Definizione di scompenso cardiaco acuto Marco Metra1, Giorgio Carbone2, Carlo Lombardi1, Claudio Borghi3, Giorgio Vescovo4 1 Cattedra e Divisione di Cardiologia, Università degli Studi e Spedali Civili, Brescia 2 S.C. Medicina e Chirurgia d’Urgenza, Presidio Sanitario Gradenigo, Torino 3 Medicina Interna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi, Bologna 4 U.O. Medicina Interna, Azienda Ospedaliera di Vicenza Acute heart failure (AHF) is a potentially life-threatening condition that may arise as a deterioration of a previous heart failure or may be the first presentation of heart failure. Several causes or precipitating factors have been listed, as well as different mechanisms have been described, thus leading to a broad spectrum of clinical presentations. Symptoms and signs of AHF have a strong clinical and prognostic significance and are kept into consideration to guide disease management. In particular, a higher clinical severity or a worse prognosis are associated with lower blood pressure levels, fluid overload, evidence of myocardial ischemia or renal impairment. Putatively, interventions addressed to restore these factors may play a role in the management of AHF. Key words. Cardiac edema; Cardio-renal syndrome; Critical pathways; Disease management; Dyspnea; Heart failure. G Ital Cardiol 2014;15(2 Suppl 2):5S-9S DEFINIZIONE DI SCOMPENSO CARDIACO ACUTO La definizione di scompenso cardiaco acuto (acute heart failure, AHF), in particolare la stessa terminologia utilizzata per descriverlo, è estremamente variabile. Ne discende una notevole eterogeneità anche nel definire la popolazione di pazienti “affetti da scompenso cardiaco acuto”. Le linee guida 2012 della Società Europea di Cardiologia1 propongono la seguente definizione pratica dell’AHF: “Con il termine scompenso cardiaco acuto si indica la rapida insorgenza o la modificazione di sintomi e segni di scompenso cardiaco. Si tratta di una condizione potenzialmente pericolosa per la sopravvivenza che richiede un intervento medico immediato e in genere conduce a un ricovero ospedaliero in urgenza. Nella maggior parte dei casi, l’AHF deriva da un peggioramento in pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco (con frazione di eiezione sia ridotta che conservata); tutti gli aspetti della gestione dello scompenso cronico presentati nelle linee guida si applicano a questi pazienti. L’AHF può anche presentarsi come prima manifestazione di uno scompenso cardiaco con sintomi di nuova insorgenza. L’AHF può essere causato da un’alterazione della funzionalità cardiaca di qualsiasi natura. Nei pazienti con scompenso cardiaco preesistente si sovrappone spesso un fattore precipitante o scatenante (per esempio un’aritmia o la sospensione della terapia con diuretici in pazienti con scompenso con frazione di eiezione ridotta e un sovraccarico di volume o un’ipertensione arteriosa grave in pazienti con scompenso con frazione di eiezione conservata). © 2014 Il Pensiero Scientifico Editore Il dr. Giorgio Vescovo dichiara di aver ricevuto contributi per eventi formativi da Bayer, Boehringer Ingelheim, Bristol-Myers Squibb e Novartis. Gli altri autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr. Giorgio Vescovo U.O. Medicina Interna, Azienda Ospedaliera, Viale Rodolfi 37, 36100 Vicenza e-mail: [email protected] L’acuzie può variare: molti pazienti descrivono un periodo di alcuni giorni o anche settimane di peggioramento (con aumento della dispnea e dell’edema), mentre altri riferiscono una condizione di scompenso che si evolve in ore o minuti (per esempio in concomitanza di un infarto acuto del miocardio). I pazienti possono presentare uno spettro di situazioni cliniche che vanno dall’edema polmonare potenzialmente fatale allo shock cardiogeno a una condizione caratterizzata soprattutto dal peggioramento dell’edema periferico. La diagnosi e il trattamento sono in genere condotti in parallelo, specie nei pazienti particolarmente compromessi, e gli interventi devono essere tempestivi. Nelle fasi iniziali della valutazione e della terapia, è essenziale uno stretto controllo dei parametri vitali del paziente ed è più appropriato gestire alcuni pazienti in unità di terapia intensiva o in unità coronarica. Anche se l’obiettivo a breve termine del trattamento è migliorare la sintomatologia e stabilizzare il quadro emodinamico del paziente, nelle forme con frazione di eiezione ridotta è altrettanto importante il trattamento a lungo termine, compresi gli interventi successivi alla dimissione, per prevenire le recidive e migliorare la prognosi. Il trattamento pre- e post-dimissione deve seguire le raccomandazioni delle linee guida, quando applicabili”. In base a questa dettagliata descrizione, l’AHF può essere pertanto riassunto come segue: • • • comparsa di nuovi segni e/o sintomi di scompenso cardiaco o il peggioramento di segni e/o sintomi preesistenti; quadro clinico la cui gravità richiede l’impiego di farmaci che non fanno parte del trattamento programmato e/o, in genere, il ricovero; necessità di un trattamento urgente. Le cause e i motivi precipitanti lo scompenso si possono classificare in: • fattori che in genere determinano un peggioramento rapido: – tachiaritmia o bradicardia grave/disturbo della conduzione, G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SUPPL 2 AL N 2 2014 5S M METRA ET AL CHIAVE DI LETTURA – Ragionevoli certezze. Lo scompenso cardiaco acuto è una condizione potenzialmente grave e con manifestazioni cliniche molto eterogenee. – – – Questioni aperte. Alcune caratteristiche del paziente (età e comorbilità) e della malattia (pressione arteriosa, ritmo cardiaco, funzione renale e miocardica) hanno un significato clinico e prognostico rilevante. Le ipotesi. È possibile che trattamenti in grado di intervenire selettivamente su una o più di queste caratteristiche possano modificare il decorso della malattia. – – • sindrome coronarica acuta, complicanza meccanica di una sindrome coronarica acuta (per esempio rottura del setto interventricolare, rottura della corda della valvola mitrale, infarto del ventricolo destro), – embolia polmonare acuta, – crisi ipertensiva, – tamponamento cardiaco, – dissezione aortica, – complicanze chirurgiche e perioperatorie, – cardiomiopatia peripartum; fattori che in genere determinano un peggioramento graduale: – infezioni (compresa l’endocardite infettiva), – esacerbazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva o dell’asma, – anemia, – alterazioni della funzione renale, – mancata aderenza alla terapia dietetica/farmacologica, – cause iatrogene (per esempio prescrizione di farmaci antinfiammatori non steroidei o corticosteroidei; interazioni farmacologiche), aritmie, bradicardia, disturbi della conduzione che non determinano un’alterazione del ritmo improvvisa o grave, ipertensione arteriosa non controllata, ipotiroidismo o ipertiroidismo. abuso di alcol o stupefacenti. QUADRO CLINICO E CLASSIFICAZIONE CLINICA È importante differenziare la patogenesi dell’AHF in “cardiaca”, caratterizzata da ritenzione di liquidi, bassa portata cardiaca e pressione arteriosa sistolica normale/bassa, e in “periferica”, caratterizzata da congestione polmonare ma, non necessariamente, ritenzione idrosalina e incremento ponderale, e pressione sistolica normale o elevata. Il fattore più importante per la diagnosi differenziale è senz’altro la pressione sistolica, la cui valutazione è determinante anche ai fini dell’impostazione della terapia con inotropi e/o vasodilatatori1,2. L’AHF è quindi una condizione clinica molto eterogenea. Le variabili che sembrano maggiormente in grado di influenzare il quadro clinico e la prognosi dei pazienti e che, quindi, dovrebbero essere valutate per impostare la terapia, sono, oltre alla pressione arteriosa, il grado di congestione, l’ischemia miocardica, il tipo di ritmo cardiaco e l’insufficienza renale. Pressione arteriosa La pressione arteriosa ha un duplice significato, determinante dell’AHF (meccanismo di risposta a un postcarico inadeguato) e conseguente all’AHF stesso (per attivazione di meccanismi neurormonali e sollecitazione della funzione miocardica)2. Secondo i dati di diversi registri, al momento del ricovero si riscontrano livelli elevati di pressione arteriosa sistolica (≥140 mmHg) nel 40-50% dei casi di AHF, mentre livelli normali-bassi solo nel 20-30% dei pazienti3-6. È estremamente importante sottolineare che i tassi più elevati di mortalità intraospedalieri si associano ai livelli più bassi di pressione arteriosa al momento del ricovero (Figura 1)4. La pressione arteriosa iniziale può anche influenzare la risposta alla terapia. Secondo i dati dello studio REVIVE che ha valutato gli effetti di levosimendan, un farmaco inotropo dotato anche di un’azione vasodilatatrice, il rischio di morte nei pa- Figura 1. Tassi di mortalità durante il ricovero in funzione dei valori (decili) di pressione arteriosa sistolica all’ingresso. Modificata da Gheorghiade et al.4. 6S G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SUPPL 2 AL N 2 2014 DEFINIZIONE DI SCOMPENSO CARDIACO ACUTO zienti trattati con il farmaco aumenta in coloro che hanno livelli di pressione arteriosa <110 mmHg (Figura 2)7. Ischemia miocardica L’AHF si associa a una serie di alterazioni emodinamiche e neurormonali che possono concorrere all’ischemia2. Utilizzando come riferimento i livelli di troponina misurati quotidianamente in occasione di un episodio di AHF, una condizione di ischemia risulta presente nella maggioranza dei pazienti coronaropatici e in circa il 40% dei pazienti con cardiomiopatia dilatativa8. Un movimento del biomarcatore, espressione di danno miocitario, si associa a un peggioramento della mortalità per cause cardiache e a un aumento del ricorso alla riospedalizzazione a medio termine (6 mesi)9. Figura 2. Rischio di mortalità in funzione dei valori (assoluti) di pressione arteriosa sistolica all’ingresso dopo somministrazione di levosimendan. Modificata da Packer et al.7. Insufficienza renale Vanno, infine, sottolineate le rilevanti interazioni tra la funzionalità cardiovascolare e renale in presenza di scompenso cardiaco e di insufficienza renale. Si tratta di meccanismi emodinamici, neurormonali, infiammatori e locali, messi in atto per effetto di entrambe le condizioni e potenzialmente dannosi per l’uno e l’altro apparato (Figura 3)10. Il deterioramento della funzione renale in caso di AHF è stata definita come sindrome cardiorenale di tipo 1 ed i criteri per la definizione di danno renale acuto in corso di AHF e la fisiopatologia sono stati descritti recentemente da Ronco et al.11. A conferma della rilevanza dei sopracitati meccanismi nello sviluppo di un danno d’organo e nel peggioramento della prognosi, vi sono i dati degli studi EVEREST che, in pazienti con AHF o con peggioramento dello scompenso cardiaco, individuano nel deterioramento della funzione renale un fattore prognostico sfavorevole12,13. Uno studio recentemente pubblicato su pazienti di età ricoverati in reparti di medicina con scompenso cardiaco e comorbilità multiple, individua nell’episodio di AHF un fattore potenzialmente precipitante la funzione renale. Infatti, tra i pazienti con creatininemia sierica nei limiti di norma in partenza (65.1%), una quota non trascurabile (14.3%) ha avuto un incremento permanente (≥0.3 mg/dl) di questo parametro di funzionalità renale, mentre in un altro gruppo di pazienti (20.6%) si è osservato un incremento transitorio seguito da una riduzione (≥0.3 mg/dl) alla dimissione14. Facendo riferimento ai livelli di pressione arteriosa, ai valori di azotemia e di troponina è stata proposta una classificazione di rischio dei pazienti con AHF ricoverati nei reparti di emergenza in grado di orientare la gestione del paziente ed i tempi di degenza15. Rientrano tra i pazienti a basso rischio quelli con pressione arteriosa sistolica >160 mmHg, azotemia <30 mg/dl e troponina normale; tra i pazienti a rischio intermedio quelli Figura 3. Interazione tra funzionalità cardiaca e funzionalità renale nello scompenso cardiaco e nell’insufficienza renale. Modificata da Metra et al.10. G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SUPPL 2 AL N 2 2014 7S M METRA ET AL con pressione arteriosa sistolica compresa tra 113 e 160 mmHg, azotemia compresa tra 30 e 43 mg/dl, troponina nella norma; tra i pazienti ad alto rischio quelli che hanno una pressione arteriosa <115 mmHg, un’azotemia <43 mg/dl e valori di troponina nella norma. Indicativamente, si può ipotizzare la dimissione entro 24h per i pazienti a basso rischio, tra 24h e 7 giorni per quelli a rischio intermedio e dopo 1 settimana per quelli ad alto rischio. I pazienti a basso rischio vanno meno frequentemente incontro a un nuovo ricovero, mentre per quelli ad alto rischio si prospetta un significativo aumento del rischio di mortalità intraospedaliera. GESTIONE DEL PAZIENTE Il percorso del paziente dipende in larga misura delle modalità di insorgenza dei sintomi, dai tempi di arrivo in Pronto Soccorso e dalla gravità clinica (Figura 4)17. La causa del ricovero per AHF è, nella maggioranza dei pazienti, la dispnea ingravescente, effetto della congestione polmonare, associata o meno a ritenzione idrosalina e incremento ponderale. L’adeguato trattamento della congestione e del sovraccarico idrico, oggi ottenuto essenzialmente con la terapia diuretica, è fondamentale per il miglioramento dei sintomi e per evitare episodi recidivi. La persistenza di dispnea e/o di sintomi di congestione durante il ricovero e/o la comparsa di episodi di peggioramento dello scompenso, tali da richiedere il ripristino o l’aumento di dosi della terapia endovenosa, sono predittive di una prognosi infausta con incremento della mortalità di 3-4 volte. Anche la ricomparsa di segni di congestione o l’incremento ponderale dopo la dimissione si correlano ad un’aumentata mortalità. Il profilo dei pazienti con scompenso cardiaco acuto Dall’ESC Heart Failure Long-Term Registry, studio prospettico osservazionale che raccoglie i dati di quasi 12 500 pazienti da 211 centri di 21 nazioni europee (40.5% con AHF e 59.5% con scompenso cardiaco cronico), si possono desumere le caratteristiche dei pazienti affetti dalle due forme di scompenso. I pazienti con AHF hanno età avanzata (mediana 71 vs 66 anni), nel 39.5% dei casi sopra i 75 anni (vs 26%), sono donne nel 37.3% dei casi (vs 28.8% degli uomini). È elevata la frequenza di comorbilità (fibrillazione atriale 44%, diabete 38.9%, ipertensione arteriosa 64.5%, bronchite cronica 20.2%, insufficienza renale 26.4%). Nei reparti di medicina interna l’età dei pazienti è ancora maggiore (78.7 anni) e la mortalità o peggioramento delle condizioni cliniche si verifica nel 6.3% dei casi. Nel 33% dei casi i pazienti hanno una comorbilità, nel 31.8% dei casi 2 comorbilità, nel 16.6% dei casi 3 comorbilità e nell’8.8% dei casi 4 o più comorbilità. Quanto al trattamento, facendo riferimento alle linee guida, emerge una scarsa appropriatezza delle strategie terapeutiche per le forme acute in cui i farmaci vengono utilizzati in genere per via endovenosa. Nelle forme croniche, con riduzione della frazione di eiezione, vengono utilizzati prevalentemente farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina (inibitori della renina 92.2%, antialdosteronici 67%) e betabloccanti (92.7%)16. Figura 4. Il percorso del paziente con scompenso cardiaco acuto. BPCO, broncopneumopatia cronica ostruttiva; UTIC, unità di terapia intensiva cardiologica. Modificata da Age.Na.S17. 8S G ITAL CARDIOL | VOL 15 | SUPPL 2 AL N 2 2014 DEFINIZIONE DI SCOMPENSO CARDIACO ACUTO CONCLUSIONI RIASSUNTO L’AHF è una condizione clinica complessa, con presentazione clinica eterogenea e di gravità variabile, ma che non di rado può diventare rischiosa per la sopravvivenza del paziente. Le definizioni non omogenee e spesso basate sulla presentazione clinica sono state ricondotte ad un’accettabile univocità da documenti di riferimento condivisi a livello internazionale. Le variabili con un maggiore peso sul quadro clinico e la prognosi dei pazienti sono i livelli di pressione arteriosa, il grado di congestione, l’ischemia miocardica, il ritmo cardiaco e la funzionalità renale. È rilevante la presenza di comorbilità, che tra l’altro è in relazione diretta con l’età del paziente. Tali variabili hanno un ruolo importante anche nella gestione terapeutica dell’AHF che deve essere necessariamente tempestiva ma risente comunque di una grande variabilità di scelte, in assenza al momento di raccomandazioni basate sull’evidenza. Lo scompenso cardiaco acuto (acute heart failure, AHF) è una condizione clinica potenzialmente pericolosa per la vita che può derivare dal peggioramento di uno scompenso cardiaco o essere l’esordio di un quadro di scompenso. Sono riconosciute varie cause e fattori precipitanti e sono descritti numerosi meccanismi patogenetici, il che comporta un ampio spettro di manifestazioni cliniche. I sintomi e segni dell’AHF hanno un significato clinico e prognostico importante e vengono presi in considerazione per orientare la gestione terapeutica. In particolare, una maggiore gravità e una prognosi peggiore sono in relazione a livelli pressori bassi, sovraccarico, presenza di ischemia miocardica e insufficienza renale. Teoricamente, trattamenti mirati a ripristinare questi elementi potrebbero avere un ruolo nella gestione dell’AHF. Parole chiave. Dispnea; Edema cardiaco; Gestione integrata della malattia; Percorsi assistenziali; Scompenso cardiaco; Sindrome cardiorenale. BIBLIOGRAFIA 1. McMurray JJ, Adamopoulos S, Anker SD, et al.; ESC Committee for Practice Guidelines. ESC guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2012: the Task Force for the Diagnosis and Treatment of Acute and Chronic Heart Failure 2012 of the European Society of Cardiology. Developed in collaboration with the Heart Failure Association (HFA) of the ESC. Eur Heart J 2012;33:1787-847. 2. Metra M, Brutsaert D, Dei Cas L, Gheorghiade M. Acute heart failure: epidemiology, classification, and pathophysiology. In: Tubaro M, ed. The ESC textbook of intensive and acute cardiac care. Oxford, New York: Oxford University Press, 2011:479-90. 3. 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