Aumenta il tumore tiroideo ma crescono anche le CURE

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TUMORE D’ORGANO
Aumenta il tumore tiroideo
ma crescono anche le CURE
di Agnese Codignola
Non sono ancora chiare le cause
dell’aumento dei casi, ma tra
radioterapia, chirurgia sicura e nuovi
farmaci cresce anche il numero di
pazienti guariti
L’ARTICOLO IN BREVE
Il tumore tiroideo è in crescita anche se non sono note le
cause di questo incremento. Per fortuna le tecniche
chirurgiche per l’asportazione della ghiandola sono sempre
meno invasive e gravate da effetti collaterali. Nella maggior
parte dei casi, però, la radioterapia metabolica (che sfrutta la
proprietà della tiroide di captare lo iodio) consente di trattare
la malattia senza ricorrere alla chemioterapia. Per chi non
risponde alle cure classiche, ci sono oggi diversi farmaci
biologici in sperimentazione.
ono in pochi a saperlo,
anche tra i medici, ma
il tumore della tiroide,
nelle sue diverse forme, è
quello che cresce di più ogni
anno, come numero di casi,
e gli addetti ai lavori stanno
cercando di capire perché”.
Esordisce così Riccardo
Vigneri, direttore della Scuola di specializzazione in
endocrinologia dell’Università di Catania e uno dei
massimi esperti italiani di
questo tipo di cancro, che
però tiene a precisare subito:
“
S
“Resta una neoplasia relativamente rara, e anche una
delle più curabili, perché
ormai la sopravvivenza a
dieci anni, per alcune forme,
ha raggiunto il 90 per cento
dei casi e in generale è attorno al 70 per cento. Tuttavia
bisogna capire se l’incremento che vediamo è reale o è
frutto di una serie di fattori
esterni (come una maggiore
attenzione che porta anche a
più diagnosi) e, nel caso sia
reale, come intervenire per
invertire la tendenza”.
PIÙ A RISCHIO I GIOVANI
I tumori della tiroide in
effetti non sono molto frequenti: rappresentano meno
dell’un per cento di tutti i
tumori; secondo i dati raccolti nei Registri Tumori italiani, hanno un’incidenza
pari, ogni anno, a 5,2 nuovi
casi ogni 100.000 uomini e
15,5 casi ogni 100.000
donne. Negli ultimi anni,
però, si è assistito a un
aumento del numero di diagnosi. Inoltre è una malattia
che interessa soprattutto i
giovani, se è vero che oltre il
50 per cento dei casi viene
diagnosticato in persone che
hanno meno di 55 anni, e
per questo è particolarmente
importante capire meglio
che cosa ne fa aumentare
l’incidenza.
“I fattori di rischio noti
sono principalmente il gozzo
da carenza di iodio, una
malattia un tempo molto
diffusa ma oggi, grazie all’assunzione di quantità di iodio
più adeguate (per esempio
con il sale iodato), in forte
diminuzione, e l’esposizione
alle radiazioni, come dimostrano i picchi di incidenza
tra le persone esposte alla
contaminazione di Chernobyl” spiega Vigneri. “Essi
tuttavia non spiegano fino in
fondo i dati anomali come
una forte incidenza del
tumore in Emilia-Romagna,
fatto che qualcuno collega
alla presenza di milioni di
suini, e alla contaminazione
derivante dalle loro deiezioni”. Cosa contengano le feci
dei maiali per favorire l’incidenza di questo tumore non
è chiaro, ma la correlazione
Fondamentale ottobre 2009 7
TUMORE D’ORGANO
statistica è certa e gli epidemiologi stanno investigando.
L’origine dell’aumento dei
casi, secondo altri, sarebbe
invece da cercare nell’inquinamento, perché la tiroide
ha una funzione di filtro e
assorbe gli inquinanti più di
altri tessuti; ciò spiegherebbe
anche perché i picchi di incidenza si hanno nelle grandi
città o nelle aree industrializzate in genere, dove più forte
è la presenza dei cosiddetti
distruttori endocrini, sostanze molto comuni che possono interferire con il quadro
ormonale. Un’ipotesi alternativa chiama poi in causa le
fonti naturali, fatto che troverebbe conferme nei valori
molto alti di incidenza
riscontrati alle Hawaii, in
Islanda e nelle Filippine,
zone vulcaniche in cui ci
potrebbe essere nell’aria
qualche contaminante che
favorisce la trasformazione
neoplastica.
“In ogni caso è improbabile che, come sostenuto da
alcuni, l’incremento sia
dovuto soltanto a un’anticipazione della diagnosi data
dal grande ricorso alle ecografie, perché questo avrebbe
dovuto influire significativamente anche sulla mortalità”
continua Vigneri. “Al contrario, anche se oggi spesso
abbiamo a che fare con
microcarcinomi, cioè con
tumori di pochi millimetri,
la mortalità rimane sempre
la stessa: non è diminuita da
quando abbiamo iniziato a
trovare tumori più piccoli.
In attesa di un responso definitivo, la cosa migliore che si
può fare è limitare l’esposi-
8 Fondamentale ottobre 2009
zione alle radiazioni, cioè l’abuso di esami medici come
la TAC, soprattutto se eseguite da giovani”.
I tumori della tiroide non
sono tutti uguali: accanto ai
più frequenti tumori differenziati (carcinoma papillare
e follicolare), cioè formati da
cellule molto simili alle normali cellule tiroidee, vi sono
i più rari carcinomi midollari e quelli anaplastici, più
aggressivi localmente e con
una spiccata tendenza a dar
luogo a metastasi. Per tutti,
comunque, l’intervento chirurgico di asportazione della
tiroide (tiroidectomia) è il
primo e più efficace provvedimento terapeutico.
Luca Cozzaglio, capo
sezione dell’Unità operativa
di Chirurgia generale oncologica dell’Istituto Humanitas di Rozzano (Milano), con
una grande esperienza nella
chirurgia della tiroide, afferma: “Oggi quello che resta
un intervento delicato presenta molti meno rischi
rispetto al passato, e assicura
nella quasi totalità dei casi
non soltanto la remissione
ma, se associato alla radioterapia metabolica (cioè un
tipo particolare di radioterapia che colpisce esclusivamente le cellule tiroidee), la
guarigione completa”. Un
tempo l’intervento, a causa
della posizione molto delicata della ghiandola, comportava grandi rischi per la voce
e la respirazione, e poteva
dare luogo a pericolose
emorragie. Oggi si tratta di
eventi rarissimi per due ordini di motivi, come sottolinea
Cozzaglio: “Fino a qualche
occhio agli
LA RICERCA CONTINUA
Le ultime novità
anno fa il gozzo era molto metri del metodo tradizionadiffuso e l’intervento di le): purtroppo, a tutt’oggi,
tiroidectomia veniva fatto solo una minoranza di
quasi in tutti gli ospedali. pazienti può usufruire di
Negli anni questi interventi questa tecnica, perché non è
sono diminuiti, e con essi applicabile se l’organo da
anche l’esperienza di molti asportare è molto ingrossato
chirurghi: per questo oggi si o se vi sono aderenze tra i
preferisce fare riferimento a tessuti dovute a infiammaospedali e chirurghi che zioni”. Anche in questo caso,
abbiano un’esperienza speci- quindi, come in altri tumori,
fica, perché è stato dimostra- la precocità della diagnosi
facilita la chito
che
i
rurgia.
migliori risulMeno centri
Per avere il
tati con i
di
minori rischi per la chirurgia massimo
ma mani
probabilità di
per il paziente
successo, bisosi hanno se
più esperte
gna associare
nell’ospedale si
fanno almeno 50 interventi alla chirurgia la radioterapia
sulla tiroide in un anno”. metabolica, una radioterapia
Meno centri, quindi, ma più specifica fatta non dall’esterno, come avviene negli altri
esperti.
Accanto al fattore umano tumori, ma dall’interno,
ce n’è poi un altro che ha assumendo sostanze che libecontribuito grandemente a rano la radiazione solo una
migliorare gli esiti della chi- volta arrivate alla ghiandola.
“È una vera fortuna che le
rurgia: quello tecnico. Ancora Cozzaglio: “Tra i nuovi cellule tiroidee captino lo
strumenti utilizzati per que- iodio come nessun altro tessta chirurgia vi sono il suto e che sia facilmente discoagulatore bipolare e il ponibile lo iodio radioattivo
bisturi a ultrasuoni, che con- che, una volta somministrato
sentono di fermare le piccole per bocca, va a concentrarsi
emorragie durante l’opera- proprio nella ghiandola”
zione salvaguardando le conclude Cozzaglio. “In questrutture nervose (soprattut- sto modo si risparmiano i
to i nervi laringei che tessuti sani. Per questo, ogni
comandano il movimento volta che le cellule del tumodelle corde vocali), e così re sono differenziate (come
riducendo i rischi. Inoltre, nel carcinoma papillare e foltra le nuove tecniche vi è la licolare) e quindi capaci di
MIVAT (tiroidectomia mini- captare lo iodio, la radioterainvasiva video-assistita), nata pia metabolica può eliminarin Italia, che si avvale di una le tutte, comprese quelle
microtelecamera durante rimaste dopo l’intervento e
l’intervento e che assicura invisibili a qualsiasi esame,
maggior precisione e tagli assicurando alla stragrande
più contenuti (2-2,5 centi- maggioranza dei pazienti la
metri al posto dei 6-8 centi- guarigione completa.
La chemioterapia non è mai stata molto utilizzata nei tumori
della tiroide perché non ve n’è mai stato un grande bisogno:
grazie alle caratteristiche peculiari della ghiandola e alla
disponibilità dello iodio radioattivo, infatti, non si è avuta, negli
anni, una necessità impellente di sviluppare farmaci ad hoc.
Esistono però casi nei quali essa può avere un ruolo
determinante, per esempio quando lo iodio è poco attivo perché
non è captato adeguatamente o quando gli altri approcci hanno
fallito. Per questi pazienti ci sono importanti novità.
Carcinoma midollare: anche se questa forma è curabile con lo
iodio marcato, esistono pazienti in cui esso è più aggressivo e
risponde meno bene alle terapie classiche. Tali forme sono in
genere molto vascolarizzate e caratterizzate da una fitta rete di
microcapillari: per questo si è pensato di provare ad aggredirli
con farmaci che colpiscano anche la componente vascolare. Gli
oncologi del Fred Hutchinson Research Center di Seattle hanno
sperimentato il sunitinib, un farmaco che ha già dato importanti
risultati in tumori come quello del rene e che, oltre a bloccare la
formazione di nuovi vasi sanguigni, inibisce anche il gene RET,
mutato in molti tumori tiroidei. In una recente sperimentazione
presentata al convegno annuale dell’American Society of Clinical
Oncology hanno trattato con il farmaco 35 pazienti con un
tumore che non rispondeva più allo iodio e già metastatico. Dopo
poco più di sette mesi, il 7 per cento mostrava una risposta
completa, il 25 una parziale e il 48 per cento una stabilizzazione
della malattia. La sperimentazione è ancora in corso.
Un altro gruppo di ricercatori – questa volta facenti capo alla
Mayo Clinic di Rochester – ha invece provato una molecola
ancora sperimentale, il pazopanib. Dei 37 pazienti trattati, un
terzo ha risposto con una improvvisa diminuzione della massa
del tumore e un altro terzo con un arresto della crescita, mentre
un terzo non ha risposto; la tossicità è stata modesta. Si
attendono per la fine dell’anno i risultati definitivi; nel
frattempo, gli stessi autori stanno programmando studi con il
pazopanib anche nei tumori tiroidei papillari e in quelli
anaplastici. Il pazopanib, come il sunitinib, è un farmaco
antiangiogenesi e in grado di inibire il gene RET.
Carcinoma anaplastico: anche per quella che è considerata la
forma più temibile di tumore della tiroide ci sono novità, sia
pure ancora preliminari. Un gruppo di oncologi dell’ospedale di
Halle, in Germania, ha verificato l’efficacia di una classe di
farmaci già in uso in altri tumori, gli inibitori del gene mTOR (tra
i quali temsirolimus ed everolimus) in cellule di tumori
anaplastici e midollari umani coltivate in vitro. Visto che
l’everolimus, unito alla chemioterapia con doxorubicina o
cisplatino, rallenta la crescita delle cellule del 25 per cento
rispetto alla sola chemioterapia, stanno pianificando i primi
studi clinici sull’uomo, sulla base di un rapido percorso dal
laboratorio alla cura dei pazienti che è ormai la norma nel
campo dei nuovi farmaci biologici.
inquinanti...
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