Il Nichilismo

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UNO SCHEMA INTRODUTTIVO AL
NICHILISMO
(dal Libro "Il Nichilismo" di Franco Volpi)
Il termine Nichilismo fa la sua comparsa a
cavallo fra il Settecento e l'Ottocento nelle
controversie che caratterizzano l'Idealismo, ma
ha assunto virulenza e vastità solo nel '900.
Nietzsche nel 1887 definisce così il Nichilismo:
"Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al
"perché?"; che cosa significa Nichilismo? che i
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valori supremi si svalutano".
Il Nichilismo (tra gli altri significati) è quindi la
situazione di disorientamento che subentra una
volta che sono venuti meno i valori tradizionali
che rappresentavano la risposta al "perché?" e
che "illuminavano" l'agire umano.
Gorgia è "il primo Nichilista della storia":
"Nulla è, se anche fosse non sarebbe conoscibile,
e anche fosse conoscibile, non sarebbe
comunicabile."
Il concetto di Nulla, come "sostanzialità" viene
anche analizzato (con scandalo all'epoca) da
Fredegiso (o Fridugiso) di Tours, da Scoto
Eriugena, da Charles de Bovelles (1509),
Francisco Sanches, oltre che dai mistici: Meister
Eckhart, Angelus Silesius, Giovanni della Croce.
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Celebri sono la domanda fondamentale (tanto
ripresa nel '900) di Leibniz "perché c'è qualcosa,
piuttosto che il Nulla?" e il pensiero di Leopardi
"Il principio delle cose, e di Dio stesso, è il
Nulla"
Si può tendere un parallelo tra Nichilismo e il
Mefistofele di Goethe: perché lo spirito che
sempre nega "
"...perché tutto ciò che nasce/è tale che
perisce/per ciò meglio sarebbe che nulla
nascesse".
è opinione comune che i due padri del Nichilismo
(uno in Letteratura, l'altro in Filosofia) siano
Dostoevskij e Nietzsche. In realtà, il primo a
parlare di Nichilismo col termine "Nichilismo" fu
Turgenev in "Padri e Figli"(1862). La trama è
semplice: sullo sfondo della Russia del 1859, il
conflitto della generazione dei padri (portatori di
vecchi valori, di tradizione...) con quella dei figli
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(il giovane protagonista del libro è Bazarov) che
dichiarano di voler negare l'ordine tradizionale.
Essere Nichilista, significa per Bazarov
distruggere il vecchio e impegnarsi nel compito
sociale di ricostruzione (nel romanzo, Bazarov è
medico, e morirà appunto di infezione contratta
da un malato). Per Turgenev il Nichilista è colui
che sa di dover negare, sa che per avanzare
deve calpestare credenze e valori tradizionali, e
procede imperterrito senza preoccuparsi delle
ceneri e delle distruzioni che lascia alle sue
spalle.
Appena creato, il termine ebbe un ampio
successo, tanto che venne adoperato per la prima
volta in senso scandalistico durante un incendio
all'Apraksinskij Dvor (degli edifici del mercato di
Pietroburgo): la gente gridava "Guardate quel che
fanno i vostri Nichilisti! Bruciano Pietroburgo!".
Da notare come il romanzo di Turgenev esca due
anni prima dell'abolizione della servitù della gleba
e dei contadini e nel nascente clima positivista e
materilista. Qui riporto un breve accenno:
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"Padri e figli" di Ivan Turgenev:
Domanda: "Voi negate tutto o più esattamente,
demolite tutto... ma bisogna anche costruire"
Risposta: "Questo non è più affar nostro... da
prima bisogna far piazza pulita"
In realtà, prima di Turgenev, nel 1829 Nadezdin
aveva utilizzato il termine "Nichilisti" per
definire coloro i quali nulla sanno e nulla
capiscono (nell'articolo "L'adunata dei Nichilisti")
così come Katkov lo aveva utilizzato per criticare
i collaboratori della rivista "Il Contemporaneo",
"come gente che non crede a nulla".
Al di fuori della Russia, in Germania il primo a
usarlo, in una novella ("Die Nihilisten") fu Karl
Ferdinanz Gutzkow; in realtà, persino
Sant'Agostino aveva apostrofato come "Nihilisti"
i non credenti, mentre Gualtiero da San Vittore
lo utilizza per etichettare l'eresia che definiva
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l'umanità come accidente a Cristo, sostenuto da
Pietro Lombardo.
Durante il periodo della Rivoluzione Francese, il
termine "Nichilista" viene impiegato per definire
coloro che non erano né a favore né contrari alla
Rivoluzione. Nel 1793 Jean Baptiste du Val de-Grace (in arte Anacharsis Cloots) affermava:
"La Repubblica dei diritti dell'uomo non è né
teista, né atea, è Nichilista".
Con Pascal (e prima di lui) il concetto di Nulla
viene applicato alla Cosmologia. Pascal ebbe a
dire:
"Inabissato nell'infinita immensità degli spazi che
ignoro e che m'ignorano, io mi spavento."
Infatti, di fronte all'eterno silenzio delle stelle
e degli spazi infiniti, di fronte alla spaesata
infinità che ci circonda nel Cosmo, rimaniamo
soli, soli con noi stessi, nullità al cospetto
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dell'Universo sterminato.
Volpi scrive: "Ma lo scenario è presto tracciato.
Presto anche Dio si eclisserà. Dapprima solo per
ipotesi: tutto va immaginato come se Dio non
esistesse (etiamsi Deus non daretur). Poi per
davvero: tutto va ripensato, in primo luogo il
senso della nostra esistenza,prendendo atto del
fatto che "Dio è morto". Allora, quando la
trascendenza perde la sua forza vincolante e
ammutolisce, l'uomo abbandonato a se stesso
reclama la sua libertà. Anzi, non gli resta che
prendersela: l'uomo è la libertà stessa perché
ormai non è altro che quello che progetta di
essere, e tutto gli è permesso. Che questa
libertà finisca poi per essere una libertà
disperata, la quale infonde più angoscia che non
pienezza d'essere, è un fatto con il quale
l'Esistenzialismo ha cercato di convivere".
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