Edizione IV – anno 2015

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Cos'è questo “Il Ritornello”? È un foglio di stampa, che si pubblicherà per diletto dei musicisti. Cosa
conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi Autori,
cose tutte dirette alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno scritti questi fogli? Con ogni
stile, che non annoi. E sin a quando fate voi conto di continuare quest'Opera? Insin a tanto che avranno
spaccio. Se il Pubblico si determina a leggerli, noi continueremo per un anno, e per più ancora (…): se poi il
Pubblico non li legge, la nostra fatica sarebbe inutile, perciò ci fermeremo anche al quarto, anche al terzo
foglio di stampa. Qual fine vi ha fatto nascere un tal progetto? Il fine d'una aggradevole occupazione per
noi, il fine di una piacevole lettura per i componenti della grande Famiglia “Armonie”, il fine di divertire.
Quale particolarità ci riserva l’edizione 2012-2015 de “Il Ritornello”? Ci riserva la speciale collaborazione
con i giovani reporter della “Scuola di Musica” di Gradisca. Quali sono le vicende narrate dagli Autori? La
ricorrenza del trentesimo anniversario di fondazione della “Scuola di musica” di Gradisca e le avventure
musicali di “Armonie”. Ma perché chiamate questi fogli “Il Ritornello”? Ve lo dirò ma andiamo a capo.
Introduzione a “Il caffè” (1764-66) di Pietro Verri…armoniosamente modificata.
30 anni di passione in un anno di Armonie
Trent’anni con la giusta esperienza e maturità per potersi proiettare verso il futuro, alla ricerca di nuove
sfide, di ambiziosi traguardi, con la capacità ancora di sognare e la possibilità di realizzare.
Questa è oggi la Scuola strumentale e vocale “Arrigo Valoppi” di Gradisca, una delle perle dell’Associazione
musicale e culturale Armonie, che con la lungimiranza, la volontà e il lavoro di molti è nata, è cresciuta e si
è sviluppata mantenendosi al passo con i tempi. I risultati di questo importante e costante impegno si sono
visti nel corso del tempo: da scuola Diocesana a scuola privata grazie anche al sostegno di numerosi Enti
che nel corso del tempo hanno riconosciuto, attraverso il proprio contributo economico e non solo, le
varie attività e le iniziative proposte. Attualmente la possibilità di prepararsi in maniera specifica per gli
esami di ammissione al Conservatorio, la crescita dell’offerta nello studio di nuovi strumenti, l’elevato
numero di allievi iscritti, la possibilità di avere un contatto con la musica fin da una tenera età,
l’espressione nel canto rendono questa scuola dinamica, rispondente alle esigenze didattiche, conosciuta
ed affermata ben oltre i confini locali. La qualità dell’insegnamento e dell’offerta formativa è dimostrata
per di più dagli ottimi risultati raggiunti da numerosi studenti ammessi agli esami del Conservatorio e poi
diplomatisi o laureatisi. Quello che inoltre mi preme sottolineare è che nei locali della scuola e tra coloro
che li frequentano si “respirano” note musicali miste ad allegria, divertimento, pazienza, applicazione,
disponibilità, creatività in un’atmosfera famigliare che rendono l’ambiente stimolante ed accogliente, dove
imparare regala soddisfazioni e felicità.
Gli autori di una così impareggiabile performance sono molti. Gli amministratori pubblici, i sostenitori
privati, i membri del Consiglio Direttivo e collaboratori preziosi, i direttori della scuola e gli insegnanti
preparati e disponibili, le famiglie presenti e gli allievi volenterosi.
Ma alcuni di questi nostri sostenitori, persone che hanno saputo davvero essere architrave di un istituto
che grazie a loro ha saputo sostenere ogni difficoltà. Mi riferisco ad Arrigo Valoppi, Adelino Venier, Corrado
Olivo e Sabrina Gasperoni.
Il loro ricordo rivive costantemente nei cuori di chi li ha conosciuti. Dai questi volti trapelano la passione, la
gioia e l’entusiasmo che questi ricordi nutrono e grazie a loro si riversano colorati e impetuosi nelle
persone che li circondano.
La storia della Scuola brilla di nomi illustri, non solamente per fama come quello di Glauco Venier, tra i
primi insegnati. Ma fonte di orgoglio sono anche e soprattutto i nomi di quanti da questa scuola hanno
appreso quel modo di stare al mondo che caratterizza i musicisti: ascolto, accordo, sintonia, dedizione e
impegno. A tutte questi testimoni autentici dello spirito di Armonie e della Scuola tutti siamo riconoscenti,
perché fanno casse di risonanza di positività e volontà.
Inoltre, avendone ereditato la presidenza di recente, esprimo una riconoscenza particolare a Luigi Rinaldi
che mi ha brillantemente preceduto nel ruolo e manifesto la più convinta volontà nel contribuire
positivamente alla concretizzazione di progetti che consolidino ancora di più la nostra Associazione.
Mattia Mestroni
Presidente
Scuola di musica strumentale e vocale “Arrigo Valoppi” di
Gradisca
La nostra storia
Corre’ l’anno 1984. Un gruppo di persone che conosce, sa comprendere le necessità del luogo in cui vive e
da tempo si dedica con passione a diverse iniziative volte a promuoverlo, decide di fondare a Gradisca una
Scuola di musica. E’ sicuro che, in un territorio musicalmente fertile come quello del sedeglianese, da
quella Scuola nasceranno coloro che avranno il compito di dare nuova linfa alla vita paesana e parrocchiale,
le nuove voci delle numerose compàgini corali, i nuovi organisti e i direttori delle stesse. Spera che alcuni
allievi possano approdare a studi musicali superiori e contribuire in tal modo a rendere ancor più ricca la
schiera di chi, in loco, ha saputo distinguersi in campo musicale ed artistico.
Il gruppo decide d’affidarsi all’Amministrazione comunale di Sedegliano, allora guidata da Luigi Rinaldi, alla
quale propone il suo ambizioso e concreto progetto. La proposta viene accettata con favore: nasce la
Scuola di musica del Comune di Sedegliano.
In quel gruppo di persone previdenti e ricche di buona volontà, risalta la personalità forte, vivace, creativa
di Arrigo Valoppi, che si è sempre distinto per l’attivo e solido impegno verso la sua comunità e che negli
anni a venire non farà mai mancare il suo indispensabile contributo allo sviluppo del sodalizio da lui stesso
creato, grazie alla sua intensa e coinvolgente passione per la musica.
Nel 1996 nasce l’Associazione musicale e culturale “Armonie”, che pone le basi per la creazione del nuovo
complesso bandistico di Sedegliano e rileva la gestione della Scuola di Gradisca, ampliandone l’offerta
formativa.
Grazie all’intervento di “Armonie” - allora diretta dallo stesso Luigi Rinaldi che ha contribuito alla creazione
della Scuola in veste di primo cittadino dodici anni prima - , vengono istituiti i nuovi corsi principali di canto
lirico e violino; integrativi di musica corale per voci bianche, musica d’insieme, storia della musica ed i
percorsi finalizzati specificatamente al conseguimento delle competenze e degli obiettivi previsti dai
programmi ministeriali pre-accademici, in convenzione con il Conservatorio “J. Tomadini” di Udine.
Dal 1998 la Scuola produce il recital natalizio “Note di Natale – Musica e poesia aspettando la Festa”, la
fiaba musicale “Troppo Natale!” ed altri appuntamenti dedicati, che offrono l’opportunità agli allievi
d’esibirsi sia in veste d’esecutori sia d’attori.
Dall’anno 2000 organizza i “Concerti d’autunno”, ciclo di manifestazioni musicali in forma di lezioniconcerto, al quale partecipano gli insegnanti della Scuola, gli ex allievi che hanno intrapreso studi superiori
ed altri giovani emergenti in campo musicale.
Nel 2009, la Scuola viene intitolata ad Arrigo Valoppi, prematuramente scomparso nell’anno precedente.
Attualmente è frequentata da più di sessanta allievi. Assieme alla Scuola ad orientamento bandistico di
Coderno, rappresenta una delle realtà didattico - musicali più complete ed attive della Regione Friuli
Venezia Giulia. In costante crescita.
Tre allievi della “Scuola di musica” di Gradisca ci raccontano la loro esperienza!
...Nicola, nuovo allievo di violino...
Ho iniziato a suonare il violino da qualche mese e le emozioni sono tante ma
ve ne dico solo quattro, proprio come le corde del violino.
Sono molto contento di imparare la musica e mi piace la melodia, quando
suono il violino con la speranza di diventare un bravo violinista e poi mi
diverto molto con il mio Maestro Denis.
Nicola Cisilino
...Alex, allievo di chitarra con esperienze di musica d’insieme...
PER ME LA CHITARRA E’…
Per me la chitarra è “strimpellare” a tutto volume e magari anche cantare.
Il mio percorso l’ho iniziato con il maestro Massimo Bortolin con lui le lezioni
sono molto interessanti; lui ha molta pazienza e non si stanca mai di ripetere
le cose.
Le lezioni che mi piacciono di più sono quelle della musica d’insieme dove mi
diverto a suonare e scherzare con i miei amici (il maestro un po’ meno).
Partecipare ai vari saggi e avere il pubblico davanti a te è molto emozionante
e imbarazzante, però di solito ce la caviamo abbastanza bene e anche il
maestro è contento dei nostri risultati.
La cosa meno divertente è provare a casa da soli senza nessuno che ti dica se
va oppure no.
Alex Pittonet, 10 anni
...Giacomo, allievo di pianoforte che ha già superato il II livello pre-accademico...
Sono Giacomo e ho diciassette anni. Può sembrare superflua la menzione della mia età, a maggior ragione
se fatta in un contesto in cui mi si richiede di spendere qualche parola riguardo alla mia esperienza nella
Scuola di musica “Arrigo Valoppi”. In verità questo riferimento non è per nulla inopportuno, almeno a mio
modo di vedere, poiché, giunto alla soglia della maggiore età, posso notare, con non poco orgoglio, che
una porzione consistente, potrei dire preponderante, dei miei quasi diciotto anni è occupata dalla
frequentazione di questa scuola di musica. Difatti è in terza elementare, all’età di otto anni, che ho
intrapreso lo studio dello strumento. Gran parte della mia vita, quindi, è stata ed è tuttora accompagnata
dalla musica. Mi sono però perso in svariati riferimenti cronologici omettendo sbadatamente la cosa, forse,
più rilevante: suono il pianoforte.
Guardandomi alle spalle, devo ammettere di essere stato particolarmente fortunato in una cosa, ovvero
nell’essere stato educato fin dai primi anni, quelli dell’asilo, alla musica, che è divenuta in me fin da subito
una passione. Una passione che in futuro si è declinata in vari modi, tra i quali spiccano l’attività corale e
quella strumentale. Infatti, oltre allo studio del pianoforte, ho fatto parte, per alcuni anni, del coro di voci
bianche della scuola, diretto dal maestro Fabrizio Fabris. Devo dire che, fin da bambino, è stato il clarinetto
a colpirmi e attirarmi, strumento che, fatalmente, non ha avuto grande peso in futuro. Dico fatalmente,
poiché, se fosse stato altrimenti, non avrei mai fatto la conoscenza di Luciano Turello, il mio maestro, sotto
la cui saggia ed esperta guida posso vantarmi di aver coltivato e praticato lo studio del pianoforte. Non
voglio sembrare banale se dico che, senza di lui, non so se avrei continuato per molto a suonare. È stato lui,
con la dolcezza, la pazienza e l’entusiasmo che non credo di essere l’unico a riconoscergli, che ha acceso in
me e ha alimentato, anno dopo anno, l’amore per questo strumento. È grazie a lui che ho completato tutti i
corsi che la scuola offre, conseguendo il diploma al termine del quinto. È stato grazie al suo costante
sostegno e alla sua professionalità che mi sono preparato e ho affrontato gli esami dei primi due livelli dei
corsi pre-accademici del conservatorio. Questi ultimi sono stati introdotti da qualche anno e possono
essere frequentati dagli studenti anche a livello locale, con i maestri da cui sono sempre stati
accompagnati, grazie ad una convenzione stipulata dal conservatorio con le scuole di musica distribuite sul
territorio. Permettono, inoltre, di evitare la scomodità di recarsi lontano da casa per frequentare le lezioni.
Al termine dei tre livelli in cui sono articolati questi corsi, è possibile accedere a quelli accademici, che si
tengono in conservatorio e corrispondono a un corso di laurea. Oltre a studiare in preparazione degli
esami, ho anche seguito il corso di teoria e solfeggio, necessario per la
loro validità, con il maestro Luca Fabbro, che mi ha seguito con grande
scrupolo e serietà.
Per esperienza posso dire che questi studi richiedono molto impegno e
molta dedizione da parte dello studente; ma posso anche dire che
recano molta soddisfazione, per l’alto valore artistico delle composizioni
che si affrontano, per gli importanti risultati che, alla fine, ci si accorge con stupore di aver conseguito e per
la sensibilità musicale che gradualmente si acquisisce. Come si suol dire, gli sforzi ripagano. Consiglio
dunque a quanti desiderano approfondire lo studio del proprio strumento e iniziare un cammino tanto
appassionante di farlo, poiché non potranno che coglierne buoni frutti..
Sai, non è così facile organizzare un concerto che riesca a bloccare
la fine del mondo. Ma ci sono alcune persone che, come una
famiglia, tutti assieme, ognuno con le sue idee, capacità e passioni,
riescono a farsi beffa delle profezie di grandi popolazioni come
quella dei Maya.
Erano i giorni precedenti il 21 dicembre 2012 e mi aggiravo in quel
teatro... Mi ricordo tutto, esattamente, come se tutto stesse
accadendo ora che ricordo quei fantastici momenti. Prima di tutto
mi ricordo di tre ragazzi, Angelo, Ivan e Mirko mi sembra si
chiamassero, che farneticavano continuamente di cavi, fari, teste
mobili o cablaggi, ho letto queste parole sui loro badge...Non
chiedetemi cosa siano ‘ste cose o di cosa stessero precisamente
parlando, perché capivo solamente gli articoli e qualche
verbo...forse...In poche parole mi sembra che loro fossero i tecnici
luci e audio del concerto...Poi mi sembra di capire che ci fossero
anche Roberto, Michele, Silvia, Lucia e tanti altri ad occuparsi della
scenografia: sostanzialmente era molto semplice, 5 foto
riguardanti le 5 "apocalissi" che vive l'uomo, ovvero incoscienza,
coscienza, espressione, leggenda e..???? Il fatto non è che non
ricordi l'ultima, semplicemente l'uomo non sa quale sia la prossima
tappa del suo sviluppo...Le 5 immagini completamente coperte da
un leggerissimo tessuto bianco sostenuto da un'invisibile ma
efficiente sistema di fili facevano un effetto assolutamente unico,
ma ciò che veramente mi sorprese fu l'atmosfera che creavano
questi tessuti cadendo in maniera così naturale, lasciando scoperte
le immagini illuminate da una fioca luce bianca che creava
un'atmosfera quasi mistica....Mi pare di aver capito che alcuni
avrebbero voluto fare uno "squarcio live"...ma sono sicuro che un
giorno verrà fatto....ci sono davvero delle menti assurde in quel
gruppo...Pochi minuti prima del concerto, decisi di fare un giro nei
camerini, proprio dietro il palco. La tensione era palpabile, gente
che scalpitava, che scaldava lo strumento, che si specchiava, che
ripassava i movimenti delle dita mentalmente...da lì a pochi attimi
il lavoro di mesi e mesi, riunioni su riunioni, sarebbe stato sotto gli
occhi e sulla bocca di tutti...
"uragani, terremoti..." il concerto era iniziato. Il narratore aveva
iniziato, la tensione arrivò alle stelle in quel minuto di silenzio che
sembrava non avere fine...una dopo l'altra la banda iniziava a
suonare e regalava una marea di emozioni, incorniciate da luci
stupende...Earthdance, Celtic ritual, Prophecy, Into the Storm, Lux
Aurumque... 5 nomi, 5 momenti incancellabili, 5 immagini scoperte
di cui l'ultima che lasciava allo spettatore immaginare cosa ci fosse
al di là dello squarcio...e così, in un battito di ciglia, il sipario si stava
richiudendo di nuovo...e mi dispiaceva, perché quella musica mi
aveva tenuto tanta compagnia in quelle settimane. Quindi grazie
Gruppo Armonie, perché con la vostra musica avete trasmesso più
che semplici emozioni ed esempio di collaborazione e
gruppo...molto molto di più...Aspetto con ansia il prossimo
spettacolo...
Lo spirito del teatro
Si è parlato molto di questo fatidico Venerdì 21 Dicembre 2012, giorno che, in accordo con la premonizione
dei Maya, sarebbe dovuto coincidere con la fine del Mondo.
Una conclusione che nell’immaginario collettivo si sarebbe dovuta concretizzare in un evento catastrofico,
di stampo quasi biblico, che avrebbe dovuto inesorabilmente annientare la presenza umana sulla Terra.
In pochi hanno indagato davvero a fondo su questa profezia, la quale in realtà avrebbe predetto non tanto
l’estinzione dell’uomo, quanto una sua evoluzione spirituale.
Così, proprio il 21 Dicembre 2012, il Gruppo Bandistico “Armonie”, diretto dal Maestro Fabrizio Fontanot,
ha voluto raccontarci in musica, immagini e parole una nuova interpretazione della predizione Maya.
Un’interpretazione originale, che ha saputo coinvolgere tutti i sensi dei presenti, catapultandoli per l’intera
durata dello spettacolo in un’altra dimensione, eterea, senza tempo, che ha emozionato in ogni suo
istante, con un picco finale che non ha potuto far altro che risolversi in un applauso prolungato quanto
sincero.
Il concetto attorno al quale è gravitato il concerto è stato l’accezione del termine “Apocalisse”, non
concepito secondo il significato più ricorrente di “tragedia” o “catastrofe”, ma quello etimologicamente più
corretto di “Rivelazione”. Da qui il raffinato e studiato titolo dell’evento, “Veli diamo noi i Maya”, che
definire solamente ironico sarebbe riduttivo.
Il concerto si è articolato in modo tale che per ognuno dei cinque brani vi fosse un prologo, letto da
Fabiano Fantini, ed una conclusione, data dal calarsi di uno degli altrettanti veli incombenti sulla scena,
rivelatori di un’immagine che spiegasse ciò che si era appena ascoltato.
I cinque momenti raccontati sono stati quelli dello sviluppo della coscienza umana, che sono le stesse fasi
che ciascuno di noi sperimenta nel corso della propria vita. Un viaggio interiore che porta per tutti ad un
ultimo stadio, quello dell’Apocalisse, della rivelazione.
Una volta calate le luci, il timbro caldo, perfetto, della voce ha introdotto lo spettacolo: “*...+ ci chiediamo
da sempre quale sarà la fine, la fine di tutto. E di nuovo adesso, la stessa domanda, ancora una volta: ci
dobbiamo aspettare una catastrofe, un evento straordinariamente terribile, un segno eclatante per questa
“fine del mondo”? Un apocalisse. Apocalisse. Però, questa parola, da sola, significa togliere il velo, ciò che si
nasconde. Una rivelazione”.
In sottofondo rumore di vento e pioggia, seguito da momenti di significativa e silente attesa, il sipario si è
finalmente aperto, scoprendo i membri dell’orchestra, che si sono esibiti nel primo brano, “Earthdance” di
Michael Sweeney, avvolti in una suggestiva penombra interrotta solamente dalla fioca illuminazione sui
leggii,. Ad essere raccontata è stata la prima fase umana, quella dell’incoscienza. È l’Apocalisse del respiro.
Accompagnato da un simbolico soffio in sottofondo, si è scoperto il primo pannello: quello del respiro
generatore.
Introdotto dai significativi versi di Pablo Neruda, è seguito l’Apocalisse dell’Espressione, sulle note di
“Prophesy” di Sean O’Lough, descritto come il superamento della fase dell’istinto attraverso lo sviluppo del
pensiero, della parola, ma anche di tutti gli altri apparati comunicativi della specie umana. Spente le luci, il
secondo velo ha mostrato il secondo simbolo: un volto, sintesi dell’espressione e della parola.
La terza fase di stallo, punto medio di questo percorso interiore e filosofico dell’individuo, è stata quella
dell’Apocalisse degli Elementi, inteso come la spasmodica ricerca della risposta alle domande derivate dalla
consapevolezza dell’esistenza. È la fase della coscienza, metaforizzata dalla leggenda popolare della stella
alpina - che sarà anche raffigurata nel terzo pannello svelato - narrata prima dell’esecuzione del terzo
brano, ancora una volta impeccabile e toccante: “Celtic Ritual” di John Higgins.
Il quarto stadio si è aperto in maniera inedita, ancora una volta azzeccata e fuori dagli schemi. Le voci
sovrapposte dei ragazzi che, intrecciandosi in un inarrestabile crescendo, hanno enunciato leggi fisiche,
teoremi matematici e regole giuridiche, sono state il preludio della voce narrante la quale, citando Galileo
Galilei, a sua volta ha presentato il quarto brano, “Into the Storm” di Robert Smith. Ancora una volta
accompagnato dal rumore del vento, è stato rilevato il quarto simbolo apocalittico: il DNA.
Si è arrivati così al quinto e ultimo momento: l’Apocalisse dello squarcio. Una rivalutazione dell’apocalisse,
letto in accezione non negativa ma di scoperta, di superamento della ragione. La voce narrante ha dato
spazio all’ultima esecuzione (“un velo si toglie di scena, ancora una volta”), “Lux Aurumque” di Eric
Whitacre, giusta e degna conclusione di cinque brani suonati impeccabilmente non solo dal punto di vista
prettamente musicale, ma anche emotivo, che si sono susseguiti secondo una mirata continuità mantenuta
nella sua appassionante evoluzione dalla richiesta ad inizio concerto di non applaudire al termine di ogni
esecuzione.
Lux Aurumque ha rapito definitivamente gli ascoltatori, sconvolgendone il ritmo cardiaco dalla prima
all’ultima nota.
Una climax ascendente che si è conclusa con l’ultimo silenzio: rimasto ancora un velo da svelare ci si è
incominciato a chiedere che cosa potesse esserci dopo la razionalità. Una risposta alle domande che
l’uomo si pone, e alle quali mai ha trovato risposte certe? Scoperto l’ultimo pannello il simbolo non poteva
che essere uno, un velo squarciato, che ha dato a tutto il pubblico la possibilità di interpretare e
immaginare cosa ci potesse essere al di là.
E così, dopo un applauso interminabile, carico di gratitudine, ci siamo alzati, ognuno di noi con la propria
risposta, pudicamente custodita o palesemente espressa a chi era vicino.
Grazie, ragazzi, grazie Maestro, per questo raffinato concentrato emozionale che ha riempito le nostre
anime.
Mattia
Il messaggio del Prof dopo il concerto
“VELI diamo noi i Maya”.
Sara Bearzi
Il 3 maggio 2014 presso il Palacus di Udine si è tenuto lo spettacolo finale del progetto Music Skate Lab – Quando la musica
mette le rotelle. La serata finale del progetto ha visto coinvolte due giovanissime realtà del nostro territorio: il gruppo Evolution
di pattinaggio artistico a rotelle della Polisportiva di Orgnano e la Baby Big Band, il gruppo jazz made in Armonie di Sedegliano. I
due gruppi hanno presentato il loro lavoro di un anno e mezzo che si componeva di due parti: uno spettacolo live ed un video,
realizzato interamente dai ragazzi, dal titolo Passi oltre il limite. Musiche e danze tipiche del Friuli Venezia Giulia sono state
guardate da questi ragazzi da una diversa angolazione, così come lo è stata la loro terra: una macchia di colore che si espande,
dai confini labili e sempre nuovi, facili da varcare grazie all’arte.
Storia di un percorso: tratta dal diario della Viaggiatrice >Ogni viaggiatore inizia un po’ da solo, ma il bello del viaggio
sono le persone che viaggiano insieme a te.
Estate 2013.
Suona la sveglia mi riaddormento suona la seconda sveglia, sì sono pronta, attiva, iperattiva, in partenza, devo
partire! Denti, puliti, stomaco, vuoto, occhi, vispi, adrenalina, da viaggio. Sono partita.
Passo a prendere: un cameraman, un’attrice vestita strana, un aiutante tuttofare e un’amica. Sbagliamo strada un
milione di volte e poi rifacciamo la scena un milione di volte, finché l’aiutante mette finalmente il cavalletto in bolla, il
cameraman dice “Ok, questa era a fuoco!”, l’attrice la smette di scoppiare a ridere sul più bello, io e la mia amica
conveniamo che sì, questa era buona e annotiamo sul copione “scena 11 – questa ci pareva decente”. E così via, per
paesi, valli, campi, case, castelli, piazze, vigneti, gradinate, negozi, fiumi, bivacchi… Friuli-Venezia-Giulia. E le
persone che incontri. Alcune poi le incontri mille volte e ogni volta ti stupiscono lo stesso.
Autunno 2013.
Marina e Marisa, mille riunioni, e-mail, incontri e poi, un giorno, scendono in pista davanti ai miei occhi e ho visto
come lavorano per davvero. Controllano ogni passo, ogni braccio alzato a metà, ogni linea fuori posto, ogni scambio
deve essere perfetto e non si accontentano mai, riproviamo ancora. Attorno a loro scivolano in pista come prive di
peso un sacco di ragazze… perché sembrano così tante quando si inseguono così, fruscianti, velocissime, bellissime
sui loro pattini, non ti stancheresti mai di incontrarle mentre rendono se stesse nient’altro che movimento.
Inverno 2013.
Altro ambiente, altra arte, un teatro, e sono le note a danzare qui. Ritmo, passione, amore per la musica, ore di
prove, di registrazione, infiniti momenti a litigare con l’intonazione, con quel respiro, con il passaggio più rapido più
lento, più dolce, più vivo… li sbircio mentre suonano e li incontro ad uno ad uno i musicisti e Fabrizio, magicamente
diversi da come li conosco, attraverso la loro essenza, il loro suono.
C’è un momento solenne per ogni viaggiatore: la riflessione prima dell’ultimo passo che serve a dare significato a tutti
i precedenti..
Primavera 2014.
È il giorno dello spettacolo, 3 maggio 2014, l’evento, il grande, l’incommensurabile, il pantagruelico momento
durante il quale il nostro viaggiare si fermerà e confluiremo tutti - attori, organizzatori, artisti - in un punto, quale non
si sa, ma ti assicuro che ci siamo.
Fruscio di abiti, strilli eccitati, lo slalom veloce delle allenatrici di… ehi chi siete! Nuove ancora una volta piccole
Evolution! Splendide, costumi e trucchi di scena, così belle! Leggere come saette di adrenalina, mi sfrecciano accanto
sulle quattro ruote. Invece c’è chi punta in alto, al palcoscenico e alle luci della ribalta, ai microfoni, ai riflettori: i
jazzisti della Baby Big Band, eleganti ed emozionati sotto le bianche bretelle. Lo spettacolo ha trasformato tutti, ogni
gesto prima dell’esibizione è come una corda tesa: tesa ad arrivare lì dove stasera, stasera, sì, stasera ci arriviamo…
Ci regalano una sfacciata esibizione. Vibranti i danzatori sui pattini, sfavillanti le note dei musicisti sciolgono uno alla
volta gli applausi.
Ma dove sono giunti questi sfacciati esibizionisti lavorando insieme? Viaggiando assieme ai cameraman, agli attori, ai
tecnici, agli amici… saranno davvero giunti da qualche parte alla fine del viaggio?
Ed è così che mentre sale l’adrenalina alle mie guance faccio un altro incontro nel mio viaggio, quello con una voce:
la voce profonda di Fabiano, un po’ storta e diversa, viene da una radio, e cerca di spiegarmi qualcosa, qualcosa che
gli sta molto a cuore. È inafferrabile dice, è la sensazione che ci sia qualcosa a legarti, a costringerti a schiacciare il
tuo volo…una sorta di
E poi c’è il momento in cui finalmente chi viaggia varca ogni barriera, abbatte ogni confine e giunge alla meta. Dopo
tanti Passi finalmente è oltre il limite.
Volteggiano, volteggiano e insieme crescono i suoni e il fruscio delle ruote! Creano un mondo di illusione,
che mi trasporta dentro una storia. È anche questa la storia di un viaggio in cui però ciò che a noi finora è
parso reale, musica e danza, non è altro che un’astrazione, l’intuizione ultima di qualcosa di profondo che
si può percepire e non spiegare.
Sui megaschermi iniziano a scorrere le immagini del Friuli, ma lo sguardo, il punto di vista dico… non sei un
turista tu personaggio, no, sei un viaggiatore, una viaggiatrice, come me… e dove vai? Permettimi di
seguirti!
“Certo, seguimi nel ragionamento… vedi, il punto è se sei spinto ad arrivarci. Arrivare al confine. E quando
sei lì se ti chiedi come fare concretamente a superarlo. Io per esempio non lo vedo come un aggirare
l’ostacolo. Intendo dire, non mi piace che si tratti di un balzo ad occhi chiusi, quasi ignorante. Sarebbe
come disfarsi di un intero mondo, come le tue radici, le tue tradizioni, ma anche un rifiuto del proprio
corpo, un dimenticare se stessi, non badi ai diritti dell’altro, ignori le regole della società, le regole
naturali… no, questa sarebbe una ribellione, una violenza. Ecco non questo, no. Il limite non va ignorato
secondo me, non va semplicemente scavalcato… tié, hop, un salto e sono di là. È troppo facile. Quel
confine va rispettato, osservato, ispezionato, conosciuto e poi, solo poi, lo puoi attraversare davvero. Apro
un varco nel muro e oltrepasso la frontiera della mia terra, scopro che di là c’è ancora terra, meravigliosa
terra. La posso esplorare.” Mi dice il primo personaggio, una viaggiatrice.
“E così posso fare anche con il mio corpo, esploro e scopro dove le mie debolezze smettono di essere un
problema e diventano la molla che mi spinge oltre.” Mi spiega un ragazzo che indossa la giacca della
protezione civile mentre la sua sedia a rotelle viene spinta in cima a una faticosa salita da un amico alpino
sui vent’anni.
“Oltre: il mio pensiero va oltre, la mia mente va oltre, il mio orizzonte si sposta oltre. Con il pensiero posso
levigare il confine della diversità – culturale, ideale – schiacciarlo comprimerlo sopprimerlo.” Si fanno eco
tre donne, di diversa età, estrazione sociale, interessi, abitudini, abiti, portamento e colore.
“Capisci, sempre consapevolmente. Sono io che decido di abbatterlo. Decido io in che modo e in che
misura. Sono io che mi fermo, soprattutto mi fermo e rifletto e dico, voglio aprire questa porta. Se rifletto
so anche dove fermarmi, capisci.” Si aggancia caparbio un massiccio atleta correndo così tanto che fatico a
stargli dietro, che fretta avrà, mi chiedo, ma poi si ferma, di fronte ad una diga crollata, così che anch’io
capisca.
“Così so anche che cosa portare con me, cosa metterci nel mio bagaglio da portare di là, so riunire ciò che il
confine aveva disgiunto.” Conclude un nonno prendendo per mano la sua nipotina.
Ecco che cos’abbiamo fatto. Abbiamo unito. Il punto di arrivo è un nodo fitto di emozione, musica,
movimento, passioni incastonate in noi.
A questo punto la mia mente spicca il volo, sulle note di Fantasy ciò che era reale torna al suo piano di
immaterialità, le persone che ho incontrato tornano ad essere personaggi di una storia, il mio mondo viene
di nuovo popolato da musicisti e pattinatori in carne ed ossa che brillano di sorrisi. L’ultima esibizione
insieme, insieme, ed eccoci, siamo arrivati: l’orizzonte si stende a perdita d’occhio! Possiamo andare
ovunque e portare con noi l’arte, quell’arte di fare nostra la libertà e che ci ha spinti, come un forte vento,
oltre il limite.
Rachele Rognoni
ilenzio, stiamo per entrare. Il pavimento rimbomba leggermente al suono della Baby Big Band, così pieno di amore e
passione. Chiudo gli occhi cerco di rilassarmi, ma l’agitazione sale lentamente. Le mie ginocchia tremano come fragili
foglie accarezzate dal vento. Sono la prima a entrare: la tuta blu sembra restringersi e non riesco a respirare. Apro gli
occhi… no, non è un sogno. Faccio un passo ed entro nella pista avvolta da un dolce buio. L’aria si riempie di sensazioni
stupende: gioia, paura, speranza e orgoglio. Irrefrenabile voglia di entrare. Tutto tace, come la scena di un film, e si sentono solo
i nostri cuori battere forte, all’unisono. Ecco, il video sta finendo e noi siamo pronte, cariche, emozionate ma tanto agitate. Le
luci blu si accendono e un sorriso mi sboccia sul volto. Mi sento leggera, mi sembra di pattinare su delle nuvole, mi lascio
trasportare dalla musica così profonda e stupenda, che quasi chiudo gli occhi per godermela ancora di più. Le luci ci abbracciano
con il loro delicato colore e sembra così impossibile essere lì… noi, proprio noi. Il mio sorriso non è finto, proviene dall’anima,
anzi, dal cuore. Un giorno, quando sarò vecchia, mi siederò su una poltrona per raccontare ai miei nipotini questa sera, magari
anche piangendo per i magnifici ricordi: gli racconterò di quanto fosse stato per me emozionante, di quando le luci mi hanno
illuminato e per poco non mi mettevo a piangere. “E’ stato solo uno spettacolo.” Solo uno spettacolo? E’ stato molto di più: è
stato una ragione per sorridere, per piangere di gioia, per avere ancora speranza, per divertirsi, per vivere… .Non mi ero mai
emozionata così tanto a pattinare e questo è il ricordo più bello che avrò di questo sport. Un grazie sembra scontato, ma cosa si
può dire in questi casi? Grazie, grazie, solo grazie. Credo di parlare da parte di tutte le mie compagne che questa serata, sì
proprio quella di Music Skate Lab, sia stata una delle più belle della nostra vita. Prima di addormentarmi penso a quelle emozioni
e ancora mi vengono le lacrime. Se iniziassi a ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato in questo magnifico progetto, non finirei
più, per cui rendo grazie a tutti quelli che hanno partecipato, a chi ha sudato e lavorato molto, a chi ha sacrificato sé stesso, a chi
ci ha messo il cuore, a chi ha semplicemente collaborato…. Vi ringrazio per aver reso un nostro sogno realtà. E cosa bisogna dire
sulla Baby Big Band? Noi siamo state solamente uno sfondo del magnifico quadro che avete creato, pennellata dopo pennellata,
con la vostra musica. Spero che la vostra stanchezza possa essere almeno un po’ ripagata dai nostri sorrisi, perché è grazie a tutti
voi che quei sorrisi sono stati possibili. Continuate a suonare con il cuore, non con le dita, perché è il cuore che fa muovere le
dita a ritmo. Semplicemente fantastico… grazie. Molto onorata di avere condiviso queste emozioni con la Baby Big Band. Noi e
voi per la prima e l’ultima volta assieme, Music Skate Lab… quando la musica mette le rotelle.
Sara Fontanot
PADRE E FIGLIA
Non so chi guardare: da una parte c’è lui, il mio LUI , e dall’altra LEI, la mia “piccola”, la mia principessa. Ad un certo punto vedo
che si guardano con aria complice, si scambiano un sorriso con gli occhi lucidi per la commozione. Il mio sguardo orgoglioso
passa da uno all’altra in continuazione, non voglio staccare gli occhi da uno, ma non posso fare a meno di guardare anche l’altra.
Mi si è formato un nodo alla gola e non riesco a proferire parola. Forse (anzi quasi certamente) anch’io ho gli occhi lucidi come
molti degli spettatori e come le due persone che non smetto incantata di fissare e che mi hanno (come sempre) riempito il cuore
d’orgoglio. Poi le luci di scena si spengono e si riaccendono le luci di servizio. E’ tutto finito. Ma è veramente tutto finito? Non
può finire così, così presto! Mesi e mesi di lavoro e tutto si è consumato in poche decine di minuti. Uno spettacolo irripetibile e
anche, o proprio per questo, unico.
Per me più che per altri.
E’ cominciato, dopo la presentazione, con un buio totale rotto solo da alcune luci blu che illuminano raso terra il palazzetto, nel
silenzio del pubblico che osserva curioso e carico di aspettative e con i protagonisti giustamente tesi e carichi dell’agitazione che
precede sempre uno spettacolo o una gara. Perché si incontrano questa sera in questo luogo due belle nostre realtà che hanno
fatto un percorso parallelo, ognuna nel suo campo, senza mai incontrarsi.
Nel buio un fruscio di ruote indica che le pattinatrici stanno entrando e lo spettacolo sta per iniziare. La cerco nel buio, ma non la
vedo. E’ difficile riconoscere una persona nella penombra in mezzo ad altre che per età, fisico e movimenti risultano tutte uguali,
anche se è tua figlia. Io cerco lei, la mia bambina, emozionata lei e forse più emozionata io. Quando finalmente la trovo non
riesco a staccarle gli occhi di dosso. L’ho seguita fin da piccola, ho fotografato i suoi primi passi sui pattini, le sue gare e quindi le
sue gioie e le sue sconfitte con i dolori che queste portano. E non posso credere di essere li a guardarla. Sono tutte belle,
guardarle come si muovono è già di per sé uno spettacolo. Per arrivare fin lì hanno lavorato tanto, sacrificato tanto tempo, ma si
sono anche divertite tanto e il tutto ha cementato una bellissima amicizia che dura da anni; e questa forse è la cosa più
importante dello sport, al di là delle vittorie e delle delusioni; insieme si gioisce meglio e, soprattutto, insieme si soffre meno.
Finito il loro spettacolo, inizia la parte musicale. Non mi è difficile, in questo caso, cercare e trovare con gli occhi la persona che
desidero. Lì in piedi, a lato di tutti, lo vedo: è pronto, teso, carico. In momenti come questo niente e nessuno lo può distrarre, è
concentratissimo. Il lavoro di preparazione è stato lungo e faticoso, ogni cosa deve andare bene, secondo quanto programmato
e nei tempi giusti. Poi, anche qui dopo la presentazione, irrompe nel buio e nel silenzio la musica. La SUA musica! La sua vita è
fatta di musica: musica che ha studiato, musica che ha suonato, musica che ha arrangiato, musica che ha composto e, come in
questo caso, musica che ha diretto (e pensare che è sposato con una che non sa nemmeno leggere le note sul pentagramma!!!).
Si gira, è pronto per cominciare, alza le braccia e dà il via ai suoi ragazzi. I SUOI ragazzi. Li ha conosciuti da piccoli, li ha coinvolti in
questa sua passione, ha trasmesso loro quell’amore che lui stesso sente. E dei suoi ragazzi (e ragazze, naturalmente!)è molto
orgoglioso: senza di loro non sarebbe riuscito a fare tutto ciò che ha fatto, dice sempre.
E poi viene il momento della condivisione del palcoscenico. A questo punto non so veramente chi seguire: se guardo lei, non
riesco a vedere i movimenti di lui. So che sono tutti carichi, pronti e con la voglia di far vedere tutto il lavoro che hanno fatto in
questi lunghi mesi. In uno stordimento di luci, movimenti e note lo spettacolo continua fino al gran finale. La musica fa venire la
pelle d’oca, è avvolgente, accattivante. Quando poi nell’aria vibrano le note di Fantasy e le pattinatrici entrano in pista per il
pezzo finale, l’emozione prende il sopravvento, mi si forma in gola qualcosa che non mi permette di parlare e gli occhi sono pieni
di lacrime che stento a trattenere. Loro sono là, si cercano e si guardano intensamente: un sorriso complice carico di gioia e di
soddisfazione ed un amore grande che va al di là di tutto e tutti. Un qualcosa di cui io, in questo momento, non faccio parte, ma
che non mi esclude. Tutto è andato bene, molto bene. Per me molto meglio di qualsiasi previsione. Sono emozionati, felici, ma
allo stesso tempo tristi perché questo strano viaggio che hanno fatto insieme è finito. Si chiude un capitolo, una parentesi. Da
domani torneranno ad essere semplicemente PADRE e FIGLIA, ma nei loro cuori questa esperienza occuperà sempre un posto
importante. E anche per me che ho seguito tutto da bordo campo e che ora li guardo emozionata ed orgogliosa.
Nicoletta Rossi
Music Skate Lab, per me, si traduce Renata. E' lei, persona di cui ho assoluta fiducia, che mi ha contagiato. Cercava spazi sui
media per dare giusto risalto all'annuncio dello spettacolo al palaCus e al progetto vincitore del bando regionale nell'àmbito
dell'intervento ministeriale Giovani creativi. Ciò per dare la soddisfazione che meritano ai baldi giovani dell'associazione musicale
e culturale Armonie di Sedegliano e della polisportiva Orgnano, sezione pattinaggio artistico a rotelle, che hanno messo in pista
un'immagine al passo con i tempi del Friuli Venezia Giulia, non solo mettendo le rotelle alla musica. Baldi giovani alcuni dei quali
lei ha cresciuto sin dall'asilo, pardon dalla scuola materna. E che, ho scoperto a fine spettacolo, un paio di loro hanno
anche passato indenni la ventura di un incontro - intervista con me, propiziato da Renata ovvio, alla scuola media di Basiliano
qualche anno fa. Le ho dato una mano per quel che potevo, creando contatti per la conduzione e la pubblicizzazione dello
spettacolo. Alla fine, la sua entusiastica energia mi ha incuriosito al punto tale da liberarmi d'impegni in redazione, di solito
pressanti il sabato sera per un redattore baskettaro, e di godermi lo spettacolo. Sì, perché me lo sono proprio goduto in quel
palaCus, per me, più che altro e più spesso palestra d'allenamento della Snaidero, di riserva nei giorni di chiusura del Carnera e
del Benedetti. Il sabato sera di Music Skate Lab, invece, si è trasformato in un teatro che ha messo alla ribalta due eccellenze del
Friuli, Baby big band da Sedegliano e gruppo Evolution junior di Orgnano, che dal 2012 hanno lavorato assieme, senza
essere professionisti del settore, per dare la loro immagine, multimediale e multimodale come dicono quelli che sanno, del Friuli
Venezia Giulia. Ne è nato, in due anni di lavoro, il video Passi oltre il limite... che suggerisce un cambio di approccio, forse prima
ancora caratteriale che culturale, alle genti di questo lembo di terra all'estremo Nord Est, specie a quelle friulane. Capaci di
grandi cose, ma fin troppo schive nel metterle in piazza. Niente di dissacrante nell'intervento dei nostri vincenti Giovani creativi.
Si sono messi in gioco e hanno vinto, appunto, sfruttando a dovere anche le nuove tecnologie, oltre a mezzi secolari di
comunicazione quali musica e sport. Bbb ed Evolution junior, giovani emule del gruppo senior due volte mondiale di Orgnano, si
sono esibiti prima da separati in casa, com'erano fino al 2012. Spazio prima alle pattinatrici, come cavalleria impone, anche con
l'emblematica caduta e resurrezione dello scricciolo Emma (7 anni), unica accompagnata da un cavaliere a rotelle di 9 anni,
Giosuè: ahi, Maschietti e le "quote azzurre"! Vogliamo parlarne? Poi, la Bbb, anche con una bionda in quota rosa di rigore, ha
calamitato gli applausi con un mix jazzistico e di colonne sonore da film: prima o poi dovranno organizzare un Mondiale anche
per la band. Quindi, si sono fuse assieme, come da un paio d'anni a questa parte per fare Passi oltre al limite... , dando rotelle
alla musica e viceversa. Infine, il video che ha spaziato per immagini su tutto il Friuli Venezia Giulia, senza confini da Piccola
patria. L'ha aperto Rachele, una delle mancate "vittime" dell'incontro - intervista di cui prima, partendo nella camminata per la
regione con i suoi stivaletti delle sette leghe da uno dei luoghi a me più cari, per passeggiate dolci o tristi e più spesso fuori
stagione: Grado e la sua diga. Ha proseguito Matteo, altro "sopravvissuto" al faccia a faccia alla media di Basiliano,
scarrozzandosi per Udine, dove risiedo. E quando ne ha avuto bisogno per salire in Castello ha trovato un mano nella tradizione,
friulana, di una giovane penna nera. Che ha camminato anche per i nostri confini di guerra fino al Sacrario di Redipuglia dove,
ecco la sorpresa, ha raccolto il testimone una giovane punk. L'altra faccia di essere giovani oggi, che poi sulle Rive di Trieste
ha dato una lezione, forse un po' deamicisiana perché il pregiudizio "bamboccioni" è forte oggidì, di buona educazione civica alla
distinta signora scettica al primo passaggio davanti alla punk. Signora che, sulle nostre colline da vite, ci ha immerso in un'altra
tradizione Doc, il vino Fvg, pigiando l'uva con i piedi nel tino. Del mosto si è abbeverata una giovane di colore, bel gesto di
perfetta integrazione, prima di passare il testimone a un atletico maratoneta che dalla Bassa friulana ci ha portato a riflettere fin
sulla diga del Vajont, teatro di una delle più grandi sciagure, anche per incuria umana, che il Friuli abbia avuto. Infine, l'ultima
accoppiata, quella classica: nonno e nipotina che chiudono l'album dei ricordi attraverso il Friuli, con l'ultima tappa a Palmanova.
Ecco, da palmarino di nascita magari ho trepidato, temevo che proprio la città stellata fosse stata dimenticata: invece no, non sia
mai! Poi, la vecchia radio che ha dato la stura a Passi oltre il limite..., ha ridato la linea alla musica della Bbb, che aveva aperto la
passeggiata per la regione con una rivisitazione di Stelutis alpinis. La musica e le rotelle sono tornate in pista, prima in video
all'aerobase di Rivolto e poi sul parquet dal palaCus, anche con alcune pattinatrici in tutina da Frecce tricolori. Ecco, io magari
sto con Lidia (Menapace, che non si annida tra noi), cioè contro la Pan, ma finché che ce la lasciano è anche lei un'eccellenza
della nostra terra, pur se sa di servitù militare. Alla fine ho anche conosciuto Fabrizio, anima della Bbb, e ho capito perché con
persone di tanta energia, che come Renata vi ha aiutato e aiuta a mettere e tenere a posto le rotelle, si può andare anche oltre il
limite. Io, per fortuna, sono rimasto nei miei confini di cronista sportivo, perché proprio al palaCus ho scoperto che il mio
giornale aveva mandato un'inviata ad hoc. Renata, però, ha voluto che vi scrivessi e io l'ho fatto perché ogni suo desiderio è
un ordine per me. Prendetevela con lei, se non ci ho messo abbastanza cuore! Ciao a tutti e grazie, ai prossimi Passi oltre il
limite...
Valerio Morelli (MV)
Annoiati dalla banale e ormai obsoleta tecnologia video utilizzata dai produttori nel 2013, i
futuristici tecnici “Armonie” decidono di ricreare un intero locale riprese attrezzato di Blue
screen. Tale schermo permette di giustapporre un qualsiasi sfondo all’immagine filmata in studio. Grazie a questa tecnologia,
abilmente installata dai musicisti, è stato realizzato il video “Passi oltre il limite...” relativo al progetto Music Skate Lab.
Ore otto e trenta, suona la sveglia. In questo caso, la sveglia è proprio il mio cellulare, dico proprio perché questa mattina mi
aspetto che mi dica qualcosa, quell’infernale aggeggio. Pa para pa paaa, pa pa paaaa… Superman. Lo spengo, afferro il telefono e
ripristino la connessione, era in modalità aerea.
È domenica, il 29 di settembre precisamente. Fuori piove. No, non poco, non qualche goccia, un diluvio. Ho gli scuretti chiusi, ma
la sera prima devo aver dimenticato il vetro accostato o forse non ho nemmeno controllato. E sento, sento quella pioggia che se
fosse una qualsiasi domenica sarei felice di sentire, perché adoro stare nel letto con la pioggia fuori, e io al calduccio sotto le
coperte. Aspetto quel dannato messaggio che dica no, stamattina no, non si fa. Vrrrr- vrrrr. Il cellulare vibra. Con movimento
ampio e mugugnoso lo afferro, passo il dito sullo schermo e guardo. Sì, è un messaggio del prof, lo apro, sicuro sia un “ragazzi,
visto il tempo rimandiamo” e invece… invece no. Cito: “Ciao ragazzi proviamo lo stesso se riusciamo a lavorare a tra poco le
chiavi le ha Giovanni”. Senza punti o virgole. Senza il dubbio è il prof e sta bene, già.
Mugugno ancora diverse volte poi mi alzo. Vrrrr-vrrrr. Guardo il cell, “dai si è reso conto che è folle” penso.
“La mia strada allagata arrivo con un attimo di ritardo”. Poco dopo anche su WhatsApp (sì, si scrive così), testuali parole: “Ragazzi
arrivò attimo ritardo perché qua tutto allagato”. Sospiro, poi rispondo laconico: “Si sì”. E così, mangio qualcosa, metto i
pantaloni, maglia termica (e che ne so che tempo faceva!), il giubotto che metteva mio padre a fare allenamento (strafigo
secondo me), scendo e mi accingo ad affrontare la rabbia degli dei. Peeeeowth! Un gatto miagolante sfreccia verso di me dal
cortile allagato; mi scappa da ridere, è tutta un po’ umida, ma poco, poi ha la coda fradicia, un grissino.
-Ma Piuma! - sempre ridendo, la lascio entrare. Il cortile è una piscina, il cantiere una palafitta (facevamo il terrazzo nuovo a
quel tempo per la disperazione di mia madre). Tiro su il cappuccio, prendo fiato e mi lancio nella tempesta, verso il garage. Entro
e cerco gli ombrelli. Non ci sono. Esco, vedo mio padre: -oh, dove sono gli ombrelli? -Boh, non sono in garage? Là-. Indica l’altro
garage, quello di mio zio. Mi dirigo verso quello e afferro un ombrello, il più piccolo, azzurro, comprato ad un’uscita per MSL.
Prendo un martello (per aprire la porta) e finalmente mi avvio verso il paese allagato. Mi chiedo, tu autista, che passi alle nove di
domenica mattina a Basiliano sotto l’uragano e vedi un omino che procede con un cappotto nero, il cappuccio su, nella mano
sinistra un ombrello azzurro non più grande di quello che avrebbe un bambino e nella destra un martello impugnato con aria
folle… cosa pensi?! Arrivo all’incrocio, giro, vado giù nel sottopassaggio, mi prendo uno spacco quando passo li delle scale perché
mi pare di vedere un tizio, risalgo molto velocemente e giungo infine alle porte della caserma. Lì, un’ape. “Ma c’è il Big” penso
mentre vado ad aprire la porta, chiudendo l’ombrello e beccandomi quattrocento ettolitri d’acqua piovana. Mi sembra di essere
Dennis Nedry in Jurassic Park quando deve raggiungere il porto, solo molto più magro.
Tolgo il lucchetto e prendo a martellate il chiavistello (a questo mi serviva) poi mi dirigo verso il portone grande. Davanti ad esso,
un lago artificiale. “Eh, vabbè...” mi dico. Parto e apro l’altro lucchetto, le scarpe fradice. Assieme al Big apro il pesante cancello
ed entro, verso il capannone. Poco dopo arrivano Mirko e il prof. Siamo pronti. Cosa dobbiamo fare? Portare la luce laddove
dominano le tenebre. Ovvero installare le lampade al neon in caserma, nel capannone che stiamo adibendo a set
cinematografico, sì bon, semi cinematografico, direbbe qualcuno. Big e Mirko sul trabattello, io e il prof a spingere quest’ultimo
(veramente il Big riusciva a muoversi anche da solo “eh, i rivi di besôl!”) lungo la linea dei cavi d’acciaio sopra cui man mano, una
per una, le lampade vengono fissate e collegate una all’altra. Intanto fuori, ma anche un po’ dentro, continua a scatenarsi una
pioggia torrenziale.
Dopo qualche ora di lavoro e un pizzico di sapienza da spelafili l’impianto è pronto. Nessun collaudo, nessun test, o la va o la
spacca. Parte il generatore, il Big alla cabina di comando (un tavolo sotto il trabattello su cui erano poggiate le scatole con gli
interruttori), le mani pronte alla fatidica mossa. La tensione è palpabile, il sudore cola sulle nuche dei quattro operai specializzati
in barrack-remaking, facce tese. Il dito del capocantiere fa scattare l’interruttore. Attimi di suspense, la paura di aver sbagliato
qualcosa. Una luce si accende, poi la fila, poi un’altra fila, poi un’altra ed un’altra ancora. Un grido “Eccoloooooo” (con tanto di
video), un tripudio di applausi, c’è pure il presidente. Re Big dice luce e luce è. Sotto lo scrosciare rumoroso del cielo, si alza una
musica di trionfo.
Cosa non si fa per amor di banda!
Giovanni Rognoni
E’ proprio vero che la realtà e molto più sorprendente dell’immaginazione. Lo dico pensando ad un caldo
22 giugno del 2013 qualora mi ritrovai ad assistere all’inaugurazione della “Strada della Storia”, che collega
la piazza del Museo Ferrari al centro città di Maranello, ascoltando l’Inno Nazionale Italiano suonato dei
ragazzi del gruppo bandistico di Armonie.
Sì avete letto bene. FERRARI – MARANELLO – ARMONIE. Tre nomi che messi insieme non possono che
suscitare curiosità perché se è vero che il binomio Ferrari – Maranello è scontato non si capisce bene cosa
ci stia a fare lì in mezzo Armonie. Beh, sveliamo in fretta questo segreto. Il Gruppo Bandistico Armonie era lì
perché invitato a fare il concerto di apertura della magica kermesse chiamata “Notte Rossa”. Una
ventiquattrore laddove chi si trova a transitare per Maranello viene investito da una straboccante presenza
di cavallini rampanti, di bolidi splendidi, di personaggi famosi, di piloti, di meccanici, di giornalisti, attori, e
di decine di migliaia di persone comuni che non sanno resistere al fascino del mito creato da Enzo Ferrari.
E come mai proprio la banda di Armonie? Semplicemente perché chi semina bene, coltiva con amore
raccoglie i frutti migliori ed è proprio quello che i ragazzi del gruppo bandistico hanno fatto. Nel 2011
fecero un’apparizione a Maranello per una giornata dedicata alla F1 laddove in piazza vennero esposte una
mezza dozzina di vetture F1 vincitrici di titoli mondiali e protagoniste di mitiche sfide ad alta velocità.
Quell’apparizione fu la semina che fece immediatamente breccia nell’allora Assessore alla Cultura del
Comune di Maranello, il dr. Giorgio Gibellini. Una persona splendida con la quale fu facilissimo mantenere
un contatto costante, coinvolgendolo ed informandolo su tutto quanto la Banda di Armonie andava
facendo. Un rapporto “coltivato” che ha così portato alla grande opportunità.
La Notte Rossa è una vetrina mediatica con numeri da capogiro (andate su You tube, scrivete “notte rossa
2013” e selezionate il filmato “Maranello notte rossa terra del mito”) ed essere chiamati per fare da
colonna sonora della sua apertura è quasi come vincere una medaglia alle Olimpiadi. Ma, proprio come in
una competizione olimpica, non è il valore del metallo che racchiude i significati della prestazione ma
l’intero contesto ove essa si è maturata. Sacrificio, dedizione, lavoro di squadra, aiuti reciproco,
condivisione e passione sono gli elementi costruttivi di questa impresa che resterà negli occhi e nel cuore di
tutti coloro che l’anno vissuta.
Per una notte Maranello e le Ferrari si sono fatte vestire dalla musica della banda Armonie e quei suoni
sono rimbalzati verso l’infinito laddove qualcuno li intercetterà.
Allora, ragazzi, preparate le astronavi poiché la prossima volta potrebbe essere che a chiamarvi sia la NASA.
Luca Picco
Da ormai tre anni, nella scuola secondaria di l grado di Cisterna (che appartiene all’istituto comprensivo di Basiliano e
Sedegliano) si tiene un corso che ha come obiettivo avvicinare i giovani alla musica. Nei primi due anni (anni scolastici
2012\2013 e 2013\2014) il corso si teneva per due ore settimanali, il lunedì pomeriggio, dopo il termine delle lezioni.
Da quest’anno scolastico, invece, è diventato un corso curricolare a tutti gli effetti, anche se facoltativo. Il numero dei
partecipanti è aumentato di anno in anno, a testimonianza del successo di questo tipo di insegnamento che avvicina
alla musica in modo divertente. Il primo anno si erano iscritti solo sei alunni, l’anno dopo sono raddoppiati a dodici,
(sei flauti, due sax e quattro clarinetti) e quest’anno: i partecipanti sono addirittura venti (sette flauti, sei sax, tre
clarinetti, un corno, due trombe e un trombone). I “musicisti in erba” provengono da tutte le classi della scuola
secondaria e sono guidati da alcuni ragazzi della banda di Coderno “Armonie”. Durante le prime lezioni gli allievi sono
stati seguiti singolarmente in base allo strumento scelto; attualmente invece si esegue musica d’insieme: come in
una vera orchestra. A fine anno scolastico; alla fine dell’attività di laboratorio, è previsto un saggio-concerto nell’aula
magna della scuola. Personalmente posso affermare che il corso di musica mi piace davvero tanto. Lo frequento da
due anni e in questo tempo ho scoperto una grande passione per la musica che non sapevo di possedere. Durante
l’estate scorsa ho anche iniziato a suonare nella banda ed ora sono stata inserita nella banda giovanile. È
un’esperienza divertente e coinvolgente che consiglio a tutti.
Irene Peressini
La Rubrica!
Vi ricordate ancora le prime prove di banda della vostra vita? ...c’è chi non dimentica l’istante in cui ha varcato la soglia della
sala prove di Coderno per la prima volta!! Stiamo parlando di...come dire... “amore a PRIMA PROVA”!
Quando la musica diventa uno stile di vita
Ormai sono passati tre anni dal giorno in cui il prof mi lasciò tra le mani quel magnifico strumento, misterioso e, che
comunque, allo stesso tempo mi dava l'impressione di saperlo già suonare alla perfezione. Un flauto magnifico anche
se molto vecchio (e lo mostrava tanto) dava la sensazione di essere stato una grande soddisfazione per molti ragazzi
che hanno avuto l'onore di usarlo, prima di me. In pochi mesi imparai a suonarlo e da allora imparai a fare della
musica uno stile di vita. Ripassando i grandi classici ed arrivando ad artisti attuali la musica mi interessava sempre di
più, incominciai ad appassionarmi a moltissimi generi musicali. E la prima volta che venni a prove qui, a Coderno mi
colmò così tanto di emozioni forti e sensazionali che la musica diventò, in poche parole, la mia forza. Appena potevo
uscivo di casa con l'Ipod in mano e le canzoni più svariate, da Lady Gaga a Emis Killa a Bon Jovi e chi più ne ha più ne
metta, quando mi sentivo triste ascoltavo i Coldplay e quando volevo spaccare il mondo mi affidavo al metal.
Ogni giorno diventavo sempre più forte, davanti a molti aspetti, belli o brutti che fossero, e piano piano incominciai
un po' a chiudere i cosiddetti "eccessi" della vita e accontentarmi solo di essere viva e di avere una famiglia, degli
amici veri accanto e una canzone del cuore.
La musica diventerà il mio futuro, ne sono certa, perché, come si dice "quando una cosa ti prende sul serio non ti
molla mai" ed è proprio come dicono.
Grazie alla musica sono diventata quello che sono ora, una ragazza forte dall'anima sincera e mentre prima ascoltavo
Pop ora ho cambiato radicalmente generi: rock, metal e dubstep, ma mai, mai dimenticherò quel giorno verso le
19.30, quando finalmente provai una cosa talmente bella che può risultare indescrivibile a parole: suonare nel
gruppo Armonie. E se un giorno qualcuno mi chiederà "cosa ha fatto per te la musica?" io gli risponderò "sono
diventata una persona migliore, più forte, più aperta, più ME STESSA." e chi dice che una banda non può cambiarti la
vita, non ha capito nulla.
Caterina Nascimben
Nel corso della mia vita d’insegnante mi sono spesso proposta di scrivere un libro che raccontasse quello
che succedeva intorno a me. Nonostante l’abbondante materiale conservato nella testa e nel cuore, non
mi sono mai cimentata in questa impresa perché, come avverte il grande García Márquez, non bisogna
cominciare mai a scrivere “se non si è convinti di essere migliori di Cervantes”. In attesa di raggiungere tale
consapevolezza (ce la farò, mai disperare…), ogni tanto esterno sensazioni ed emozioni, scaturite da
quanto ho vissuto e udito, su fogli volanti che solitamente si perdono nei meandri del mio angolo studio, e
che poi, immancabilmente, concludono la loro storia nella raccolta della carta. Da poco tempo, ogni tanto,
scrivo su Facebook, salvando così alcune schegge del mio mondo interiore da quel misero destino. E’ quello
che ho fatto dopo Musica Insieme, edizione 2013.
Musica Insieme è una full immersion di musica e amicizia che ha luogo da un paio d’anni in agosto, nella
scuola media di Basiliano. I giovani della Banda Armonie sono protagonisti di tre giorni intensi, incentrati
sulla voglia di fare e trasmettere musica. E’ un’esperienza fantastica, sia dal punto di vista formativo che da
quello umano. Non saprei dire se sono stata invitata a parteciparvi o se mi ci sono intrufolata, ricordo però
che il primo anno, a conclusione lavori, ho sentito il bisogno di scrivere di getto su Facebook una lettera per
condividere la gioia vissuta durante quelle giornate. Era il giorno del mio compleanno, data che da parecchi
anni tento di dimenticare. Adesso forse mi ripeterò, ma le sensazioni di allora sono state le stesse di poi,
quando i cancelli della scuola si sono riaperti l’anno successivo, in piena estate, per la seconda edizione di
Musica Insieme. Sensazioni che sento ancora, adesso, mentre scrivo…
Ricordo che nel 2013 i ragazzi più grandi erano immersi nella preparazione di Music Skate Lab e alcuni
arrivavano all’appuntamento già sfiniti, quasi stremati. Nonostante ciò erano sempre sorridenti e presissimi
dall’impegno assunto. Li vedo così, padroni di ogni situazione, come sempre.
Velocissima riunione preliminare con il prof e tutta la banda, poi: rompete le righe! Ognuno ai propri posti!
Nel giro di pochi secondi tutti erano già nelle aule a loro assegnate, divisi per sezioni, ogni gruppo con il
proprio maestro-ragazzo (mi piace chiamarli così). Nella scuola, risvegliata prima del tempo, si spandevano
note, voci, risate e parole cariche di tutto. In ogni angolo ragazzi, strumenti, voglia di stare insieme, uniti
nella musica. E io rimanevo lì, dietro quelle porte, speranzosa, desiderosa di rendermi utile in qualsiasi
modo. Ero pronta a tutto: avrei fatto qualsiasi cosa mi avessero chiesto, anche un triplo salto mortale su
una fune a 50 metri dal suolo (quanta simpatica ironia hanno scatenato queste mie ultime parole scritte
anche nella lettera su Facebook…). Metà pomeriggio se ne andava così, poi, ricomposte le righe, tutti si
ritrovavano di nuovo insieme, in una sincronia perfetta, a suonare i brani studiati, mentre io me ne stavo
accoccolata sui gradini dell’aula magna, a godere del mio ruolo di spettatrice privilegiata.
L’anno successivo la musica si è ripetuta. Stesso entusiasmo, stessa serietà, stessa organizzazione perfetta.
Ho sperato con tutto il mio cuore di essere di nuovo coinvolta nell’iniziativa. Avete presente quella
pubblicità dove il bambino chiude gli occhi, stringe i pugni e invoca non ricordo cosa o chi affinché il suo
desiderio venga esaudito? Ecco, io ho fatto la stessa cosa quando ho saputo che Musica Insieme avrebbe
fatto il bis. E il sogno si è avverato. Avrei fatto parte ancora della squadra!
Per altri tre giorni mi sono nutrita di quella passione che spinge i ragazzi ad essere sempre il meglio di
quello che sono. Ho riempito di nuovo la testa, il cuore, l’anima e pure la pancia, grazie alle meravigliose
mamme che si sono scatenate preparando dolcissime prelibatezze per arricchire l’immancabile
pastasciutta finale, degno arrivederci a fine lavori. Poi, gli ultimi giorni d’estate hanno inghiottito la scuola,
riportandola al naturale silenzio del periodo: corridoi desolati, aule vuote, la campanella che suona… per
nessuno. Assordante.
Spero ardentemente nella terza edizione di questa magnifico progetto e, siccome ritengo veritiero e
sacrosanto il detto “non c’è due senza tre”, presumo che sarò costretta a imporre la mia presenza anche la
prossima estate.
E sarà, ancora una volta, Musica Insieme… a voi.
Renata Maschietti
"Ah bravi..davvero bravi..bravi proprio tutti..soprattutto i violini e la cantante..." ..ecco cosa potreste correre il rischio
di sentirvi dire quando il pubblico è preso dalla smania di farvi i complimenti a tutti i costi dopo un'esibizione ma di
musica non ne capisce ahimè molto. Ma mi auguro non sia il caso dei miei di complimenti visto che (a detta di mia
cognata Renata,non si sa bene su quali basi poi..) qualcosina ne capisco. Mi avete davvero sorpreso e coinvolto con
la vostra esibizione..sì perchè sono convinto che a prescindere dalle conoscenze e competenze musicali acquisite in
un percorso di studi specifico la prima cosa che dobbiamo fare quando ascoltiamo qualcosa è quella di capire da
semplici ascoltatori se ci trasmette emozione,ci fa battere il piede e ci coinvolge dal punto di vista emotivo.E voi ci
siete riusciti. E non parlo solo a titolo personale perchè a giudicare dai meritati applausi che ho sentito alla fine mi
sento di dire che avete coinvolto tutto il pubblico presente,addetti ai lavori e non. Il vostro merito è stato proprio
quello di riuscire a trasmettere l'impegno, l'entusiasmo e la compattezza con cui affrontate la preparazione dei brani
e dall'esecuzione si percepisce che nulla è stato lasciato al caso e che tutto è stato curato nei minimi
dettagli...bravi,un ottimo lavoro davvero. Avete sicuramente un ottimo direttore, preparato, competente, entusiasta
e molto comunicativo e riconoscendo questi suoi meriti vi lasciate guidare da lui senza però rinunciare alla vostra
personalità musicale. Questa è stata la mia percezione di musicista/ascoltatore ed è stato quello che ho cercato di
dire a Fabrizio alla fine del vostro medley ma ci tenevo che queste mie impressioni arrivassero a tutti voi anche se
non vi conosco personalmente.
Un caro saluto a tutti quanti e arrivederci alla prossima.
Paolo Viezzi
I ragazzi di “Armonie” stupiscono ancora: forti emozioni per la loro musica al “Concerto di inizio anno”
5/1/2014
Cinque gennaio, ore 19:00. Una folata d’aria accompagna l’apertura del sipario: non è il primo grande concerto per i
ragazzi di “Armonie”, eppure, dietro il telo rosso, l’emozione è sempre palpabile. Il palco inondato di luce emerge dal
buio della sala del teatro “Plinio Clabassi” di Sedegliano che domenica ha ospitato più di 200 persone. L’associazione
bandistica “Armonie” porta avanti la tradizione ormai pluriennale del “concerto di inizio anno”, diventata motivo di
incontro e occasione calorosa per scambiarsi gli auguri. Il complesso bandistico, guidato dal Maestro Fabrizio
Fontanot, si è esibito in cinque pezzi ai quali se ne sono aggiunti altri due su richiesta del pubblico entusiasta.
Durante il concerto si sono tenuti i discorsi di rito: il Sindaco di Sedegliano ha sottolineato l’utilità e l’importanza della
presenza di un teatro nel territorio comunale che ha accolto fin da subito numerosissime iniziative ( quest’anno al
“Clabassi” sono, infatti, andati in scena 50 spettacoli); il Vice Presidente dell’associazione “Armonie”, invece, si
dichiara soddisfatto dei risultati ottenuti dalla banda: quest’anno, infatti, i ragazzi hanno avuto modo di prendere
parte all’incisione del cd “Bienvenido Band” assieme ad un video musicale girato interamente a Coderno e destinati
alla distribuzione in Argentina e hanno partecipato al progetto “Music Skate Lab” in collaborazione con il gruppo di
pattinaggio artistico di Orgnano producendo un video di promozione turistica della nostra regione. In questa
occasione la banda “Armonie” ha avuto modo di riconfermare la qualità che contraddistingue le sue esibizioni,
presentando una musica curata per quanto riguarda il repertorio e l’esecuzione.
Zuliani Michela
C'era una volta, tanto tempo fa, una bambina di nome Luisa che viveva nel regno di Harmonium, nella cittadina di Canterino, un
centro vitale in cui non mancavano mai commercianti, visitatori e soprattutto....cantastorie. Fu così che un giorno, mentre Luisa
andava al mercato della frutta, s'imbatté in un vecchietto vestito di stracci che se ne stava seduto sul ciglio della strada, mogio
mogio, suonando distrattamente un pifferello. Il suono era dolce e melodioso, per cui Luisa si avvicinò al suonatore e gli disse:
“Come sei bravo Pifferaio!”. Lui alzò lo sguardo e disse: “Ti ringrazio bella fanciulla.” Luisa, incuriosita chiese. “Pifferaio, Pifferaio,
svelami il tuo segreto! Sembra quasi che il tuo strumento sia incantato e che le note escano da questo per magia! Come può
essere?” “Vedi cara bambina – rispose il Pifferaio – esistono al mondo numerose e potenti magie ed io, che ho viaggiato tanto,
ne ho visti moltissimi di strumenti che suonano come per incanto. Sono, tuttavia, difficili da riconoscere.” Il vecchio Pifferaio
aveva una voce misteriosa e Luisa ne fu affascinata storia degli strumenti magici le era piaciuta molto! Così fece per chiedere
qualche altra cosa a quello strano uomo, ma in un batter di ciglia quello …..puff.... era sparito lasciando sul bordo della strada
solo il suo pifferello. Luisa si chinò e disse: “Toh, guarda, quell'uomo ha dimenticato il suo pifferello magico. Tanto vale provare
come funziona.” Luisa provò a suonare il flauto, ma ne uscirono solo dei suoni sgraziati e fischi stonati. “Uffa, perché non suoni
più – disse stizzita Luisa – Vuol dire che non sei per niente magico!”. Luisa era davvero arrabbiata, ma decise di non darsi per
vinta. Finito di fare la spesa, tornò di corsa a casa ed annunciò a mamma e papà che sarebbe partita l'indomani stesso alla ricerca
di quella miriade di strumenti magici di cui le aveva parlato il vecchio cantastorie: voleva trovarli tutti e scoprire il loro segreto.
Fu così che di buon mattino, zaino in spalla, Luisa si mise in cammino. Uscì dal paese di Canterino, dirigendosi a passo baldanzoso
verso la campagna e dopo alcuni giorni di cammino fra campi e boschi, stanca e affamata, giunse ad una piccola casetta di legno
su di un'altura. Attorno c'erano solo pascoli e animali che brucavano l'erba: quella doveva sicuramente essere la casa del
pastore! Luisa decise di chiedere a lui indicazioni per il più vicino villaggio ed un po' di ristoro, così si diresse a passo spedito
verso la sua casina. Ma man mano che si avvicinava, cominciò ad udire un buffo suono provenire dalla veranda della casa del
pastore...era un suono di zampogna, un po' nasale e ballerino che metteva proprio il buonumore. Luisa si fermò ad ascoltare. Il
pastore stava suonando un oboe, seduto sulla sua poltrona a dondolo, e fece ascoltare a Luisa una bella suonata tradizionale.
Luisa applaudì entusiasta e disse: “Come sei bravo pastore.” Lui rispose con un sorriso: “Grazie bella fanciulla.” “Pastore, pastore
-esclamò Luisa – svelami il tuo segreto! Sembra quasi che il tuo strumento sia incantato e che le note escano da questo come
per magia! Come può essere?” Il pastore rispose: “Oh no! Niente di tutto questo. Il mio oboe è come tutti gli altri, normalissimo.
Provalo tu stessa, vedrai che dico il vero.” Luisa provò a suonare l'oboe, ma ne uscirono solo dei suoni sgradevoli. “Hai ragione –
disse Luisa al pastore – Il tuo oboe non è magico. Tuttavia tu lo suoni molto bene, sei un musicista di grande talento”. Luisa e il
pastore passarono alcune ore insieme a chiacchierare e divennero buoni amici. A casa del pastore Luisa si rifocillò e gli chiese la
strada per il paese più vicino. Poi ripartì subito per trovare ciò che cercava: uno strumento musicale magico. Luisa camminò fino
a sera e quando già la luna e le stelle brillavano nel cielo entrò nel villaggio che il pastore le aveva indicato. In paese dormivano
tutti, solo in lontananza si sentiva un bambino piangere forte. Luisa si avvicinò a quel pianto, ma....sorpresa!... Mano a mano che
si avvicinava al pianto del bambino si aggiunse e si sostituì una dolce melodia....una ninnananna! Luisa, commossa, esclamò:
“Come sei brava, mamma”. Lei dolcissima, rispose: “Ti ringrazio, bella fanciulla”. “Mamma, mamma – disse Luisa – svelami il tuo
segreto! Sembra quasi che il tuo strumento sia incantato e che le note escano da questo come per magia. Come può essere?”.
Rispose la mamma: “Oh no! Niente di tutto questo. Il mio flauto è come tutti gli altri, è un flauto normalissimo. Provalo tu stessa
e vedrai che dico il vero”. Luisa provò il flauto, ma ne uscirono solo suoni sgraziati. “Hai ragione, mamma, -disse Luisa – il tuo
flauto non è magico. Tuttavia tu lo suoni molto bene, sei una musicista di grande talento!”. Luisa passò la notte a casa della
mamma e del suo bambino, che dormì tranquillo cullato dalle dolci note che l’avevano fatto addormentare. Il mattino seguente,
dopo un’abbondante colazione, Luisa salutò i suoi ospiti e riprese il cammino alla volta di un nuovo paese, sempre alla ricerca di
strumenti musicali incantati. Si trovò così nel bel mezzo di un bosco, pieno di animali e alti alberi. Luisa aveva spesso sentito dire
che nei boschi del regno di Harmonium vivevano delle antiche tribù ed era un po’ impaurita al pensiero di incontrare dei
selvaggi. Giunta in una radura del bosco cominciò a sentire degli strani suoni: tonfi, rombi, suoni di piatti e rulli! Tutta una gran
caciara che però via via si faceva sempre più ordinata, creava un ritmo e veniva perfino voglia di mettersi a danzare e saltellare.
Tra gli alberi apparve un gruppo di persone che suonavano vari strumenti di percussione. Gioiosa Luisa disse: “Come siete bravi,
capo tribù! Mi svelate il vostro segreto? Sembra quasi che i vostri strumenti siano magici e che le note escano come per incanto!
Come può essere?”. Il capo tribù le rispose: “Oh, no! Niente di tutto questo! Il mio tamburo è come tutti gli altri! È un tamburo
normalissimo. Provalo tu stessa, vedrai che dico il vero!” Luisa lo provò, ma ne risultò soltanto una accozzaglia di suoni senza
senso e disse: “Hai ragione Capo Tribù! Il tuo tamburo non è magico. Tuttavia tu lo suoni molto bene, sei un musicista di grande
talento!” Il Capo Tribù ringraziò Luisa con un inchino. La invitò anche a vedere il suo villaggio di tende in una radura nella foresta
e a restare insieme a loro percussionisti se lo desiderava. Erano davvero accoglienti gli uomini della tribù! Ma Luisa doveva
proseguire la sua ricerca e si fece spiegare la strada per uscire dal bosco e giungere ad un’altra città. Dopo alcuni giorni di
cammino Luisa giunse nella splendente cittadina di Bandarello. Il sole splendeva alto in cielo, era davvero una bellissima
giornata. Tutti gli abitanti erano indaffarati e sembravano affrettarsi in una direzione. Luisa decise di seguirli e giunse così in un
giardino pieno di rose, ranuncoli, giacinti e mille altri fiori colorati: era tutto addobbato per una grande festa, un matrimonio.
Ecco laggiù la sposa... Ed una marcia festante accompagnava il suo cammino felice verso un sorridente principe! Un gruppo di
ottoni suonava la marcia nuziale. Luisa era entusiasta e ,quasi, gridò: “ Orchestrali di Bandarello, svelatemi il vostro segreto!
Sembra quasi che i vostri strumenti siano incantati e che le note escano da questi come per magia! Come può essere?”. Gli
orchestrali la guardarono divertiti e risposero: “Oh, no! Niente di tutto questo! I nostri ottoni sono come tutti gli altri!
Normalissimi. Provali tu stessa, vedrai che dico il vero!”. Luisa provò una tromba ed un corno, ma i suoni che ne uscirono erano
rabbrividenti. Si scusò e disse: “Avete ragione Orchestrali di Bandarello! La vostra tromba e il vostro corno non sono magici.
Tuttavia voi li suonate molto bene, siete dei musicisti di grande talento!” Luisa si fermò al matrimonio del principe e della
principessa di Bandarello, dove si ebbero canti, balli e musica allegra per tutto il giorno. La sera, stanca ma felice, si addormentò
sotto le fronde di un grosso salice cullata dalla leggera brezza, con in mente ancora i suoni gioiosi della festa appena trascorsa. Il
mattino dopo, svegliata dal canto del gallo, decise di ripartire. Giunse in un luogo un po’ desolato, un paesaggio roccioso la
circondava e una strada di sassi la condusse a un paese che si chiamava Anciante. Un’aria lugubre ricopriva le strade del paese e
non c’era nessuno in giro. Luisa si mise a cercare gli abitanti, possibile che non ci fosse nessuno? Finalmente, all’uscita del paese,
scorse un folto gruppo di persone, vestite a lutto, con i visi tanto tristi, alcuni addirittura piangevano. Era morta una persona
tanto cara a tutti e fra le preghiere...Luisa udì una musica triste ma dolce, che accompagnava il lutto, ma che anche consolava e
rasserenava. Commossa, Luisa decise di avvicinarsi e ascoltare. Era un brano triste, ma consolante allo stesso tempo, eseguito da
un gruppo di sassofonisti che accompagnava il corteo. Luisa, timorosa, si avvicinò e disse: “Musici di Anciante, svelatemi il vostro
segreto! Sembra quasi che i vostri strumenti siano incantati e che le note escano da questi come per magia! Come può essere?”
Essi la guardarono e sorridendo dissero: “Oh, no! Niente di tutto questo! I nostri strumenti ad ancia sono come tutti gli altri! Dei
saxofoni normalissimi. Provali tu stessa, vedrai che dico il vero!”. Luisa provò a suonare un paio di sax, ma il risultato fu quello di
tutte le altre volte. Sconsolata disse: “Avete ragione Musici di Anciante! I vostri saxofoni non sono magici. Tuttavia voi li suonate
molto bene, siete dei musicisti di grande talento!” Fu così che in quella grigia giornata Luisa scoprì che la musica non solo
accompagna le feste, ma aiuta anche a superare i momenti tristi della vita, dà speranza e consola nei momenti più bui. Con
commozione ed in silenzio decise poi di allontanarsi e di non disturbare oltre gli abitanti in lutto. Riprese dunque il cammino,
mentre i Musici di Anciante ancora suonavano. Ormai era passato tanto tempo da quando Luisa era partita, sentiva anche
nostalgia di casa! Per di più ancora non aveva trovato nemmeno uno strumento magico e cominciava a dubitare delle parole del
vecchio Pifferaio: forse le aveva detto una bugia! Un po’ abbacchiata e triste una sera si fermò a mangiare un boccone in una
locanda sulla via. Quando entrò, un succoso profumo di arrosto le fece salire l’appetito e... guarda un po’! In un angoletto della
locanda ecco un trombone che suonava per intrattenere i viandanti!”. “Intrattenitore, svelami il tuo segreto! Sembra quasi che il
tuo strumento sia incantato e che le note escano da questo come per magia! Come può essere?” chiese curiosa Luisa. Il
trombonista la guardò e disse: “Oh, no! Niente di tutto questo! Il mio trombone è come tutti gli altri! È un trombone
normalissimo. Provalo tu stessa, vedrai che dico il vero!”. Luisa provò a suonare e....vi lascio immaginare.....una pernacchia.
Depose lo strumento e disse: “Hai ragione Intrattenitore! Il tuo trombone non è magico. Tuttavia tu lo suoni molto bene, sei un
musicista di grande talento!”. Luisa passò alcune piacevoli ore a chiacchierare con il trombonista e con il gestore della locanda, a
cui raccontò la storia del suo viaggio. Loro la ascoltarono con grande attenzione. Poi, pensierosi, le consigliarono di fare un
ultimo tentativo prima di tornarsene a casa con le pive nel sacco: le dissero di dirigersi verso Voce, una città sul mare. Lì
giungevano sempre notizie fresche come le onde e forse qualcuno avrebbe saputo dirle che cosa intendeva dire quell’uomo con
il pifferello quando parlava di strumenti incantati. Di buon mattino Luisa pagò il gestore della locanda per il buon cibo e il soffice
letto che le aveva offerto e ripartì ancora una volta, forse l’ultima, alla volta del porto di Voce. Vi giunse veloce come il vento e
bisogna dire che era davvero una città affascinate! Piccole vie colme di tesori portati dal mare, conchiglie colorate e fiumi di
perle! I pescatori esibivano gustosi pesci appena pescati e il lungomare era costellato di piccole imbarcazioni colorate
provenienti da chissà quali bellissimi porti lontani. Mentre passeggiava e si riempiva gli occhi di queste meraviglie, Luisa notò che
su una di quelle piccole barche sedeva assorto un Pescatore: teneva in mano un clarinetto e alternava alle note del suo
strumento le parole di una poesia... sembrava narrasse qualcosa di segreto! Luisa si avvicinò e ascoltò il pescatore che diceva:
“Cosa cerchi? Dove corri? Un segreto vuoi scoprire...
Ciò che hai già conosciuto, sul cammino, non è un portento?
Non hai visto che l’incanto, la magia non può svanire...
Se a suonar non è ancia o ottone, ma di tutti il gran talento?”
Lo sguardo di Luisa si illuminò e come colpita da una folgorazione disse: “Pescatore, tu sì che mi hai svelato un grande segreto!
Non è lo strumento ad essere incantato, la magia viene dal cuore del musicista! Come ho fatto a non capirlo?” Luisa era
raggiante! Aveva finalmente capito che non esistono strumenti magici e che l’incanto è difficile da trovare, così come è difficile
costruire il talento: ma l’impegno e l’amore per la musica avevano reso magici tutti i suoi amici, che suonavano come se i loro
strumenti fossero incantati! Luisa prese per mano il Pescatore con il suo clarinetto e insieme ripercorsero all’indietro tutta la
strada fatta da Luisa: invitarono a seguirli il Trombonista della locanda, i Musici di Anciante con i loro saxofoni, poi gli Orchestrali
di Bandarello muniti di tromba e corno, il Capo Tribù con il tamburo, la Mamma con il suo dolce flauto e il suo bambino e infine
anche il Pastore con il suo oboe. Giunti a Harmonium subito si recarono al centro della piazza e tutti insieme, tutti con il migliore
dei loro sorrisi, suonarono per gli abitanti una magnifica musica, dimostrando a tutti che le leggende sugli strumenti magici erano
tutte panzane: ma erano vere tutte le storie sui magici musicisti.
Gelindo Lizzit e Rachele Rognoni
È impossibile non dedicare un piccolo spazio del nostro giornalino alla storica discussione riguardante la
divisa perfetta per i giovani musicisti di “Armonie”.
Ecco qua, dunque, un divertente gioco basato sul minuzioso sondaggio che raccoglie le opinioni dei bandisti.
1.
2.
3.
1.
Viola con i
brillantini
2.
Uguale alla
nostra
divisa ma
con la tasca
vera
3.
Shorts neri,
scarpe
azzurre,
gillette
azzurro,
cravatta blu
4.
Divisa a fiori
5.
Azzurra con
stelline
argentate
6.
Tuta unica
elastica con
tessuto
argentato e
che riflette
la luce
7.
Leopardata
8.
Sandalo e
calzetto
bianco!! xD
4.
5.
6.
7.
8.
IN TEATRO SIAM RIUNITI / TUTTI QUI AD ASCOLTARE
QUESTI BRAVI MUSICISTI / LA’ SUL PALCO PER SUONARE
LA FATICA E’ STATA TANTA / ORE E ORE AGLI STRUMENTI
MA ALLA FIN UN BELL’APPLAUSO / RENDE TUTTI LOR CONTENTI
SE UNA PICCOL LACRIMUCCIA / OR DISCENDE SULLE GOTE
QUESTO E’ QUEL PIACEVOL DONO / DELLE APPEN SENTITE NOTE
AGLI ORECCHI IL DOLCE SUONO / E’ SEMBRATO UN DOLCE INCANTO
E QUI IN SALA IL GENITORE / GUARDA IL FIGLIO CON GRAN VANTO!
E PER NON PARLAR DEI NONNI / SONO I FIGLI DEI LOR FIGLI
SONO BELLI COME IL SOLE / COME COLORATI GIGLI
E DA QUESTA ASSOCIAZIONE / IL SUO NOME E’ ARMONIE
SGORGAN SANI SENTIMENTI / AMICIZIA E MELODIE
E’ FATICA E PURE TANTA / PER SEGUIRLI CON PASSIONE
MA SE’L GENITOR S’IMPEGNA / NONDAMEN L’ASSOCIAZIONE
SE DI CIO’ SIETE CONVINTI / OR DOVETE QUI ASCOLTARE
PERCHE’ UN PICCOL AIUTINO / ANCHE VOI POTETE DARE
OH SI CERTO E’ QUI BEN NOTO / CHE LA CRISI ANCOR S’AVANZA
MA COL CUOR OGNUNO DIA / E PER NOI SARA’ ABBASTANZA
OR SON PRONTI I BALDI ALFIERI / DUE PER LATO TUTTI FIERI
SU VERRANNO AD ALLUNGARE / QUEI CESTINI PER DONARE
ALL’USCITA TROVERETE / UNA PICCOLA CASSETTA
E LA FRASE E’ GIA’ FINITA / UN PO’ CORTA MA BEN SCHIETTA
ORSU’ DUNQUE, DATE! DATE! / SOLDI IN CARTA SU INFILATE
E CON TUTTI QUEI SOLDINI / SAREM MENO POVERINI
PERCHE’ IN FONDO, LO SAPPIAMO / PIU’ SI DA’ PIU’ RICEVIAMO
SE ARMONIE QUI TANTO HA DATO / TUTTO A VOI VERRA’ TORNATO!
GRAZIE, GRAZIE E GRAZIE ANCORA / ED E’ GIUNTA CREDO L’ORA
DI VOI TUTTI SALUTARE / ED ANCORA RINGRAZIARE!
Progetto '30 anni di passione in un anno di Armonie'
realizzato con il sostegno di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Direzione centrale cultura, sport e solidarietà.
Servizio volontariato e lingue minoritarie
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