Il sindacato e le sue relazioni al centro del mondo che verrà Conferenza sul tema “Lo scenario economico internazionale: quando il futuro diventa presente”, di Alberto Berrini “Il mondo che verrà”, è questo l’incipit dell’apprezzatissimo intervento di Alberto Berrini economista keynesiano e noto professore - scrittore di fama nazionale, alla conferenza sul tema “Lo scenario economico internazionale: quando il futuro diventa presente” che si è tenuta lo scorso 25 ottobre a Riccione. Il mondo che verrà, dal punto di vista economico s’intende, pone il sindacato e le sue relazioni al centro del dibattito economico con la crisi mondiale che, prima o poi, lascerà il posto alla ripresa ed allo sviluppo. Tutti sanno che l’economia mondiale, abituata a un regime comunque in crescita, da anni ha modificato il proprio scenario in un mondo evidentemente in decrescita o perlomeno in stagnazione. “Si pensi a un imprenditore che debba realizzare condizioni favorevoli al proprio business, a quali difficoltà incontri al giorno d’oggi”, ha sottolineato Berrini. Ma non tutto il mondo vive la stessa crisi; nonostante tutto, infatti, l’Europa si dimostra lo scenario migliore in cui operare e il mondo migliore in cui vivere. E non è poco. In Italia lo scenario macro economico è caratterizzato da un forte rallentamento: “Siamo al limite minimo perché l’economia funzioni ancora un po’”. All’estero l’economia dell’India, al momento, corre. La Cina vive un momento di crescita politico-sociale con la classe media che emerge e sempre in Cina si registra lo sviluppo enorme dell’industria 4.0. Brasile e Russia sono in recessione ma meno peggio del previsto. Gli Usa sono in linea con le attese. L’Europa, invece, va piano piano. Quali le conseguenze di tutto questo? In Italia, ad esempio, con la crescita debolissima la conseguenza naturale è che il welfare soffre sempre più. “È impensabile che, per lo stato attuale dell’economia, si continui a mantenere a lungo il livello corrente. Dopo il Giappone è l’Italia che invecchia di più e a lungo andare le condizioni del welfare cambieranno”. La crisi si risolve recuperando la produttività che è un concetto legato alla capacità di migliorare il rendimento dagli stessi fattori di partenza. Gli USA crescono come PIL ma diminuiscono come produttività. Oggi come oggi tutti parlano di rivoluzione digitale che però, in realtà, non sta generando aumento di produttività come avvenuto in passato, per esempio, con la rivoluzione industriale. “Dunque bisogna capire cosa sta avvenendo”. “L’innovazione non è preventivabile ma è certamente un elemento che accresce la produttività, così come la tecnologia. Però oggi in Italia c’è poca ricerca e poca innovazione”. Siamo alla vigilia di un’era tecnologica di interazione sempre più spinta tra uomo e tecnologia; quindi l’investimento pubblico e privato sarebbero aspetti fondamentali per assicurare la crescita. La crisi va affrontata in termini concettuali. Il capitalismo è la rincorsa tra asset necessari per produrre il business e il debito derivante. “In Italia, invece, viviamo la crisi come il rapporto fra asset e deficit. In questo caso occorre far ripartire il credito. L’errore commesso dalla politica è stato quello di deregolametare il mercato mentre si è capito che andava regolamentato il mercato finanziario”. Cosa può fare il Sindacato? ”Molto, ad esempio gestendo la formazione per garantire il futuro dei lavoratori”. Se i dipendenti lavorano meglio aumenta la produttività. “Oggi si ricerca la testa dei lavoratori, il loro coinvolgimento intellettuale ma poi le aziende sono disposte a pagare i dipendenti con un salario sempre più ridotto. Il sindacato si deve porre in una logica partecipativa perché l’impresa ha un ruolo sociale fondamentale. Impresa con la quale si può essere in conflitto per certi aspetti. Oggi tutti i dati e i rilievi dimostrano che dove c’è meno sindacato c’è più disoccupazione. Bisogna solo capire un aspetto; il sindacato di oggi è in grado di governare una situazione simile?”. Redazione First Cisl