Anno 2006 Durata 91 Origine IRLANDA Colore C

Once
Anno 2006
Durata
91
Origine
IRLANDA
Colore
C
Genere
DRAMMATICO, MUSICALE, ROMANTICO
Specifiche tecniche HDV, 35 MM (1:1.85)
Produzione SAMSON FILMS, BORD SCANNÁN NA HÉIREANN, THE IRISH FILM
BOARD & RTÉ
Distribuzione SACHER DISTRIBUZIONE (2008)
Data uscita 30-05-2008
Regia
John Carney
Attori
Glen Hansard Lui
Markéta Irglová
Lei
Bill Hodnett Padre di lui
Danuse Ktrestova
Madre di lei
Marcella Plunkett
Sceneggiatura
John Carney
Fotografia
Tim Fleming
Musiche
La canzone "Falling Slowly" è di Glen Hansard e Markéta Irglová.
Montaggio
Paul Mullen
Scenografia
Tamara Conboy
Costumi
Tiziana Corvisieri
Trama:
Dublino. Un giovane cantautore irlandese in cerca di successo, che si mantiene riparando
aspirapolvere e suonando per le strade, incontra una ragazza emigrata dalla Repubblica Ceca, che
mantiene se stessa, sua madre e sua figlia facendo vari mestieri, ma che è una pianista di talento che
decide di aiutarlo nella realizzazione di un disco da presentare ad una casa discografica di Londra.
Insieme, i due ragazzi incideranno una serie di canzoni in cui racconteranno le loro vite e i loro
amori passati.
Critica:
"Un ragazzo amante della musica e una ragazza cameriera dell'Est europeo sognano di riprendere a
studiare musica, attraverso la musica si innamorano, decidono di formare una band per cambiare la
propria vita e appagare i propri desideri. Almeno Dublino è bellissima."
(Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 30 novembre 2007)
La trama si può riassumere in poche parole: il “ragazzo” suona la chitarra a Grafton Street, nel
centro di Dublino, e soffre per l’abbandono della fidanzata volata a Londra; aiuta il padre che ripara
aspirapolveri ma sogna di incidere un disco. La “ragazza” (i personaggi principali non hanno nomi)
è approdata dall’Est con la madre e la figlia, suona il piano ma non può permetterselo, fa pulizie,
vende rose e chissà se rivedrà mai il marito rimasto in patria. Dall’incontro tra i due ha inizio un
rapporto di amicizia fatto di comprensione e stimolo reciproco, senza svolte hollywoodiane ma con
un andamento da cinéma-vérité tutto camera a mano, anche per ravvivare l’esecuzione spesso
integrale delle canzoni, gradevoli ballate acustiche ora inserite nella trama (per strada, in duo, in
studio di registrazione) ora cornice-videoclip delle rispettive giornate. Proprio il gusto di stare
insieme e fare musica pone Once lontano anni luce dai musical canonici; i dialoghi sono un orpello,
tanto “naturali” da rischiare l’effetto-didascalia. L’ironia, quando fa capolino (la richiesta di un
prestito in banca), giova all’insieme di questo “breve incontro”, ritratto di due outsider che
nell’Irlanda baciata dal boom economico sgomitano per trovare un posto nel mondo. Nell’insieme,
la naiveté e il senso di improvvisazione, l’assenza di slabbrature e la freschezza di molte canzoni
finiscono per catturare l’attenzione. Evitando il romanticismo patinato come la deriva sentimentale,
risulta verosimile e sorprende nel finale, così in punta di piedi come il resto del film.
(Mario Mazzetti, Vivilcinema 3/2008)
Piccolo, delicato invito a credere in se stessi e nel potere salvifico di incontri casuali quanto
decisivi: Once è una dolceamara favola musicale, piccola produzione di un regista già militante in
una band dublinese, i Frames, il cui cantante e chitarrista, Glen Hansard, è qui protagonista e
compositore. Un film incentrato sulla figura di un busker, uno di quei musicisti e artisti di strada
spesso dotati di ragguardevole talento cantautoriale ma alla ricerca dell’occasione per emergere.
Inoltre, un gioco di specchi tra realtà e fantasia: regista e protagonista si conoscono dai tempi della
comune militanza musicale, e i due interpreti principali – Hansard e la Iglova, cantante e
polistrumentista ceca – hanno già inciso un disco insieme, “The swell season”.
Insomma, potrebbe sembrare che Carney abbia raccontato su schermo le esperienze dei due
musicisti (Hansard è anche attore, era il chitarrista capellone de I Commitments di Alan Parker);
invece, il progetto iniziale era di realizzare un film musicale sui generis, nel quale le canzoni
sostituissero dialoghi e sviluppi narrativi. Solo in seguito, mentre il progetto prendeva corpo e
spessore, trovandosi davanti le canzoni (alcune già edite) di Hansard, ha chiamato il 38enne
dublinese e la 20enne ragazza dell’Est anche davanti alla cinepresa. Con un successo lusinghiero,
ancorché “di nicchia”: applausi e premio del pubblico al Sundance Festival 2007; costato 180mila
Euro e due settimane di riprese (lo stile è quello che da noi verrebbe definito “due camere e
cucina”), ha incassato negli Usa 10 milioni di dollari; dopo una lunga carriera festivaliera è stato
decretato miglior film straniero agli Independent Spirit Awards e, dulcis in fundo, ha vinto l’Oscar
per la miglior canzone originale, il bel duetto “Falling Slowly”.
La trama si può riassumere in poche parole: il “ragazzo” suona la chitarra a Grafton Street, nel
centro di Dublino, e soffre per l’abbandono della fidanzata volata a Londra; aiuta il padre che ripara
aspirapolveri ma sogna di incidere un disco. La “ragazza” (i personaggi principali non hanno nomi)
è approdata dall’Est con la madre e la figlia, suona il piano ma non può permetterselo, fa pulizie,
vende rose e chissà se rivedrà mai il marito rimasto in patria. Dall’incontro tra i due ha inizio un
rapporto di amicizia fatto di comprensione e stimolo reciproco, senza svolte hollywoodiane ma con
un andamento da cinéma-vérité tutto camera a mano, anche per ravvivare l’esecuzione spesso
integrale delle canzoni, gradevoli ballate acustiche ora inserite nella trama (per strada, in duo, in
studio di registrazione) ora cornice-videoclip delle rispettive giornate. Proprio il gusto di stare
insieme e fare musica pone Once lontano anni luce dai musical canonici; i dialoghi sono un orpello,
tanto “naturali” da rischiare l’effetto-didascalia. L’ironia, quando fa capolino (la richiesta di un
prestito in banca), giova all’insieme di questo “breve incontro”, ritratto di due outsider che
nell’Irlanda baciata dal boom economico sgomitano per trovare un posto nel mondo. Nell’insieme,
la naiveté e il senso di improvvisazione, l’assenza di slabbrature e la freschezza di molte canzoni
finiscono per catturare l’attenzione. Evitando il romanticismo patinato come la deriva sentimentale,
risulta verosimile e sorprende nel finale, così in punta di piedi come il resto del film.(www.fice.it)
“Per realizzare un bel film, a volte basta solamente essere sinceri e raccontare senza fronzoli o
accorgimenti tecnici una storia che potrebbe capitare a qualcuno di noi. Il regista e sceneggiatore
John Carney (classe 1972) ha lavorato per e con la musica sin da quando era poco più che ventenne:
ha diretto cortometraggi e videoclip ed è stato bassista del gruppo irlandese The Frames. Gruppo
fondato nel 1990 dal protagonista di Once Glen Hansard (apparso nel cult The Commitments), che
nella pellicola interpreta un musicista di strada senza nome che non ha mai dimenticato il suo amore
perduto e spera di incidere un disco per farsi strada. Carney ci fa vedere il momento in cui il
musicista conosce una pianista della Repubblica Ceca immigrata a Dublino, una sorta di "breve
incontro" fatto di piccoli dettagli, canzoni, discorsi, con la ragazza che sarà il sostegno
fondamentale per coronare il sogno del giovane e approdare alla fine alla sala di incisione. Anche la
protagonista femminile, Markéta lrglovà, è una autentica musicista di soli venti anni, che nella
realtà collabora con Hansard e ha inciso un disco con lui e che qui è al suo esordio come attrice.
L'intreccio fra i veri e consolidati rapporti tra regista e attori e la breve e illuminante vicenda ha
dato vita a una pellicola ricca di calore e colore, musica (molto bella la colonna sonora, su cui
spicca la canzone Falling Slowly, premiata quest'anno con l'Oscar) e genuinità. Non è cosa molto
frequente di questi tempi emozionarsi e partecipare intensamente a un film che è più consigliato
vedere piuttosto che raccontare. Esattamente come succede quando si ascolta della musica: bisogna
lasciarla scorrere nella nostra mente e nel nostro cuore. Alla fine avrà lasciato un segno dentro di
noi
senza
quasi
che
ce
ne
rendessimo
conto.”
(Valerio Guslandi, da Ciak, giugno 2008)
“«Che l'amore è tutto/è tutto ciò che sappiamo dell'amore», scriveva Emily Dickinson, stringendo in
questi due versi definitivi tutte le parole che ogni giorno sulla terra si spendono attorno alla luce
abbagliante dei cuori innamorati. Sembra quasi impossibile riuscire a raccontare ancora una volta, e
in modo coinvolgente, una storia d'amore: eppure è vero anche il contrario, è vero che — qualsiasi
storia d'amore conquista la nostra attenzione, qualsiasi amico che palpita e soffre per una donna
riesce a far diventare la sua vicenda un teatro perfetto. Noi che ascoltiamo i suoi lamenti vogliamo
da capo sapere tutto, vogliamo capire perché e quando e come, e come andrà a finire la storia più
antica
del
mondo.
Le grandi storie d'amore contengono tutte un'impossibilità: non sarebbero vere storie d'amore se
non avessero un muro davanti, un futuro negato in partenza. Così diventano lo stemma nobilissimo
della sconfitta, la rappresentazione sublime della battaglia infinita contro l'insensatezza della vita.
«Ti amo Costanza, ma senza speranza», stava scritto su un ponte di Roma, e per vent'anni fu la
scritta più celebre della città. Chiunque passava di lì capiva che mai nessuna frase meglio di questa
poteva descrivere la condizione umana. Vogliamo amare per sempre, vivere nella bellezza di un
sogno, ma la vita è fatta di schegge che non si incollano più, e ogni grande amore ci commuove
perché racconta due solitudini che si avvicinano e si allontanano, due domande che per un attimo
sembrano trovare una sola risposta e poi tornano a vagare nel vuoto.
Once è un film bellissimo, una ventata dolce e malinconica che ci riporta dentro il batticuore della
giovinezza, quando tutto sembrava dipendere da un si o da un no, quando la vita era ancora soltanto
un'ipotesi. La storia è semplicissima: lui suona la chitarra per la strada, a Dublino, canta canzoni
struggenti, canta una donna che se ne è andata via per sempre. Lei è giovanissima, è arrivata dalla
Repubblica Ceca, suona il pianoforte e ha già un figlio e un matrimonio sbagliato alle spalle. La
musicali avvicina, rivela tutte le loro elettive affinità: è chiaro che i due sono fatti uno per l'altra,
che suonano la stessa disperata melodia. Eppure entrambi sentono di avere un destino diverso, di
dover
per
forza
obbedire
ai
propri
errori,
rinunciando
alla
felicità.
Come nelle notti bianche, la profonda intesa degli innamorati è costretta a farsi da parte perché le
strade sono già tracciate, e cambiare il corso della vita è impossibile. Lui, dopo aver inciso il suo
primo disco, parte per Londra alla ricerca della donna sbagliata, lei ritrova il marito, un uomo
inutile. Once, «una volta». Una volta sola passa il vero amore, ma loro non lo fermano. Molta della
forza del film, girato con due soldi e premiato un po' ovunque, sta nelle canzoni di Glen Hansard,
che ha una voce stupenda e una bella faccia da vecchio ragazzo. Sono ballate romantiche che
entrano in un attimo nelle orecchie e nel cuore: suonano come una promessa che già sa che non
potrà avverarsi, come un vino che si rovescia, come un abbraccio sotto a un treno. «Qui dove si
sente prima del primo bacio l'ultimo», scriveva la Bachmann, qui dove la fine abita l'inizio, qui
dove
regna
amore.”
(Mario Lodoli, da Diario, 27 giugno 2008)
Note:
- OSCAR 2008 PER LA MIGLIOR CANZONE ORIGINALE ('FALLING SLOWLY').
Per vedere il trailer:
http://www.mymovies.it/trailer/?id=49417
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