CINEMA E FILOSOFIA IN QUESTO MONDO LIBERO regia di Ken Loach soggetto e sceneggiatura: Paul Laverty; fotografia: Nigel Willoughby; musiche originali: George Fenton; scenografia: Fergus Clegg; costumi: Carole K. Millar; montaggio: Jonathan Morris; interpreti principali: Kierston Wareing (Angie), Juliet Ellis (Rose), Leslaw Zurek (Karol); Colin Caughlin (Geoff), Joe Siffleet (Jamie), Faruk Pruti (Emir), Maggie Russel (Cathy), Raymond Mearn (Andy), Sheera Kavousian (Sheera), Shadah Kavousian (Shadah), Frank Gilhooley (Derek), David Doyle (Tony). produzione: Sixteen Films, Emc Gmbh, Bim e Tornasol Films; origine: Regno Unito anno: 2007 distribuzione: BIM; durata: 96 minuti. […] affinché il possessore di denaro incontri sul mercato la forza-lavoro come merce debbono essere soddisfatte diverse condizioni. […] la forza-lavoro come merce può apparire sul mercato soltanto in quanto e perché viene offerta o venduta come merce dal proprio possessore, dalla persona della quale essa è la forza-lavoro. Affinché il possessore della forza-lavoro la venda come merce, egli deve poterne disporre, quindi essere libero proprietario della propria capacità di lavoro, della propria persona. […] La seconda condizione essenziale, affinché il possessore del denaro trovi la forza-lavoro sul mercato come merce, è che il possessore di questa non abbia la possibilità di vendere merci nelle quali si sia oggettivato il suo lavoro, ma anzi, sia costretto a mettere in vendita, come merce, la sua stessa forza-lavoro, che esiste soltanto nella sua corporeità vivente. […] Dunque, per trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero; libero nel duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria merce, nella sua qualità di libera persona, e che, d'altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro. Per il possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare del mercato delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché quel libero lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. (K. Marx, Il capitale. Critica dell'economia politica. Editori Riuniti, Roma, 1989) Non è comunque difficile prevedere quale delle due parti in una situazione normale dovrà prevalere nella contesa, costringendo l'altra ad accettare le sue condizioni. I padroni, essendo in numero minore, possono coalizzarsi più facilmente; e la legge, del resto, autorizza o almeno non proibisce le loro coalizioni, mentre proibisce quelle degli operai. […] In tutte queste contese i padroni possono resistere più a lungo. […] un padrone manifatturiero o un mercante, anche senza impiegare un solo operaio, possono in genere vivere un anno o due sui fondi che possiedono, mentre molti operai non potrebbero sopravvivere disoccupati una settimana, pochi potrebbero sopravvivere un mese e quasi nessuno un anno. Nel lungo periodo l'operaio può essere tanto necessario al padrone quanto il padrone all'operaio, ma la necessità non è altrettanto immediata. (A. Smith, La ricchezza delle nazioni, Ed. Newton Compton, Roma, 2008) 1) Su che si fonda il capitale, cioè la proprietà privata dei prodotti del lavoro altrui? “Quando anche il capitale non si riduca a furto o malversazione, esso abbisogna, tuttavia, del concorso della legislazione, per la consacrazione dell'eredità”. Say, Traité d'economie politique. Come si diventa proprietari di capitali produttivi? Come si diventa proprietari dei prodotti creati con questi? Mediante il diritto positivo. Say, t. Quale potere si acquista col capitale? […] La specie di potere, che questo possesso gli conferisce immediatamente e direttamente, è il potere di comprare, cioè un diritto di comando su ogni lavoro altrui o su ogni prodotto di questo lavoro, ch'esista in quel tempo sul mercato. Smith, Recherches sur la nature et les causes de la richesse des nations. Il capitale è, dunque, potere di comando sul lavoro e i suoi prodotti. […] Vedremo più tardi, prima, come il capitalista eserciti, per mezzo del capitale, il suo potere di comando sul lavoro, e poi il potere di comando del capitale sul capitalista stesso. Che cosa è il capitale? “Une certaine quantité de travail amassé et mis en reserve”. Smith, r. Il capitale è lavoro accumulato. (K. Marx, Manoscritti economicofilosofici del 1844, Editori Riuniti, Roma, 1981) Il prodotto del lavoro costituisce la ricompensa naturale, o salario, del lavoro. Nella situazione originaria che precede sia l'appropriazione della terra sia l'accumulazione dei fondi, tutto il prodotto del lavoro appartiene al lavoratore, che non ha né proprietario fondiario né padrone con cui spartirlo. […] Ma questa situazione originaria, in cui il lavoratore gode di tutto il prodotto del suo lavoro, non poteva proseguire una volta iniziate l'appropriazione della terra e l'accumulazione dei fondi. […] Non appena la terra diventa proprietà privata, il proprietario esige una quota di quasi tutti i prodotti che il lavoratore può coltivare o raccogliere su di essa. La sua rendita rappresenta la prima deduzione dal prodotto del lavoro impiegato sulla terra. […] Il prodotto di quasi tutti gli altri lavori è soggetto alla stessa deduzione del profitto. In tutte le arti e le manifatture la maggioranza degli operai ha bisogno di un padrone che anticipi i materiali del lavoro, i salari e il mantenimento finché il lavoro non sia portato a termine. Questi ha una quota sul prodotto del loro lavoro, ossia sul valore che il lavoro aggiunge ai materiali su cui si esercita; in questa quota consiste il suo profitto. (A. Smith, La ricchezza delle nazioni, Newton Compton, Roma, 2008) Come individui, ciascuno di noi a volte preferisce sottoporsi a dolori o sacrifici per ottenere un benessere maggiore o per evitare un danno maggiore […] perché non sostenere, analogamente, che qualche persona deve fare sacrifici da cui altre persone trarranno vantaggi maggiori, per amore del bene sociale complessivo? Ma un’entità sociale, il cui bene sopporti qualche sacrificio per il proprio bene, non esiste. Ci sono solo individui, individui differenti, con le loro vite individuali […] Lo Stato non rispetta e non considera sufficientemente il fatto che ogni persona è una persona separata e che la sua è l’unica vita che possiede. Quella persona non riceve dal suo sacrificio un bene che ne superi il valore, e nessuno ha facoltà di imporglielo. (R. Nozick, Anarchia, Stato e utopia, Le Monnier, Firenze, 1981) La libertà dell’individuo in questioni che riguardano lui solo implica una corrispondente libertà per qualsiasi numero di individui di regolare per mutuo consenso questioni che li riguardano nel loro complesso e non riguardano altri. (J. Stuart Mill, Saggio sulla libertà, Il Saggiatore, Milano, 2009)