Liceo delle Scienze Umane Programma di Matematica Modulo 1. Topologia in R 2. Funzioni in R 3. Limite e continuità di una funzione Unità didattiche Struttura algebrica di R Insiemi reali limitati e illimitati Intorno di un punto Intervalli chiusi e aperti Estremi di un insieme reale Massimi e minimi di un insieme reale Punto di accumulazione Funzioni reali Funzioni algebriche e trascendenti Funzioni periodiche Funzioni pari e dispari Determinazione del dominio di una funzione Limite di una funzione in un punto infinito Limite di una funzione all’infinito Limite destro e limite sinistro Teoremi sui limiti Forme indeterminate Limiti notevoli Funzioni continue Funzioni discontinue Modulo 4. Derivata 5. Studio di una funzione 6. Metodi di integrazione Unità didattiche Rapporto incrementale Definizione di derivata Significato geometrico della derivata Continuità e derivabilità Derivata di alcune funzioni elementari Operazioni con le derivate Derivate di funzioni composte e inverse Derivate successive Differenziale di una funzione Teoremi fondamentali sulle derivate, derivabilità e continuità Teorema di De L’Hospital Massimi e minimi di una funzione e loro determinazione Concavità e convessità Flessi orizzontali e obliqui Asintoti di una funzione Rappresentazione grafica della curva di equazione y=f(x) Intregazione decomposizione di somma Integrazione per scomposizione Integrazione per sostituzione Integrali di funzioni trigononometriche Integrazione delle funzioni razionali Integrazione del tipo Integrazione delle funzioni irrazionali Integrazione per parti Modulo 1: Topologia in R INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELL’ANALISI Attualmente l'analisi è una branca molto sviluppata della matematica, ed è fondamentale per lo studio delle funzioni Prima di tutto definiamo intuitivamente una funzione: consideriamo due insiemi, diciamo funzione una relazione che associ a ogni elemento del primo insieme uno e un solo elemento del secondo insieme, il primo insieme è detto dominio della funzione, il secondo codominio o insieme immagine; lo studio di funzione serve solitamente per disegnare il grafico di una funzione, vediamo a grandi linee come si svolge questo processo. Per prima cosa è necessario individuare il dominio della funzione, questo può coincidere con l'insieme dei numeri reali oppure no, come nel caso della radice quadrata, che nei reali è definita solo per numeri positivi. Spesso è utile, ma talvolta molto difficile, individuare anche il codominio della funzione, se riesce a fare ciò, si trova nel piano cartesiano una regione, magari infinita, nella quale è contenuto tutto il grafico della funzione, questo è ovviamente utile per disegnarne il grafico. In seguito si studia l'andamento della funzione ai limiti del campo del dominio, cioè nelle vicinanze degli estremi degli intervalli in cui la funzione non è definita, per esempio la radice quadrata è definita solo per i positivi, quindi si studierà il comportamento nelle vicinanze del punto 0, trovando che la radice quadrata di 0 vale 0, ma le cose non sono sempre così semplici, la funzione y = 1/x non è definita quando x = 0, nelle vicinanze di questo punto la funzione cresce quanto si vuole, basta fare avvicinare sempre di più x a 0, quindi in il grafico crescerà all'infinito, nelle vicinanze del punto x = 0, senza tuttavia toccare mai la retta di equazione x = 0, anche se ci si avvicina sempre di più, una retta di questo tipo è detta asintoto, notiamo che questa sarà sempre verticale, se è nelle vicinanze di un punto dove la funzione non è definita. Dopo si va a studiare l'andamento della funzione quando x cresce all'infinito, in questo caso la y può crescere anch'essa all'infinito, oppure può avvicinarsi sempre di più a un valore, senza tuttavia mai raggiungerlo, troviamo quindi un altro asintoto, ma questa volta orizzontale. Si individua poi i punti nei quali la funzione assume valore massimo e valore minimo, questi valori possono essere il massimo o il minimo della funzione considerata su tutto il suo dominio, e allora sono detti rispettivamente massimo e minimo assoluti, oppure se, per esempio, un punto ha l'ascissa maggiore di tutti i punti vicini a questo (sia a destra che a sinistra), senza essere tuttavia il punto di massimo della funzione (magari la funzione è illimitata, cioè cresce all'infinito, il suo codominio coincide con l'insieme dei numeri reali), questo è detto massimo relativo della funzione, considerazioni analoghe per il minimo relativo. Si cerca anche in quali tratti la funzione è crescente e in quali è decrescente, dove cioè per x maggiori si ottengono y maggiori e viceversa, per x maggiori si ottengono y minori. Si determina anche dove la funzione è concava, dove cioè presi due punti qualsiasi della curva essa sta sotto la retta che li congiunge, e dove è convessa, dove sta sopra la retta. Esistono, per alcune curve, dei punti detti flessi, nei quali la curva passa da concava a convessa, o ovviamente viceversa, in questi punti la tangente alla curva la attraversa, per disegnare correttamente il grafico si una funzione è necessario trovare anche questi punti. Si procede poi alla ricerca, se esistono, di asintoti obliqui, cioè non paralleli agli assi, anche questo è chiaramente indispensabile per la corretta rappresentazione del grafico di una curva. In teoria tutto ciò basta per disegnare correttamente il grafico di una curva, ma quasi sempre è utile anche determinare dei punti, per facilitare il disegno, solitamente si scelgono le intersezioni con gli assi cartesiani, se ci sono, comunque tutti i punti sono utili, e più se ne determinano, più semplice sarà disegnare correttamente la curva. Esistono poi molti metodi per semplificare il lavoro, per esempio è molto usato il metodo di osservare se la curva presenta delle simmetrie, per esempio se la curva è simmetrica rispetto all'origine sarà sufficiente disegnare la curva in un solo quadrante per poi riprodurla identica, ribaltata, negli altri quadranti, oppure trovare simmetrie assiali eccetera. Se poi la curva è periodica, cioè si ripete sempre uguale a sé stessa dopo un certo periodo sarà sufficiente studiare un periodo solo. Inoltre se si può semplificare molto l'equazione della curva mediante una trasformazione che lasci invariata la sua forma, ma magari la sposti o la ruoti (questi tipi di trasformazioni sono dette similitudini), si studia la curva più semplice e poi la si sposta. Spessissimo si tratta proprio di una rotazione, perché complica molto l'equazione della curva, quindi la si disegna riferita agli assi, e poi la si ruota. A volte si usano anche altri tipi di trasformazioni, che deformano anche la curva, ma in modo di poterla poi disegnare giusta facilmente, ma è molto difficile individuare la trasformazione più comoda, con il rischio di complicare la situazione invece di semplificarla. In analisi sono molto studiati anche i così detti integrali, essi permettono di calcolare aree sottese a curve, volumi di solidi di rotazione ottenuti da curve, superfici eccetera. Anche la così detta derivata assume un aspetto molto importante in analisi, questo calcolo ci permette di trovare la retta tangente a una curva in un suo punto mediante un processo che ci fa evitare numerosi calcoli. CONCETTO DI INFINITO Il concetto di infinito è sicuramente uno dei concetti più affascinanti di tutta la matematica, infatti la nostra normale intuizione non è in grado di studiare correttamente l'infinito, anche la matematica lo fa entro certi limiti, vediamo come. Quando la nostra mente pensa all'infinito quasi sempre pensa all'infinità di numeri, in effetti i diversi insiemi di numeri sono i soli insiemi infiniti che si incontrano continuamente. L'insieme più semplice di numeri che possiamo immaginare è quello dei numeri naturali, esso è chiaramente infinito, tuttavia noi diciamo che anche l'insieme dei numeri pari o quello dei numeri dispari è infinito, questo ci pone davanti alla questione di valutare se sono di più i numeri pari o quelli dispari, oppure i naturali e i pari. Alla prima questione viene naturale rispondere che ci sono tanti pari quanti dispari, perché quando contiamo troviamo un pari e un dispari, alternati; la seconda domanda pone maggiori difficoltà, infatti ci verrebbe da rispondere che ci sono più naturali che pari, dato l'insieme dei numeri pari è contenuto in quello dei numeri naturali, ma allora in che senso sono entrambi infiniti? Qualcuno potrebbe rispondere che sono domande senza senso, ma in realtà la matematica può rispondere in maniera rigorosa a queste domande. Vediamo prima un po' di teoria degli insiemi finiti, per poi passare a quelli infiniti, se un insieme contiene k elementi si dice che la cardinalità di quell'insieme è k; inoltre se presi due insiemi essi possono essere messi in corrispondenza biunivoca, a ogni elemento del primo insieme corrisponde uno e un solo elemento del secondo insieme e viceversa, allora i due insiemi hanno la stessa cardinalità, oppure si dice anche che sono equipotenti. Se un insieme, finito, è contenuto in un altro insieme, senza che i due insiemi coincidano, allora il primo insieme può essere messo in corrispondenza biunivoca con un sotto insieme del secondo, e il secondo insieme avrà più elementi del primo, e la cardinalità del primo sarà minore della cardinalità del secondo. In questo modo possiamo dare una nuova definizione di numero, indipendente dall'assiomatizzazione di Peano, un numero è ciò che hanno in comune tutti gli insiemi che sono in corrispondenza biunivoca con un certo insieme A. Questa definizione è molto più intuitiva di quella di Peano, dove il numero non viene definito, ma preso come ente primitivo, ma in questo modo abbiamo preso come enti primitivi il concetto di insieme e quello di corrispondenza, cioè abbiamo solo aggirato, non risolto, il problema. Passiamo ora agli insiemi infiniti. Il grande matematico G. Cantor intuì che proprio attraverso una corrispondenza biunivoca si può stabilire una gerarchia tra gli insiemi infiniti. Utilizzando questa strada chiamiamo numerabile ogni insieme, infinito ovviamente, che possa essere messo in corrispondenza biunivoca con l'insieme dei numeri naturali, per il quale cioè si possa fornire un procedimento che consenta di contare i suoi elementi, o meglio, di ordinarli in una successione. Tutto ciò però pone il grave problema di definire un insieme infinito e uno finito, una volta definito uno, per esempio l'insieme finito, si potrà definire l'altro come il contrario del primo, un insieme infinito sarebbe dunque uno non finito. Il problema è cioè definire uno di questi due tipi di insieme. Paradossalmente è più facile definire un insieme infinito: un insieme infinito è un insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio (cioè diverso dall'insieme di partenza). Secondo questa definizione l'insieme dei numeri naturali , che è infinito, può essere messo in corrispondenza biunivoca con, per esempio, l'insieme dei numeri pari. Possiamo, a questo punto, parlare di cardinalità o potenza di un insieme infinito, in particolare l'insieme dei numeri naturali si dice che ha cardinalità, o potenza, del numerabile. Si può dimostrare che ogni sottoinsieme dei numeri naturali, a patto che ovviamente sia infinito, è numerabile, così sono insiemi numerabili quello dei numeri pari, dei dispari, dei numeri primi, dei quadrati perfetti... in pratica esistono tanti numeri pari quanti numeri naturali, per quanto possa sembrare strano. Viene ora da chiederci se esistono insiemi con cardinalità maggiore di quello dei numeri naturali, in effetti si può dimostrare che sia l'insieme dei numeri relativi che quello dei numeri razionali hanno la cardinalità del numerabile, mentre quello dei numeri reali ha cardinalità maggiore. In parole povere esistono tanti numeri razionali quanti sono i naturali, ma i reali sono di più, solo tra 0 e 1 vi sono più reali che naturali. Inoltre si dimostra che l'insieme dei numeri algebrici (quei numeri, cioè, che sono soluzione di una qualche equazione algebrica) hanno la cardinalità del numerabile, e poiché l'unione di due insiemi che ha la cardinalità del numerabile ha ancora la cardinalità del numerabile si deduce che l'insieme dei numeri trascendenti (quelli che non sono soluzione di nessuna equazione algebrica) ha la cardinalità di tutti i numeri reali, si dice che ha la cardinalità del continuo. MODULO 2: Funzioni in R 1) Definizione di funzione reale di una variabile reale: Siano A e B due sottoinsiemi non vuoti in R. Si chiama funzione di A in B una qualsiasi legge che fa corrispondere, ad ogni elemento di x ∈ A, uno e un solo elemento y ∈ B. In simboli si ha: y = f(x) Dove: x indica un elemento che può essere scelto arbitrariamente in A e rappresenta la variabile indipendente. y indica un elemento di B che la funzione associa all’elemento x di A e rappresenta la variabile dipendente. A è il dominio o campo di esistenza della funzione f. B è il codominio di f. 2) Per lo studio delle funzioni è necessario conoscere i vari tipi di intervalli, e cioè: Intervallo aperto (a, b) l’insieme di tutti i numeri reali x tali che a < x < b Intervallo chiuso [a, b] l’insieme di tutti i numeri reali x tali che a ≤ x ≤ b Intervallo aperto a destra [a, b) l’insieme di tutti i numeri reali x tali che a ≤ x < b Intervallo aperto a sinistra (a, b] l’insieme di tutti i numeri reali x tali che a < x ≤ b Inoltre, in un intervallo, si dicono: Estremi i numeri a e b Estremo inferiore o sinistro il numero a Estremo superiore o destro il numero b Misura o Ampiezza il numero b – a L’intervallo (a, + ∞ ) è un intervallo illimitato superiormente L’intervallo (- ∞ , a) è un intervallo illimitato inferiormente 3) E’ anche necessario conoscere i vari tipi di intorno di un numero reale c, e cioè: Intorno completo un qualsiasi intervallo aperto che contenga c Intorno destro un qualsiasi intervallo aperto a destra che abbia come estremo sinistro c Intorno sinistro un qualsiasi intervallo aperto a sinistra che abbia come estremo destro c 4) CLASSIFICAZIONE DELLE FUNZIONI: Sia data la funzione f: A → B, con y = f(x) Funzioni suriettive: si dice che la funzione f è suriettiva quando ogni elemento di B è immagine di almeno un elemento di A. Funzioni iniettive: si dice che la funzione f è iniettiva se fa corrispondere ad elementi distinti di A elementi distinti di B. Funzioni biiettive: si dice che la funzione f è biiettiva se è, allo stesso tempo, iniettiva e suriettiva. Definizione di corrispondenza biunivoca: Si dice che due insiemi A e B, non vuoti, sono in corrispondenza biunivoca, quando esiste una legge che associa, ad ogni elemento di A, uno ed un solo elemento di B e, viceversa, ogni elemento di B è associato ad uno ed un solo elemento di A. 5) Le funzioni analitiche si possono classificare nel seguente modo: Algebriche Trascendenti | | Razionali Irrazionali | | Intere Fratte Esponenziali Lgaritmiche Goniometriche Intere Fratte Una funzione si dice Razionale Algebrica se le operazioni che si devono eseguire sulla variabile indipendente x sono quelle di addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione ed elevamento a potenza ad esponente intero. In particolare, si dice Razionale intera se la x non figura a denominatore o a numeratore con esponente negativo, in caso contrario si dice Razionale fratta. Una funzione si dice Irrazionale Algebrica se si deve eseguire sulla variabile indipendente x, oltre all’addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione ed elevamento a potenza ad esponente intero, anche l’estrazione di radice o l’elevamento a potenza con esponente non intero. Una funzione si dice Trascendente quando non è algebrica. 6) PROPRIETA’ SPECIFICHE DI ALCUNE FUNZIONI Funzioni pari o dispari: a) Una funzione y = f(x) si dice pari se risulta f(-x) = f(x) ∀x∈A Ad esempio la funzione f(x) = x2 è pari perché risulta f(-x) = (-x2) = x2 = f(x) b)Una funzione y = f(x) si dice dispari se risulta f(-x) = -f(x) ∀x∈A Ad esempio la funzione f(x)=sen x è dispari perché risulta f(-x)=sen(-x)=-senx = -f(x) Proprietà: Il prodotto di due funzioni pari è una funzione pari. Il prodotto di due funzioni dispari è una funzione pari. Il prodotto di una funzione pari e una funzione dispari, è una funzione dispari. Funzioni monotone: Sia f(x) una funzione reale della variabile reale x, definita nell’insieme A, e A contenga almeno due punti. Quando, per ogni coppia di punti x1 e x2 di A, risulta: ⇒ f(x ) < f(x ), la f(x) si dice crescente in A < x ⇒ f(x ) > f(x ), la f(x) si dice decrescente in A < x ⇒ f(x ) ≤ f(x ), la f(x) si dice non decrescente in A < x ⇒ f(x ) ≥ f(x ), la f(x) si dice non crescente in A • x1 < x2 1 2 • x1 2 1 2 2 1 2 2 1 2 • x1 • x1 Una funzione si dice monotona in A quando è crescente o decrescente, non decrescente o non crescente. Ad esempio la funzione f(x) = 2x –1 è crescente perché: x1 < x2 ⇒ 2x – 1 < 2x – 1 ⇒ f(x ) < f(x ) 1 2 1 2 Funzioni periodiche: Una funzione y = f(x) si dice periodica, di periodo T ≠ 0, se: ∀ x ∈ A e (x + T) ∈ A si ha f(x+T) = f(x) Le funzioni goniometriche sono tra le più importanti funzioni periodiche. Ad esempio la funzione sen x è periodica con T = 2π, infatti sen x = sen (x+2π) La funzione sen (ax+b) è periodica con T = 2π/a Funzioni limitate Una funzione f(x) definita in un insieme A si dice: • Limitata superiormente in A, se esiste un numero k>0 tale che, per ogni x di A, risulti f(x) ≤ k • Limitata inferiormente in A, se esiste un numero k>0 tale che, per ogni x di A, risulti f(x) ≥ k • Limitata in A, se è limitata sia superiormente che inferiormente. • Illimitata in A, negli altri casi. Definizione di estremo superiore, inferiore ed oscillazione • Si chiama estremo superiore della funzione f(x), di dominio A e condominio B, l’estremo superiore del condominio B e si indica con sup f(x) • Si chiama estremo inferiore della funzione f(x), di dominio A e condominio B, l’estremo inferiore del condominio B e si indica con inf f(x) • Si chiama oscillazione della funzione f(x), di dominio A e condominio B, la differenza ω = sup f(x) – inf f(x) Definizione di Massimo Si dice che x0 è un punto di massimo assoluto di f(x) in A e che f(x) assume in x0 il massimo assoluto quando: • F(x) è definita in x0 • ∀ x ∈ A risulta f(x) ≤ f(x0) Si dice che x0 è un punto di minimo assoluto di f(x) in A e che f(x) assume in x0 il minimo assoluto quando: • F(x) è definita in x0 • ∀ x ∈ A risulta f(x) ≥ f(x0) Funzioni composte Date le funzioni y = f(z) e z = g(x), si chiama funzione composta la funzione y=f(g(x)) Ad esempio la funzione y = sen (x2+1) è una funzione composta dove z = x2 + 1 Modulo 3: Limiti e continuità di una funzione Introduzione al concetto di limite Il concetto di limite intuitivamente non è molto difficile, anche se la sua formalizzazione ha presentato non pochi problemi ai matematici. Immaginiamo una normale funzione, y = f(x), se noi vogliamo calcolare il valore che assume la y quando la x diventa grandissima cosa possiamo fare? Intuitivamente possiamo immaginare che la x diventa infinitamente grande, ma infinito non è certo un numero che possiamo raggiungere operativamente; in questo caso possiamo usare l'operazione matematica chiamata appunto limite, che ci dice come si comporta la y quando la x tende a infinito, cioè diventa grandissima, senza ovviamente diventare effettivamente infinito. Per capire bene questo fatto possiamo dire che se noi troviamo un valore assunto dalla y quando la x in valore assoluto supera qualsiasi numero positivo arbitrariamente scelto da noi allora diciamo che quello è il limite di y per x che tende a infinito. Spesso accade che quando x tende a infinito anche la y tende a infinito, cioè anche la y diventa più grande di qualsiasi numero scelto. Si noti che si dice sempre che la x tende a un certo valore, cioè noi non sappiamo cosa succede quando la x diventa effettivamente infinitamente grande (e non c'è modo di saperlo), ma solo quando ci si avvicina quanto si vuole; la stessa cosa vale per la y, che non assume mai il valore che coincide con il limite, ma ci si avvicina solamente. In questo modo possiamo dire che x tende a infinito, a + infinito (cioè è arbitrariamente grande ma positivo) o a - infinito (cioè è arbitrariamente grande ma negativo). Tuttavia è anche possibile stabilire cosa succede quando x tende a un certo valore ben definito, e osservare a che valore tende allora la y. Per esempio consideriamo la retta di equazione y = x, per x che tende a infinito anche y tende a infinito, ma per x che tende a 2 che cosa succede? In questo caso si può dimostrare che facendo diventare la x arbitrariamente vicina a 2 anche la y diventa arbitrariamente vicina a 2, cioè il limite coincide con il valore della funzione. Questo però non è vero per tutte le funzioni, esistono funzioni per cui non è vero solo in alcuno punto, altre per cui non è vero in infiniti punti. Vediamo un esempio del primo caso: consideriamo la funzione y = 1/x, per x = 0 la funzione non è definita, mentre per x che tende a 0 y tende a infinito, perché si dimostra che facendo avvicinare x arbitrariamente a 0 y diventa arbitrariamente grande, vediamo che i due valori sono differenti, in questo punto la funzione ha una discontinuità, se la funzione non presenta queste discontinuità si dice che essa è continua. Si può pensare che le discontinuità si presentino solo dove la funzione non è definita, invece esistono anche delle discontinuità diverse da queste, per esempio dove la funzione fa dei "salti bruschi". Esistono dei punti in certe funzioni in cui non è possibile calcolare il limite, principalmente perché in questi punti si comporta molto "stranamente", vediamo come può non esistere il limite in questo modo: se immaginiamo di avvicinarci al punto arbitrariamente, ma da sinistra nel grafico otteniamo il limite sinistro della funzione in quel punto, similmente otteniamo il limite destro, se essi coincidono allora quello è il limite della funzione in quel punto, se invece non coincidono allora non vi è limite in quel punto, ma solo limite destro e sinistro. Riportiamo adesso le varie tipologie di limite, a secondo che il limite è finito o infinito e calcolato in un punto o per x tendente all’infinito. 1) Definizione di limite finito di una funzione in un punto: Si dice che la funzione f(x), per x tendente a c, ha per limite il numero l e si scrive: lim f(x) = l x →c quando, in corrispondenza ad un numero positivo ε arbitrario, si può sempre determinare un intorno completo H del punto c tale che, per tutti i valori della x che appartengono ad [a,b] e cadono in H, escluso eventualmente c, risulti soddisfatta la disequazione: |f(x) – l| < ε cioè le disequazioni: l – ε < f(x) < l + ε 2) Definizione di limite infinito di una funzione in un punto: Si dice che la funzione f(x), per x tendente a c, ha per limite l’infinito e si scrive: lim f(x) = ∞ x →c quando, in corrispondenza ad un numero positivo M arbitrario, si può sempre determinare un intorno completo H del punto c tale che, per tutti i valori della x che appartengono ad [a,b] e cadono in H, escluso c, risulti soddisfatta la disequazione: | f(x) | > M In particolare: se f(x) > M allora lim f(x) = +∞ x →c x →c se f(x) < M allora lim f(x) = -∞ 3) Definizione di limite finito di una funzione all’infinito: Si dice che la funzione f(x), per x tendente all’infinito, ha per limite il numero l e si scrive: lim f(x) = l x→ ∞ quando, in corrispondenza ad un numero positivo ε arbitrario, si può sempre determinare un numero N > 0 tale che, per tutti i valori della |x| > N, risulti soddisfatta la disequazione: |f(x) – l| < ε In particolare: se x > N allora lim f(x) = l x→ +∞ se x < -N allora lim f(x) = l x→ -∞ 4) Definizione di limite infinito di una funzione all’infinito: Si dice che la funzione f(x), per x tendente all’infinito, ha per limite l’infinito e si scrive: lim f(x) = ∞ x→ ∞ quando, in corrispondenza ad un numero positivo M arbitrario, si può sempre determinare un numero N > 0 tale che, per tutti i valori della |x| > N, risulti soddisfatta la disequazione: | f(x) | > M In particolare: se f(x) > M allora lim f(x) = +∞ x →∞ se f(x) < -M allora lim f(x) = -∞ x →∞ Limite destro e limite sinistro di una funzione in un punto: Poiché x puo tendere al punto c sia da destra che da sinistra, nel caso in cui il limite della funzione, per x che tende a c, assume un valore diverso se mi avvicino al punto c da destra o da sinistra, allora è necessario definire il limite destro e il limite sinistro, e si scrive: lim f(x) = l x →c + Quando facciamo tendere x a c da destra lim f(x) = l x →c - Quando facciamo tendere x a c da sinistra TEOREMI FONDAMENTALI SUI LIMITI Teorema dell’unicità del limite: Se esiste il limite della funzione f(x), per x tendente a c, tale limite è unico. Teorema della permanenza del segno: se lim f(x) = l ≠ 0, esiste un opportuno intorno del punto del c, in corrispondenza del →c x quale la funzione f(x) ha lo stesso segno di l. Teorema del confronto: SE f(x), h(x) e g(x) sono tre funzioni definite nello stesso intervallo,eccettuato al più un punto c di questo, tali che • f(x) ≤ h(x) ≤ g(x) per ogni x ≠ c dell’intervallo, • lim f(x) = lim g(x) = l →c x allora risulta anche →c x lim g(x) = l x →c Modulo 4: Derivate 1) Derivata d’una funzione in un punto 2) Derivabilità a destra e a sinistra 3) Derivazione e continuità 4) Regole di derivazione 5) Derivazione di funzioni composta e inversa 6) Derivate successive Modulo 5: Studio di una funzione Per studiare una funzione allo scopo di tracciarne un grafico indicativo, che ne evidenzi le principali caratteristiche, si può procedere nel seguente modo: 1) Determinare l’insieme di esistenza della funzione f(x), le eventuali simmetrie rispetto all’asse y o all’origine delle coordinate e la eventuale periodicità; 2) Determinare il segno di f(x) e gli eventuali punti di discontinuità della curva con gli assi coordinati; 3) Studiare il comportamento della funzione quando la variabile tende agli estremi degli intervalli che compongono l’insieme di esistenza; 4) Determinare gli eventuali asintoti della curva; 5) Determinare gli intervalli in cui la funzione è crescente o decrescente e i suoi massimi e minimi; 6) Determinare la concavità, la convessità ed eventuali punti di flesso; 7) Disegnare il grafico della funzione. Per renderlo più fedele al reale andamento della funzione, sarà opportuno, in generale, calcolare le coordinate di qualche altro punto della curva, servendosi dell’equazione y = f(x). Metodi di Integrazione • Integrazione per decomposizione in somma • Integrazione per parti • Integrazione per sostituzione Integrazione per decomposizione in somma In molti casi il calcolo dell’integrale indefinito di una funzione si può ricondurre al calcolo di integrali già noti, o di tipo più semplice decomporre la funzione integranda nella somma di due o più funzioni applicare la proprietà di linearità. Esempio sommando e sottraendo 1 al numeratore della funzione integranda si ha che: applicando la proprietà di linearità dell'integrale indefinito Integrazione per parti Il metodo di integrazione per parti si basa sulla formula di derivazione del prodotto di due funzioni Formula di integrazione per parti Se in un intervallo e sono due funzioni derivabili con derivata continua, allora vale che: dove: è detto fattore finito mentre è detto fattore differenziale Osservazione L’ipotesi secondo cui le derivate e sono continue assicura l’esistenza dei due integrali presenti nella formula di integrazione per parti Esempio applichiamo la formula di integrazione per parti considerando come fattore finito come fattore differenziale Osservazione Il metodo di integrazione per parti può essere applicato anche più volte consecutivamente Esempio applichiamo la formula di integrazione per parti considerando come fattore finito come fattore differenziale Applichiamo di nuovo la formula di integrazione per parti e sostituendo Integrazione per sostituzione Il metodo di integrazione per sostituzione si basa sulla formula di integrazione delle funzioni composte Formula di integrazione per sostituzione Sia una funzione continua e una funzione derivabile con derivata continua in un dato intervallo, allora risulta che: ossia si effettua la posizione da cui segue Osservazione Il metodo di integrazione per sostituzione non richiede, per la sua validità, che la funzione sia una funzione invertibile e il risultato dell’integrazione indefinita è espresso in funzione di , mediante la posizione . Per poter esprimere il risultato in funzione di , occorre supporre che sia una funzione invertibile; in tale caso, il risultato finale viene espresso in funzione della mediante l’ulteriore sostituzione Esempio Effettuando la sostituzione si ottiene volendo scrivere il risultato finale in ottenendo si sostituisce il valore Integrali di funzioni trigonomeriche 1. Integrali del tipo Esempio 2. Integrali del tipo sfruttando la relazione con almeno uno degli esponenti dispari si può scrivere l'integrale nella forma 1. Esempio con entrambi gli esponenti pari formule di bisezione per abbassare il grado delle potenze, ottenendo integrali del tipo precedente, oppure elementari. Esempio 3. Integrali del tipo formule di prostaferesi che riconducono alla somma di integrali elementari. 4. Integrali di funzioni razionali di e Un integrale di questo tipo può sempre essere ricondotto all' integrale di una funzione razionale mediante l' uso delle formule parametriche con Integrazione delle funzioni razionali Una funzione razionale è il rapporto tra due polinomi grado , e ; di grado Se ; si può dividere per e scrivere e quindi essendo un polinomio di grado . ; di Dall'additività dell'integrale con . Dunque è sufficiente determinare un metodo per calcolare l' integrale di una funzione razionale per cui il numeratore ha grado inferiore al grado del denominatore . Possiamo inoltre supporre che il coefficiente del termine di grado massimo di sia . 1. Il grado del denominatore è : 2. Il grado del denominatore è : Distinguiamo tre sottocasi a) In questo caso esistono e tali che ( e si determinano calcolando la somma a secondo membro e uguagliando i numeratori a primo e secondo membro). Allora si ha b) In questo caso esistono e tali che ( e si determinano calcolando la somma a secondo membro e uguagliando i numeratori a primo e secondo membro). Allora si ha b) se Allora si ha se Se si pone ci si riduce al caso precedente. se in generale Se si pone ci si riduce di nuovo al primo caso particolare. Integrazione delle funzioni irrazionali La funzione integranda è una funzione razionale del tipo Si pone . In tal caso e si ottiene una funzione razionale di .