Asia Orientale 古今東亞

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Asia Orientale 古今東亞
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Direttore della Collana
Paolo Santangelo (Sapienza Università di Roma)
Comitato Scientifico
Guido Samarani (Università Ca’ Foscari di Venezia)
Stefania Stafutti (Università di Torino)
Alessandro Dell’Orto (Università Urbaniana di Roma)
Asia Orientale औϺᲡώ
La collana Asia Orientale औϺᲡώ propone testi di elevato livello didattico,
scientifico, divulgativo nel campo delle varie discipline relative alla storia e alla
cultura dell’Asia Orientale. L’interesse per l’area è certamente cresciuto in seguito all’importanza economica e strategica assunta negli ultimi decenni, come
dimostra il fiorire di varie recenti iniziative editoriali in Italia presso piccoli e
grandi editori. È ovvio che la prevalenza globale di quest’area ha portato un
cambiamento negli orientamenti degli studi di settore, decretando il superamento sia dell’orientalismo ‘vecchia maniera’ che di quello ‘impegnato’ a carattere terzomondista. Con il declino dei vari ‘orientalismi’ è sempre più necessaria
una conoscenza che corrisponda alle esigenze presenti, e che non può prescindere tuttavia da una specializzazione che tenga conto delle differenze culturali persistenti, e dal confronto fra civiltà diverse.
La presente collana intende concentrarsi sulla realtà di quest’area, offrendo e
sollecitando contributi che coprano non solo la realtà immediata di cui dobbiamo tenere conto, ma vari aspetti delle antiche civiltà che ne costituiscono la base culturale. Perciò la collana intende promuovere varie discipline, oltre ai settori storici, filosofici e letterari, come quello linguistico e politico-economico. La
collana si propone, inoltre, di incoraggiare la pubblicazione di monografie etnografiche sulle culture e società dell’Asia Orientale, con particolare riguardo all’antropologia della Cina.
La collana adotta un sistema di valutazione dei testi basato sulla revisione
paritaria e anonima (peer review). I criteri di valutazione riguarderanno la qualità scientifica e didattica e la significatività dei temi proposti. Per ogni proposta
editoriale, tali requisiti saranno accertati dal comitato scientifico, che si avvarrà
di almeno un revisore esperto. La possibilità di avere edizioni online oltre che a
stampa permette l’utilizzo di sistemi multimediali e di comunicazione di particolare interesse per la distribuzione, la didattica e la fruizione su vari supporti.
Il direttore della collana, Paolo Santangelo ([email protected]), è coadiuvato da un comitato scientifico composto dal Prof. Guido Samarani (Università Ca’ Foscari di Venezia), dalla Prof. Stefania Stafutti (Università di Torino)
e dal Prof. Alessandro Dell’Orto (Università Urbaniana di Roma).
Alessandro Dell’Orto
Racconti di templi e divinità
La religione popolare cinese
tra spazi sociali e luoghi dell'aldilà
Copyright MMXIV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–7037–6
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso dell’Editore.
1 edizione: marzo 2014
INDICE
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Premessa e ringraziamenti
Elenco delle illustrazioni
Avvertenze
17
Introduzione
Ridurre le distanze, 18
I capitoli del libro, 23
27
Capitolo primo
Antropologia e religione popolare cinese
1.1 Luoghi e comunità che narrano: racconti di templi e divinità, 27
1.2 Paradigmi nello studio delle religioni cinesi, 36
La «religione diffusa» e la «religione istituzionalizzata», 37
Le «tre religioni»: letterati, idolatri e stregoni, 42
Il «quarto strato»: la religione popolare, 49
1.3. Per un’antropologia della religione popolare cinese, 50
Tra unità e diversità, 53
La dimensione sincretica, 56
La nozione di «religione», 58
1.4. La religione popolare cinese nel mondo accademico italiano, 62
67
Capitolo secondo
Templi, divinità e loro poteri miracolosi
2.1. I templi cinesi quali luoghi rituali, cosmologici e sociali, 67
Il ruolo dei templi negli spazi sociali della vita quotidiana, 71
2.2. Il tempio della comunità e la comunità del tempio, 76
L’incensiere e la condivisione dell’incenso, 80
7
2.3. Gli spazi sociali e i poteri miracolosi delle divinità cinesi, 84
La pratica dello «shao zhiqian»: bruciare le banconote rituali, 91
2.4. Un trittico divino nella religione popolare, 95
113
Capitolo terzo
Una divinità tra la gente
3.1. Tudi Gong, la divinità del luogo, 113
I nomi e i distici dei templi tra territorio e cosmologia, 120
3.2. La divinità dei mondi Yin e Yang, 127
3.3. Racconti e aneddoti di Tudi Gong, 135
Iconografie e altre rappresentazioni, 139
3.4. I rituali di Tudi Gong, 143
157
Capitolo quarto
La terra e il suo spirito
4.1. Dal culto della terra al culto di Tudi Gong, 157
Lo spazio domestico: Zhongliu Shen e Diji Zhu, 160
4.2. «She»: la dimensione sociale del culto della terra, 162
La terra e i cereali: il culto dello Sheji, 164
4.3. La vitalità e l’energia della terra: l’albero sacro, 170
4.4. «Shishe» e «Shezhu»: la pietra e la tavoletta, 176
183
Capitolo quinto
Territorio e comunità locale
5.1. Divinità territoriali: guanxi, gerarchie e poteri miracolosi, 183
5.2. Le tipologie dei templi e delle divinità cinesi, 190
Per una classificazione dei templi, 192
I titoli delle divinità, 198
5.3. «Schierare e richiamare le truppe»: etnografia di un rituale, 203
5.4. I territori degli spiriti: Dazhong Ye e Youying Gong, 219
229
Conclusioni
Cosmologie ritualizzate tra spazi sociali e luoghi dell’aldilà, 229
Osservazioni finali e prospettive di ricerca, 235
241
Bibliografia
8
PREMESSA E RINGRAZIAMENTI
Ci sono luoghi, eventi, persone, a volte anche certi libri, che sono fonte
di grande ispirazione. Il mio interesse per la religione popolare cinese, che
qualcuno ha scherzosamente definito «una forma di dipendenza», è probabilmente una coincidenza favorevole di tutti questi elementi.
Dall’estate del 1989, da quando per la prima volta ho messo piede in
Taiwan e poi in Cina Popolare, ero certo che questo interesse mi avrebbe
accompagnato per molti anni, orientando ricerche sul campo, insegnamento e studi successivi. Forse avevo intuito, fin dai miei primi passi nel
mondo cinese, che lo studio della religione popolare poteva diventare,
almeno per me, uno degli ambiti privilegiati per posare lo sguardo sulla
pratica della vita quotidiana dei cinesi, per addentrarmi in quegli spazi
sociali, costruiti attraverso un’articolata rete di persone e di relazioni,
che sono alla base delle rappresentazioni cinesi dei luoghi dell’aldilà.
Le pagine che seguono sviluppano questa intuizione. Oltre a essere cariche dell’esperienza e degli studi di questi anni, esse sono innanzitutto segnate dalla presenza di tante persone che, nei vari luoghi dove ho vissuto,
mi hanno incoraggiato e aiutato. Molti degli «interlocutori» sul campo
di ricerca sono diventati amici. In tante occasioni, sono stati loro a orientare i miei passi, e a offrirmi possibilità inaspettate, per procedere nella
comprensione del complesso mondo della religione popolare cinese. Spero di essere riuscito a ricambiare la loro sincera amicizia e la costante disponibilità ad assistermi anche quando non lo richiedevo esplicitamente.
Credo che qualsiasi libro, a maggior ragione una monografia etnografica, sia il risultato di tante voci che, pur passando attraverso il corpo e la
penna dell’autore, si intrecciano in modi diversi all’interno del campo e
del testo etnografico. A tutte queste voci esprimo la mia affettuosa gratitudine.
9
Questo libro è anche il risultato di una promessa mantenuta ai colleghi e agli amici che mi hanno spesso chiesto di pubblicare un testo in
lingua italiana «sulle strane cose cinesi (nel senso di non familiari!) che
ho visto e studiato». Li ringrazio tutti per la discreta e continua insistenza.
Sono molto grato a mia madre Angela e alla memoria di mio padre Vincenzo, ai miei fratelli e alle loro consorti, Alfonso e Annamaria, Antonio e
Cinzia, per l’affettuoso sostegno durante i lunghi anni trascorsi in un’altra terra alla quale sento ugualmente di appartenere. Spero che i miei nipoti, Alessandra e Marzia, Vincenzo e Maria Rosaria, attraverso le pagine
di questo libro possano cominciare a percorrere le strade di un altro universo, imparando a voler bene a un’altra terra, ai suoi abitanti e alle sue
divinità, nello stesso modo del loro zio.
Desidero esprimere un sincero ringraziamento alla casa editrice Aracne di Roma, in special modo al Prof. Paolo Santangelo, direttore della Collana Asia Orientale, per aver pubblicato questo mio lavoro; ai Professori
Stephan Feuchtwang, Marco Salvati e Gian Paolo Succu per gli inestimabili suggerimenti durante il processo di scrittura.
Un ringraziamento speciale è per la Prof.ssa Elisabetta Corsi che ha pazientemente letto tutto il manoscritto. I suoi suggerimenti come anche le
sue critiche, puntuali e appropriate, hanno contribuito a rendere il testo
più comprensibile e maturo.
Sono riconoscente al Rettore Magnifico dell’Università Urbaniana, Prof.
Alberto Trevisiol, per avermi concesso un semestre sabbatico (ottobre
2012–gennaio 2013) al fine di ultimare questo libro. Al Prof. Benedict Kanakappally, Decano, e ai Professori della Facoltà di Missiologia, ricambio
la stima, l’incoraggiamento e l’affetto che, in più occasioni, mi hanno
dimostrato.
Un grazie sincero a Zhao Hongtao, del Centro Studi Cinesi dell’Università Urbaniana, con cui ho condiviso in questi anni buona parte delle
fatiche e delle passioni accademiche quotidiane; a Emanuele Raini, che
ha appena iniziato la sua avventura di collaborazione e di ricerca nel nostro Centro, per i preziosi suggerimenti in vista della pubblicazione di
questo libro; a Tiziana Selvaggio per aver indicato importanti miglioramenti editoriali.
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Sono debitore nei confronti di Francesco Marini, amico di lunga data,
che in tante occasioni e in diversi modi ha sempre incoraggiato la mia
passione per l’antropologia e per la Cina. Non so se mai riuscirò a ricambiare la sua squisita umanità e l’acume intellettuale attravero cui ha saputo orientare, con molta discrezione, il mio cammino umano, spirituale e
accademico. Devo a lui se ho potuto realizzare queste mie passioni.
Vorrei ringraziare anche una piccola scrittrice, Lucilla, attenta osservatrice del mondo e della vita. Il suo amore per le parole, e l’immaginazione con la quale costruisce i personaggi e le trame dei suoi racconti, hanno molto stimolato la mia scrittura etnografica. Forse mi sbaglio, ma ho
la sensazione che da grande la piccola Lucilla farà l’antropologa. Lo spero davvero.
Il mio più affettuoso ringraziamento è per gli studenti dell’Università
Urbaniana. Le diversità dei volti e delle voci, che caratterizzano le nostre
lezioni, sono stati un’altra fonte di grande ispirazione. A ognuno di loro,
questo libro è dedicato.
Alessandro Dell’Orto ⫘⭣䐱
Roma, 7 ottobre 2013
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ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI
Fig. 1.1
Fig. 2.1
Fig. 2.2
Fig. 2.3
Fig. 2.4
Fig. 2.5
Fig. 2.6
Fig. 2.7
Fig. 2.8
Fig. 2.9
Fig. 2.10
Fig. 2.11
Fig. 2.12
Fig. 2.13
Fig. 2.14
Fig. 2.15
Fig. 2.16
Fig. 2.17
Fig. 2.18
Fig. 2.19
Fig. 3.1
Fig. 3.2
Fig. 3.3
Fig. 3.4
Fig. 3.5
Fig. 3.6
Fig. 3.7
Un tempio nello Yunnan, copertina del libro
Il tempio Bao’an a Taipei, 103
Il tempio Fuju a Taipei, 103
L’incensiere al tempio di Xiahai Chenghuang a Taipei, 104
Anziani davanti a un tempio di Taipei, 105
In un tempio dello Yunnan, 105
L'incensiere del tempio Baozhu a Xishan, Kunming, 106
L'incensiere del tempio Qiongzhu nello Yunnan, 106
Un gruppo di divinità in un tempio di Tudi Gong a Taipei, 107
Nezha, 107
Mazu, 108
Guan Gong, 108
Tudi Gong, 109
Preparazione per un rituale in un tempio di Kunming, 109
In un tempio dello Yunnan, 110
L'entrata del tempio Panlong nello Yunnan, 110
Anziani che giocano a carte in un tempio dello Yunnan, 111
Un monaco con i novizi in un tempio buddista dello Yunnan, 111
Un inceneritore delle banconote rituali a Taipei, 112
Un inceneritore delle banconote rituali nello Yunnan, 112
Uno dei distici più comuni dedicato a Tudi Gong, 121
Tudi Gong guida una processione, 149
Un piccolo tempio di Tudi Gong, 149
Tudi Gong e la sua consorte Tudi Po, 150
Tudi Gong e Mulian durante un funerale, 150
Houtu, 151
Piccolo Tudi Gong accanto a una tomba, 151
13
Fig. 3.8
Fig. 3.9
Fig. 3.10
Fig. 3.11
Fig. 3.12
Fig. 3.13
Fig. 3.14
Fig. 3.15
Fig. 3.16
Fig. 4.1
Fig. 4.2
Fig. 4.3
Fig. 4.4
Fig. 5.1
Fig. 5.2
Fig. 5.3
Fig. 5.4
Fig. 5.5
Fig. 5.6
Fig. 5.7
Fig. 5.8
Fig. 5.9
Fig. 5.10
Fig. 5.11
Fig. 5.12
Huye, la Tigre, 152
Blocchetti di legno per il babui, 153
Candele per le divinità, 153
Una bambina in un tempio di Tudi Gong, 154
San Sheng, le tre offerte di carne, 154
Offerte di frutta in un tempio di Tudi Gong, 155
Un Tudi Gong nello Yunnan, 155
Un tempio nello Yunnan durante il capodanno cinese, 156
Tre Tudi Gong, 156
L'albero sacro del villaggio di Yongxing, Taiwan, 180
Il tronco dell'albero immagine della colonna vertebrale, Yunnan, 180
La tavoletta sacra della divinità dell'albero, Taiwan, 181
Tudi Gong a forma di pietra, Taiwan, 181
Le cinque teste e i cinque vessilli, 206
Tudi Gong e Chenghuang, Taipei, 207
L’accampamento orientale, 208
L’accampamento meridionale, 209
L’accampamento occidentale, 210
L’accampamento settentrionale, 211
L’accampamento centrale, 212
Gli Otto Generali, 216
Particolare degli Otto Generali: l’accerchiamento, 216
Un tempio dedicato a Youying Gong, 226
Chiave e lucchetto per aprire la porta degli spiriti, 227
Apertura della porta degli spiriti, 227
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AVVERTENZE
ƒ Per offrire al lettore la possibilità di un accesso veloce ai numerosi
brani classici in lingua cinese, che pur sono trascritti in questo libro insieme alle rispettive traduzioni, la maggior parte dei riferimenti bibliografici rimanda al Chinese Text Project (CTP), che è consultabile online
(http://ctext.org). I rimanenti testi delle fonti cinesi, che non sono presenti nel CTP, sono debitamente citati, nell’edizione cartacea da me consultata, nelle note a piè delle rispettive pagine.
ƒ Tutte le immagini, così come le traduzioni, sono mie.
ƒ La traslitterazione dei caratteri cinesi segue il sistema pinyin; ho lasciato inalterate le diverse romanizzazioni dei nomi degli autori e dei testi come presentati nelle edizioni originali.
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INTRODUZIONE
Racconti di templi e divinità è un libro sulla religione popolare cinese che,
in prospettiva antropologica, analizza la complessa relazione tra gli spazi
sociali della vita quotidiana e i luoghi cinesi dell’aldilà. Utilizzando materiale etnografico di prima mano, raccolto in dodici anni di ricerche sul
campo in Cina Popolare e Taiwan, questo studio evidenzia lo stretto legame che esiste tra pratiche rituali, visioni cosmologiche e spazi sociali
nel panorama religioso cinese.
Con accentuazioni diverse, i capitoli del libro ruotano intorno alla concezione popolare cinese che sottende, da una parte, la rappresentazione
gerarchica degli esseri soprannaturali, la creazione di luoghi che essi proteggono e sui quali esercitano la loro autorità divina; dall’altra, il modo in
cui i cinesi immaginano il proprio ambiente sociale come un insieme di territori, gerarchicamente ordinati ma anche strategicamente intercomunicanti, sia in questa vita sia nell’aldilà.
Le sfumature di questo parallelismo manifestano la complessità della
società cinese e l’interconnessione dei suoi spazi sociali, ma indicano anche alcune dimensioni rituali, cosmologiche e sociali della religione popolare. Le somiglianze tra il mondo terreno e l’aldilà, infatti, forniscono
aspetti interessanti sulla relazione tra il Cielo (tian 㳍), la Terra (di ⭹) e
gli esseri umani (ren 㦬), una visione cosmologica di importanza fondamentale, ricorrente nella letteratura e nei testi delle tradizioni religiose
cinesi.
Tale visione trinitaria, unitamente alla concezione che tutte le forze del
cosmo sono complementari anziché in opposizione (i.e. concetto di YinYang 勯勷), ricorre molto spesso anche nella religione popolare cinese. Tra
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il Cielo e la Terra, e insieme agli esseri umani, altre figure affollano questo complesso panorama cosmologico. Le divinità (shen 㪒), gli spiriti (gui
⺎) e gli antenati (zuxian 䔇㻩) formano un altro trittico che occupa un
ruolo importante nei rituali domestici e comunitari, come anche nella
costruzione dei luoghi dell’aldilà. Le caratteristiche gerarchiche e relazionali di alcune divinità cinesi, per esempio, si esprimono ritualmente
nell’esercizio di un’autorità territoriale che, attraverso un’altra concezione cosmologica denominata Wu Xing 㹆㾱 (i cinque movimenti o agenti), svolge la funzione di controllare, purificare e proteggere il territorio
della comunità locale (vedi cap. 5).
Si potrebbe affermare, allora, che la religione popolare cinese costituisce un «luogo cosmologico», situato tra Cielo e Terra, tra Yin 勯 e Yang 勷,
tra spazi sociali e luoghi dell’aldilà, nel quale individui, famiglie e comunità rinnovano ritualmente il loro legame con le divinità e con gli antenati, e affermano la loro distanza da quegli spiriti che, nella vita quotidiana, possono provocare disordine e arrecare danno.
Tuttavia, come avremo modo di osservare nei capitoli del libro, la relazione tra questo e l’altro mondo è molto più complessa. Essa si articola
attraverso intricate negoziazioni tra gli esseri umani e le divinità, come
anche per mezzo di numerose strategie rituali, al fine di ristabilire un
ordine sociale e un equilibrio cosmico che possa garantire il benessere
individuale e comunitario. In forma discorsiva, i racconti di templi e divinità esprimono questa complessa relazione, la rinnovano continuamente nella pratica della vita quotidiana, la adattano ai cambiamenti sociali e culturali della società cinese, e le oppongono resistenza quando
essa non opera per il bene comune del popolo.
Ridurre le distanze
Oltre a presentare un tema alquanto inedito nell’ambito degli studi antropologicie sinologici in Italia, questo libro è stato anche scritto per coinvolgere il lettore nel processo di comprensione di una cultura, di una
società, quella cinese, che è spesso immaginata come la più «altra» delle
altre. Una concezione che vorrei ridimensionare, tentando di ridurre la
distanza da un universo culturale che, per molti, sembra procedere su vi
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INTRODUZIONE
sioni del mondo e sistemi di significato completamente paralleli rispetto
agli altri, e appare contraddistinto da pratiche rituali spesso ritenute incomprensibili.
Penso che uno dei compiti principali dell’antropologo consista nel «ridurre le distanze» tra mondi diversi. Distanze frapposte per semplici e
banali ignoranze del mondo dell’altro, oppure generate da vere e proprie
forme di etnocentrismo e di razzismo, di odio e di violenza. In modi diversi, queste forme continuano ad abitare la pratica della vita quotidiana
e a minare la pacifica convivenza umana. In un mondo in cui le distanze
fisiche si sono ridotte, altre sono state create, più complesse, più subdole,
più difficili da gestire.
A tal riguardo, l’antropologia mira a creare spazi condivisi di dialogo e
di comprensione, coltivando la passione per la conoscenza della differenza dell’altro. Paradossalmente, è proprio una maggiore conoscenza delle
diversità sociali e culturali, che ci rende più simili e, allo stesso tempo, più
capaci di riconoscere e condividire il senso di cosa voglia dire «essere umani», un tema tra l’altro molto caro alle tradizioni religiose cinesi.
Gli antropologi tentano di contribuire alla costruzione di questi spazi condivisi attraverso l’arte della «conversazione» durante la ricerca sul
campo, e della «traduzione culturale» nella produzione del testo etnografico. Entrambe le attività richiedono una profonda conoscenza linguistica, essenziale in qualsiasi ricerca etnografica, ma anche una familiarità con la costruzione dei rapporti umani e dei «saperi locali», con le
strategie di negoziazione sociale e le visioni del mondo, fino alle rappresentazioni dell’aldilà che caratterizzano i popoli del mondo. Solo una
lunga permanenza sul campo può far cogliere e apprezzare le forme e i
contenuti attraverso i quali uomini e donne di culture diverse danno
significato al mondo e a se stessi.
Imparare l’arte della conversazione con i propri interlocutori non
vuole solo dire diventare esperti nella raccolta di dati in vista di produrre una monografia etnografica, ma è innanzitutto coltivare un atteggiamento antropologico, e quindi umano, di rapportarsi con l’altro, di comprenderlo nel suo stesso ambito sociale, in un’atmosfera che i cinesi sono soliti chiamare di renqingwei 㦬㤊㸗, caratterizzata appunto da un reciproco tocco, letteralmente «sapore», di umanità. Gli antropologi, a volte, dimenticano questa dimensione costitutiva del «fare antropologia».
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