racconto della Genesi, dichiarava la dignità piena della
donna alla pari dell’uomo – “ambedue sono esseri umani, in egual grado l’uomo e la donna, ambedue
creati a immagine di Dio”(n. 6) –,
sottolineando contemporaneamente l’“unità dei due”, per cui
“l’uomo e la donna sono chiamati
sin dall’inizio ad esistere reciprocamente uno per l’altro” (n. 7). Nella
Lettera, si condannavano tutte le
forme di asservimento che storicamente si sono prodotte nei confronti della donna, anche da parte
di una civiltà cristiana, ribadendo
che “la donna non può diventare
‘oggetto’ di ‘dominio’ e di ‘possesso’
maschile” (n. 10).
D’altra parte, questo messaggio
si inserisce nel solco degli insegnaN. 64/08
menti della Chiesa, pur essendo
espressione di una sensibilità divenuta particolarmente viva solo dopo il Concilio Vaticano II, che incoraggiò una più vasta partecipazione delle donne sia in ambito culturale e sociale che in ambito ecclesiale. Paolo VI, nel 1973, aveva istituito la Commissione di studio sulla donna nella società e nella Chiesa, come risposta ad un’esplicita richiesta del Sinodo dei Vescovi e in
vista dell’Anno Internazionale della donna indetto dall’ONU nel
1975. Da allora in varie circostanze
la Santa Sede ha presentato il suo
contributo su questo tema, come,
ad esempio, in occasione delle Conferenze mondiali dell’ONU sulla
condizione della donna, che hanno
avuto luogo a Città del Messico
(1975), a Copenaghen (1980), a
Nairobi (1985) e a Pechino (1995).
Di particolare originalità l’espressione “genio femminile”, con cui Giovanni Paolo II concludeva la Lettera
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Mulieris Dignitatem, descrivendola
come la capacità che “assicura la sensibilità per l’uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo”, capacità
di cui la nostra epoca, segnata da un
progresso della scienza e della tecnica unilaterale, che favorisce alcuni,
mentre emargina altri, ha particolarmente bisogno (n. 30). Il “genio femminile”comporta innanzitutto l’attenzione alla persona concreta che
ogni donna madre e sorella è capace
di dare in famiglia, poiché la dignità
della donna “si collega intimamente
con l’amore che ella riceve a motivo
stesso della sua femminilità ed altresì
con l’amore che a sua volta dona”
(Ivi). Questa espressione, apprezzata
dal mondo intellettuale, è stata raccolta e fatta propria in numerosi interventi sulla donna, divenendo un
vero e proprio leit motiv.
A venti anni dalla pubblicazione
della Mulieris Dignitatem, il convegno internazionale “Donna e Uomo,
l’humanum nella sua interezza”, promosso dal Pontificio Consiglio per i
Laici dal 7 al 9 febbraio 2008, ha inteso costituire uno spazio di riflessione, riunendo a Roma 250 partecipanti provenienti da 50 Paesi. Un
convegno promosso con l’obiettivo
non solo di realizzare un bilancio di
questi insegnamenti, ma anche di rilanciarli con nuova vitalità, rendendoli più incisivamente operativi.
Nel suo intervento in apertura
dei lavori, il cardinale Stanislaw
Rylko, presidente del Pontificio
Consiglio per i laici, ha sottolineato la necessità di fondare antropologicamente l’identità femminile,
approfondendone la complementarietà con il maschile, che consente all’umano di realizzarsi pienamente, senza conflitto né omologazione. Si tratta di raccogliere e rispondere alla sfida antropologica
lanciata dalla cultura postmoderna,
che oscilla pericolosamente tra
l’ideologia dell’empowerment – che
declina la femminilità in termini di
conflitto e di potere – e quella del
Gender, che la riduce a puro costrutto culturale. La posta in gioco
è la persona umana, nonché la natura stessa del matrimonio e della
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famiglia. In tale prospettiva, rileggere la Mulieris Dignitatem a venti
anni di distanza significa riscoprirne tutta l’attualità e quasi la valenza profetica, dovuta anche all’intreccio del discorso biblico e dogmatico con quello antropologico ed
etico. Il centro è la persona umana,
studiata attraverso il metodo fenomenologico agganciato ad una prospettiva metafisica. Nella visione di
Giovanni Paolo II essere donna non
è né un accidente della biologia, né
un costrutto culturale, ma è l’immagine di una profonda verità sulla condizione umana e sull’intenzione del Creatore verso il mondo.
La centralità del disegno creatore e redentore di Dio è stata messa
in luce anche dall’intervento del cardinale Antonio Cañizares, arcivescovo di Toledo e primate di Spagna,
che si è soffermato su alcune dimensioni di quella storia originaria dell’uomo contenuta nella Genesi, dove appare un’antropologia adeguata,
capace di esprimere tutta la verità
sulla natura umana. Questo ritorno
all’originario si rende particolarmente necessario nell’attuale orizzonte minacciato dal relativismo, in
quanto è proprio l’idea di natura
umana a rischiare di essere oscurata o sostituita dalla nozione di cultura,. Nella prospettiva dell’antropologia teologica, la figura di Maria
di Nazareth – centrale nella Mulieris Dignitatem – va riscoperta, non
solo come oggetto devozionale, ma
come punto di orientamento del
femminismo contemporaneo.
Le due relazioni della prima
giornata di convegno hanno inquadrato questi temi nella cornice della storia delle religioni e dell’antropologia teologica. La prima relazione, svolta da Hanna Barbara Gerl,
docente di Filosofia e Scienze della
religione comparata a Dresda, ha
sviluppato in modo particolare la
centralità della figura femminile
nella religione cristiana. Dal paragone con le altre religioni, appare
chiaramente una visione che riconosce alla donna una speciale dignità, come emerge dal rapporto di
Gesù con le donne e dallo stesso
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evento dell’Annunciazione, dove la
redenzione ha bisogno del consenso della donna, mentre nelle religioni politeiste il dio agisce quasi sempre facendole violenza.
La seconda relazione della teologa Blanca Castilla Cortazar, docente
del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Madrid, ha sviluppato le implicazioni che la nozione di imago
Dei possiede in relazione all’identità
e dignità della donna. Si tratta di
aspetti in passato poco approfonditi
nell’ambito dell’antropologia teologica, tanto da favorire, in qualche caso, anche interpretazioni non del
tutto soddisfacenti, come quella che
collocava l’imago Dei nell’anima
umana, emarginando così la differenza sessuale. In questa prospettiva, la dottrina della Mulieris Dignitatem, tesa a ricavare dalla Sacra
Scrittura tutto il suo contenuto antropologico, utilizzando anche il
metodo tipico dell’ermeneutica filosofica, ha un carattere realmente innovativo. Sottolineando come la pienezza dell’immagine di Dio sia riconoscibile non nella solitudine dell’essere umano, ma nella sua capacità di comunione, Giovanni Paolo II
ha radicato profondamente la mascolinità e la femminilità in quel disegno originario sulla persona umana, che si caratterizza, nella sua differenza relazionale, come una reciprocità in unità.
La prima giornata è stata completata da una tavola rotonda che ha
tracciato un percorso storico e teoretico, nello sforzo di individuare
come la cultura cristiana abbia declinato il “genio femminile” in testimonianze molto diverse tra loro,
dando vita a insegnamenti di grande attualità. La filosofa Angela Ales
Bello, prendendo le mosse dagli
scritti di Edith Stein, ha sottolineato come il femminismo – inteso come valorizzazione della dignità della donna – sia un patrimonio cristiano, seppure soggetto nel suo
cammino a derive ideologiche; Carlotta Rava, docente di Teologia spirituale, ha messo in luce le originali
sfumature riconoscibili nella dottrina delle donne proclamate dottori
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della Chiesa; Grazia Loparco e Jack
Scribrack hanno citato gli esempi di
donne fondatrici e martiri in due
periodi storici dove la testimonianza della fede cattolica è diventata
eroica, come quello della Rivoluzione francese e dell’età elisabettiana.
La seconda giornata si è aperta
con la relazione di Attilio Danese e
Giulia Paola Di Nicola, docenti
presso l’Università di Chieti, che
hanno tracciato a due voci una sorta di ritratto dell’unidualità maschile e femminile, anche per rispondere alla sfida dell’“indifferenza per la differenza” che caratterizza l’ideologia del gender nelle sue
diverse forme. Nell’intento di mostrare l’unità e il rapporto di equilibrio tra natura e cultura, i relatori hanno sviluppato un’ermeneutica del corpo femminile e maschile,
sottolineando le rispettive specificità naturali all’interno dell’unità,
i corrispondenti atteggiamenti,
nonché modelli culturali, che ne
sono l’espressione e le eventuali
corruzioni o derive. Così, ad esempio, la donna è più incline alla consapevolezza del limite, che radica
nella fragilità e ciclicità dei dinamismi biologici del suo corpo, ma anche più facile vittima di una certa
passività o chiusura; dal canto suo,
l’uomo, più teso al superamento
del limite, è anche maggiormente
esposto al rischio della competitività esasperata o della spavalderia.
Si tratta, pertanto, di cogliere le diverse sfaccettature presenti nella
differenza sessuale, senza cadere
nel riduzionismo della cultura, ma
neppure ignorando le incrostazioni culturali che talvolta oscurano il
senso autentico di femminilità e
mascolinità.
La seconda relazione della giornata, svolta da Paola Bignardi, coordinatrice del Forum Internazionale dell’Azione Cattolica Italiana,
ha sviscerato tutte le implicazioni
del “genio femminile” nei diversi
compiti generativi che dipendono
dalla donna: non solo quello specifico della maternità, ma anche quello dell’educazione e, più in generale, di una cultura dell’accoglienza
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da sviluppare nei diversi ambiti
professionali e sociali. Se ogni generare richiede un travaglio, anche
questi compiti hanno bisogno di fatica e di dedizione della testa e del
cuore. Un particolare impegno è richiesto dalla gestione dell’“emergenza educativa” attuale, che fa appello alla capacità della donna di
coinvolgere anche l’uomo per generare un mondo più umano.
Delle due tavole rotonde della
seconda giornata, la prima –con interventi di Olimpia Tarzia, Helen
Alvare, Margherite Peeters, Maria
Elena Lugo, Janne Haaland Matlary- ha presentato una panoramica
internazionale delle problematiche
attuali del mondo femminile. Il rischio di ridurre la donna a oggetto
di consumo, la diffusione delle tecnologie riproduttive, la propaganda antinatalista e la commercializzazione del sesso, la competitività
esasperata del mondo del lavoro sono tutte minacce all’autentica
espressione della donna, che può
realizzarsi sia come madre che come professionista solo se il sistema
legislativo e l’orizzonte culturale riflettono realmente il rispetto della
persona e la bellezza del dono di sé
gratuito.
La seconda tavola rotonda – con
interventi di Giorgia Salatiello, Carmen Aparicio, Cristiana Dobner,
Brenda Finlayson, Enrica Rosanna-
è stata, in un certo senso, il bilanciamento di questo scenario, perché
ha offerto un quadro delle prospettive di realizzazione della donna, sia
come madre, che come educatrice
e testimone della vita consacrata.
L’udienza con Benedetto XVI
nell’aula Clementina ha concluso i
lavori, arricchiti da vivaci dibattiti.
Il richiamo del S. Padre, che ha sottolineato la necessità di un approfondimento antropologico non solo del femminile ma anche del maschile, si è rivolto sia all’uomo che
alla donna, invitandoli ad una responsabilità insieme personale e sociale. Da un lato, ambedue sono stati invitati a non rinchiudersi nel mito dell’autorealizzazione e dell’autosufficienza intesa come superamento di ogni vincolo, il che genera solitudine; dall’altro, si è indicato nel maschilismo – che perdura
soprattutto in alcune culture – la
radice di atteggiamenti discriminatori nei confronti della donna, che
ignorano la novità del cristianesimo. Se è la famiglia il luogo dove
maschile e femminile si aprono alla vita, facendosi maternità e paternità e divenendo custodi dell’umano attraverso l’accoglienza e l’educazione, è necessario adoperarsi
perché le politiche sociali assicurino e garantiscano la stabilità del
matrimonio eil ruolo dei genitori
come educatori dei figli.
Placca d’oro dell’elmo di Agilulfo. Venezia: Roma e i Barbari.
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