Versione pdf - Circolo Culturale La Torre

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CONTROSTORIA 5 - Luci sul Medioevo - Luce
della cultura medievale
di Giacomo Samek Lodovici per il Timone
"Se l'età di mezzo fu una lunga notte tra l'antica e la moderna, in quella notte brillarono le stelle".
Il Medioevo fu un potente diffusore di cultura, inventò l'università, animô un dibattito vivace,
conseguendo sia l'unificazione, sia l'autonomia del saperi. Fiducioso nella verità, ha lasciato frutti
inestimabili.
Medioevo nemico della cultura? Falso, come cerchiamo in breve di mostrare.
1. Il Medioevo è stato un potente diffusore di cultura, perché il Concilio Lateranense II (1179) aveva
formulato l'obbligo ad ogni chiesa di avere una scuola. A scuola vanno anche
i fanciulli e i poveri: Sugero, abate di Saint Denis, che resse Ia Francia quando
Luigi II combatté Ia II crociata, era figlio di servi; Maurizio di Sully,
arcivescovo parigino che fece costruire Notre Dame, era figlio di un
mendicante; S. Pier Damiani, che divenne cardinale ed era consigliere di
Gregono VII, era stato un guardiano di porci; l'uomo più colto del suo tempo,
Gerberto d'Aurillac, era stato un pastore e divenne papa Silvestro II; papa
Urbano VI era figlio di un calzolaio; Gregorio VII. uno del più, grandi pontefici
della stona della Chiesa, era figlio di un capraio.
2. Il Medioevo inoltre inventa l'università, che è l'insieme delle persone, docenti e studenti, che
collaborano nella ricerca comune, rigorosa e scientifica, della verità, una ricerca che dal 1200 è autonoma
dallo Stato e libera da obblighi verso il potere centrale.
3. Inoltre, bisogna sfatare l'idea di una cultura omologata. È vero che sussiste una generale, non totale,
condivisione su alcuni temi, come l'esistenza di Dio o la vocazione dell'uomo alla comunione con Dio
stesso, tuttavia la cultura medievale è estremamente vivace e connotata da un accentuato pluralismo di
idee e concezioni, che si esprime in una molteplicità di scuole e correnti di pensiero, che si fronteggiano
in un dibattito molto animato. Basta ricordare la scuola di Chartres, quella dei Vittorini, quella
francescana, quella domenicana, il movimento scotista e quello occamista, per menzionare solo alcuni
dei più significativi.
4. Bisogna anche riconoscere che la cultura medievale ha avuto il merito di realizzare l'unificazione del
sapere, organizzando le vane discipline intorno alla
disciplina fondamentale, cioè la teologia. Ciò significava
l'impossibilità, per esempio, che una scienza diventasse
anarchica e assumesse come fine il solo proprio sviluppo.
Non era cioè in linea di principio possibile che la scienza
potesse progettare la clonazione, alcuni attuali aberranti
interventi di manipolazione genetica, la fecondazione
artificiale, ecc., perché ogni disciplina si conformava ad
alcuni fondamentali criteri ricevuti dalla teologia,
dall'antropologia e dall'etica. Le discipline erano unificate
dal fatto dl avere uno scopo comune, la perfezione
dell'uomo, al quale dovevano in definitiva insegnare l'arte di vivere moralmente bene ( l'ars bene vivendi
et morendi), indirizzandolo versa la ricerca del bene e dell'amore a Dio e al prossimo. Questa unificazione
del sapere, che dipendeva dal fine comune delle discipline, è stata soppiantata nel Rinascimento da una
separazione: l'organismo unitario dei saperi si decompone e le discipline si rendono autonome l'una
dall'altra (basta pensare, per es., alla scissione tra morale e politica enunciata da Machiavelli e più
ancora, in seguito, da Montaigne), rinunciando alla precedente solidarietà reciproca che le caratterizzava;
ad un'unificazione del sapere secondo un criterio gerarchico, si è poi successivamente sostituito il
surrogato di un'unificazione enciclopedica e antigerarchica, quella illuminista, che organizza le
conoscenze secondo il solo criterio alfabetico e dove, mancando una gerarchia, tutto dove essere saputo
o, perlomeno, tutto è sullo stesso piano: al centro non c'è più l'uomo bensì l'accumulazione stessa del
sapere, e la moltiplicazione delle informazioni atrofizza la capacità di riflettere.
5. Da quanto detto risulta già possibile dissipare l'idea che la cultura medievale sia stata soltanto una
cultura teologica. È vero che in quest'epoca si sono raggiunti dei vertici teologici vertiginosi, ma vengono
coltivate discipline come l'etica, l'antropologia, la politica, vengono coltivate le arti del trivio (grammatica,
retorica a dialettica) e del quadrivio (aritmetica, musica, geometria, astronomia).
6. E il rifiuto dell'anarchismo delle discipline non comportava la negazione della loro autonomia. Per
quanto riguarda la filosofia, per es., è errato citare
Lutero, Calvino, Cartesio o gli illuministi come liberatori
del pensiero filosofico dal giogo teologico. Se oggi
esiste una filosofia come tale la si deve al paziente
lavoro dei filosofi medievali, che sono riusciti a definire
un ambito in cui il pensiero fosse autonomo, e a
rivendicare i diritti della ragione. Al contrario, saranno
proprio Lutero e Calvino ad accusare i medievali di aver
sacrificato la religione alla filosofia, ed è noto che il
fideista Lutero rifiutava qualsiasi collaborazione tra la
ragione e la fede, e considerava la ragione come prostituta del diavolo. Ma insieme alla filosofia tutte le
discipline guadagnano nel medioevo una propria autonomia: ognuna ha il suo metodo, il suo oggetto, i
suoi strumenti. Di più, già S. Agostino (In Genesim ad litteram, II, 9) possiede la consapevolezza che
l'autorità della Rivelazione biblica concerne solo gli ambiti della fede e della morale, e non, per esempio,
l'astronomia, la medicina, la fisica, ecc. Significativa l'affermazione di S. Alberta Magno: «quando i filosofi
e S. Agostino sono in disaccordo in ciò che concerne la fede a i costumi, bisogna credere a S. Agostino.
Ma se si trattasse di medicina io prenderei piuttosto Ippocrate o Galeno», cioè bisogna ascoltare gli
specialisti competenti di ciascun ambito, piuttosto che la Rivelazione o i dottori della Chiesa.
7. Diversamente dalla nostra cultura relativista e scettica, la cultura medievale si nutriva di una profonda
fiducia nella capacità della ragione di cogliere almeno alcuni aspetti della verità. di decifrare almeno in
parte la realtà. Così ha prodotto dei frutti inestimabili, come le opere di Dante, Petrarca a Boccaccio, di S.
Agostino e di S. Tommaso, per citare solo le più significative. Anzi, a parere di chi scrive, in certi casi,
come quelli della Divina Commedia o della Somma teologica, il valore di queste opera non è per ora mai
stato eguagliato.
In conclusione: la fede cristiana stimola l'intelligenza e promuove cultura, perché la considera un bene
inestimabile, frutto di quel meraviglioso strumento dato da Dio all'uomo che è Ia
ragione. Un solo esempio per il nostro tempo: la Chiesa (cfr. l'enciclica Fides et
ratio) è oggi l'unica istituzione che perora la filosofia come ricerca della verità.
Medioevo nemico della cultura? Falso, come cerchiamo in breve di mostrare.
1. Il Medioevo è stato un potente diffusore di cultura, perché il Concilio Lateranense II
(1179) aveva formulato l'obbligo ad ogni chiesa di avere una scuola. A scuola vanno
anche i fanciulli e i poveri: Sugero, abate di Saint Denis, che resse Ia Francia quando Luigi II combatté Ia II
crociata, era figlio di servi; Maurizio di Sully, arcivescovo parigino che fece costruire Notre Dame, era figlio di un
mendicante; S. Pier Damiani, che divenne cardinale ed era consigliere di Gregono VII, era stato un guardiano di
porci; l'uomo più colto del suo tempo, Gerberto d'Aurillac, era stato un pastore e divenne papa Silvestro II; papa
Urbano VI era figlio di un calzolaio; Gregorio VII. uno del più, grandi pontefici della stona della Chiesa, era figlio di
un capraio.
2. Il Medioevo inoltre inventa l'università, che è l'insieme delle persone, docenti e studenti, che collaborano nella
ricerca comune, rigorosa e scientifica, della verità, una ricerca che dal 1200 è autonoma dallo Stato e libera da
obblighi verso il potere centrale.
3. Inoltre, bisogna sfatare l'idea di una cultura omologata. È vero che sussiste una generale, non totale,
condivisione su alcuni temi, come l'esistenza di Dio o la vocazione dell'uomo alla comunione con Dio stesso,
tuttavia la cultura medievale è estremamente vivace e connotata da un accentuato pluralismo di idee e
concezioni, che si esprime in una molteplicità di scuole e correnti di pensiero, che si fronteggiano in un dibattito
molto animato. Basta ricordare la scuola di Chartres, quella dei Vittorini, quella francescana, quella domenicana, il
movimento scotista e quello occamista, per menzionare solo alcuni dei più significativi.
4. Bisogna anche riconoscere che la cultura medievale ha avuto il merito di realizzare l'unificazione del sapere,
organizzando le vane discipline intorno alla disciplina fondamentale, cioè la teologia. Ciò significava
l'impossibilità, per esempio, che una scienza diventasse anarchica e assumesse come fine il solo proprio
sviluppo. Non era cioè in linea di principio possibile che la scienza potesse progettare la clonazione, alcuni attuali
aberranti interventi di manipolazione genetica, la fecondazione artificiale, ecc., perché ogni disciplina si
conformava ad alcuni fondamentali criteri ricevuti dalla teologia, dall'antropologia e dall'etica. Le discipline erano
unificate dal fatto dl avere uno scopo comune, la perfezione dell'uomo, al quale dovevano in definitiva insegnare
l'arte di vivere moralmente bene (l'ars bene vivendi et morendi), indirizzandolo versa la ricerca del bene e
dell'amore a Dio e al prossimo. Questa unificazione del sapere, che dipendeva dal fine comune delle discipline, è
stata soppiantata nel Rinascimento da una separazione: l'organismo unitario dei saperi si decompone e le
discipline si rendono autonome l'una dall'altra (basta pensare, per es., alla scissione tra morale e politica
enunciata da Machiavelli e più ancora, in seguito, da Montaigne), rinunciando alla precedente solidarietà
reciproca che le caratterizzava; ad un'unificazione del sapere secondo un criterio gerarchico, si è poi
successivamente sostituito il surrogato di un'unificazione enciclopedica e antigerarchica, quella illuminista, che
organizza le conoscenze secondo il solo criterio alfabetico e dove, mancando una gerarchia, tutto dove essere
saputo o, perlomeno, tutto è sullo stesso piano: al centro non c'è più l'uomo bensì l'accumulazione stessa del
sapere, e la moltiplicazione delle informazioni atrofizza la capacità di riflettere.
5. Da quanto detto risulta già possibile dissipare l'idea che la cultura medievale sia stata soltanto una cultura
teologica. È vero che in quest'epoca si sono raggiunti dei vertici teologici vertiginosi, ma vengono coltivate
discipline come l'etica, l'antropologia, la politica, vengono coltivate le arti del trivio (grammatica, retorica a
dialettica) e del quadrivio (aritmetica, musica, geometria, astronomia).
6. E il rifiuto dell'anarchismo delle discipline non comportava la negazione della loro autonomia. Per quanto
riguarda la filosofia, per es., è errato citare Lutero, Calvino, Cartesio o gli illuministi come liberatori del pensiero
filosofico dal giogo teologico. Se oggi esiste una filosofia come tale la si deve al paziente lavoro dei filosofi
medievali, che sono riusciti a definire un ambito in cui il pensiero fosse autonomo, e a rivendicare i diritti della
ragione. Al contrario, saranno proprio Lutero e Calvino ad accusare i medievali di aver sacrificato la religione alla
filosofia, ed è noto che il fideista Lutero rifiutava qualsiasi collaborazione tra la ragione e la fede, e considerava la
ragione come prostituta del diavolo. Ma insieme alla filosofia tutte le discipline guadagnano nel medioevo una
propria autonomia: ognuna ha il suo metodo, il suo oggetto, i suoi strumenti. Di più, già S. Agostino (In Genesim
ad litteram, II, 9) possiede la consapevolezza che l'autorità della Rivelazione biblica concerne solo gli ambiti della
fede e della morale, e non, per esempio, l'astronomia, la medicina, la fisica, ecc. Significativa l'affermazione di S.
Alberta Magno: «quando i filosofi e S. Agostino sono in disaccordo in ciò che concerne la fede a i costumi,
bisogna credere a S. Agostino. Ma se si trattasse di medicina io prenderei piuttosto Ippocrate o Galeno», cioè
bisogna ascoltare gli specialisti competenti di ciascun ambito, piuttosto che la Rivelazione o i dottori della Chiesa.
7. Diversamente dalla nostra cultura relativista e scettica, la cultura medievale si nutriva di una profonda fiducia
nella capacità della ragione di cogliere almeno alcuni aspetti della verità. di decifrare almeno in parte la realtà.
Così ha prodotto dei frutti inestimabili, come le opere di Dante, Petrarca a Boccaccio, di S. Agostino e di S.
Tommaso, per citare solo le più significative. Anzi, a parere di chi scrive, in certi casi, come quelli della Divina
Commedia o della Somma teologica, il valore di queste opera non è per ora mai stato eguagliato.
In conclusione: la fede cristiana stimola l'intelligenza e promuove cultura, perché la considera un bene
inestimabile, frutto di quel meraviglioso strumento dato da Dio all'uomo che è Ia ragione. Un solo esempio per il
nostro tempo: la Chiesa (cfr. l'enciclica Fides et ratio) è oggi l'unica istituzione che perora la filosofia come ricerca
della verità.
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