www.gliamicidellamusica.net Pubblicato il 16 Agosto 2015 Brilla il secondo cast nella replica dell'opera di Giacomo Puccini all'Arena di Verona Elena Rossi bella Tosca servizio di Simone Tomei VERONA - «Ma è certo che le sonatine e le cantate dietro le quinte, e l'organo, e il canto gregoriano, e i tamb uri che scandiscono la marcia al supplizio, e le campane, e i campanacci delle pecore, e le fucilate, e le cannonate che costituiscono talvolta elementi essenziali nello svolgimento dell'opera, non b astano a colmare i vuoti lasciati dalla deficienza della musica.» - da una critica del 21 gennaio 1900 a cura di Giorgio Barini in "Fanfulla della domenica". Leggendo questo scritto probabilmente ci siamo chiesti se il recensore abbia assistito veramente alla prima della Tosca di Giacomo Puccini; probabilimente sì, perchè gli elementi citati non sono per nulla estranei al capolavoro pucciniano, ma dubitiamo che ne abbia compreso appieno il significato; certo è vero che oggi, anche i neofiti, possono, prima di approcciarsi ad un titolo sconosciuto, ascoltarne varie versioni e poter studiare sui numerosi testi musicologici e no che sono in circolazione; una volta si viveva più di immediatezza e di emozione al primo impatto e forse per gli orecchi del tempo è giustificabile anche un simil giudizio. Abbiamo voluto iniziare il nostro resoconto della sera del 14 agosto con questo breve, ma significativo parallelo, rispetto alle impressioni suscitate sempre un giorno 14, ma di gennaio del 1900. Probabilmente noterete delle differenze notevoli, perché le nostre riflessioni, derivano sicuramente da un percorso esperienziale più ampio del Barini, pur non perdendo comunqe mai anche noi, accanto ad una conoscenza più tecnica del componimento, la dimensione sensoriale ed emozionale che ci ha sempre accompagnato. Nella recensione sulla "prima" della Tosca andata in scena il 26 giugno scorso, sul nostro giornale troverete tutte le peculiarità e caratteristiche dell'allestimento a firma integrale del geniale Hugo De Ana; come di consueto qui riporteremo solo degli interpreti e degli eventi caratteristici dell'ultima rappresentazione in calendario per quest'anno con il secondo cast scritturato. La galanteria e la cavalleria impongono che si parta dal ruolo eponimo interpretato dal soprano Elena Rossi: di lei ci ha colpito la padronanza scenica e vocale del ruolo, sicurezza e determinazione negli spostamenti sul palcoscenico e grande eleganza nell'interazione con gli altri personaggi; la sua voce ci è apparsa in gran forma, con una facilità e duttilità nel gestire le note più acute, senza forzature, ma direi, per racchiudere insieme i due concetti pocanzi espressi, con "elegante facilità"; per quello che riguarda invece la prima ottava, talvolta abbiamo notato, soprattutto nelle parti più melodiche e meno recitanti, la tendenza ad una pronuncia delle vocali piuttosto aperta che in alcune situazioni ha un po' inficiato sull'emissione corretta e ben timbrata; nonostante questa nota che abbiamo ritentuto opportuno sottolineare, ci preme lasciare un'impronta più che positiva per questo soprano emiliano ricordando tramite le parole di una sua intervista, quanto importante lungo e faticoso sia stato il lavoro di preparazione per questo ruolo in questa regia: dalla Gazzetta di Reggio - «Con l’assistente del regista Hugo De Ana ab b iamo affrontato un mese di prove continue e impegnative: del resto lo spazio vasto dell’Arena richiede un tempo maggiore per acquisire i movimenti scenici, fatto che mi ha dato la possib ilità di approfondire maggiormente il personaggio. A mio avviso Floria Tosca incarna e riassume la concezione pucciniana della donna. La musica che il compositore ha creato per lei, trab occa di indicazioni espressive e così appare in ogni momento una figura viva e appassionata nella sua complessa femminilità»; e concludiamo quindi riconoscendo alla Rossi il merito di aver trasposto questa complessa femmilità di Tosca nella sua seria ed impegnata interpretazione vocale e scenica. Nel ruolo del patriottico e sfortunato amato Cavaradossi , il tenore Dario Di Vietri; sicuramente più a suo agio nei panni del pittore romano, che non in quello del combattente Radames, ha saputo dare una connotazione piuttosto fedele e adeguata al personaggio secondo quello riteniamo siano state le intenzioni del compositore e dei librettisti; scenicamente ha dimostrato determinazione e sicurezza nei movimenti e negli atteggiamenti che si sono unite ad una vocalità sicura e solita negli acuti, ma più vuota e meno appoggiata nella zona bassa; tale riflessione ci fa capire di essere davanti - come disse a lui il grande Pavarotti - ad un "bel materiale" che, fortuna la giovane età, può trovare sicuramente nella maturazione e nello studio uno sviluppo sempre maggiore per collocarsi degnamente e a pieno titolo nella categoria ormai latente di nuove voci, di tenore lirico; è riuscito a trovare in molte situazioni i giusti accenti e le giuste intenzioni, una su tutte E lucevan le stelle dove il "la" acuto è stato eseguito dapprima con delicata intensità, partendo da un "pp" per concludere con un gran crescendo che gli è valso l'ovazione ammirata e sentita del pubblico. Il lussurioso e sadico Scarpia ha trovato nel baritono Ambrogio Maestri, il suo degno interprete; abbiamo visto in scena una tale personalità ed imponenza che ci è sembrato in alcuni momenti anche a noi di essere suoi sudditi impauriti; tanto le movenze che la voce sono andate a braccetto per tutto il dipanarsi dell'opera, sia nel momento topico del Te Deum dove è stato fulcro in una miriade di leve che ruotavano intorno, sia nell'impegnativo secondo atto nel quale ha dato tutto se stesso senza mai far venir meno il carattere, all'inizio spietato e crudele, poi lussurioso, con una emissione dove serviva irruenta e cruda, ma sempre comunque con un legato ed una eleganza di tutto rispetto. Il sagrestano interpretato da Federico Longhi ha degnamente assolto al suo compito, con una sicura vocalità, ma per scelta registica, un po' troppo caricaturale e forse poco aderente al personaggio. Un grande Angelotti quello di Deyan Vatchkov di cui abbiamo apprezzato il bellissimo connubio voce e interpretazione. Completavano il cast Paolo Antognetti (Spoletta), Nicolò Ceriani (Sciarrone) , Romano Da Zovo (un carceriere) e Federico Fiorio (pastorello) Il coro diretto da Salvo Sgrò è stato il grande protagonista del finale del primo atto, facendoci provare, assieme a tutta l'ambientazione, un grande brivido di emozione. La bacchetta esperta e sicura di Julian Kovatchev ha fatto il resto, amalgamando tutto quello di cui finora abbiamo discorso, con tempi sempre appropriati e dinamiche di suono sempre in linea con il palcoscenico, senza mai sovrastare gli artisti, ma anzi agevolandoli nel loro canto. Il pubblico ha tributato ovazioni per tutti nonostante il protrarsi nel tempo dell'escuzione a causa della piogga che ha costretto a ben quattro interruzioni del primo atto, per poi lasciare, per intervenuta la clemenza del cielo, arrivare la recita alla fine senza ulteriori sospensioni. Crediti fotografici: Foto Ennevi per la Fondazione Arena di Verona Nella miniatura in alto: Elena Rossi (Floria Tosca) Al centro: Ambrogio Maestri (Scarpia) e ancora la Rossi; Dario di Vietri (Cavaradossi) In basso: la scena del Te Deum