1 Quale monoteismo ? Prof. Paolo De Benedetti Prima di iniziare voglio dire due cose. Nella Bibbia ci sono anche casi di personaggi importanti che si addormentano. Perciò, se stamattina mentre io parlo qualcuno di voi si addormenta, sappia che ha….. una base biblica ! La seconda cosa che volevo dirvi è questa. Non so da dove provenga, quale sia cioè il fondamento antico di ciò che sto per dirvi: Che cosa faceva Dio prima di creare il mondo? Risposta : Stava dietro l’uscio con un bastone da dare addosso a chi faceva domande del genere. Quindi è chiaro che le nostre risposte stamattina …scorrono tra pericoli! Comunque, io non vi do indicazioni particolari, ma vi voglio in ogni caso suggerire un testo. A Milano, da 15 anni almeno , anche di più, c’è un piccolo gruppo di cristiani ed ebrei che fa una rivista che si chiama “SeFeR “. In ebraico “sefer” è una parola che vuol dire libro, ma S e F e R sono anche le iniziali di Studi Fatti e Ricerche. Si ispira ai dialoghi inter-religiosi. L’ultimo numero -145 – che è di gennaio/marzo di quest’anno, contiene un bellissimo articolo di Massimo Giuliani, professore di teologia ebraica a Trento. A Roma è stato nei tempi preistorici mio allievo, ha insegnato anche negli USA. In questo numero c’è un suo articolo “Riflessioni sul monoteismo ebraico”, che è molto importante. Voi mi direte, come facciamo ad avere questo numero? Ci si può rivolgere a Marisa Chiocchetti ([email protected] ) che raccoglie il materiale, cura le edizioni da 15 anni almeno, ed è tra i fondatori (indicati sempre nell’ultima pagina di ogni numero) tra i quali sono anche io. 2 Dunque ,quando ero bambino, ci insegnavano un po’ di catechismo nelle scuole elementari. Al catechismo parrocchiale noi non siamo mai andati perché la nostra era una famiglia ebraico-cristiana, ma ricordo una domanda che noi avevamo imparato senza ben renderci conto: “Chi è Dio? “ e la risposta era : “Dio è l’essere perfettissimo ,creatore e signore del cielo e della terra”, risposta che ci sembrava esauriente, ma in realtà è tutto da scoprire. Ora io , al liceo, dal catechismo ero risalito ad Aristotele. Nella sua Metafisica ci sono alcuni passi che ora vi leggo, tratti dall’edizione bilingue Bompiani. Nel Libro (quarto) si inizia cosi: ”s’‘‘ ’.’ s s s”. “ C’è una scienza che considera l’essere in quanto essere e le proprietà che gli competono in quanto tale”. E poi continua :”essa non si identifica con nessuna delle scienze particolari, infatti nessuna delle altre scienze considera l’essere in quanto essere in universale, ma dopo aver delimitato una parte di esso, ciascuna studia le caratteristiche di questa parte ; così fanno ad esempio, le matematiche”. Ora è stato osservato che il concetto aristotelico di essere è il concetto di un essere astrattissimo e generalissimo, ossia l’essere usato in molte filosofie non è da identificare con quello di cui stiamo parlando, non esiste cioè una sola parola per definire il prima e il dopo, lo ieri, l’oggi, il domani. Nell’Antico Testamento, in Esodo 3, c’è un episodio che voi certamente ricordate ossia il Roveto Ardente, che comincia: “….ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al Monte di Dio (“monte di Dio” in termini che valgono dopo : prima che Mosè andasse lì non si chiamava Monte di Dio. Come sapete, Dio lo chiama:”Mosè, Mosè!”. Mosè risponde: “Eccomi!” 3 Questa risposta è fondamentale in tutti gli aspetti della religione, in tutte le epoche ; in tutte le situazioni è fondamentale questa “chiamata e risposta” . Vedete che prima c’è la chiamata ma non la nostra chiamata a Dio , la chiamata di Dio a noi, e Mosè risponde “Eccomi!” In tutta la storia religiosa biblica e anche successiva questo brevissimo dialogo è fondamentale. Noi davanti a Dio siamo non solo autorizzati, ma ,vorrei dire, siamo stati creati per rispondere: inneni , eccomi!. Tra i due interlocutori, Dio e Mosè, il punto di partenza è Dio. Mosè risponde” Eccomi” alla chiamata e questo dovrebbe essere tenuto presente in tutte le vocazioni, le vocazioni bibliche, le vocazioni di tutti i tempi . Cioè l’uomo dovrebbe sempre dire a Dio: eccomi, perché in realtà viene sempre chiamato. Sempre in Esodo (3, 13-14) Mosè dice a Dio: “ecco, io arrivo dai figli di Israele e dico loro : il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi, ma loro mi diranno : come si chiama? ed io che cosa risponderò loro?” Tenete presente che nel mondo biblico, anzi in tutto il mondo antico, il nome è una cosa fondamentalissima, anche dal punto di vista giuridico, come la nostra carta d’identità, tanto è vero che , quando un personaggio pecca, e, come dire, tradisce, allora il suo nome viene cancellato; altre volte, il nome viene cambiato. Allora a Mosè, che è sul monte Oreb ,tra l’ Egitto e la Palestina, Dio fa un discorso un po’ lungo che non posso leggervi tutto. Dio dice a Mosè: ”Io sono colui che sono” , dirai poi ai figli di Israele: “Io sono” mi ha mandato a voi”. Io sono colui che sono : il verbo essere in ebraico è hajàh , in ebraico non c’è il presente nella coniugazione, c’è il participio oppure c’è un imperfetto /futuro, quindi questa frase in ebraico (Esodo 3,14) ”ehyeh ‘asher ehyeh” si può tradurre: “ero chi ero, sarò chi sarò”. La Vulgata ha ne ha ristretto il senso in “Sum qui sum”. E qui devo introdurre nella lettura di questo testo, una novità. 4 Quando ero studente di filosofia all’università , un professore aveva ricavato qui un sostegno a quella che, almeno allora, veniva chiamata la “filosofia dell’essere”, che era una forma di metafisica professata nelle sedi cattoliche. Ma in realtà non è così. Anche nelle traduzioni della Bibbia , a questo punto non andiamo bene, perché se Dio dicesse, “Io sono”, vorrei dire: e allora? In realtà, va tradotto – qualcuno ci è arrivato, ma pochi – come “Io ci sono”, ossia : Io sono presente in mezzo a voi. L’Io sono indica un essere al di là di tutto, invece l’Io ci sono indica che quel Dio è lì, nel Roveto Ardente, è presente, è come se dicesse :Eccomi! E’ chiaro che questo episodio nel Roveto Ardente ci presenta un Dio diverso da quello che abbiamo letto nella metafisica. Non che sia falsa. La definizione della metafisica descrive una concezione metafisica, invece la concezione biblica tiene presente due cose: una, il nostro desiderio di sentire Dio, due il desiderio di Dio di essere con noi. E io ho visto un librettino “Il Roveto Ardente”, di Vincenzo Brosco, -Edizioni Chirico- che commenta questo episodio che viene troppo spesso visto come una delle tante visioni che ha Mosè. Non è così. Non è una delle tante visioni. E’ il momento in cui entrano in comunione tre realtà: Dio, il Creato e l’Uomo. In un testo rabbinico si dice: “Rabbì Eleazar disse: Perché mai il Santo, benedetto sia, apparve dall’alto dei cieli e parlò a Mosè dal roveto? Soltanto perché come quel roveto è il più umile tra tutti gli alberi esistenti al mondo, allo stesso modo Israele discese al livello più basso, e il Santo,benedetto sia, scese con lui e lo riscattò.” Questo è un commento rabbinico dei primi secoli dell’era cristiana. C’era già stato uno, che aveva risposto :”Eccomi!” , ed era Abramo. I grandi eventi teologici sono sempre aperti da, vorrei dire, un orecchio e una bocca. Dall’orecchio dell’uomo e dalla bocca di Dio. È fondamentale questo perché le concezioni filosofiche – ce ne sono tantissime- spesso parlano di Dio come essenza, come l’atto puro. No, Dio è colui che è, cioè colui che c’è, ma è un Dio che ha bisogno di esserci. L’episodio del Roveto Ardente è uno dei primi punti che illustrano questo. 5 E’ interessante chiedersi: i personaggi biblici veterotestamentari più importanti, cosa fanno nella vita? Sono pastori. Ecco perché Mosè e Davide dovettero cimentarsi nel pascolo delle pecore e solo dopo essersi dimostrati abili in questo mestiere, poterono esercitare il loro governo sugli uomini. Per questo si ha l’immagine di Dio come Buon Pastore. E’ un’immagine che non diminuisce Dio; in un certo senso stringe un rapporto, se così si può dire, assoluto tra il creatore e il creato. Mosè è il protagonista, ma in realtà che cos’è la vocazione di Mosè? E’ un ritratto di Dio. Una storia che si trova nel midrash (commento, interpretazione): Quando Mosè era, come dire, il pastore di suo suocero Ietro e portava le pecore al pascolo, un giorno gli scappò un agnellino. Mosè non volendo che venisse sbranato da un lupo o cadesse in un burrone, gli corse dietro fino a un piccolo ruscello, e quando gli fu vicino gli disse: “Piccoletto mio, non sapevo che tu corressi per la sete. Sei stanco, dunque!” e nel dire così, lo prese sulle sue spalle per ricondurlo al gregge. Questa immagine dell’agnello sulle spalle è fondamentale nel cristianesimo e nell’ebraismo. Allora il Santo, benedetto sia, disse :”Poiché tu sai guidare bene il tuo gregge e hai compassione di ogni singolo animale, sono certo che saprai guidare anche il mio gregge , Israele”. Allora vediamo come potremmo dire (se non sembrasse un po’ scherzoso, ma in realtà non è così) che abbiamo, noi , ebrei e cristiani , abbiamo un Dio che sta a guardare, sempre, sempre… Abbiamo tutti gli orecchi, gli occhi e la bocca. Nella Bibbia, sono anche organi di Dio . Ecco perché, se noi rileggiamo la Metafisica di Aristotele che abbiamo letto prima, dobbiamo convincerci che essa non è in comunione con Dio. Se non si è consapevoli che il verbo “essere” a riguardo di Dio e di Mosè , è un “ esserci”, noi scivoliamo via dalla religione e finiamo nella filosofia. Nel Roveto Ardente (Esodo 3,7-9) il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido. Sono sceso per liberarlo …..Il grido dei figli di Israele è arrivato fino a me. “ 6 Una delle definizioni del nostro Dio, il Dio degli ebrei e dei cristiani, è “Colui che ascolta il grido”. Il nostro Dio è colui che ascolta il grido. Nella Bibbia quante volte il personaggio di turno dice a Dio: “Ascolta”!. E quante volte Dio dice: “Ascolta”! Ascolta Israele, il Signore Dio nostro, il Signore è uno. E’ lo”shemà”. Oserei dire che una delle caratteristiche fondamentali del Dio ebraico -cristiano ,oltre appunto all’esserci , è “ Colui che ascolta”. Naturalmente non mi riferisco solo a colui che ascolta le preghiere, ma a Colui che ascolta il grido, il grido della nostra sofferenza e lo condivide. In fondo Gesù chi è? E’ Lui il Dio che ascolta il grido e che quindi si è fatto uomo e con ciò realizza un bisogno di Dio. Qual è questo bisogno di Dio? Quello di condividere l’infelicità dell’uomo. Dio che vede questo mondo, diciamo, “mal riuscito” ( intendiamoci, alla fine delle fini tutto però sarà ben riuscito, ma per ora no), Dio che ascolta il grido. E risponde. Le sue risposte sono di due generi: di parola e di azione o tutti e due insieme. Nel caso del Roveto Ardente, Dio risponde alla domanda di Mosè. Dice come si chiama, e nello stesso tempo –adesso dico una cosa paradossale - è Dio che ha bisogno della risposta di Mosè. La risposta di Mosè. Torneremo tra un momento alla questione dei bisogni di Dio. Non intendo dire che noi abbiamo bisogno di Dio (questo va da sé) ma mi riferisco ai bisogni che ha Dio. Dopo aver chiamato Mosè al Roveto Ardente, Dio gli dice: “Io sarò con te”, ma Mosè non è ancora contento e dice: “Ecco, io arrivo ai figli di Israele e dico loro: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno:come si chiama? E io cosa risponderò loro?” E Dio dice a Mosè: “Io sono Colui che sono . Ma questa, come ho già detto non è la traduzione giusta, che è invece Io sono Colui che c‘è, cioè Colui che sta con voi” Se dicessimo solo che Dio è “Colui che è”, dovremmo immaginarlo in un testo di filosofia, oppure è una definizione astratta. No, Io sono colui che c’è. 7 Ecco. Questo Roveto Ardente quindi ,non segna soltanto l’inizio della storia di Israele, cioè la vocazione di Mosè ecc , ma anche, come dire, la “identificazione di Dio”. Ora, c’è ancora un elemento nel Dio di Israele (Esodo 3,15): Sempre in questo episodio del roveto, Dio dice a Mosè: dirai ai figli di Israele: L’ “Io sono”, o l’ “Io ci sono” (come sarebbe meglio) mi ha mandato a voi.Dirai ai figli di Israele:”Il Signore, il Dio dei vostri padri, di Abramo, di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre, questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.” (*) (*) Il nome ineffabile di Dio, JHWH, viene sempre sostituito nelle traduzioni, da “Signore” Vediamo che quando Dio dice: “questo è il mio nome per sempre,…” si sottolinea che nell’ebraismo, la discendenza è fondamentale.Io il mio Dio lo ricevo non tanto dal catechismo, quanto dalla tradizione di mio padre.Poi queste cose si sono un po’ dimenticate. Ma in realtà , per esempio nella mia famiglia, la menzione dei padri è sempre stata fondamentale. E quindi potremmo dire anche questo: nell’ebraismo, la definizione più importante di Dio non è “il Creatore”, ma è “il Dio dei Padri”, cioè colui che viaggia nel tempo attraverso le generazioni. Nell’antico mondo non solo ebraico, infatti, ogni volta che si presenta un personaggio è spesso indicato come “Figlio di, figlio di, …”andando indietro fin che si può. Quando Mosè riceve le tavole della legge sul monte Oreb, avviene una cosa importante. Mosè dice a Dio: “Mostrami la tua Gloria!”. A Mosè Dio risponde (salto qualche cosa) “Farò passare davanti a te il mio splendore e proclamerò il mio nome , Signore…. Ma tu non potrai vedere il mio volto perché nessun uomo può vedermi e restare vivo….. Quando passerà la mia Gloria ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finchè sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere (Esodo33,18-23)”. Questa identità è fondamentale nel mondo ebraico antico . Di fronte a tutta la produzione scultorea dei pagani, la Bibbia vieta(Esodo 34) di 8 fare un’immagine scolpita di Dio . Ora , l’immagine scolpita si chiama “pesel” e il participio passato è “pasul”, da cui la parola “fasullo”. Perciò un’immagine di Dio è fasulla. Dio non è visibile, ma udibile. Anche noi che abbiamo nelle nostre chiese tante immagini di Dio, dobbiamo , come potrei dire, “relativizzarle”. Bisognerebbe che colui che gestisce il luogo avesse una certa cautela quando vede nella sua chiesa il culto delle immagini. Non è da rifiutare, perché anche l’immagine può essere anche un’occasione per riflettere. Comunque il Dio d’Israele non è un Dio scolpito, (in italiano “fasullo”).E invece il Dio di Israele (Esodo 34) scende dalle nubi, si ferma là, presso Mosè , e proclama il suo nome. “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione”. Questi sono, nell’ebraismo, ”i tredici attributi di Dio” . Non è solo l’ebraismo che si interessa degli attributi di Dio, ma è fondamentale questa dichiarazione, perché ci mostra tra gli attributi di Dio tutti i suoi rapporti con gli uomini . Altre religioni rappresentano il loro Dio o i loro dèi con immagini. Il cristianesimo , almeno quello cattolico e orientale lo fa, però non lo fa con sacralità. Quando noi vediamo in una chiesa un affresco di Dio, lo guardiamo ma non è che diciamo: ecco là Dio, no. Noi troviamo Dio nei suoi 13 attributi. I quali solo hanno qualcosa di fondamentale, descrivono cioè un Dio nel rapporto con l’uomo. l tredici attributi di Dio sono anche una sua autopresentazione non visibile. Teniamo presente che abbiamo appena detto che le immagini di Dio sono fasulle. E invece, l’ immagine di Dio non fasulla è questa dei suoi 13 attributi: se ci pensate un momento, vedete come sono importanti nei rapporti con Dio. Sono da tenere d’occhio e da non fraintendere i verbi: vedere, udire, ascoltare, chiedere, eccetera. Potremmo anche dire una cosa che di solito non si dice: che questo Dio che noi ascoltiamo ha fatto questa esperienza. Prima di creare il mondo c’era solo Dio, e se ci fosse stato un teologo, o un filosofo,avrebbe potuto dire soltanto che questo Dio è irrappresentabile, ineffabile, indicibile, invisibile e quindi definibile solo con la parola ebraica “aìn”, che vuol dire : nulla. Non è una 9 negazione di Dio , è una negazione della sua rappresentabilità. Ma un bel giorno, prima dell’universo, Dio che sapeva di essere aìn per il creato, inesistente, fa un anagramma, e da aìn fa anì, che vuol dire Io . Dio esige il Tu, anche verso se stesso, beninteso, ma esige il Tu. E quindi nel momento in cui Dio dice Io ( potremmo dire) viene scritto il primo versetto del primo capitolo della Genesi : Bereshit bara’ Elohim … Questo Dio l’abbiamo visto un po’ anche nell’episodio di Elia (I Re,19) sull’Oreb in cui lo si vedeva in modi molto diversi. L’episodio non è solo un modo di aiutare a pensarlo, ma anche un modo per evitare l’idolatria, che ci sia cioè una statua, un oggetto, una parola per rappresentarlo. Del resto abbiamo detto che l’immagine è fasulla. Ma perché? Qual è allora la vera immagine di Dio? La vera immagine di Dio non passa attraverso gli occhi, ma attraverso le orecchie. Sul monte Oreb , vicino al Sinai, il profeta Elia vedrà Dio, ma come lo vedrà? Con lampi e tuoni,terremoti…cioè non come l’Io di Dio, ma come l’azione di Dio . Qualche volta nella Bibbia, e anche fuori della Bibbia, noi non siamo d’accordo con l’azione di Dio. E qui bisogna dire una cosa un po’ sconvolgente. E’ il cosiddetto “riv “ (lite). Più di una volta c’è la lite con Dio , in cui Dio in certo senso è provocatorio, ma in realtà è provocatorio per far nascere nell’altro una concezione degna di Lui. Pensate solo, non ve lo leggo, l’inizio del libro di Giobbe. All’inizio del libro di Giobbe si legge quello che succede in cielo, tra Dio e Satana, che dice a Dio: “Forse che Giobbe teme Dio per nulla?...Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani… Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!”.E Giobbe discute fortemente con Dio. La lite con Dio apparentemente può sembrare una forma empia, ma la differenza è questa. Che l’empietà rifiuta Dio, e invece colui che litiga con Dio non può fare a meno di Dio . 10 In un certo senso se ne fa un’immagine che combina insieme la lite e l’amore , la lite e la fedeltà; questo in Giobbe si vede sia all’inizio che alla fine. Ma su Dio c’è da dire ancora una cosa. Che Dio, sia secondo la mistica ebraica, sia secondo il cristianesimo, nei rapporti verso l’uomo, fa “tzimtzum,” che vuol dire “restringimento”, ossia si restringe, in certo senso, per lasciare un allargamento al creato. E del resto noi cristiani non dimentichiamoci che l’incarnazione di Gesù è una forma di tzimtzum. E adesso vi devo dire qualche cosa, più velocemente: Questo Dio è davvero unico, a parte la Trinità? Attraverso la storia dell’ebraismo, e in certo senso anche del cristianesimo, abbiamo testimonianze di deviazioni, (non scandalizzatevi per quello che sto per dire)che io rappresenterei con gli idoli e con i santi . Il divino emana da Dio, e viene incarnato in due forme, una empia e una pia. La presenza del divino nella forma pia sono i santi, mica solo quelli che sono in chiesa, e la presentazione empia di Dio, è l’idolo. Una volta c’erano i pagani, con gli dei. Ora bisogna stare molto attenti Nel cristianesimo c’è sempre in agguato una forma latente di idolatria, che è una certa forma di culto per le immagini dei santi, per esempio di Padre Pio, o la Madonna di Medjugorie. E nelle chiese ci sono le immagini dei santi. Pregare i santi è lecito. Ma l’importante è vederli al proprio posto, ossia come opera di Dio. Quando noi veneriamo un santo, sia un santo ufficiale o un santo nostro, dobbiamo sempre tener presente che i santi sono opere di Dio, e se veneriamo i santi, dobbiamo sempre tener presente il “Generatore “dei santi. Nei santuari per esempio, la gente magari devota, buona, va ad inginocchiarsi ,facciamo conto davanti alla statua di Padre Pio, e non va davanti al Santissimo ! Intendiamoci, Dio è paziente! La presenza di Dio è in varie forme, una è quella nella liturgia e nel culto. Ma un’altra presenza di Dio , che non viene quasi mai definita è quella di certi eventi, che rappresentano il suo, potrei dire il suo non distrarsi da noi. 11 Ma, intendiamoci, c’è un altro problema, che è questo: Dio e il male. Per la spiegazione lasciamo stare concezioni mistiche e cabalistiche. Diciamo questo:che l’esistenza del male nel mondo risale alla creazione, quasi. Dio aveva due possibilità, anzi tre. Una distruggere il mondo, due, coinvolgersi, terza, negarlo. Ora, un cristiano ed in certo senso anche un ebreo, vede ,nel rapporto tra Dio e il male, un coinvolgimento di Dio nel male, non come peccatore , ma come vittima: Gesù. La questione di Gesù è molto importante anche per un altro elemento. Quando Dio ha creato il mondo, ha previsto quello che sarebbe successo. Si potrebbe chiedersi:ma allora perché non ha rimediato? Quando ha creato il mondo , ha previsto sì tutto il dolore del mondo, e allora ha deciso di esserne partecipe. Questa è la figura di Gesù Cristo, che rappresenta la condivisione , da parte di Dio, del male, del dolore, dell’infelicità e anche dell’amicizia, della vita lieta... Non v’è dubbio che quando Dio ha creato il mondo queste cose le sapeva, se no che Dio era? E perché non ha fatto qualcos’altro? io credo – poi in cielo Dio dirà se abbiamo ragione o no - io credo che avesse deciso, fin dalle origini, di vincere il male, che poi ha preso la personificazione di Satana, vivendolo, diventando vittima del male. E questa in certo senso è stata la massima bontà di Dio, con il male, quella di condividere la sofferenza che il male genera. Quella che per cristiani è l’incarnazione, è anche una spiegazione della partecipazione di Dio a tutte le nostre sofferenze, tutte, compresa la disperazione. Ricordiamoci che quando Gesù era in croce, disse le parole:Eli, Eli, lema’ sabactani, cioè:Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Prima di concludere, vorrei dire ancora due cose: - ricordarsi che Gesù insegnandoci il Padre Nostro ha definito Dio come Padre. - ma Dio è anche Madre. In che senso? Dio è Madre oltre che Padre. Perchè Dio è rahem (da rehem). Deriva dalla parola rehem che vuol dire utero.Cioè l’utero di misericordia che ci fa vedere in Dio la sua maternità. Che non è un sostituto della paternità : abbiamo l’una e l’altra cosa. Del resto questo dualismo non ci deve allarmare in quanto Dio è già di per sé Trinità. 12 E allora, per concludere, questo Dio è: se io cammino per strada, come, probabilmente, dietro di me c’è la mia ombra, così nello stesso senso, Dio Padre e Dio Madre mi accompagnano. Ma ci sono quelli che avevamo chiamato “i bisogni di Dio”. Li sintetizzo in un versetto di Isaia 40.1. “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio”. Ma i rabbini hanno detto, e hanno ragione, grammaticalmente, che si può anche tradurre in un altro modo:”Consolatemi, consolatemi o mio popolo, dice il vostro Dio”. Quindi il nostro compito : uno dei bisogni di Dio è che noi lo consoliamo. E’ chiaro che le massime consolazioni avute da Dio sono due: la madre di Dio e il figlio di Dio. Però ogni uomo, ogni persona, deve ricordarsi che anche a lui o a lei viene chiesto di consolare Dio. E’ in un certo senso, la seconda parte di una frase, che potrebbe anche essere letta così: Consolami , consolami, o Dio. Noi consoliamo Dio, Dio consola noi. Noi consoliamo Dio con la nostra fede, col nostro dolore, con la nostra debolezza, con il nostro - e qui concludo con un’espressione tipica della discussione rabbinica - con il nostro tèjhu, che vuol dire “sospeso”. Quando non si riesce a risolvere una disputa, a un certo punto si dichiara : “sospeso”. Ma i maestri di Israele, nella loro esegesi talmudica, non si sono accontentati, e hanno letto tèjhu come un acrostico, cioè ogni lettera significa una parola. E allora questo ci dà un ottimismo finale: L’acrostico di tèjhu è : il tisbita (cioè Elia) verrà e risolverà le difficoltà. Quindi alla fine dei tempi, come è detto anche nei Vangeli, vedremo Gesù con Elia. Noi per adesso finiamo, per rispondere alle vostre domande. Cominciate! Fognano, 24 Maggio 2014