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cultura
Un viaggio in Yemen
Carla Icardi
Discendenti di Sem, figlio di Noè, questo si
ritengono gli yemeniti. E in queste radici
perse nella storia biblica sta tutto il senso di
un popolo orgoglioso, isolato nella sua genialità e per questo capace di dare vita a
forme espressive che non hanno uguali in
nessun’altra parte del mondo.
Simbolo di questa terra è Sana’a, la capitale,
città fondata secondo la leggenda proprio da
Sem che, dopo il diluvio universale, cercando
un posto dove potersi stabilire, scelse il luogo indicatogli da un uccello. Indipendentemente dalle sue origini, la città è una delle più
antiche della penisola arabica, abitata in epoca Sabea, all’inizio del VI secolo d.C. fu eletta
capitale della grande dinastia himyarita e,
successivamente, divenne la base di due potenze straniere: gli Abissini e i Persiani.
Nel VII secolo arrivò l’Islam e con esso la
modificazione definitiva della città così come oggi ci appare. Situata su un altipiano, a
oltre 2000 metri di altitudine, Sana’a può essere considerata uno dei più grandi musei
all’aperto del mondo, tanto da essere inserita dall’Unesco nel novero del patrimonio
dell’Umanità. Il legame tra la capitale dello
Yemen e il nostro Paese è forte. Va, infatti,
al nostro PierPaolo Pasolini il merito di averla scoperta e valorizzata, dedicandogli un
cortometraggio-appello per la sua conservazione (Le Mura di Sana’a) e girandovi gran
parte de “Il fiore delle Mille e una notte”.
Nel regno della Regina di Saba
Una terra lontana, lo Yemen, misteriosa e spesso ingiustamente ritenuta pericolosa, ma, soprattutto, con una storia
unica. Tra le mille forme di espressione artistica di questo
popolo c’è un’architettura che non ha uguali.
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Foto notizia
Italiani popolo di naviganti e poeti, recita un vecchio
adagio.
E di grandi commercianti, dovremmo aggiungere.
Chi ha avuto la fortuna di visitare lo Yemen si sarà sicuramente reso conto di quanto, ancora oggi, sia difficile entrare in quel mercato, per le difficoltà logistiche, politiche, sociali.
Le aziende straniere presenti sono veramente poche
e chi ci arriva deve essere dotato di un ottimo spirito
pionieristico. Camminando per le vie di Sana’a, nel
cuore del suk, abbiamo trovato l’insegna riportata
nell’immagine…
E’ proprio vero, siamo un popolo di conquistatori!
Una miscela di stili
Ora che con i fondi della comunità internazionale il dedalo di strade che ne costituiscono il tessuto urbano è stato pavimentato, ed
è possibile visitarla senza essere avvolti da
nubi di polvere, la città vecchia appare in tutto il suo splendore. Gran parte degli edifici
che la compongono hanno più di 400 anni e
hanno, come comun denominatore, un’incredibile miscela di stili, in cui elementi arabi, africani, asiatici si fondono in un unicum
che non ha pari. Planimetricamente, gli edifici più prestigiosi si sviluppano su cinque o
sei piani (a Sana’a vecchia se ne contano circa 14.000!), ognuno dei quali adibito a una
diversa funzione: il piano terra per il ricovero
degli animali e il deposito del foraggio, quelli
successivi ai vari – e numerosissimi – membri della famiglia. Generalmente, i primi piani
della costruzione sono realizzati in mattoni,
mentre per gli altri si sono impiegati esclusivamente mattoni di fango, considerato uno
dei migliori isolanti naturali, in grado di mantenere gli ambienti freschi d’estate e caldi
d’inverno. Al vertice dell’edificio si trova il
vero cuore dell’abitazione, il mafraj (letteral-
mente, sala con vista), stanza spesso abbinata a un attico panoramico dove il padrone
di casa si riunisce nel pomeriggio con i famigliari e gli ospiti per chiacchierare e masticare il Qat, la droga nazionale.
I primi piani dell’edificio sono frequentemente collegati tra loro da un cavedio, uno
spazio a doppia o tripla altezza che svolge il
duplice compito di raffrescare ulteriormente
le stanze e di metterle in comunicazione anche visiva tra loro. Ma è in facciata che l’architettura yemenita raggiunge i suoi massimi livelli espressivi. Ripartizione, forma e nu-
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mero delle bucature rispondono, infatti, a
precise esigenze funzionali ed estetiche. Sul
versante decorativo, le superfici sono imbiancate a calce, che rende il fango resistente alla pioggia, e decorate a motivi geometrici. Le facciate degli edifici, in particolare, sono decorate con elaborati fregi e intonacate con gesso bianco con cui gli artigiani
hanno creato prevalentemente motivi geometrici, chiamati "takhrim".
Il regno della famiglia
In relazione a una cultura che vede l’abitazione come regno della famiglia, scrigno
prezioso di cui le donne sono regine e in
cui possono finalmente liberarsi dai veli
con cui obbligatoriamente si debbono coprire quando escono, la morfologia delle
aperture deve rispettare questa priorità.
Chi è all’interno deve poter osservare che
è in strada senza essere visto, deve avere
una panoramica della città senza che venga
turbata in alcun modo la propria privacy. Ecco perché le finestre sono generalmente di
piccola dimensione, frequentemente con
dei sopraluce fissi e riccamente decorati o
schermate da graticci lignei intarsiati dalle
forme complesse. Con il loro complesso
arabesco di forme rotonde e sovrapposte
erano tradizionalmente costruite con pannelli di alabastro, ma, a partire dalla fine
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dell'800, i pannelli sono stati man mano sostituiti con vetri colorati, inseriti in strutture
di gesso.
Le facciate rivolte a ponente delle abitazioni più antiche, comunque, hanno tutt’oggi
le finestrelle chiuse dai qamayat, sottili lastre di alabastro che filtrano i raggi del tramonto. I serramenti sono tutti lignei, prevalentemente in cedro o sandalo. Altrettanto varia la gamma decorativa e di forme
delle porte. Anche in questo caso, un elemento architettonico diventa motivo di rappresentazione di una cultura. Interamente
in legno, sono frequentemente dotate di
due battacchi, uno per le donne, più piccolo dimensionalmente, e uno per gli uomini.
Da segnalare un piccolo elemento posto al
lato del battente destinato ad accogliere le
chiavi o a passare, all’interno, piccoli oggetti senza che necessariamente la padro-
na di casa apra la porta. Nelle zone interne,
in cui l’influsso asiatico è più rilevante, i
pannelli appaiono riccamente intarsiati a
motivi geometrici. A Shibam, per esempio,
gli oltre 500 edifici a torre offrono un catalogo tipologico unico nel suo genere. In
questo caso, il tradizionale monocolore viene sostituito dal ricorso a una gamma cromatica particolarmente ampia che comprende il blu e il rosso.