DIPARTIMENTO DI FARMACIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN FARMACIA INNOVAZIONI FARMACOLOGICHE NELLA TERAPIA DELLE PSICOPATOLOGIE DEPRESSIVE: SINDROME X FRAGILE Relatore: Prof. Maria Cristina Breschi Candidato: Eleonora Rebecca Buggiani Anno Accademico 2013-2014 1 Dedicata ai miei genitori Lucia Baldacci e Fabrizio Buggiani & Giuseppe Baglio La bambina con l’ombrello rosso 2 INDICE INTRODUZIONE 5 1.CLASSIFICAZIONE E DISTRIBUZIONE DEI RECETTORI PER IL GLUTAMMATO 8 1.1.Panoramica sulla neurotrasmissione degli amminoacidi eccitatori, studi clinici e preclinici che collegano il glutammato e la depressione 1.2. Valutazione del glutammato nella fisiopatologia della depressione 1.3. Livelli di glutammato nel sangue e CSF 1.4. Studi sul cervello post mortem 1.5. I recettori del glutammato 1.6. Recettori metabotropici del glutammato 1.7. Modulatori positivi dei recettori AMPA 1.8. Gli antagonisti del gruppo I del recettore mGlu 1.9. Gli antagonisti del gruppo II del recettore mGlu 1.10. Gli antagonisti del gruppo III del recettore mGlu 8 9 10 11 12 14 16 17 18 19 2. I FARMACI PER I RECETTORI DEL GLUTAMMATO 21 2.1. Panoramica dei farmaci che agiscono sul sistema glutamminergico 21 2.2. L’antagonista non competitivo del recettore NMDA: la Chetamica 23 2.3. L’antagonista del recettore NMDA (con bassa affinità) open-channel, non competiti: la Memantina 26 2.4. Agente neuroprotettivo con proprietà anticonvulsivanti: il Riluzolo 27 2.5. Ansiolitico non benzodiazepinico: il Fenobam 28 3. LE INTERAZIONI TRA I FARMACI ANTIDEPRESSIVI, GLI AMMINOACIDI ECCITATORI E IL SIGNALING SUBCELLULARE 3.1. Omeostasi del calcio 3.2. Ossido nitrico sintetasi 3.3. Il ruolo del fattore neurotrofico cerebrale BDNF 3.4. Collegamenti anatomici rilevanti proposti per l’intarzione di antidepressivi e la neurotrasmissione di amminoacidi eccitatori 29 29 30 31 33 4. UN DIVERSO APPROCCIO NELLO SVILUPPO DEGLI ANTIDEPRESSIVI 35 4.1. Sviluppo di farmaci antagonisti dei recettori del glutammato: gruppo I 4.2. Considerazioni 35 38 5. LA SINDROME DELL’X FRAGILE 41 5.1. Introduzione 5.2. Fenotipo caratteristico del soggetto affetto dalla sindrome dell’X fragile 5.3. Il gene FMR1 5.4. La proteina FMRP 5.5. I modelli animali che simulano la sindrome dell’X fragile 5.6. Il ruolo del recettore mGluR5 nella sindrome dell’X fragile 41 42 44 47 49 51 3 5.7. Considerazione per lo sviluppo di farmaci attivi nella sindrome dell’X fragile 5.8. Potenziale terapeutico del Mavoglurant nella sindrome dell’X fragile 5.9. La scala ABC-C (Aberrant Behavior Checklist-Community edition) 5.10. Studi farmacologici condotti su pazienti affetti da sindrome FRAX, utilizzando la scala ABC-C come strumento di valutazione 53 55 56 6. OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 60 7. GLOSSARIO 62 8. BIBLIOGRAFIA 63 4 58 INTRODUZIONE Le patologie mentali comprendono una vasta gamma di anormalità, dalla psicosi ai cambiamenti di umore o di percezione, che possono venir classificati come stati eccitati o depressi. La depressione maggiore è tra i disturbi mentali il più diffuso, è un disturbo sfaccettato che è caratterizzato da una combinazione di: umore depresso, anedonia, senso di inutilità, colpevolezza e mancanza di speranza. La depressione maggiore di solito produce una costellazione di disturbi che riguardano l’appetito, il sonno, l’attività sessuale e la concentrazione, manifestandosi sia con comportamenti eccitatori eccessivi sia con letargia/affaticamento,in più, è fortemente associata al desiderio di suicidio. Le stime indicano che il 7.1% della popolazione tra i 18 e i 54 anni soffrirà di un serio disturbo dell’umore per alcuni anni, di questi il 15% circa soffrirà di attacchi di depressione di gravità varia. Le cure antidepressive attualmente disponibili agiscono sui sistemi monoaminergici del cervello (serotonina, noradrenalina e dopamina), richiedono circa 3-5 settimane prima che si abbiano i primi effetti terapeutici e sono efficaci nel 50-70% dei pazienti, il 30-50% dei pazienti mostra un rigetto ad esse. La presenza così incombente di questa malattia ha reso necessario focalizzare la ricerca su questo problema per trovare alternative terapeutiche. Nonostante gli ultimi 50 anni di profondi studi sulla depressione e sui meccanismi di azione dei farmaci antidepressivi, i progressi circa una spiegazione sulla fisiopatologia della depressione sono molto lenti e l’efficacia degli antidepressivi è ancora insoddisfacente. Una delle ragioni di questo problema è che la depressione non è un disturbo omogeneo, dovrebbe essere considerata come una sindrome composta da diversi tipi di patologie e sintomatologie. Generalmente, si possono distinguere 3 tipi di depressione: 5 - La depressione reattiva può essere dovuta: a perdite affettive, avversità della vita, malattie gravi (infarto, cancro), farmaci, come effetto collaterale (antiipertensivi, ormoni), alcool, senilità e disturbi psichiatrici. - Il disturbo unipolare (che include una forma grave ed una non grave di depressione che colpisce meno del 20% della popolazione mondiale); - Il disturbo bipolare (disturbo maniaco-depressivo che colpisce l’1-2 % della popolazione). La depressione è tra i disturbi prevalenti della psiche e si suppone occupi il secondo posto tra le malattie in generale, preceduta solo dalle affezioni ischemiche del cuore, entro il 2020. La spesa economica per quanto riguarda i disturbi dell’umore è ingente, 100 miliardi di dollari negli USA e di circa 105 miliardi di euro in Europa (Greenberg et al.,2003; Andlin-Sobocki et al.,2005) il che fa dei disturbi dell’umore il gruppo più costoso di tutte le malattie collegate al SNC. La depressione rappresenta anche un problema sociale, il 16% della popolazione degli USA né soffre (Kessler et al.,2003) e più di 30 milioni di persone ne sono affetti ogni anno in Europa (Wittchen et al.,2011). Con l’avvento degli inibitori delle MAO e gli antidepressivi triciclici negli anni ’50 (Kuhn, 1958; Loomer et al., 1957) il trattamento della depressione è stato rivoluzionato ma rimane invariato da allora. Paradossalmente, si ha un numero sempre crescente di pazienti affetti da depressione (sia della forma grave che non grave del disturbo unipolare) nonostante il fatto che vengano prescritti sempre più antidepressivi. Questi dati ci indicano la necessità di sviluppare nuovi approcci terapeutici. Nella ricerca di agenti più efficaci e attivi più velocemente, alcuni dati ci suggeriscono che la neurotrasmissione glutammatergica attraverso l’amminoacido glutammato gioca un ruolo importante nella neurobiologia e trattamento di questa malattia. 6 Studi clinici hanno dimostrato che l’antagonista Chetamina del recettore NMDA ha effetti antidepressivi rapidi nei pazienti resistenti al trattamento affetti da depressione maggiore; questo ci fa capire il ruolo del glutammato nella psicopatologia dei resistenti al trattamento. Inoltre molti studi preclinici hanno dimostrato che gli agenti che agiscono sui recettori del glutammato come i recettori NMDA, AMPA e mGluR potrebbero svolgere una attività antidepressiva nei modelli animali di depressione. L’attenzione si è focalizzata soprattutto sui recettori metabotropici del glutammato mGluR2 e mGluR5. La ricerca di farmaci antagonisti mGluR sembra avere un ruolo chiave non solo nella terapia antidepressiva, ma anche nella sindrome dell’ X fragile che è la causa ereditaria più comune di disabilità intellettuale con nessuna cura attualmente disponibile. 7 1. CLASSIFICAZIONE E DISTRIBUZIONE DEI RECETTORI PER IL GLUTAMMATO 1.1. Panoramica sulla neurotrasmissione degli amminoacidi eccitatori, studi clinici e preclinici che collegano il glutammato e la depressione Lo scorso decennio ha portato ad accumularsi una serie di prove riguardanti il neurotrasmettitore glutammato, amminoacido eccitatorio, ed i suoi recettori in relazione al ruolo attivo nella depressione e come attività antidepressiva. Ad oggi, altre prove sono emerse indicando che gli antagonisti del recettore NMDA (N-metilD-aspartato), gli antagonisti dei recettori del glutammato metabotropici del gruppo I (mGluR1 e mGluR5), così come i modulatori positivi dei recettori AMPA (acido α-amino-3-idrossi-5metil-4-isossazolproprionico) hanno un’ attività antidepressiva in molti modelli preclinici. L’attività antidepressiva può essere prodotta non solo da farmaci che modulano la sinapsi glutamminergica ma anche da agenti che interagiscono con il sistema dei secondi messaggeri o dei segnali subcellulari collegati ai recettori per EAA (per esempio l’ossido nitrico sintetasi). Vista la collocazione degli EAA, nei nuclei come il locus coeruleus e del rafe dorsale, è probabile che esista una relazione tra la regolazione monoamminergica, la neurotrasmissione degli EAA e gli effetti antidepressivi, e a sostegno di questa tesi ci sono prove che collegano disturbi nel metabolismo del glutammato, recettori NMDA e mGluR1/5 con casi di depressione e di suicidio. Nonostante il glutammato sia stato il primo amminoacido ad essere classificato come neurotrasmettitore eccitatorio nel 1959, solo negli ultimi 20 anni si sono sviluppati gli strumenti farmacologici come agonisti e antagonisti selettivi per poter studiare questo sistema (Watkins et al., 2000). I neuroni che impiegano gli amminoacidi eccitatori per la 8 neurotrasmissione sono il 30% dei neuroni nel proencefalo, questi neuroni non sono uniformemente distribuiti nel SNC. Alte concentrazioni di neuroni sensibili al glutammato si trovano nella corteccia, sia come interneuroni che neuroni piramidali degli strati IV e V. I neuroni che contengono il glutammato si trovano: nelle strutture subcorticali, nell’ippocampo, nel nucleo caudato, nei nuclei talamici e nel cervelletto (Rajkowska et al., 2000). I recettori del glutammato sono stati farmacologicamente classificati come ionotropici (NMDA, AMPA e Kainato) e metabotropici che utilizzano come secondi messaggeri post-sinaptici sia l’adenilato-ciclasi che la fosfolipasi C. 1.2. Valutazione del glutammato nella fisiopatologia della depressione Nel 1982 alcuni articoli suggerivano che il metabolismo del glutammato differiva in modo significativo tra i pazienti depressi e il gruppo di controllo (Kim et al., 1982). Le differenze nel metabolismo del glutammato nei pazienti affetti da MDD possono essere risolte con trattamenti antidepressivi cronici (Mauri et al., 1998). Inoltre, la sensibilità delle piastrine al glutammato è aumentata nella depressione maggiore (Berk et al., 2001). Campioni della corteccia frontale ottenuti con procedure neurochirurgiche non hanno evidenziano variazioni dei livelli di glutammato nei soggetti sani mentre è aumentato nel sottogruppo dei soggetti depressi (Francis et al., 1989). Murck et al. (2002) riportano che la soppressione totale del sonno REM produce un grande aumento di concentrazione di glutammina a livello pontino. E’ stato riscontrato un aumento di concentrazione, nell’amigdala sinistra, di glutammina dopo la risoluzione di sintomi antidepressivi con la terapia dello shock elettroconvulsivo (Michael et al., 2003). In uno studio parallelo, è stato evidenziato che i livelli di glutammina nella corteccia cingolata anteriore sinistra sono ridotti nei pazienti affetti da MDD se paragonati ai controlli e questi valori si invertono in seguito al trattamento elettroconvulsivo (ECT Eletroconvulsive therapy) (Pfleiderer et al., 2003). 9 Il glutammato è usato da circa il 50% dei neuroni nel cervello umano, essendo il principale neurotrasmettitore eccitatore del SNC dei mammiferi; esso svolge un ruolo chiave non solo per la fisiologia ma anche per la fisiopatologia di diversi disturbi neurologici e neuropsichiatrici. Tuttavia non ci sono ancora farmaci che agiscono sui recettori glutamminergici ad eccezione di alcuni composti non selettivi (es: Memantina). Negli ultimi anni sono stati accumulati dati riguardo la struttura, il ruolo e la farmacologia dei recettori glutamminergici e questo aumenta le chances di una possibile loro applicazione clinica a livello terapeutico. 1.3. Livelli di glutammato nel sangue e nel CSF Molti risultati sperimentali riportano un’alterazione dei livelli di glutammato nel sangue e nei fluidi cerebrospinale (CSF) nei pazienti affetti da MDD. Inoltre, c’è una correlazione tra i livelli di glutammato nel plasma e la gravità dei sintomi della depressione nei pazienti con MDD (Mitani et al., 2006), infatti dopo il trattamento con antidepressivi (per almeno 5 settimane) si ottiene una riduzione dei livelli di glutammato (Maes et al., 1998). Confrontando il gruppo di pazienti depressi con il gruppo di controllo è stato notato che i livelli di glutammato e di magnesio nel CSF sono più alti (Levine et al., 2000). Invece considerando i pazienti affetti da disturbo affettivo refrattario ai farmaci (12 pazienti con disturbo bipolare tipo I, 12 con disturbo bipolare tipo II e 8 con disturbo unipolare) si ottengo risultati opposti (Frye at al., 2007). Dai risultati sperimentali emerge un’anormalità del ciclo glutammina/glutammato nelle cellule gliali cerebrali, associato con i recettori del glutammato, nei pazienti affetti da MDD e la valutazione dei livelli nel sangue (o CSF) di glutammato potrebbe essere un possibile biomarcatore per la MDD (Hashimoto et al., 2009a; Valentine e Sanacora et al.,2009). 10 1.4. Studi sul cervello post mortem Utilizzando campioni cerebrali post-mortem, sono stati evidenziati livelli più alti, rispetto al soggetto sano, di glutammato nella corteccia frontale. Le anomalie della neurotrasmissione glutamminergica così come la diversa attività dei recettori del glutammato (AMPA, Kainato e NMDA) rappresentano caratteristiche fisiopatologiche della MDD (Hashimoto et al., 2007). Saggi con ligandi del recettore NMDA ed uno studio con il metodo della Western blot hanno rivelato una forte riduzione nei legami di [3H] L-689,560, potente antagonista della glicina sui recettori NMDA, e una riduzione nella immunoreattività della sottounità NR1 (del recettore NMDA), nella corteccia superiore dei pazienti affetti da MDD. (Nudmamud et al., 2004). Uno studio mediante ibridazione in situ ha dimostrato che i livelli di mRNA delle sottounità NR2A e NR2B (del recettore NMDA) e delle sottounità GluR1, GluR2, GluR3 e GluR4 (del recettore AMPA), nella corteccia frontale ma non nell’ippocampo, nei soggetti affetti da MDD sono molto più bassi di quello del gruppo di controllo (Beneyto et al., 2007). Il glutammato è il precursore del GABA nelle terminazioni gabaergiche e deriva da 2 risorse differenti: il ciclo di Kreb nelle cellule gliali e dalla glutammina nelle terminazioni nervose (Fig. 1). Il GABA nei terminali gabaergici deriva dal glutammato per reazione enzimatica del GAD-65/67 (acido glutammico decarbossilasi). Sono stati trovati livelli ridotti di GAD-65/67 nella corteccia prefrontale dorso laterale (Brodmann area 9) nei pazienti con MDD, mostrando una disfunzione del sistema glutammato/GABA (Karolewicz et al., 2010). Nel cervello, l’attivazione dei recettori NMDA grazie al glutammato, determina il rilascio NO per attivazione del nNOS (enzima neuronale N-ossido sintetasi calcio-calmodulina dipendente). Nei pazienti affetti da MDD l’attività del cNOS (costitutivo) nella corteccia prefrontale è minore, così come l’attività del nNOS nel locus coeruleus; queste scoperte mostrano che i recettore NMDA, attivanti NO, potrebbero essere coinvolti nella psicopatologia della MDD (Xing et al., 2002). 11 Fig.1 (Hashimoto K 2011) Nei neuroni GABAergici la glutammina è il precursore del glutammato, che a sua volta viene convertito dall’enzima GAD (acido glutammico decarbossilasi) in GABA. Il GABA rilasciato a livello sinaptico si lega ai recettori (GABA A e B) sui neuroni post-sinaptici. I trasportatori del GABA sono GAT-1 (che trasporta il GABA dal vallo sinaptico a neurone GABAergico) e GAT-2/3 (che trasporta il GABA dal vallo sinaptico alle cellule gliali). Nelle cellule gliali il GABA è metabolizzato dall’enzima GABA-transaminasi (GABA-T) e attraverso il ciclo di Kreb è convertito in glutammato. Il glutammato nelle cellule gliali tramite l’enzima glutammina sintetasi diviene glutammina. 1.5. I recettori del glutammato Il glutammato attiva recettori che appartengono a due grandi famiglie: • Recettori iGlu, canali ionici che sono definiti recettori ionotropici glutamminergici che includono: 1. Recettori per l’AMPA (acido isoxazolpropionico) 2. Recettori per il Kainato 3. Recettori per l’NMDA (N-metil-D-aspartato) 12 α-3-idrossi-5-metil-4- • Recettori mGluR, accoppiati a proteine G che sono chiamati recettori metabotropici del glutammato. Essi sono diversi per la cinetica di attivazione e di inattivazione, permeabilità e conduttanza ionica e vengono classificati in base all’agonista selettivo. Il sottotipo recettoriale meglio caratterizzato è quello per l’NMDA, questo recettore si distingue dagli altri tipi di recettori-canale per il fatto di essere permeabile agli ioni solo in condizioni di depolarizzazione a causa del blocco del magnesio (Mg2+) e di richiedere due neurotrasmettitori: glicina e glutammato, per essere attivato (Foster et al., 1987). Un crescente numero di prove afferma che il sistema glutamminergico ha un ruolo nella fisiopatologia della depressione. Infatti livelli elevati di glutammato sono stati trovati nel plasma e nelle piastrine in pazienti depressi (Altamura et al., 1993). Inoltre la risonanza magnetica spettroscopica, che permette lo studio in vivo della chimica del cervello, ha mostrato anomalie relative al livello di glutammato nei pazienti con depressione unipolare o bipolare. La maggior parte degli studi sulla risonanza magnetica spettroscopica mostrano alti livelli di glutammato (bassi livelli di glutammina e di GABA) nel lobo frontale di pazienti affetti da depressione maggiore (Yildiz et al., 2006). Dallo studio della corteccia occipitale di 29 pazienti affetti da disturbo unipolare è emerso un incremento dei livelli di glutammato ed una diminuzione dei livelli di GABA rispetto al gruppo di controllo. Questo incremento del glutammato è probabilmente il risultato di un’azione a lungo termine dei glucocorticoidi rilasciati durante lo stress cronico che porta alla depressione (Sanacora et al., 2004). I risultati della sperimentazione consentono di affermare che il glutammato potrebbe essere il fattore chiave coinvolto nelle azioni antimetaboliche dei glucocorticoidi durante lo stress cronico, inclusi i disturbi nei processi di neurogenesi, apoptosi e sinaptogenesi (McEwen et 13 al., 2005). Gli antagonisti dei recettori NMDA e alcuni ligandi del mGluR accrescono la neurogenesi, prevengono l’atrofia e la perdita delle cellule in strutture limbiche ma allo stesso tempo riducono il processo di allungamento e semplificazione dei dendriti nell’ippocampo; infatti meccanismi di plasticità neuronale e sopravvivenza cellulare sono associati alla depressione. Il trattamento cronico con antidepressivi riduce il rilascio di glutammato diminuendo la neurotrasmissione del glutammato (Nacher et al., 2006). Numerosi studi biochimici, elettrofisiologici e comportamentali evidenziano la riduzione della reattività del recettore NMDA dopo trattamento cronico con farmaci antidepressivi o shock elettroconvulsivo. Questo adattamento recettoriale, indotto dalla terapia antidepressiva, può indicare un sovraccarico di attività di questo tipo di recettore, che potrebbe essere collegata allo stato depressivo (Nowak et al., 1998; Popik et al., 2000). L’ipotesi glutamminergica della depressione è supportata da una vasta gamma di studi comportamentali (Skolnick, 1999), gli antagonisti del recettore NMDA sia competitivi che non competitivi determinano effetti antidepressivi nei test con animali quali quello del nuoto forzato e della sospensione della coda; tuttavia, i dati clinici mostrano che gli antagonisti del recettore NMDA non rispecchiano le aspettative in quanto spesso producono effetti psicotomimetici e neurodegenerativi e possono provocare dipendenza e disturbi motori; a dosi elevate possono causare un deficit dei processi di apprendimento e memoria, atassia e un’azione miorilassante (Danysz et al., 1996). 1.6. Recettori metabotropici del glutammato Il mGluR è una famiglia composta da 8 sottotipi recettoriali (mGluR1-mGluR8) che sono classificati in tre gruppi sulla base delle sequenze omologhe, dei secondi messaggeri, di agonisti selettivi e della funzionalità biologica: 14 • I recettori del gruppo I (mGluR1-mGluR5) sono accoppiati alla fosfolipasi C modulando una risposta eccitatoria. • Il recettori del gruppo II (mGluR2-mGluR3) e del gruppo III (mGluR4-mGluR6mGluR7-mGluR8) entrambi accoppiati a proteine G inibitorie, se attivati inibiscono l’adenilato ciclasi, svolgono generalmente il ruolo di recettori presinaptici inibitori coinvolti nella regolazione del rilascio del glutammato o di altri neurotrasmetitori (es: GABA) a seconda della localizzazione sinaptica. Il gruppo II dei recettori mGluR è distribuito in porzioni preterminali dell’assone, lontani dal luogo del rilascio presinaptico e possono essere attivati da un eccesso di glutammato dalla stessa o da un’altra sinapsi, questo gruppo è collocato anche a livello postsinaptico. Il gruppo III è collocato in zone presinaptiche e questi recettori possono agire come autorecettori inibitori (Niswender e Conn 2010). L’acido L-glutammico (glutammato) è considerato il neurotrasmettitore eccitatorio per eccellenza nel sistema nervoso. Nel SNC, la sintesi della glutammina dal glutammato e ammoniaca avviene esclusivamente nelle cellule gliali utilizzando ATP (Fig.2). La glutammina gioca un ruolo importante, in neuroni specializzati eccitatori e inibitori, nella omeostasi del carbonio e azoto, nella detossificazione dell’ammoniaca e come precursore per la sintesi del neurotrasmettitore glutammato e dell’ acido γ-ammino butirrico GABA (Hashimoto et al., 2005). Il glutammato rilasciato viene successivamente recuperato dalle cellule gliali e convertito in glutammina, quindi trasportato nuovamente ai neuroni presinaptici e riconvertito in glutammato (Hashimoto et al., 2009a) (Fig. 2). 15 Fig.2 (Hashimoto K 2011) Nei neuroni glutamminergici la glutammina viene idrolizzata dall’enzima (glutaminasi), libera ammoniaca diventando glutammato. Il glutammato rilasciato dal neurone gluamminergico agisce sui recettori presinaptici e postsinaptici (AMPA, NMDA, Kainato, mGluR). Il glutammato viene recuperato dal trasportatore degli amminoacidi eccitatori (EAAT 1 & 2) e trasferito dal vallo sinaptico all’interno delle cellule gliali. Nelle cellule gliali il glutammato diviene glutammina per opera dell’enzima glutammina sintetasi che utilizza ATP e ammoniaca. 1.7. Modulatori positivi dei recettori AMPA La famiglia del recettore AMPA è costituita da proteine espresse da 4 geni diversi chiamati GluR1-4, e ognuno di essi codifica sottounità che presentano un importante dominio extracellulare NH2 terminale e 4 domini idrofobici. I recettori AMPA sono ubiquitari nel sistema nervoso centrale e mediano la maggior parte delle neurotrasmissioni eccitatorie. Recenti scoperte affermano un ruolo emergente dei recettori AMPA nella eziologia e nel trattamento dei disordini dell’umore (Yasuhara et al., 2010). 16 I modulatori positivi dei recettori AMPA, non attivano i recettori, ma rallentano il tasso di desensibilizzazione e/o disattivazione di essi in presenza di un agonista. Diversi modulatori positivi ( piracetam, aniracetam, ciclotiazide, CX516, CX614 LY392098) dei recettori AMPA mostrano effetti antidepressivi nei modelli animali. Nel test del nuoto forzato, gli effetti antidepressivi del LY392098 sono stati bloccati dall’antagonista del recettore AMPA GYK153655 (Li et al., 2001). Inoltre i modulatori positivi del recettore AMPA non sono efficaci nel migliorare i deficit cognitivi della schizofrenia e dell’Alzheimer (Lauterborn et al., 2000). 1.8. Gli antagonisti del gruppo I del recettore mGlu L’antagonista molto potente e selettivo R199912 del mGluR1 produce una riduzione significativa nei comportamenti offensivi (minaccia e attacco) senza incidere sullo stato di riposo, suggerendo che questo recettore sia coinvolto nella regolazione dell’aggressività (Navarro et al., 2008). Gli antagonisti selettivi di mGluR5, MPEP (2-metil-6-feniletinilpiridina) e l’ancor più selettivo e metabolicamente più stabile MTEP (analogo-3-[(2-metil1,3-tiazol-4-enil)etilenil]-piridina), hanno effetti antidepressivi nel test della sospensione della coda dei topi. La somministrazione continua di MPEP produce effetti antidepressivi nel modello di depressione animale (bulbectomia olfattiva). Inoltre il topo mGluR5-Knockout mostra comportamenti antidepressivi come la riduzione dell’immobilità nel test del nuoto forzato (Li et al., 2006). 17 La somministrazione cronica di MPEP aumenta significativamente l’espressione del BDNF nell’ippocampo, portando ad un’azione antidepressiva nei pazienti affetti da MDD (Hashimoto et al., 2010) 1.9. Gli antagonisti del gruppo II dei recettore mGlu Il mGluR2 generalmente si trova in siti extrasinaptici delle terminazioni neuronali, mentre mGluR3 si trova in siti pre e post sinaptici (Pilc et al., 2008). Il gruppo II ha un ruolo importante nei meccanismi che regolano la plasticità sinaptica. Gli antagonisti dei recettori mGluR2/3 tra cui LY341495 e MGS0039 sembrano avere un effetto antidepressivo nei modelli di depressione animale. Entrambi hanno effetti che variano a seconda della dose somministrata nel test del nuoto forzato ed in quello della sospensione della coda (Chaki et al., 2004). La somministrazione di questi due antagonisti aumenta il rilascio di serotonina dei neuroni della dorsale del rafe; MGS0039 aumenta i livelli di serotonina extracellulare nella corteccia prefrontale e questo effetto viene attenuato dall’antagonista NBQX del recettore AMPA (Karasawa et al., 2005). Questo indica che la stimolazione dei recettori AMPA da parte degli antagonisti mGluR2/3 è responsabile di variazioni del rilascio di serotonina. Negli studi in vivo con il metodo della microdialisi è stato dimostrato che l’iniezione locale di MGS0039 nel nucleo accumbens accresce i livelli di dopamina extracelluare in questa regione (Karasawa et al., 2006). Può darsi che la dopamina stessa nel nucleo accumbens sia coinvolta nell’azione antidepressiva degli antagonisti di mGluR2/3, anche se sarebbe necessario uno studio ulteriore per confermarlo. Per migliorare la biodisponibilità orale del MGS0039 è stato sviluppato un profarmaco, la cui somministrazione orale mostra effetti antidepressivi sia nel test del nuoto forzato che nel test della sospensione della coda (Yasuhara et al., 2006). La somministrazione ripetuta di MGS0039 per 14 giorni aumenta la proliferazione cellulare 18 nell’ippocampo del topo adulto, questo è importante perché nella depressione si osserva atrofia e perdita neuronale nell’ippocampo e nelle strutture corticali ad esse connesse ( Chaki et al., 2004). Questi risultati suggeriscono che gli antagonisti dei recettori mGluR2/3 potrebbe essere potenzialmente terapeutici per i pazienti affetti da MDD. 1.10. Gli agonisti del gruppo III del recettore mGlu I recettori del gruppo III sono legati in modo negativo all’adenilato ciclasi, la loro attivazione inibisce la formazione di cAMP. Questi recettori si trovano sia nelle cellule neuronali che nelle cellule gliali e sono localizzati principalmente nei terminali dell’assone, dove controllano la disponibilità sinaptica del glutammato, del GABA, della dopamina e della serotonina (Pilc et al., 2008). Emergono prove che ci fanno capire il ruolo dei recettori mGluR del gruppo III nei disturbi comportamentali legati allo stress (Durand et al., 2008). Studi farmacologici di questi recettori sono stati limitati a causa della mancanza di strumenti selettivi e biodisponibili a livello del SNC. La somministrazione dell’agonista del gruppo III ACPT-1 determina effetti antidepressivi nel test del nuoto forzato; i suoi effetti sono contrastati dal CPPG ovvero un antagonista degli stessi recettori (Klak et al., 2007). Inoltre la somministrazione periferica di ACPT-1 è stata anche efficace in modelli comportamentali animali predittivi di schizofrenia (Palucha et al., 2008). AMN082 è stato identificato come un agonista selettivo, specifico dell’mGluR7. Il topo carente di mGluR7 mostra comportamenti antidepressivi come un ridotto tempo di immobilità nel test del nuoto forzato e nel test della sospensione della coda (Cryan et al., 19 2003); inoltre questa varietà di topo presenta una funzione alterata dell’asse HPA (ipotalamoipofisi-surrene) che potrebbe essere coinvolta nella fisiopatologia della MDD. AMN082 aumenta i livelli di corticosterone e ACTH nel plasma, ma questo incremento non avviene nel topo sopra descritto (Salling et al., 2008). Inoltre AMN082 può attenuare le anomalie comportamentali nei modelli di Parkinson degli animali; il recettore mGluR7 potrebbe essere valutato per sviluppare una terapia per il Parkinson (Greco et al., 2010). Suzuki et al. (2007) hanno sviluppato il primo antagonista selettivo del mGluR7, MMPIP, attualmente non ci sono studi in vivo su i suoi effetti. Inoltre la somministrazione dell’agonista (RS)-PPG del mGluR8, presenta effetti antidepressivi dose-dipendenti nel test del nuoto forzato (Palucha et al., 2004). Dato il ruolo del mGluR7 nei processi cognitivi ed emotivi sembra che gli agonisti selettivi del mGluR7 possano rappresentare una terapia per i pazienti affetti da MDD. 20 2. I FARMACI PER I RECETTORI DEL GLUTAMMATO 2.1. Panoramica dei farmaci che agiscono sul sistema glutamminergico La scoperta di antidepressivi efficaci tra gli inibitori delle MAO (mono ammino ossidasi) e gli inibitori triciclici del reuptake della noradrenalina (NA) e serotonina (5HT) hanno stimolato e guidato la ricerca sulla pato-fisiologia della depressione maggiore per più di 20 anni. La dimostrazione che gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina sono efficaci come antidepressivi ha portato allo sviluppo di farmaci con minore tossicità e effetti collaterali rispetto ai farmaci di prima generazione, comunque la risposta agli antidepressivi è rimasta essenzialmente invariata dal 1960. La risposta al trattamento sia con inibitori delle MAO sia con gli inibitori del reuptake di 5HT e NA non selettivi che selettivi, è intorno al 50-70%; per ottenere tale risposta è necessaria una somministrazione di 2-4 settimane e questo rappresenta uno dei maggiori problemi, per la difficoltà nel mantenere i pazienti in trattamento con il rischio di comportamenti autolesionisti o il suicidio. Lo sviluppo razionale di un farmaco dipende dalla comprensione dell’eziologia della malattia, dei meccanismi coinvolti così da intervenire su specifici bersagli. Nel caso della depressione maggiore, la comprensione del meccanismo d’azione dei medicinali utilizzati così come l’eziologia non è del tutto chiara. La maggior parte degli antidepressivi a livello clinico determinano interferenze con il reuptake di uno o più monoammine (noradrenalina, serotonina, dopamina) portando inizialmente ad un aumento della loro concentrazione sinaptica. L’azione terapeutica dei farmaci antidepressivi si manifesta dopo 2-4 settimane della loro somministrazione, mentre le concentrazioni delle monoammine cerebrali e plasmatiche risultano costanti dopo una sola settimana di trattamento. Questo porta all’ipotesi che alla base del meccanismo d’azione dei farmaci antidepressivi ci sia un adattamento 21 neurobiologico. La somministrazione di antidepressivi a lungo termine è accompagnato da un adattamento dei recettori α e β adrenergici e 5HT4,6,7, dei secondi messaggeri, del trasportatore della noradrenalina (NET) e serotonina (SERT) e dei sistemi di sintesi enzimatica (tirosina e triptofano idrossilasi). L’esistenza di cure antidepressive che non interagiscono con i neuroni monoaminergici, e trattamenti non farmacologici (lo shock elettroconvulsivo e la privazione del sonno REM) così come il modesto successo per gli antidepressivi (50-70% stimato nella maggior parte degli studi) porta a concludere che agire solo a livello delle sinapsi monoaminergiche non può risolvere completamente la patologia. I recettori NMDA sono proteine tetrameriche composte da sottounità NR1 e NR2. Le sottounità (del recettore NMDA) NR2B sono localizzate in modo primario nel proencefalo, una regione implicata nella fisiopatologia della MDD. Studi preclinici evidenziano una downregulation della densità di recettori β adrenergici e 5HT2 nel proencefalo in caso di trattamento cronico con gli antagonisti del recettore NMDA, ma non acuto, queste prove supportano l’ipotesi che gli antagonisti del recettore NMDA hanno proprietà antidepressive (Papp et al., 1994). Law e Deakin (2001) hanno riportato una riduzione nell’espressione dell’mRNA del sottotipo recettoriale NMDA NR1 nell’ippocampo dei soggetti depressi, questo fenomeno è stato già osservato nei soggetti sia bipolari che schizofrenici, potrebbe essere una caratteristica significativa di disordini affettivi. Musazzi et al (2010) hanno dimostrato che il rilascio di glutammato è sovra regolato in caso di stress ed è in relazione al rilascio di GABA. Il trattamento cronico con antidepressivi (Desimipramina, Fluoxetina, Venlafaxina) abolisce completamente il rilascio del glutammato indotto dallo stress suggerendo che potrebbe essere una componente terapeutica rilevante di questi farmaci (Musazzi et al., 2010). Inoltre la somministrazione cronica (4settimane) di Fluoxetina causa una up-regulation delle subunità (NR2A del recettore NMDA, GluR1/2 del recettore AMPA) dei recettori del glutammato nella 22 corteccia retrospinale del cervello dei ratti (Ampuero et al., 2010). Questo porta all’affermazione che la somministrazione cronica di antidepressivi può indurre l’adattamento molecolare e strutturale delle sinapsi glutamminergiche che sarebbero quindi implicate nell’azione antidepressiva. Trattamenti antidepressivi farmacologici (Imipramina) e non farmacologici (lo shock elettroconvulsivo) somministrati in modo cronico aumentano l’immunoreattività di mGluR1 e mGluR5 nell’ippocampo dei ratti. Gli effetti più evidenti sono stati osservati nelle regioni CA1 e CA3 (Smialowska et al., 2002). Inoltre l’uso cronico dell’Imipramina amplifica sia l’espressione che la funzione dei recettori mGluR2/3 in alcune parti dell’ippocampo (Matrisciano et al., 2002). 2.2. L’antagonista non competitivo del recettore NMDA: la Chetamina La Chetamina è stata usata come un agente anestetico per molti anni sia in pazienti pediatrici che adulti, a dosi da 2mg/kg. In seguito alla somministrazione di Chetamina (infusione di 40 minuti di 0.5mg/kg in pazienti non sottoposti a terapie antidepressive) si ha una riduzione di 15 punti sulla “Scala Hamilton della depressione” (Berman et al., 2000). In dosi sub- anestetiche la Chetamina sembra presentare un livello di rischio accettabile nell’uomo. La Chetamina ha effetti antidepressivi rapidi nei pazienti, affetti da MDD, che non rispondono ai trattamenti antidepressivi (Berman et al., 2000). Una singola dose (1mg/kg) di Chetamina allevia il dolore postoperatorio nei pazienti depressi (Kudoh et al., 2002). Gli effetti antidepressivi rapidi (entro 2 ore dalla somministrazione) e duraturi (oltre 1 settimana) di una singola dose di chetamina (0,5mg/kg, infusione i.v. di 40 minuti) si riscontra nel 50% dei pazienti affetti da MDD, che non rispondono ai trattamenti antidepressivi (Zarate et al., 2006a). In più, vi sono studi che evidenziano effetti rapidi della Chetamina in pazienti dipendenti da alcool, affetti dalla sindrome del dolore cronico e affetti da tumori (Liebrenz et al., 2007; Stefanzyk-Sapieha et al., 2008). Tutti questi risultati messi insieme fanno ipotizzare che il recettore NMDA potrebbe portare effetti antidepressivi rapidi e relativamente duraturi. 23 Nonostante gli effetti collaterali, sedativi e psicotomimetici, della Chetamina essa induce un effetto antidepressivo riproducibile quindi può essere un valido strumento di ricerca per sviluppare biomarkers di risposta con lo scopo di dar vita a una nuova generazione di antidepressivi (Salvadore et al., 2009). Uno dei problemi della Chetamina è la tolleranza, infatti una seconda infusione di Chetamina è stata meno efficace un mese dopo quella iniziale (Liebrenz et al., 2009). In più, è noto che l’esposizione continuata alla Chetamina aumenta il rischio di psicosi acute, episodi dissociativi e cambiamenti di umore rapidi così come euforia nei pazienti tendenzialmente sani (infatti l’abuso di questo farmaco, conosciuto con il nome di “special K” porta allo stato di delirio ed allucinazione) (Dillon et al., 2003). Esistono due isomeri della Chetamina: chetamina (S) e (R). La S Chetamina sembra minimizzare gli effetti collaterali psicomimetici come il delirio e le allucinazioni (Sinner et al., 2008). La somministrazione orale di S Chetamina (1.25mg/kg al giorno per 14 giorni) come terapia è stata efficace, in uno studio condotto su un numero limitato di pazienti affetti da MDD (Paslakis et al., 2010). Per confermare gli effetti benefici della somministrazione orale della S Chetamina nei pazienti affetti da MDD sarebbe necessario uno studio clinico più ampio. L’abuso potenziale e la neurotossicità spingono a ricercare alteranative alla Chetamina. Chetamina (S)-Chetamina 24 Gli antagonisti mGlu2/3 e la Chetamina agiscono sugli stessi circuiti neuronali. La Chetamina blocca il recettore NMDA e attiva il recettore AMPA, di conseguenza aumenta la secrezione del BDNF che riduce la plasticità sinaptica. La stimolazione del recettore AMPA e il signaling mediato da mTOR sembrano essere coinvolte nella rapida azione della Chetamina. Gli antagonisti del recettore mGluR5 incrementano la secrezione del BDNF e la trasmissione serotoninergica, attivano i recettore post-sinaptici 5-HT2A/2C, aumentano la secrezione del GABA che a sua volta riduce il rilascio del glutammato. Gli antagonisti del recettore mGlu2/3 stimolano il recettore AMPA aumentando la trasmissione dopaminergica nel nucleo accumbens e la trasmissione serotoninergica nella corteccia prefrontale mediana; entrambe hanno effetti antidepressivi (Fig.3). Fig 3 (Chaki S et al 2012) Azione schematica degli antagonisti dei recettori mGlu2/3 e mGlu5, e la Chetamina. La Chetamina determina il recupero delle anomalie delle vie glutamminergiche bloccando i reccettori NMDA e stimolando il recettore AMPA. 25 Si riscontrano tuttavia svantaggi associati agli antagonisti mGlu2/3 : gli effetti proconvulsivi: infatti i topi mGlu7-Knockout, mostrano una maggiore suscettibilità (Sansing et al., 2001), il blocco cronico dei recettori mGlu2/3 presinaptici, potrebbero dare gli stessi risultati. gli effetti antidepressivi di questi agenti potrebbero essere ridotti a seguito del trattamento ripetuto (tolleranza). Attualmente la Chetamina, antagonista del recettore NMDA, potrebbe rappresentare il farmaco terapeutico più attrattivo per i pazienti affetti da MDD ma resistenti ai trattamenti, nonostante sarebbe necessario un ulteriore studio per confermarlo. 2.3. L’antagonista del recettore NMDA (con bassa affinità) open-channel, non competitivo: la Memantina La Memantina è un farmaco ben tollerato ed è approvato per il trattamento dell’Alzheimer (Langa et al., 2004). A differenza della Chetamina, la Memantina (5-20mg al giorno) ha fallito nel migliorare la depressione nei pazienti affetti da MDD (Zarate et al., 2006b). Le ragioni precise di questa discrepanza non sono chiare. Una possibilità è che l’alta affinità, dell’antagonista per il recettore NMDA open-channel, Chetamina porti ad effetti antidepressivi mentre la Memantina, antagonista debole open-channel, sia inefficace (Tsai et al., 2007). Al contrario, un esperimento su un campione limitato con alte dosi di Memantina (40 mg al giorno) ha rivelato una riduzione significativa nei sintomi depressivi nei pazienti con MDD (Ferguson et al., 2007). Inoltre Kollmar et al (2008), riportano risultati positivi per il trattamento di MDD usando una terapia in 2 step: 2 infusioni di Chetamina seguiti dalla 26 somministrazione orale di Memantina. Gli effetti antidepressivi della Memantina rimangono ancora da confermare (Haschimoto et al., 2009a). 2.4. Agente neuroprotettivo con proprietà anticonvulsivanti: il Riluzolo Un antagonista del glutammato, il Riluzolo, è l’unico farmaco approvato dalla FDA per il trattamento della SLA. Mostra effetti benefici in pazienti affetti da disturbo ossessivocompulsivo, da depressione maggiore e da disturbo unipolare, resistenti ai trattamenti (Zarate et al., 2004). Il meccanismo dell’azione del Riluzolo potrebbe essere collegato a meccanismi extra-glutamminergici come inibizione dei canali Na+ voltaggio dipendenti, inattivazione dei canali Ca2+ di tipo P/Q o il potenziamento della funzione del recettore GABA-A. Il Riluzolo (100-200 mg/kg in 6 settimane) aumenta i livelli di glutammato/glutammina e Nacetilaspartato (NAA) nel cervello, in 14 pazienti con depressione bipolare (Brennan et al., 2010). Secondo la scala Hamilton per la depressione (HAM-D) il trattamento con Riluzolo determina una riduzione della depressione in relazione all’aumento del N-acetilaspartato dopo 6 settimane, nella corteccia cingolata anteriore. Messi insieme i risultati portano ad affermare che il Riluzolo, che può attivare la conversione del glutammato in glutammina tramite la glutammina sintetasi, potrebbe essere un farmaco terapeutico per pazienti affetti da MDD resistenti a trattamenti. 27 2.5. Ansiolitico non benzodiazepinico: il Fenobam Il Fenobam, scoperto nel 1978, è stato descritto nel 2005 come un antagonista del recettore mGluR5 (Porter et al., 2005). Gli effetti antidepressivi del Fenobam sono stati riportati da Lapierre e Oyewumi nel 1982 che hanno descritto un miglioramento nella scala della depressione Hopkins nei pazienti trattati con questo farmaco. Non sono stati riportati effetti avversi del Fenobam nella sindrome dell’ X fragile (Jacquemont et al., 2011). Paragonando gli effetti collaterali degli antagonisti NMDA, con gli antagonisti del recettore mGluR5 si nota che per questi ultimi non c’è né neurotossicità né effetti psicotomimetici. (Gass et al., 2011). FENOBAM 28 3. LE INTERAZIONI TRA I FARMACI ANTIDEPRESSIVI, AGLI AMMINOACIDI ECCITATORI E IL SIGNALING SUBCELLULARE 3.1.Omeostasi del calcio Esiste una letteratura clinica molto estesa che ci da informazioni sul ruolo dell’omeostasi del calcio nella fisiopatologia della depressione umana (Ortoland et al., 1983). Per esempio, l’ipotiroidismo è stato per molto tempo associato a disturbi affettivi (Whybrow et al., 1976), formulando l’ipotesi è che questi disturbi siano correlati a errori nel metabolismo del calcio. Inoltre è emerso che nei pazienti con la depressione non direttamente associata con la disfunzione endocrina, i livelli di calcio nel siero o CSF sono superiori rispetto alla norma; infatti la riduzione dei livelli di calcio nel plasma, siero o CSF migliorano la sintomatologia depressiva, questi risultati si ottengono o dopo 8 trattamenti di shock elettroconvulsivo o con farmaci antidepressivi (Dubvosky et al., 1989);. Infine gli antagonisti dei canali del calcio sembrano avere un effetto antidepressivo nei soggetti aneddotici (Dubvosky et al., 1993). L’attivazione dei recettori del glutammato spesso porta ad un incremento dei livelli del complesso Ca++-Calmodulina nei neuroni postsinaptici. Il calcio stimola l’ossido nitrico sintetasi che converte L-arginina in L-citrullina e libera NO che rappresenta un segnale transinaptico. NO rilasciato stimola la guanilciclasi, che converte GTP in cGMP, il quale stimola la fosfodiesterasi II e la proteina chinasi G (Fig.4). 29 Fig.4 (Ian AP and Skolnick P 2003) Cascata del Ca2+-calmodulina-ossido nitrico sintetasi-guanil ciclasi (CC-NOS-GC). Abbreviazioni: VDCC canali del calcio voltaggio dipendenti, CAM calmodulina, NO ossido nitrico, PKG proteina chinasi G, PI fofatidil inositolo. Le parole evidenziate con gli asterischi (per esempio * NO Synthase *) indicano l’attività dell’enzima. 3.2.Ossido nitrico sintetasi L’ossido nitrico (NO) potrebbe essere capace di stimolare il rilascio di neurotrasmettitori (dopamina, noradrenalina) e questo fenomeno dipende dalla stimolazione del recettore NMDA, infatti si riscontra sia l’aumento (Strasser et al., 1994) che la diminuzione (Bowyer et al., 1995) della concentrazione di monoammine dopo il trattamento con farmaci in grado di liberare NO (NO-donors). L’ossido nitrico riduce gli effetti psicostimolanti nei ratti, infatti l’inibizione di NOS (ossido nitrico sintetasi) aumenta gli effetti di anfetamina e cocaina mentre un livello maggiore di NO li attenua. Inoltre NO regola gli adattamenti neuronali sia a lungo che a breve termine e di conseguenza potrebbe avere un ruolo nell’adattamento neuronale dovuto all’utilizzo dei farmaci antidepressivi (van Amsterdam et al., 1999). Gli antidepressivi come la Fluoxetina possono inibire l’attività della NO sintetasi neuronale 30 (nNOS). L’inibizione di NOS potrebbe causare: ipertensione, spasmi coronarici, aggregazione piastrinica; e per questo potrebbe non essere appropriata per i pazienti con malattie ischemiche o insufficienza coronarica. La Paroxetina ha un buon profilo di sicurezza, infatti tutti i pazienti esaminati con malattie ischemiche del cuore hanno ben tollerato questo inibitore NOS senza serie conseguenze (Lee et al., 1995). Il trattamento cronico con antidepressivi aumenta l’espressione di iNOS in molte aree del proencefalo ma senza effetti sulla isoforma nNOS (Suzuki et al., 2002). L’esposizione di ratti a stress cronico aumenta in modo significativo la presenza di NADPH-diaforasi (marker del NOS) nell’ippocampo, un effetto bloccato dal trattamento cronico con Fluoxetina. 3.3. Il ruolo del fattore neurotrofico celebrale BDNF L’espressione di BDNF e del suo recettore trkB possono essere alterati in risposta sia a trattamenti antidepressivi che contro lo stress. Lo stress riduce l’espressione di BDNF e trkB, mentre trattamenti cronici con farmaci antidepressivi incrementano questi fattori. E’ interessante notare che la depressione maggiore è accompagnata da alterazioni nella morfologia del cervello e dalla riduzione del volume della corteccia cingolata anteriore (Nibuya et al., 1996). La via di trasduzione del segnale dei recettori del glutammato converge sul CRE (nuclear cAMP response element) e sulla proteina ad esso associata CREB, che regola l’espressione del BDNF. Il recettore NMDA, in particolare la sottounità NR2A, è collegato alla proteina subcellulare PSD95 e NOS (Fig.5) 31 Fig.5 (Ian AP and Skolnick P 2003) Rappresentazione schematica delle vie subcellulari e dei fattori di trascrizione attivati dai recettori glutamminergici. NR1, NR2A e NR2B sono sottounità del recettore NMDA. PSD95 proteina postsinaptica con densità 95. MAGUK guanil chinasi associata alla membrana e alla sottounità del recettore NR2A. Yotiao= proteina di ancoraggio della sottounità NR1. Homer= proteina di ancoraggio associata a mGluR. nNOS ossido nitrico sintetasi neuronale. Shank = PDZ proteina associata a GKAP e Homer GKAP = guanil chinasi associata alle proteine. Grasp = PDZ dominio delle proteine di trasporto legato ai recettori AMPA. MAPK = proteina chinasi mitocondriale. CaM = calmodulina. RSK = chinasi ribosomiale 6S. CaMKIV = calmodulina chinasi IV. CREB = proteina legante l’elemento responsivo cAMP. Il calcio controlla la proteina MAPK (proteina chinasi mitocondriale) e RSK (chinasi ribosomiale S) così come la Calmodulina (CaM) e CaMKIV (calmodulina chinasi IV) che regola la fosforilazione della CREB nucleare. I recettori AMPA controllano l’ingresso di calcio che può attivare MAPK e CaM e quindi determinare la fosforilazione di CREB (Perkinton et al, 2002). Un’apparente contraddizione di questo sistema è che la stimolazione, sia dei recettori AMPA, che dei recettori sinaptici NMDA attiva la fosforilazione del CREB e l’espressione del gene ad esso associato. Facilitando l’ingresso di calcio da parte dei recettori AMPA si dovrebbe attivare la CREB e quindi facilitare la produzione di BDNF e altre proteine, lo stesso risultato che si ottiene dalla stimolazione dei recettori sinaptici NMDA. Gli antagonisti del recettore NMDA inibiscono 32 l’attivazione di CREB e la produzione di BDNF e questo produce un effetto antidepressivo sia nei roditori che nell’uomo. Questo può apparire come un paradosso nella nostra interpretazione dell’interazione tra i recettori NMDA e i fattori neurotrofici. In realtà l’attivazione del recettore intrasinaptico NMDA porta alla fosforilazione e attivazione di CREB, quindi all’espressione del BDNF. Invece l’attivazione del recettore extrasinaptico NMDA porta a defosforilazione di CREB, quindi non si ha l’espressione di BDNF (Hardingham et al., 2002). 3.4.Collegamenti anatomici rilevanti proposti per l’interazione di antidepressivi e la neurotrasmissione di amminoacidi eccitatori L’innervazione glutamminergica del locus coeruleus deriva per lo più dal nucleus paragigantocellularis. I neuroni dopaminergici dell’area tegumentale ventrale ricevono una innervazione glutamminergica dalla corteccia prefrontale. Il glutammato esercita attività sulle cellule dopaminergiche attraverso i recettori ionotropici e metabotropici. Le proiezioni noradrenergiche dal locus coeruleus e le serotoninergiche dal nucleo del rafe modulano l’attività degli interneuroni GABAergici, dei dendriti apicali dei neuroni glutamminergici piramidali della corteccia prefrontale e l’attività neuronale nell’ippocampo. Una proiezione glutamminergica della corteccia frontale modula l’attività neuronale dell’ippocampo e dà un feed back, sia direttamente che indirettamente, nel nucleus paragigantocellularis (n.PGi), nell’abenula del locus coeruleus e nel nucleo del rafe (Jodo et al., 1998). La connessione tra locus coeruleus e n.PGi, sembra essere glutamminergica mentre la connessione dal nucleo del rafe all’abenula sembra essere GABAergica. Inoltre, esiste una modulazione reciproca nelle proiezioni del locus coeruleos e del nucleo del rafe. I neuroni glutamminergici nella corteccia prefrontale e nell’ippocampo sono situati in modo strategico per ricevere input sia noradrenergici che serotoninergici, determinando un’azione antidepressiva. I farmaci antidepressivi sembrano mostrare effetti su questo circuito, determinando l’aumento delle 33 concentrazioni sinaptiche di NA o 5HT nella corteccia frontale. Questo potrebbe dare inizio ad una cascata di effetti modulatori attraverso interneuroni GABAergici. Questo schema fornisce un meccanismo plausibile per gli effetti antidepressivi degli antagonisti del recettore NMDA (Fig.6). Fig.6 (Ian AP and Skolnick P 2003) Circuito neuronale coinvolto nell’attività dei farmaci antidepressivi. N.Pgi = Paragigantocellularis. LC = Locus coeruleus. RN = nucleo del rafe. Le proiezioni dal LC sono noradrenergiche, quelle da RN sono serotoninergiche e quelle dall’abenula sono GABAergiche. Le proiezioni noradrenergiche e serotoninergiche modulano i neuroni GABAergici e i dendriti apicali dei neuroni glutamminergici nella corteccia prefrontale. 34 4. UN DIVERSO APPROCCIO NELLO SVILUPPO DEGLI ATIDEPRESSIVI 4.1. Sviluppo di farmaci antagonisti dei recettori del glutammato: gruppo I L’antagonismo di mGluR1 o mGluR5 sembra dare un beneficio in molte condizioni patologiche del SNC, i primi studi del gruppo I furono ostacolati dalla mancanza di composti potenti e selettivi. La scoperta di modulatori dei mGluR selettivi e potenti ha dato l’opportunità di esaminare i potenziali effetti terapeutici dell’attivazione o inibizione di specifici sottotipi di mGluR. Sono stati testati, in larga misura nei modelli di depressione dei topi, due modulatori allosterici negativi del recettore mGluR5, MPEP e MTEP. Lo studio degli effetti antidepressivi dei recettori del glutammato del gruppo I si è concentrato principalmente su mGluR5, la cui attività incide sui disturbi dell’umore. Infatti il topo knockout per il recettore mGluR5 è meno immobile di un qualsiasi topo wild-type nel test del nuoto forzato (Li et al., 2006). L’attivazione del recettore mGluR5 sembra che potenzi l’attività del recettore NMDA e d’altra parte gli antagonisti del recettore mGluR5 determinano una riduzione dell’attività del recettore NMDA in molte aree del cervello, quindi esiste una interazione tra i due recettori (Attucci et al., 2001). I recettori postsinaptici mGluR5 sono localizzati sui recettori ionotropici Glu (iGlu) e sono collegati alla famiglia delle proteine Homer, le quali interagiscono con le proteine Shank collegate ai recettori NMDA (Tu et al., 1999). La somministrazione ripetuta di MTEP diminuisce l’espressione di mRNA che codifica per la sottounità NR1 del recettore NMDA nella corteccia cerebrale del ratto (Cowen et al., 2005). Sono state proposte tre ipotesi che possono collegare gli antagonisti mGlu5 e la riduzione del livello di glutammato nel cervello: 35 • Il complesso recettore mGluR5/NMDA sembra collocarsi principalmente a livello postsinaptico nell’ippocampo e nella corteccia prefrontale, regioni del cervello conosciute per essere coinvolte nella depressione, questi recettori si trovano negli interneuroni GABAergici (van Hooft et al., 2000). L’inibizione dei recettori mGluR5 e il neurone GABAergico può portare alla disinibizione degli interneuroni intermedi che inibisce il rilascio del glutammato (Fig. 7). • I recettori mGluR5 si trovano non solo a livello postsinaptico, ma giocano anche un ruolo di autorecettori presinaptici che regolano il rilascio di glutammato nel proencefalo dei ratti, e gli antagonisti di mGluR5 diminuiscono il rilascio di glutammato tramite la via inibitoria di questi autorecettori (Thomas et al., 2000). Se l’effetto antidepressivo è correlato alla riduzione del rilascio del glutammato, gli antagonisti mGluR5 potrebbero contribuire all’efficacia antidepressiva (Fig.7). • Il coinvolgimento del sistema serotoninergico nell’azione antidepressiva degli antagonisti del recettore mGluR5. La somministrazione di MPEP produce diverse risposte neuroendocrine, che sono tipiche degli antidepressivi non selettivi, come l’incremento della concentrazione di corticosterone nel plasma dopo iniezione (questo effetto è stato ridotto del 50% con l’antagonista del 5-HT1A) e la desensibilizzazione dall’asse ipotalamico-ipofisario-surrenalico (Bradbury et al., 2003). Poichè i recettori 5-HT2, che mostrano effetti eccitatori, sono posizionati sui neuroni GABAergici (Griffiths e Lovick 2002), e la stimolazione dei recettori 5-HT2 rilascia GABA nella corteccia prefrontale, questo contribuisce all’efficacia antidepressiva degli antagonisti mGluR5 attraverso l’inibizione del neurone glutamminergico target. In più sia MPEP che MTEP sembrano aumentare il rilascio di 5-HT nell’ippocampo e nella corteccia frontale (Smolders et al., 2008). L’esistenza di interazioni significative tra i recettori 5- 36 HT2 e mGluR5, contribuiscono non solo all’efficacia antidepressiva, ma anche ansiolitica degli antagonisti del recettore mGluR5. Fig 7 (Chaki S et al 2012) Rappresentazione schematica del meccanismo d’azione degli antagonisti del recettore mGluR5. La domanda che sorge è se gli antagonisti del mGluR5 siano abbastanza sicuri da poter essere applicati nella pratica clinica. Sembra che i ligandi mGluR che modulano le neurotrasmissioni glutamminergiche siano agenti terapeutici più sicuri degli antagonisti NMDA. Argomenti convincenti sul possibile uso clinico degli antagonisti mGluR5 derivano dal Fenobam. Il Fenobam è un antagonista potente e selettivo del mGluR5 simile a MPEP, con un profilo sicuro senza effetti miorilassanti e non interagisce con l’etanolo (Porter et al., 2005). Studiando pazienti affetti da MDD tramite PET (tomografia ad emissione di positroni) è emerso che vi sono bassi livelli di mGluR5, se confrontati con i soggetti sani, in diverse regioni del cervello incluse le cortecce frontali, temporali e parietali, l’ippocampo, l’insula e il talamo. Inoltre è stato scoperto che la gravità della depressione è inversamente proporzionale all’espressione del recettore mGluR5 nell’ippocampo (Deschwangen et al., 2011). Questi dati supportano fortemente l’ipotesi che il recettore mGluR5 può essere un target per lo sviluppo di una nuova terapia antidepressiva. Gli antagonisti del recettore mGluR5 sono attualmente 37 testati nei vari esperimenti clinici, tra cui il trattamento della sindrome dell’X fragile, la discinesia indotta da L-DOPA, il reflusso gastro-esofageo, il diabete neuropatico e l’emicrania (Zerbib et al., 2011). Si deve essere consapevoli del fatto che i recettori mGluR5 giocano un ruolo importante nella memoria e nell’apprendimento, infatti i topi privi del recettore mGluR5 mostrano deficit nell’apprendimento (Lu et al., 1997) e questo fenomeno è stato registrato anche dopo la somministrazione di Fenobam (Jacob et al., 2009). L’Acamprosate, che è stato proposto come antagonista funzionale del recettore mGlu5 e NMDA, è stato usato negli alcolisti come anticraving per più di 20 anni ed è considerato sicuro e ben tollerato, non determina compromissioni significative dell’apprendimento e della memoria (Boothby e Doering 2005). ACAMPROSATE 4.2. Considerazioni La depressione sembra essere associata ad una eccessiva eccitabilità del cervello che è provocata da diversi processi di disfunzione neuronale legati a disturbi nel meccanismo della plasticità neuronale. I deficit cognitivi che si osservano in pazienti affetti da schizofrenia si presentano anche nei pazienti con MDD. Considerando il ruolo del sistema glutamminergico nei processi cognitivi ci possono essere fenotipi intermedi tra la schizofrenia e la MDD. La diminuzione nella neurotrasmissione glutamminergica potrebbe giustificare le proprietà antidepressive degli antagonisti del gruppo I, non può spiegare una simile attività degli antagonisti del gruppo II che agiscono probabilmente tramite meccanismi AMPA, serotoninergici e/o dopaminergici. Inoltre, ci dobbiamo ricordare che i recettori mGluR 38 (distribuiti in larga misura nel SNC) svolgono un ruolo predominante nella regolazione, non solo per la neurotrasmissione glutamminergica, ma anche per il GABA; perciò i recettori mGluR possono in modo diverso regolare l’eccitazione del cervello a seconda della localizzazione dello specifico sottotipo di mGluR. In relazione all’attività dei recettori mGlu nella depressione, ci sono ancora alcune questioni da risolvere. Il ruolo dei recettori mGlu2/3: poiché sia gli antagonisti che gli agonisti mostrano effetti antidepressivi, è necessaria una spiegazione possibile di questo apparente paradosso. Si deve ricordare che le anormalità glutamminergiche possono differire a seconda delle regioni del cervello e dello stato di depressione. Sia l’aumento che la diminuzione nel rilascio sinaptico del glutammato avvengono durante il corso della depressione. L’efficacia della stimolazione del recettore mGluR2 può essere dovuta al fatto che è collegato in modo negativo alla transduzione del segnale dell’ adenilato ciclasi e diminuisce il rilascio del glutammato (specialmente in condizioni di eccesso di glutammato nella sinapsi) e in più regola la trasmissione del glutammato attraverso meccanismi postsinaptici. Antagonisti del recettore mGlu2/3 sembrano avere un wakepromoting effect nelle depressioni in cui il paziente tende a dormire, mentre gli agonisti favoriscono il sonno nella depressione collegata all’insonnia (Feinberg et al., 2005). La stimolazione o inibizione della trasmissione di glutammato: si deve tenere in considerazione che la Chetamina ha effetti sia sulla trasmissione del glutammato, a seconda delle regioni del cervello e dei tipi di cellula, che sull’ aumento della via di segnalazione glutamminergica nella corteccia prefrontale, attraverso l’inibizione degli interneuroni GABA e la conseguente disinibizione dei neuroni piramidali corticali. Il 39 blocco del recettore NMDA da parte degli antagonisti del recettore mGluR5 mostra non solo effetti inibitori ma anche eccitatori sulla trasmissione del glutammato. Le anormalità glutamminergiche osservate nella depressione non sono spiegabili semplicemente con eccesso o defezione di glutammato, ma ciò che si vuole ottenere dalla terapia è la normalizzazione del glutammato. Il coinvolgimento degli effetti psicotomimetici nel trattamento antidepressivo: non è stato ancora chiarito se gli effetti psicotomimetici iniziali della Chetamina siano collegati all’azione antidepressiva, poiché sia gli antagonisti del recettore mGluR2/3 che del mGluR5 non hanno effetti psicotomimetici. I recettori del gruppo III svolgono un ruolo diverso nel regolare la funzione del SNC, topi mGluR7-KO mostrano attività ansiolitica, invece mGluR8-KO presentano comportamenti ansiogeni (Duvoisin et al., 2005). Si potrebbe supporre che l’attivazione di alcuni recettori del gruppo III potrebbe portare benefici riducendo i sintomi depressivi in quanto gli agonisti abbattono il rilascio di glutammato nella sinapsi eccitatoria, effetto descritto in diverse aree del cervello, compresa la corteccia cerebrale e l’ippocampo (Cartmell et al., 2000). La depressione, è una sindrome eterogenea che presenta diversi disordini dell’umore con diverse sintomatologie e cure (la malinconia è del tutto diversa se comparata con la depressione psicotica). La disfunzione di sistemi di neurotrasmissione eccitatoria e/o inibitoria nel SNC, a seconda della natura, intensità e localizzazione nel cervello, potrebbe contribuire in diversi tipi di stati depressivi. I ligandi del recettore mGluR, in particolare quelli che agiscono sui recettori mGluR2/3 e mGluR5, condividono circuiti neuronali con la Chetamina, quindi potrebbero essere alternative efficaci alla Chetamina, ma la loro efficacia e sicurezza deve essere ancora confermata con esperimenti clinici. 40 5. LA SINDROME DELL’ X FRAGILE 5.1. Introduzione La sindrome di Martin-Bell, una disabilità intellettiva legata al cromosoma X, è stata descritta per la prima volta nel 1943 da James Purdon Martin e Julia Bell in alcuni membri, di sesso maschile, di una famiglia (Martin and Bell 1943). Nel 1969, Hebert Lubs scoprì l’esistenza di un difetto sul cromosoma X, nei maschi affetti dalla patologia (Lubs 1969). Il sito sul cromosoma X, che presenta l’anomalia, è stato chiamato “Fragile site” da Frederick Hecht nel 1970, per questo a partire dal 1970 la sindrome di Martin-Bell cambiò nome diventando la sindrome dell’ X fragile (FRAX). La Sindrome dell’ X fragile (FRAX) è considerata la principale causa ereditaria, derivante da un singolo gene, di ritardo mentale e di alcune forme di autismo. Nella FRAX, il gene FMR1 (the fragile X mental retardation 1) è silenziato e la proteina FMRP non è espressa, queste sono le caratteristiche specifiche della sindrome. Attualmente il trattamento della sindrome FRAX è sintomatico, le terapie sono di tipo riabilitativo, sia motorio sia psicopedagogico. Il supporto terapeutico-educativo, che include la terapia comportamentale, è spesso usato a fianco della farmacoterapia per sintomi specifici, come il disturbo dell’attenzione e della iperattività (ADHD), l’ansia e l’aggressività (Bailey et al., 2009). La ricerca preclinica è essenziale nello sviluppo di potenziali agenti terapeutici. Evidenze precliniche dimostrano che gli antagonisti del recettore mGluR5 possono essere agenti terapeutici efficaci per la sindrome FRAX. Infatti l’assenza della proteina FMRP porta ad un incremento dell’attività del recettore mGluR5, questo determina a sua volta l’aumento della sintesi proteica e difetti nella plasticità sinaptica, (caratteristiche evidenziate nella depressione). Detto ciò, gli sforzi per lo sviluppo di agenti che possano avere come bersaglio la fisiopatologia della FRAX si sono concentrati sulla modulazione del mGluR5. Attualmente gli approcci terapeutici per la sindrome FRAX sono due : 41 • riattivare il gene silenziato FMR1 • compensare l’assenza o la carenza della proteina FMPR, utilizzando gli antagonisti del recettore mGluR5. L’incidenza della sindrome FRAX con completa disabilità intellettiva è 1:4000 nella popolazione di sesso maschile e 1:6000 nella popolazione di sesso femminile (Turner et al., 1992). La sindrome colpisce più frequentemente la popolazione maschile rispetto a quella femminile, questo è spiegato dal fatto che la sindrome FRAX è legata al cromosoma X. La patologia non si manifesta alla nascita, ma progressivamente, dai primi mesi di vita alla pubertà (alla nascita si notano orecchie prominenti e ipotonia) (Garber et al., 2008). 5.2. Fenotipo caratteristico del soggetto affetto dalla sindrome dell’ X fragile Il principale fenotipo clinico della FRAX è una disabilità intellettiva. Lo sviluppo mentale dei soggetti affetti da FRAX è molto vario, alcuni mostrano capacità cognitive quasi normali, altri un lieve ritardo mentale, altri ancora un ritardo mentale grave. Il primo sintomo della malattia è il ritardo nello sviluppo psicomotorio, in particolare nell’apprendimento del linguaggio. Alcuni individui affetti da FRAX, presentano un ritardo mentale di grado variabile spesso associato a caratteristiche comuni all’autismo, come difficoltà nelle interazioni sociali e nei processi emozionali (incapacità di fissare negli occhi gli altri, avversione nell’essere toccati, comportamenti stereotipati). Queste caratteristiche persistono con l’avanzare dell’età. Altre caratteristiche significative della FRAX includono ansia, deficit nell’attenzione, iperattività, irritabilità, ipermobilità delle articolazioni, ipotonia (Garber et al., 2008). Nella popolazione di sesso femminile, con mutazione completa, si nota un fenotipo più vario rispetto ai maschi. Questo dipende dalla produzione della proteina FMRP dagli alleli del gene FMR1 sul cromosoma X non mutato. Comunque, le femmine 42 affette dalla sindrome FRAX spesso hanno problemi di impulsività, di attenzione e deficit nelle funzioni esecutive anche quando la disabilità intellettuale non è presente. I deficit sociali, il mutismo selettivo, le fobie specifiche, la timidezza e l’ansia sociale sono comuni nelle donne affette da questa patologia (Wang et al., 2010). I tratti somatici tipici dei pazienti affetti da FRAX sono: viso stretto e allungato con fronte e mandibola prominenti, orecchie prominenti e più grandi della media, macrorchidismo nei maschi in età postpuberale, piedi piatti. Queste caratteristiche possono essere meno evidenti nel periodo prepuberale e manifestarsi in modo marcato solo in seguito. I pazienti affetti da FRAX, alcune volte possono manifestare episodi convulsivi e problemi relativi al sonno (tabella 1). Tabella 1 tipiche caratteristiche del FXS Fisiche macrorchidismo viso lungo e stretto con gli occhi infossati mandibola prominente palato ogivale orecchie grandi e prominenti piedi piatti ipermobilità delle articolazioni ipotonia Intelligenza/apprendimento disabilità intellettiva deficit del linguaggio problemi di lavoro e di memoria a breve termine deficit nella funzione esecutiva abilità matematiche visualizzazioni spaziali Sociale / emotivo /Comportamentale iperattività deficit di attenzione ansia irritabilità deficit sociali comportamento ripetitivo mordace Sensoriale crisi epilettiche problemi del sonno Per quanto riguarda i fenotipi cognitivi, fisici e comportamentali, questi sono facilmente osservabili e misurabili in pazienti affetti da FRAX. Al contrario, il fenotipo neuroanatomico 43 è molto più difficile da osservare e può essere studiato solo dopo la morte valutando biopsie cerebrali. L’analisi neurologica post-mortem dei pazienti affetti dalla sindrome ha evidenziato anomalie diffuse al SNC, particolarmente evidenti a livello dell’emisfero destro (Schapiro et al., 1995). Studi neuropatologici post-mortem, in pazienti affetti da FRAX, indicano un’immaturità dendritica associata alla diminuzione delle aree di contatto sinaptico (Irwin et al., 2001). Tramite studi di Neuroimaging di pazienti con FRAX è emerso che questi hanno un volume cerebrale superiore alla norma; il nucleo caudato, l’amigdala e l’ippocampo sono più grandi rispetto ad un paziente sano (Reiss et al., 1995). 5.3. Il gene FMR1 Identificare la FRAX non è semplice (come la sindrome Down) non avendo caratteristiche fisiche così ricorrenti ed evidenti, e presentendosi in forme di gravità differente. La sindrome FRAX può presentarsi sia nei maschi sia nelle femmine, generalmente la gravità della sindrome è più rilevante nei maschi e per questo più facilmente identificabili. La diagnosi della sindrome FRAX avviene tramite un test genetico all’età di circa 32 mesi. E’ stato raccomandato ai medici di effettuare sistematicamente un test genetico, per riconoscere la sindrome, nei bambini che presentano ritardi nello sviluppo o sintomi del disturbo di spettro autistico (ASD). La diagnosi tempestiva è utile per iniziare precocemente il percorso riabilitativo, anche se attualmente non esiste una terapia farmacologica (Bailey et al., 2009). Nel 1991 è stato identificato il gene responsabile per la FRAX, chiamato FMR1, situato sul cromosoma X (nell’estremità distale del braccio lungo) nella posizione q27.3 in corrispondenza di quello che viene chiamato sito fragile (Verkerk et al., 1991). Il nome sito fragile deriva dall’osservazione al microscopio del cromosoma X, nei pazienti affetti da FRAX, che presenta una anomalia cioè una “strozzatura” (che lo fa apparire come rotto) nella 44 regione terminale q27.3. Il gene FMR1 ha una lunghezza di 40 kb e contiene 17 esoni (Verkerk et al., 1991). L’alterazione genetica nella FRAX consiste nell’espansione e conseguente metilazione della tripletta nucleotidica CGG (Citosina Guanina Guanina) presente nella regione non tradotta al 5’ del gene FMR1. Il meccanismo che genera l’alterazione genetica non è stato ancora compreso. Nelle persone sane la tripletta CGG è ripetuta un numero variabile di volte, compreso tra 6 e 55, tale sequenza viene trasmessa stabilmente attraverso le generazioni. Alcuni individui, sia maschi che femmine, possiedono un numero di ripetizioni comprese tra 55 e 200 CGG, vengono definiti portatori sani (presentano la premutazione). Quando il numero di triplette CGG supera le 55 ripetizioni, la sequenza di DNA diventa instabile e nel passaggio alle generazioni successive si può innescare un’ulteriore espansione della premutazione, fino ad arrivare alla mutazione completa (Fig.8). Fig 8 (Pop AS et al 2013) Rappresentazione del gene FMR1 nel caso di mutazione completa, premutazione e nel soggetto sano. I portatori sani della premutazione si associano raramente a fenotipi patologici diversi da quello della FRAX, come il rischio di sviluppare la sindrome da tremore/atassia associata al X fragile (FXTAS). Inoltre il 20% delle donne portatrici di premutazione, manifestano una insufficienza ovarica prematura (Brouwer et al., 2009). La tendenza all’espansione della sequenza CGG fino alla mutazione completa, si riscontra quando la premutazione è trasmessa dalla madre, poiché questo processo si verifica durante la 45 maturazione dell’ovulo materno. Una donna portatrice sana della premutazione ha un rischio del 50% di avere figli maschi affetti dalla sindrome e un rischio del 50% di avere figlie femmine con mutazione completa; di questo 50% ,di figlie femmine con mutazione completa, metà presenteranno i sintomi e metà saranno portatrici sane. Quando la premutazione è trasmessa dal padre, le figlie femmine sono tutte portatrici sane di premutazione, invece i figli maschi ricevono dal padre il cromosoma Y, perciò non sono a rischio di ereditare la premutazione (Sherman et al., 2012). Nel caso di individui affetti dalla sindrome FRAX, il numero di ripetizioni CGG può essere superiore a 200, questa condizione è definita mutazione completa (Oberle et al., 1991). Negli individui affetti dalla mutazione completa i residui di Citosina, della sequenza ripetuta CGG sono metilati, la metilazione si estende al promotore del gene FMR1 determinando l’assenza della proteina FMRP e la comparsa della patologia (Pieretti et al., 1991). Inoltre i pazienti affetti dalla sindrome FRAX si presentano spesso con un mosaicismo, alcune cellule (neuroni) contengono una premutazione altre una mutazione completa (misura del mosaico; circa il 50% dei pazienti con FRAX) (Stöeger et al., 2011); in più il gene FMR1 non è metilato in tutte le cellule (mosaicismo di metilazione), questo spiegherebbe perché in alcuni casi non c’è la completa assenza della proteina FMRP, ma solo una sua carenza (Tabolacci et al., 2008b). La metilazione delle ripetizioni CGG avviene intorno alla 12°-13° settimana di sviluppo dell’embrione, come conseguenza la trascrizione del gene FMR1 è inibita e questo determina l’assenza della proteina FMRP (Malter et al., 1997). In caso di mutazione completa gli alleli sono caratterizzati anche da deacetilazione degli istoni H3 e H4, ridotta metilazione di lisina 4 e da una maggiore metilazione di lisina 9 (H3K9) sull’istone H3 (Tabolacci et al., 2008b). Questi cambiamenti epigenetici promuovono una configurazione eterocromatica che esclude il legame specifico con i fattori di trascrizione (Kumari e Usdin 2001), silenziando il gene FMR1. 46 5.4. La proteina FMRP La proteina FMRP è costituita da 4 isoforme tra i 70 e 80 kDa, espressa in diversi tessuti principalmente nel cervello. Alte concentrazioni FMRP sono presenti nell’ippocampo e nel cervelletto ed in parte anche nella corteccia cerebrale (Khandjian et al., 1995). Questa proteina sembrerebbe collegata alla trascrizione dell’ossido nitrico sintetasi durante il periodo di sviluppo embrionale in particolare quando si forma il SNC, specialmente quando si formano le aree adibite al linguaggio, ai processi emotivi, al comportamento sociale (Kwan et al., 2012). La sindrome FRAX è causata dal silenziamento trascrizionale del gene FMR1, di conseguenza il prodotto di questo gene, la proteina FMRP, è carente o completamente assente. La carenza/assenza della proteina FMRP sembra essere il fulcro della disabilità intellettiva e di altre caratteristiche specifiche della FRAX. Il target della proteina FMRP è mRNA, compreso il suo stesso mRNA, e tramite questo processo regola la morfologia e la funzionalità della sinapsi (plasticità sinaptica) (Ferrari et al., 2007). Nel 1997 è stato osservato che l’attivazione dei recettori mGluR del gruppo I con 3,5-diidrossifenilglicina stimolava la sintesi della proteina FMRP, questo ha determinato il primo collegamento tra la proteina FMRP e i recettori mGluR (Weiler et al., 1997). Lo studio del modello animale, il topo FMR1-Knockout privo della proteina FMRP, mostra un incremento della sintesi proteica sinaptica e una ridotta plasticità sinaptica, caratteristiche tipiche della sindrome FRAX e della depressione a lungo-termine (LTD) (Huber et al., 2002). Nella fisiopatologia della sindrome FRAX è implicata un’anomala trasduzione del segnale dei recettori del glutammato metabotropici appartenenti al gruppo I (Bear et al., 2004). Secondo la “Teoria mGluR” l’assenza della proteina FMRP, nella FRAX, determina una eccessiva trasduzione del segnale del recettore mGluR5. 47 Infatti la proteina FMRP inibisce la traduzione del mRNA che codifica le proteine che regolano la internalizzazione di recettori AMPA (Fig.9a). Di conseguenza, l’assenza di FMRP, che inibisce la traduzione del mRNA, porta a una maggiore traduzione del mRNA nella sinapsi e ad un alto tasso di internalizzazione/degradazione del recettore AMPA (Fig.9b). L’internalizzazione dei recettori AMPA provoca immaturità dendritica associata alla diminuzione delle aree di contatto sinaptico e questo può spiegare i deficit cognitivi nei pazienti affetti da FRAX. Questa anomalia delle cellule neuronali è stata osservata sia in pazienti affetti da FRAX sia nei modelli animali che mimano questa sindrome, come il topo FMR1-Knockout (PorteraCailliau 2012). Per confermare la “Teoria mGluR”, gli studi sui topi FMR1-KO si sono concentrati sulle sottounità dei recettori AMPA e sul recettore mGluR5. Omogenati della corteccia di topi FMR1-KO con una settimana di vita presentano concentrazioni normali delle sottounità Glu1/2/3 ,del recettore AMPA. Quando i topi FMR1-KO hanno 2 settimane le concentrazioni, negli omogenati, delle sottounità Glu1/2/3 del recettore AMPA sono minori rispetto al topo wild-type (Till et al., 2012). L’assenza della proteina FMRP determina effetti anche sul sistema GABAergico, infatti il cervello dei topi FMR1-KO presenta una minore concentrazione di mRNA per 8/18 sottounità del recettore GABA-A (D’Hulst et al., 2006). 48 Fig 9 (Pop AS et al 2013) Il ruolo di FMRP a livello delle sinapsi e la teoria mGluR. a) FMRP nel soggetto sano b) Soggetto affetto dalla sindrome dell’X fragile, assenza di FMRP 5.5. I modelli animali che simulano la sindrome dell’ X fragile Modelli animali che simulano la Sindrome dell’ X fragile, in particolare il topo FMR1-KO hanno una importanza inestimabile per lo sviluppo e l’esplorazione di approcci terapeutici a livello elettrofisiologico, comportamentale, biochimico e neuroanatomico. Ad oggi studi preclinici sulla FRAX sono stati realizzati su moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) (Kannellopoulos et al., 2012), sui pesci (Danio rerio), (den Broeder et al., 2009), sui topi (Mus musculus) e sui ratti (Ratus norvegicus). L’animale più utilizzato come modello per la sindrome FRAX è il topo (M.musculus) FMR1-KO. Esistono diverse varietà di topi disponibili (A/J, C57B1/6, 129/Ola, FVB, Balb, DBA e molte altre), per lo studio di 49 aspetti fenotipici diversi della sindrome (Mientjes et al., 2006). Ogni varietà ha caratteristiche genetiche diverse, che portano a risultati sperimentali diversi, perciò è importante scegliere la varietà adatta, per questo è stato realizzato il Mouse Genome Database 2012. Fattori aggiuntivi che possono determinare differenze nei risultati sperimentali, oltre alla varietà utilizzata, sono la regione cerebrale studiata, l’età dei topi e il metodo di indagine utilizzato. Nonostante le differenze si può generalmente concludere che il topo FMR1-KO ha una morfologia dendritica anomala (Portera-Calliau 2012) simile a quella dei pazienti affetti da FRAX. La stima dei deficit cognitivi e comportamentali nell’uomo affetto dalla sindrome FRAX, si ottiene tramite opportune scale cliniche che chiaramente non possono essere applicate ai modelli animali. Di conseguenza, sono stati sviluppati test comportamentali per i processi di apprendimento e memoria, da applicare ai topi, come il labirinto di T (T-maze), il labirinto acquatico di Morris e molti altri. I topi FMR1-KO hanno comportamenti sociali anormali e ripetitivi, attacchi audiogenici (convulsioni indotte dall’esposizione a suoni ad alta frequenza) e soffrono di ansia (Michalon et al., 2012). I modelli animali che simulano la FRAX hanno un valore inestimabile per trovare nuovi approcci terapeutici, ma presentano alcune limitazioni. Infatti nei topi il gene FMR1 viene eliminato dal concepimento perciò FMRP non è espressa in nessuna cellula in nessun momento dello sviluppo; al contrario negli esseri umani il gene FMR1 è metilato e silenziato durante lo sviluppo dell’embrione e FMRP è espressa durante alcuni stadi di sviluppo embrionale (Oostra e Nelson 2006). Inoltre i pazienti affetti dalla sindrome FRAX si presentano spesso con un mosaicismo cellulare, infatti alcune cellule (neuroni) contengono una premutazione, altre una mutazione completa (Stöeger et al., 2011) e il gene FMR1 non è metilato in tutte le cellule (mosaicismo di metilazione) (Tabolacci et al., 2008b). Di conseguenza le differenze genetiche tra gli esseri umani, affetti dalla sindrome FRAX ed i corrispondenti modelli animali Knockout influiscono sulla estrapolazione dei risultati. 50 5.6. Il ruolo del recettore mGluR5 nella sindrome dell’ X fragile Il gruppo I dei recettori del glutammato metabotropici, mGluR1 e mGluR5, attivano mediatori intracellulari che sono in parte regolati dalla proteina FMRP. Il recettore mGluR1 si trova in modo particolare nel cervelletto e in misura minore nelle regioni corticali, subcorticali e nella regione CA3 dell’ippocampo (Shigemoto et al., 1992). Gli antagonisti mGluR1, a causa della distribuzione del recettore e della limitata funzione terapeutica dimostrata negli studi preclinici, non sono idonei nella terapia nella sindrome FRAX (Steckler et al., 2005). Al contrario il recettore mGluR5 si trova nelle zone cerebrali che controllano le emozioni e il movimento, il che porta all’ipotesi che il recettore mGluR5 abbia un ruolo preminente nei disordini affettivi tra cui l’ansia, la depressione, le malattie neurodegenerative con disfunzione muscolare (Swanson et al., 2005). L’attivazione del recettore mGluR5, in condizioni fisiologiche normali, stimola la traduzione dell’mRNA e la sintesi proteica sinaptica che comprende la sintesi e/o reclutamento aggiuntivo della proteina FMRP (Weiler et al., 1997). La proteina FMRP inibisce la traduzione dell’mRNA, attivata da recettore mGluR5, quindi la proteina FMRP e il recettore mGluR5 lavorano in senso opposto, cioè il primo inibisce e l’altro stimola la sintesi proteica (Bagni et al., 2012). Nella sindrome FRAX l’assenza della proteina FMRP ha come conseguenza l’alterazione della plasticità sinaptica (Fig.10). In particolare l’alterazione della plasticità sinaptica, causata dalla stimolazione glutamminergica del recettore mGluR5, si riscontra non solo nella sindrome FRAX ma anche nei pazienti affetti da depressione a lungo termine (LDT). La LDT deriva da una eccessiva internalizzazione dei recettori AMPA che sembra provocare allungamento e immaturità dendritica associata alla diminuzione delle aree di contatto sinaptico (Bear et al., 2004). E’ stato ipotizzato che i cambiamenti neuronali, dovuti all’eccessiva internalizzazione del recettore AMPA, siano in relazione con deficit comportamentali e cognitivi. L’ipotesi viene 51 confermata, dal fatto che queste anomalie neuronali si osservano nei modelli animali che simulano la sindrome FRAX (topo FMR1-KO) (Bear et al., 2004). Altre prove, che supportano il ruolo di una eccessiva segnalazione del recettore mGluR5, nella sindrome FRAX, derivano da uno studio in cui topi FMR1-KO vengono incrociati con topi che esprimono solo il 50% dei livelli normali dei recettori mGluR5 (eterozigoti del gene Grm5 per il recettore mGluR5). La prole di questi animali presenta una riduzione del 50% dell’espressione del recettore mGluR5, questo determina una recupero di alcune caratteristiche fenotipiche della FRAX (Dölen et al., 2007). Gli antagonisti del recettore mGluR5 potrebbero avere effetti terapeutici validi per il trattamento della FRAX. Fig 10 (Gomez-Mancilla B et al 2014) Modalità d’azione del Mavoglurant 52 5.7.Considerazione per lo sviluppo di farmaci attivi nella sindrome dell’ X fragile La ricerca per terapie della sindrome FRAX è stata sviluppata in seguito alla identificazione e alla caratterizzazione del difetto genetico che causa la sindrome (Verkerk et al., 1991). Ci sono diverse ragioni per giustificare un cauto ottimismo nella scoperta di una terapia efficace per la sindrome FRAX: la condizione è provocata da un singolo gene; la conoscenza dettagliata della struttura del gene FMR1; la conoscenza relativa alla carenza della proteina FMRP, al livello post-sinaptico; la condizione clinica che non sembra causare danni irreversibili al SNC. Attualmente, vengono considerati due approcci per il trattamento della sindrome: 1. riattivare il gene FMR1 2. compensare la carenza/assenza di FMRP La riattivazione del gene FMR1 è una teoria basata sul concetto che i cambiamenti epigenetici che bloccano la trascrizione, sono potenzialmente reversibili. L’idea è quella di trasformare una mutazione completa metilata non funzionale, in una mutazione completa non metilata funzionale. Due composti, il 5-Azadeoxycytidine (Tabolacci et al., 2005) e l’acido valproico (Tabolacci et al., 2008a), mostrano la capacità di riattivare il gene FMR1. In un esperimento clinico con l’acido valproico, su un campione ridotto, (10 ragazzi affetti dalla FRAX) è stato osservato un miglioramento generale per quanto riguarda il deficit di attenzione e l’iperattività (Torrioli et al., 2010). 53 Il secondo approccio terapeutico per la sindrome FRAX, si basa sulla comprensione degli effetti fisiologici dovuti all’assenza/carenza della proteina FMRP. Studi farmacologici e genetici si sono ispirati in particolare alla “Teoria del mGluR” della FRAX. L’utilizzo degli antagonisti mGluR5 per il trattamento della FRAX è rafforzato da uno studio in cui i topi eterozigoti per il gene Grm5 (che codifica il recettore mGluR5) sono stati incrociati con i topi FMR1-KO. Il risultato, nella prole, è una riduzione del 50% dell’espressione del recettore mGluR, il che porta al recupero di alcune caratteristiche fenotipiche della FRAX (Dölen et al., 2007). La ricerca di antagonisti selettivi del mGluR5 è iniziata nel 1992 in seguito alla clonazione del recettore dal team di S.Nakanishi (Abe et al., 1992). Lo studio si proponeva di identificare agenti che inibissero in modo selettivo il recettore mGluR5 e che fossero tollerati in vivo. Un notevole progresso della comprensione del ruolo fisiologico del mGluR5 e delle potenziali applicazioni terapeutiche dei ligandi mGluR5 è stato raggiunto in seguito all’identificazione di MPEP cioè il primo antagonista potente, selettivo e non competitivo del recettore mGluR5 (Varney et al., 1999). In seguito alla somministrazione di MPEP (per 2 settimane) sono emersi notevoli miglioramenti, nella corteccia somatosensoriale, dei neonati di topi FMR1KO, mentre il trattamento è stato meno efficacie nei topi FMR1-KO di 6 settimane (Burket et al., 2011). Il trattamento cronico, su topi FMR1-KO di 4 settimane, con il nuovo antagonista mGluR5 MTEP (che ha una durata di azione superiore a MPEP) porta al recupero delle anomalie neuronali, questo comporterebbe un possibile recupero dei deficit cognitivi nella sindrome FRAX (Michalon et al., 2012). Il Fenobam, sviluppato inizialmente come un ansiolitico (Pecknold et al., 1982) è stato il primo antagonista mGluR5 testato clinicamente per la sindrome FRAX. Gli effetti clinici 54 benefici del Fenobam, evidenziati nella FRAX, sono una riduzione dell’ansia, dell’ipereccitabilità e una maggiore attenzione nell’esecuzione delle attività (Berry-Kravis et al., 2009). Attualmente la ricerca mira a modulare la trasmissione sinaptica, (utilizzando modelli animali come il topo FMR1-KO) sia attraverso la riduzione dell’eccitabilità sinaptica usando inibitori selettivi del recettore mGluR5, sia riducendo il rilascio di neurotrasmettitori attivando recettori presinaptici GABA-B. 5.8. Potenziale terapeutico del Mavoglurant nella sindrome dell’ X fragile La sindrome FRAX è una patologia neurologica come l’Alzheimer, il Parkinson, l’ansia, la depressione, la schizofrenia. Nella sindrome FRAX si manifesta un’eccessiva attivazione della cascata biochimica del recettore glutamminergico mGluR5 (Niswender et al., 2010). Un farmaco attualmente in studio per la sindrome FRAX è il AFQ056 o Mavoglurant antagonista selettivo, non competitivo del recettore mGluR5. Il trattamento con Mavoglurant in vivo, ha portato a notevoli benefici nei topo FMR1-KO, ha ridotto in modo dose-dipendente la lunghezza dei dendriti nell’ippocampo; il trattamento a lungo termine porta al recupero dei comportamenti sociali anomali nei topi FMR1-KO (Gantois et al., 2013). Il trattamento di 30 pazienti maschi affetti da FRAX tra i 18 e 35 anni con Mavoglurant non evidenzia differenze significative sui livelli della scala ABC-C (Aberrant Behavior Checklist-Community edition), al giorno 19-20 della terapia, eccetto per i pazienti che hanno il promotore del gene FMR1 completamente metilato (Jacquemont et al., 2011). E’ stata esclusa la possibilità che il trattamento con Mavoglurant determini la demetilazione o la riattivazione trascrizionale del gene FMR1. Il Mavoglurant blocca la cascata biochimica del recettore mGluR5 riducendo le alterazioni sinaptiche che derivano dall’assenza della proteina FMRP (Tabolacci et al., 2012). 55 5.9. La scala ABC-C (Aberrant Behavior Checklist-Community edition) Per valutare i possibili benefici dei trattamenti farmacologici è fondamentale trovare un indice appropriato, data la vasta gamma di sintomi che mostrano i pazienti affetti da sindrome FRAX. La scala ABC-C, inizialmente, è stata sviluppata come indice in esperimenti clinici per valutare trattamenti terapeutici nell’autismo e nel ADHD (Aman et al.,1985). Considerando la sovrapposizione dei sintomi dell’autismo e della FRAX, la scala ABC-C viene utilizzata anche come strumento di indagine nella sindrome FRAX (Marcus et al., 2009). La scala ABC-C comprende 58 elementi raggruppati in 5 sottoscale che sono: Irritabilità, Letargia/Ritrazione, Stereotipo, Iperattività e Linguaggio inappropriato. Ogni elemento viene valutato usando un punteggio che va da zero (nessun problema) a tre (problema molto grave). La sottoscala Irritabilità è stata selezionata come efficace unità di misura della validità dei trattamenti farmacologici, nei soggetti affetti dalla sindrome FRAX, perché si concentra sull’aggressività (Bailey et al., 2012). 56 Il problema della scala ABC-C consiste nel capire se questo indicatore sia capace di percepire i cambiamenti legati ai trattamenti farmacologici nei pazienti. In occasione del meeting, “Outcom Measures for Clinical Trial in Children with FRAX” del Novembre 2009, è iniziata una collaborazione, su più fronti, per esaminare le proprietà della scala ABC-C in bambini, adolescenti e giovani adulti affetti da FRAX. L’obbiettivo è quello di valutare la validità della scala ABC-C e, se necessario, raccomandare l’uso di sottoscale modificate specifiche per la sindrome FRAX (Sansone et al., 2012). Dall’analisi delle caratteristiche di 630 pazienti affetti da FRAX è stata sviluppata una nuova scala cioè la scala ABC-C per la FRAX. La scala ABC-C per la FRAX comprende 6 sottoscale invece delle 5 standard, la sottoscala Linguaggio inappropriato rimane invariata rispetto alla scala originale, mentre le altre vengono modificate. La sesta sottoscala è l’Esclusione sociale, che prende in considerazione aspetti che originariamente appartenevano alla sottoscala della Letargia/Ritrazione (Sansone et al., 2012). Il campione dei 630 pazienti utilizzati per riformulare la scala ABC-C presenta alcune caratteristiche, che pongono dei limiti all’uso di questa scala. Questi limiti sono: 1. La maggior parte dei soggetti coinvolti era sottoposta, al momento dell’indagine, ad un trattamento che può avere alterato i comportamenti ed i risultati dell’analisi. 2. La popolazione studiata è stata principalmente quella caucasica il che limita la generalizzazione dei risultati anche ad altre etnie. 3. I soggetti hanno un’età compresa tra i 3 e i 25 anni; i valori della scala per pazienti di altre età potrebbero non essere validi. L’abilità della scala ABC-C per la FRAX di rivelare cambiamenti clinicamente significativi nei pazienti affetti dalla sindrome, deve ancora essere confermata. A seguito dello sviluppo 57 della scala ABC-C per la FRAX, sono stati analizzati nuovamente i risultati relativi al trattamento con Mavoglurant. In questa analisi post-hoc l’uso delle scala ABC-C per la FRAX non determina differenze nei risultati al 19° giorno di trattamento; c’è stato un miglioramento nella sottoscala dell’Irritabilità al 28° giorno. Gli autori hanno concluso che la scala modificata non mostra una migliore o una peggiore sensibilità nella rivelazione dei sintomi in confronto alla scala ABC-C (Sansone et al., 2012). 5.10. Studi farmacologici condotti su pazienti affetti da sindrome FRAX, utilizzando la scala ABC-C come strumento di valutazione Il Litio, nei moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) mutati e nel topo FMR1-KO, mostra risultati incoraggianti (Bauschwitz et al., 2007). L’ipotesi è che il litio riduca l’azione della fosfolipasi C inibendo l’eccessiva trasduzione attivata dal recettore mGluR5 (Mines et al., 2011). L’utilizzo del litio, in uno studio clinico su 15 pazienti affetti da FRAX tra i 6 e i 30 anni, mostra un miglioramento nella sottoscala Irritabilità, Iperattività e Linguaggio inappropriato (Berry-Kravis et al., 2008). E’ stato condotto uno studio di 12 settimane, con Aripiprazolo, con 12 pazienti tra i 6 e 25 anni affetti da FRAX. Lo studio mostra un miglioramento del 25% sulla sottoscala irritabilità della scala ABC-C in 10 pazienti (Erickson et al., 2011). Il trattamento di topi FMR1-KO con Minociclina determina la correzione delle anomalie morfologiche dei neuroni e comportamentali. Gli effetti della Minociclina sulle alterazioni dendritiche, sembrerebbero essere collegati alla soppressione dell’attività di MMP-9 (matrix metallo-proteinase-9). La concentrazione di MMP-9 è elevata nell’ippocampo dei topi FMR1KO, contribuendo alla formazione di cambiamenti neuronali nell’ippocampo (come l’immaturità dendritica) (Bilousova et al., 2009). Il trattamento di 20 pazienti affetti da FRAX 58 tra i 13 e 32 anni, con Minociclina, porta a miglioramenti sulla sottoscala dell’irritabilità, degli Stereotipi, dell’Iperattività e del Linguaggio inappropriato (Leigh et al., 2013). L’utilizzo clinico su 63 pazienti affetti da FRAX, dell’agonista GABA-B Arbaclofen (STX209), non determina miglioramenti significativi misurati utilizzando la scala ABC-C, rispetto al placebo. MINOCICLINA ARIPIPRAZOLO ARBACLOFEN 59 6. OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Gli individui affetti dalla sindrome FRAX mostrano fenotipi clinici e risposte al trattamento farmacologici di tipo eterogeneo. Una possibile spiegazione potrebbe essere la variazione nella regolazione epigenetica del gene FMR1 e differenze nei livelli residui della proteina FMRP (mosaicismo). Non è del tutto chiaro come queste differenze a livello molecolare riflettano il fenotipo clinico globale. Le cure attuali per la sindrome FRAX si focalizzano in modo particolare sul trattamento dei sintomi, per questo è necessario sviluppare trattamenti farmacologici terapeutici. L’identificazione di un ruolo chiave del mGluR5 nella fisiopatologia della sindrome FRAX è stato fondamentale. La ricerca delle terapie farmacologiche per la sindrome dell’ X fragile si è concentrata sugli antagonisti del recettore mGluR5. Studi preclinici, con gli antagonisti del recettore mGluR5, suggeriscono che queste terapie potrebbero avere la capacità di curare i pazienti affetti dalla sindrome FRAX. Allo scopo di rivelare le potenziali modifiche dei trattamenti terapeutici, negli esperimenti clinici sulla sindrome FRAX, sono necessarie scale di valutazione appropriate. Nonostante la scala ABC-C e le sue sottoscale siano storicamente state selezionate come indicatori di rilevanza, negli esperimenti sulla FRAX, la validità clinica è stata messa in discussione. La nuova scala sviluppata per la FRAX sembra essere efficace come la scala ABC-C. Studi ulteriori saranno necessari per convalidare la correttezza della nuova scala ABC-C per la FRAX. I dati clinici, in pazienti affetti da FRAX, mostrano risultati incoraggianti in seguito al trattamento con antagonisti mGluR5. 60 Attualmente sono attesi i risultati dalla fase III degli esperimenti clinici con Mavoglurant, se questi risultati confermeranno le ipotesi sviluppate a livello preclinico, in poco tempo avverrà la registrazione della prima terapia specifica per la sindrome del X fragile. 61 7.GLOSSARIO ABC-C ADHD AMPA ASD ATP BDNF CaM CaMKIV CGG cGMP cNOS CRE CREB CSF EAA ECT FDA FMR1 FMRP FXTAS GABA GAD-65/67 GLX HAM-D KO LTD MAO MAPK MDD MMP-9 MPEP MTEP mRNA NAA NE NMDA NO NOS nNOS nPGi REM RSK SLA SNC 5-HT Aberrant Behavior Checklist-Community edition Disturbo dell’attenzione e dell’iperattività Acido α-amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolproprionico Autism spectrum disorder Adenosin trifosfato Brain-derived neurotrophic factor Calmodulina Calmodulina chinasi IV Citosina Guanina Guanina Guanosin-monofosfato ciclico Ossido nitrico sintetasi costitutiva Nuclear cAMP response element cAMP responsive element binding protein (proteina associata a CRE) Fluidi cerebro-spinali Amminoacido eccitatorio Terapia elettroconvulsiva Food and drug administration Fragile X mental retardation 1 Proteina espressa dal gene FMR1 Fragile X associated tremor/ataxia syndrome Acido γ-ammino butirrico Acido glutammico decarbossilasi 65/67 Glutammato e glutammina Hamilton depression rating scale Knockout Depressione a lungo termine Mono ammino ossidasi Proteina chinasi mitocondriale Disordini di depressione maggiore Matrix metallo-proteinase-9 2-metil-6-feniletinil-piridina 3-[(2-metil-1,3-tiazol-4-enil)etilenil]-piridina RNA messaggero N-acetil aspartato Noradrenalina N- metil D aspartato Ossido nitrico Enzima ossido nitrico sintetasi Enzima neuronale N-ossido sintetasi calcio-calmodulina dipendente Nucleus paragiganto cellularis Rapid eye movement Chinasi ribosomiale S Sclerosi laterale amiotrofica Sistema nervoso centrale 5-idrossi triptamina o serotinina 62 8. BIBLIOGRAFIA Abe T, Sugihara H, Nawa H, Shigemoto R, Mizuno N, Nakanishi S (1992) Molecular characterization of a novel metabotropic glutamate receptor mGluR5 coupled to inositol phosphate/Ca2+ signal transduction. J. Biol. Chem. 267, 13361–13368. Altamura CA, Mauri MC, Ferrara A, Moro AR, D’Andrea G, Zamberlan F (1993) Plasma and platelet excitatory amino acids in psychiatric disorders. Am. J. Psychiatry 150(11), 1731-1733. Aman MG, Singh NN, Stewart AW, Field CJ (1985) The aberrant behavior checklist: a behavior rating scale for the assessment of treatment effects. Am. J. Ment. Defic. 89, 485-491. Ampuero E, Rubio FJ, Falcon R, Sandoval M, Diaz-Veliz G, Gonzalez RE, Earle N, DagninoSubiabre A, Aboitiz F, Orrego F, Wyneken U (2010) Chronic fluoxetine treatment induces structural plasticity and selective changes in glutamate receptor subunits in the rat cerebral cortex. Neuroscience 169, 98–108. Andlin-Sobocki P, Jonsson B, Wittchen HU, Olesen J (2005). Cost of disorders of the brain in Europe. Eur. J. Neurol. 12(Suppl.1), 1-27. Attucci S, Carla V, Mannaioni G, Moroni F (2001) Activation of type 5 metabotropic glutamate receptors enhances NMDA responses in mice cortical wedges. Br. J. Pharmacol 132, 799-806. Bagni C, Tassone F, Neri G, Hagerman R (2012) Fragile X syndrome: causes, diagnosis mechanisms, and therapeutics. J. Clin. Invest. 122, 4314-4322. Bailey DB Jr, Raspa M, Bishop E, Holiday D (2009) No change in the age of diagnosis for fragile x syndrome: findings from a national parent survey. Pediatrics 124, 527-533. Bailey Db Jr, Raspa M, Bishop E, et al (2012) Health and economic consequences of fragile Xsyndrome for caragivers. J. Dev. Behav. Pediatr. 33, 705-712. Bauschwitz R (2007) GSK3 inihibitors and mGluR5 antagonists can produce an additive rescue of fragile X mouse phenotypes. Presented al the 10th International Fragile X Conferance; July 2007; Atlanta, GA, USA. Bear MF, Huber KM, Warren ST (2004) The mGluR theory of fragile X mental retardation. Trends Neurosci. 27, 370–377. Beneyto M, Kristiansen LV, Oni-Orisan A, McCullumsmith RE, Meador-Woodruff JH (2007). Abnormal glutamate receptor expression in the medial temporal lobe in schizophrenia and mood disorders. Neuropsychopharmacology 32, 1888–1902. Berk M, H Plein & D Ferreira (2001) Platelet glutamate receptor supersensitivity in major depressive disorder. Clin. Neuropharmacol. 24, 129-132. Berman, RM, Cappiello A, Anand A, Oren DA, Heninger GR, Charney DS, Krystal JH (2000). Antidepressant effects of ketamine in depressed patients. Biol. Psychiatry 47, 351-354. Berry-Kravis E, Sumis A, Hervey C, Nelson M, Porges SW, Weng N, Weiler IJ, Greenough WT (2008) Open-label treatment trial of lithium to target the underlying defect in fragile X syndrome. J. Dev. Behav. Pediatr. 29, 293–302. 63 Bilousova TV, Dansie L, Ngo M, Aye J, Charles JR, Ethell DW, Ethell IM (2009) Minocycline promotes dendritic spine maturation and improves behavioural performance in the fragile X mouse model. J. Med. Genet. 46, 94–102. Boothby LA, Doering PL, (2005) Acamprosate for the treatment of alcohol dependence. Clin. Ther. 27, 695-714. Bowyer JF et al (1995) Nitric oxide regulation of methamphetamine-induced dopamine release in caudate/putamen. Brain Res. 699, 62-70. Bradbury MJ, Giracello DR, Chapman DF, Holtz G, Schaffhauser H, Rao SP, Varney MA, Anderson JJ (2003). Metabotropic glutamate receptor 5 antagonist-induced stimulation of hypothalamicpituitary-adrenal axis activity: interaction with serotonergic systems. Neuropharmacology 44, 562572. Brennan BP, Hudson JI, Jensen JE, McCarthy J, Roberts JL, Prescot AP, et al (2010) Rapid enhancement of glutamatergic neurotransmission in bipolar depression following treatment with riluzole. Neuropsychopharmacology 35, 834–846. Brouwer JR, Willemsen R, Oostra BA (2009) The FMR1 gene and fragile X-associated tremor/ataxia syndrome. Am. J. Med. Genet. B Neuropsychiatr. Genet. 150B, 782–798. Burket JA, Herndon AL, Winebarger EE, Jacome LF, Deutsch SI (2011) Complex effects of mGluR5 antagonism on sociability and stereotypic behaviors in mice: possible implications for the pharmacotherapy of autism spectrum disorders. Brain Res. Bull. 86, 152–158. Cartmell J, Schoepp DD(2000) Regulation of neurotransmitter release by metabotropic glutamate receptors. J. Neurochem. 75, 889–907. Chaki S, Yoshikawa R, Hirota S, Shimazaki T, Maeda M, Kawashima N, et al (2004) MGS0039: a potent and selective group II metabotropic glutamate receptor antagonist with antidepressant-like activity. Neuropharmacology 46, 457–467. Chaki S, Ago Y, Agnieszka Palucha-Paniewiera, Francesco Matrisciano, Andrzej Pilc (2012) mGlu2/3 and mGlu5 receptors: Potential target for a novel antidepressant. Neuropharmacology doi:10.1016/j.neuropharm.2012.05.022 Cowen MS, Djouma E, Lawrence AJ (2005) The metabotropic glutamate 5 receptor antagonist 3-[(2methyl-1,3-thiazol-4-yl)ethynyl]-pyridine reduces ethanol self-administration in multiple strains of alcohol-preferring rats and regulates olfactory glutamatergic systems. J. Pharmacol. Exp. Ther. 315, 590-600. Cryan JF, Kelly PH, Neijt HC, Sansig G, Flor PJ, van Der Putten H (2003) Antidepressant and anxiolytic-like effects in mice lacking the group III metabotropic glutamate receptor mGluR7. Eur. J. Neurosci. 17, 2409–2417. D’Hulst C, De GN, Reeve SP, Van DD, De Deyn PP, Hassan BA, Kooy RF (2006) Decreased expression of the GABAA receptor in fragile X syndrome. Brain Res. 1121, 238–245. Danysz W, Parsons CG, Bresnick I, Quack G (1996) Glutamate in CNS disorders. Drug News Perspect 8, 261-277. den Broeder MJ, van der Linde H, Brouwer JR, Oostra BA, Willemsen R, Ketting RF (2009) Generation and characterization of FMR1 knockout zebrafish. PLoS One 4, e7910. 64 Deschwanden A, Karolewicz B, Feyissa AM, Treyer V, Ametamey SM, Johayem A, Burger C, Auberson YP, Sovago J, Stockmeier CA, Buck A, Hasler G (2011) Reduced metabotropic glutamate receptor 5 density in major depression determined by [(11)C]ABP688 PET and postmortem study. Am. J. Psychiatry 168, 727-734. Dillon P, Copeland J, Jansen K (2003) Patterns of use and harms associated with non-medical ketamine use. Drug Alcohol Depend 69, 23–28. Dölen G, Osterweil E, Rao BS, Smith GB, Auerbach BD, Chattarji S, Bear MF (2007) Correction of fragile X syndrome in mice. Neuron 56, 955–962. Dubovsky SL et al (1989) Increased platelet intracellular calcium concentration in patients with bipolar affective disorders. Arch. Gen. Psychiatry 46, 632-638. Dubovsky SL et al (1993) Calcium antagonists in manic-depressive illness. Neuropsychobiology 27, 184-192. Durand D, Pampillo M, Caruso C, Lasaga M (2008) Role of metabotropic glutamate receptors in the control of neuroendcrine function. Neuropharmacology 55, 577–83. Duvoisin RM, Zhang C, Pfankuch TF, et al (2005). Increased measures of anxiety and weight gain in mice lacking the group III metabotropic glutamate receptor mGluR7/8. Eur. J.Neurosci. 22(2), 425436. Erickson CA, Stigler KA, Wink LK, et al (2011) A prospestive open-label study of aripiprazole in fragile X syndrome. Psychopharmacology (Berl) 216, 85-90. Feinberg I, Schoepp DD, Hsieh KC, Darchia N, Campbell IG (2005) The metabotropic glutamate (mGLU)2/3 receptor antagonist LY341495 [2S-2-amino-2-(1S,2S-2-carboxycyclopropyl-1-yl)-3(xanth-9-yl)propanoic acid] stimulates waking and fast electroencephalogram power and blocks the effects of the mGLU2/3 receptor agonist ly379268 [(-)-2-oxa-4-aminobicyclo[3.1.0]hexane-4,6dicarboxylate] in rats. J. Pharmacol. Exp. Ther. 312, 826-833. Ferguson JM, Shingleton RN (2007) An open-label, flexible-dose study of memantine in major depressive disorder. Clin. Neuropharmacol. 30,136–44. Ferrari F, Mercaldo V, Piccoli G, Sala C, Cannata S, Achsel T, Bagni C (2007) The fragile X mental retardation protein-RNP granules show an mGluR-dependent localization in the post-synaptic spines. Mol. Cell. Neurosci. 34, 343–354. Foster AC, Fagg GE (1987) Taking apart NMDA receptors. Nature 329, 395-396. Francis PT, et al (1989) Brain amino acid concentrations and Ca2+-dependent release in intractable depression assessed antemortem. Brain. Res. 494, 315-324. Frye MA, Tsai GE, Huggins T, Coyle JT, Post RM (2007). Low cerebrospinal fluid glutamate and glycine in refractory affective disorder. Biol. Psychiatry 61, 162–166. Gantois I, Pop AS, de Esch CE, et al (2013) Chronic administration of AFQ056/Mavoglurant restores social behavior in FMR1 Knockout mice. Behav. Brain Res. 239, 72-79. Garber KB, Visootsak J, Warren ST (2008) Fragile X syndrome.Eur. J. Hum. Genet. 16, 666-672. Gass P (2011) mGluR5 Expression in rodent Models of Depression and Anxiety. Current Neuropharmacology 9, 23. 65 Gomez-Mancilla B, Berry-Kravis E, Hagerman R, von Raison F, Apostol G, Ufer M, Gasparini F, Jacquemont S (2014) Development of mavoglurant and its potential for the tretment of fragile X syndrome. Expert Opin. Investig. Drugs 23(1),125-134. Greco B, Lopez S, van der Putten H, Flor PJ, Amalric M (2010) Metabotropic glutamate 7 receptor subtype modulates motor symptoms in rodent models of Parkinson's disease. J. Pharmacol. Exp. Ther. 332, 1064–1071. Greenberg PE, Kessler RC, Birnbaum HG, Leong SA, Lowe SW, Berglund PA, Corey-Lisle PK (2003) The economic burden of depression in the United States: how did it change between 1990 and 2000? J. Clin. Psychiatry 64, 1465-1475 Griffiths JL, Lovick TA (2002) Co-localization of 5-HT(2A)-receptor-and GABA-immunoreactivity in neurones in the periaqueductal grey matter of the rat. Neurosci. Lett. 326, 151-154. Hardigam, GE & H Bading (2002) Coupling of extrasynaptic NMDA receptors to a CREB shutt-off pathway is developmentally regulated. Biochim. Biophys. Acta 1600, 148-153. Hashimoto K, Shimizu E, Iyo M (2005) Dysfunction of glia-neuron communication in pathophysiology of schizophrenia. Curr. Psychiatry Rev. 1,151–163. Hashimoto K, Sawa A, Iyo M (2007) Increased levels of glutamate in brains from patients with mood disorders. Biol. Psychiatry 25, 1310–1316. Hashimoto K. (2009a). Emerging role of glutamate in the pathophysiology of major depressive disorder. Brain. Res. Rev. 61, 105–123. Hashimoto K (2010) Brain-derived neurotrophic factor as a biomarker for mood disorders: an historical overview and future directions. Psychiatry Clin. Neurosci. 64, 590. Hashimoto K (2011) The role of glutamate on tha action of antidepressants. Progress in neuropsychopharmacology and biological psychiatry 35, 1558-1560. Huber KM, Gallagher SM, Warren ST, Bear MF (2002) Altered synaptic plasticity in a mouse model of fragile X mental retardation. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 99, 7746–7750. Ian AP e Skolnick P (2003) Glutamate and Depression, clinical and preclinical studies N.Y. Acad. Sci 1003, 250-272. Irwin SA, Patel B, Idupulapati M, et al (2001) Abnormal dendritic spine characteristics in the temporal and visual cortices of patients with fragile-X syndrome: a quantitative examination. Am. J. Med. Genet. 98, 161–167. Jacob W, Gravius A, Pietraszek M, Nagel J, Belozertseva I, Shekunova E, Malyshkin A, Greco S, Barberi C, Danysz W (2009). The anxiolytic and analgesic properties of fenobam, a potent mGlu5 receptor antagonist, in relation to the impairment of learning. Neuropharmacology 57, 97-108. Jacquemont S, Curie A, des Portes V, Torrioli MG, Berry-Kravis E, Hagerman RJ, Ramos FJ, Cornish K, He YS, Paulding C, Neri G, Chen F, Hadjikhani N, Martinet D, Meyer J, Beckmann JS, Delange K, Brun A, Bussy G, Gasparini F, Hilse T, Floesser A, Branson J, Bilbe G, Johns D, Gomez-Mancilla B 66 (2011) Epigenetic modification of the FMR1 gene in fragile X syndrome is associated with differential response to the mGluR5 antagonist AFQ056. Sci. Transl. Med. 3, 64ra1. Jodo E, C Chiang & G Aston-Jones (1998) Potent excitatory influence of prefrontal cortex activity on noradrenergic locus coeruleus neurons. Neuroscience 83, 63-79. Kanellopoulos AK, Semelidou O, Kotini AG, Anezaki M, Skoulakis EM (2012) Learning and memory deficits consequent to reduction of the fragile X mental retardation protein result from metabotropic glutamate receptor-mediated inhibition of cAMP signaling in Drosophila. J. Neurosci. 32, 13111–13124. Karasawa J, Shimazaki T, Kawashima N, Chaki S (2005) AMPA receptor stimulation mediates the antidepressant-like effect of a group II metabotropic glutamate receptor antagonist. Brain. Res. 1042, 92–8. Karasawa J, Yoshimizu T, Chaki S (2006) A metabotropic glutamate 2/3 receptor antagonist, MGS0039, increases extracellular dopamine levels in the nucleus accumbens shell. Neurosci. Lett. 393, 127–30. Karolewicz B, Maciag D, O'Dwyer G, Stockmeier CA, Feyissa AM, Rajkowska G (2010) Reduced level of glutamic acid decarboxylase-67 kDa in the prefrontal cortex in major depression. Int. J. Neuropsychopharmacol 13, 411–420. Kessler RC, Merikangas KR, Wang PS (2007) Prevalence, comorbidity, and service utilization for mood disorders in the United States at the beginning of the twenty-first century. Annu. Rev. Clin. Psychol. 3, 137–158. Khandjian EW, Fortin A, Thibodeau A, Tremblay S, Cote F, Devys D, Mandel JL, Rousseau F (1995) A heterogeneous set of FMR1 proteins is widely distributed in mouse tissues and is modulated in cell culture. Hum. Mol. Genet. 4, 783–789. Kim JS, et al (1982) Increased serum glutamate in depressed patiens. Arch. Psychiatr. Nervenkr. 232, 299-304. Klak K, Palucha A, Branski P, Sowa M, Pilc A (2007) Combined administration of PHCCC, a positive allosteric modulator of mGlu4 receptors and ACPT-I, mGlu III receptor agonist evokes antidepressant-like effects in rats. Amino Acids 32, 169–72. Kollmar R, Markovic K, Thürauf N, Schmitt H, Kornhuber J (2008) Ketamine followed by memantine for the treatment of major depression. Aust NZ J Psychiatry 42, 170. Kudoh A, Takahara Y, Katagai H, Takazawa T (2002) Small-dose ketamine improves the postoperative state of depressed patients. Anesth. Analg. 95, 114–8. Kuhn R, (1958) The Treatment of Depressive States with G-22355 (Imipramine Hydrochloride). Am. J. Psychiatry 115, 459-464. Kumari D, Usdin K (2001) Interaction of the transcription factors USF1, USF2, and alpha –Pal/Nrf-1 with the FMR1 promoter. Implications for fragile X mental retardation syndrome. J. Biol. Chem. 276, 4357–4364. Kwan KY, Lam MM, Johnson MB et al (2012) Species-dependent posttranscriptional regulation of NOS1 by FMRP in the developing cerebral cortex. Cell. 149, 899–911. 67 Langa KM, Foster NL, Larson EB (2004) Mixed dementia: emerging concepts and therapeutic implications. Jama 292, 2901–2908. Lapierre YD, Oyewumi LK (1982) Fenobam: Another Anxiolytic? Current Therapeutic Research 31, 95-101. Lauterborn JC, et al (2000) Positive modulation of AMPA receptors increases neurotrophin expression by hippocampal and cortical neurons. J. Neurosci. 20, 8-21. Law AJ & JF Deakin (2001) Asymmetrical reductions of hippocampal NMDA glutamate receptor mRNA in the psychoses. Neuroreport. 12, 2971-2974. Lee SY, OK Kim & EE El-Fakahany (1995) Inhibition of neuronal nitric oxide synthase by antidepressants. Pharmacol. Comm. 7, 1-9. Leigh MJ, Nguyen DV, Mu Y et al (2013) A randomized double-blind, placebo-controlled trial of minocycline in children and adolescents with fragile X syndrome. J. Dev. Behav. Pediatr. 34, 147-155. Levine J, Panchalingam K, Rapoport A, Gershon S, McClure RJ, Pettegrew JW (2000) Increased cerebrospinal fluid glutamine levels in depressed patients. Biol. Psychiatry. 47, 586–593. Li X, Tizzano JP, Griffey K, Clay M, Lindstrom T, Skolnick P (2001) Antidepressant-like actions of an AMPA receptor potentiator (LY392098). Neuropharmacology 40, 1028–33. Li X, Need AB, Baez M, Witkin JM (2006) Metabotropic glutamate 5 receptor antagonism is associated with antidepressant-like effects in mice. J. Pharmacol. Exp. Ther. 319, 254–259. Liebrenz M, Borgeat A, Lesinger R, Stohler R (2007) Intravenous ketamine therapy in a patient with a treatment-resistant major depression. Swiss Med. Wkly. 137, 234–246. Liebrenz M, Stohler R, Borgeat A (2009) Repeated intravenous ketamine therapy in a patient with a treatment-resistant major depression. World J. Biol. Psychiatry 10(4 Pt 2), 640–643. Loomer HP, Saunders JC, Kline NS (1957) A clinic and pharmacodynamic evaluation of iproniazid as a psychic energizer. Psychiatry Res. Rep. 8, 129-141. Lu YM, Jia ZP, Janus C, Henderson JT, Gerlai R, Wojtowicz JM, Roder JC (1997) Mice lacking metabotropic glutamate receptor 5 show impaired learning and reduced CA1 long-term potentiation (LTP) but normal CA3 LTP. J. Neurosci. 17, 5196-5205. Lubs HA (1969) A marker X chromosome. Am. J. Hum. Genet. 21, 231–244. Maes M, Verkerk R, Vandoolaeghe E, Lin A, Scharpe S (1998) Serum levels of excitatory amino acids, serine, glycine, histidine, threonine, taurine, alanine and arginine in treatment-resistant depression: modulation by treatment with antidepressants and prediction of clinical responsivity. Acta Psychiatr. Scand. 97, 302–308. Malter HE, Iber JC, Willemsen R, de Graaff E,Tarleton JC, Leisti J, Warren ST, Oostra BA (1997) Characterization of the full fragile X syndrome mutation in fetal gametes. Nat Genet 15, 165–169 Marcus RN, Owen R, Kamen I, et al. (2009) Aplacebo-controlled, fixed-dose study of aripiprazole in children and adolescents with irritability associated with autistic disorder. J Am Acad Child 48, 11101119. 68 Martin JP, Bell J (1943) A pedigree of mental defect showing sex-linkage. J Neurol Psychiatry 6,154– 157. Matrisciano F, Storto M, Ngomba RT, Cappuccio I, Caricasole A, Scaccianoce S, Riozzi B, Melchiorri D, Nicoletti F (2002) Imipramine treatment up-regulates the expression and function of mGlu2/3 metabotropic glutamate receptors in the rat hippocampus. Neuropharmacology 42, 1008-15. Mauri MC et al. (1998) Plasma and platelet amino acid concentrations in patients affected by major depression and under fluvoxamine treatment. Neuropsychobiology 37, 124-129. McEwen BS (2005) Glucocorticids, depression, and mood disorders: structural remodeling in the brain. Metabolism 54(5 Suppl.1), 20-23. Michalon A, Sidorov M, Ballard TM, Ozmen L, Spooren W, Wettstein JG, Jaeschke G, Bear MF, Lindemann L (2012) Chronic pharmacological mGlu5 inhibition corrects fragile X in adult mice. Neuron 74, 49–56. Micheal N et al (2003) Neurotrophic effests of electrocon vulsive therapy : a proton magnetic resonance study of left amygdalar region in patiens with tretment-resistant depression. Neuropsychopharmacology 28, 720-725. Mientjes EJ, Nieuwenhuizen I, Kirkpatrick L, Zu T, Hoogeveen-Westerveld M, Severijnen L, Rife M, Willemsen R, Nelson DL, Oostra BA (2006) The generation of a conditional Fmr1 knock out mouse model to study Fmrp function in vivo. Neurobiol Dis 21, 549–555. Mines MA, Jopo RS (2011) Glycogen synthase kinase-3: a promising therapeutic target for fragile X syndrome. Front Mol Neurosci 4, 35. Mitani H, Shirayama Y, Yamada T, Maeda K, Ashby Jr CR, Kawahara R (2006) Correlation between plasma levels of glutamate, alanine and serine with severity of depression. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry. 30, 1155–1158. Murck H et al. (2002) Increase in amino acids in the pons after sleep deprivation: a pilot study using proton magnetic resonance spestroscopy. Neuropsychobiology. 45, 120-123. Musazzi L, Milanese M, Farisello P, Zappettini S, Tardito D, Barbiero VS, et al. (2006) Acute stress increases depolarization-evoked glutamate release in the rat prefrontal/frontal cortex: the dampening action of antidepressants. PLoS ONE 2010;5:e8566. Nacher J, McEwen BS. (2006) The role of N-methyl-D-aspartate receptors in neurogenesic. Hippocampus 16(3), 267-270. Navarro JF, De Castro V, Martín-López M (2008) JNJ16259685, a selective mGlu1 antagonist, suppresses isolation-induced aggression in male mice. Eur J Pharmacol 586, 217–220. Nibuya M, EJ Nestler & RS Duman (1996) Chronic antidepressant administration increases the expression of cAMP response element binding protein (CREB) in rat hippocampus. J. Neurosci. 16, 2365-2372. Niswender CM., Conn PJ (2010) Metabotropic glutamate receptors: physiology, pharmacology, and disease. Ann. Rev. Pharmacol. Toxicol. 50, 295-322. Nowak G, Legutko B, Skolnick P, Popik P(1998) Adaptation of cortical NMDA receptors by chronic treatment with specific serotonin reuptake inhibitors. Eur. J. Pharmacol. 342, 367-370. 69 Nudmamud-Thanoi S, Reynolds GP (2004) The NR1 subunit of the glutamate/NMDA receptor in the superior temporal cortex in schizophrenia and affective disorders. Neurosci Lett 372, 173–177. Oberle I, Rousseau F, Heitz D, Kretz C, Devys D, Hanauer A, Boue J, Bertheas MF, Mandel JL (1991) Instability of a 550-base pair DNA segment and abnormal methylation in fragile X syndrome.Science 252, 1097–1102. Oostra BA, Nelson DL (2006) Animal models of fragile X syndrome: mice and flies. In: Wells BD, Ashizawa T (eds) Genetic instabilities and neurological diseases. Elsevier, Amsterdam, pp 175–193. Ortoland GA et al (1983)A calcium hypothesis of antidepressant action. Med. Hypoth. 10, 207-221. Palucha-Poniewiera A, Tatarczynska E, Branski P, Szewczyk B, Wieronska JM, Klak K, et al. (2004) Group III mGlu receptor agonists produce anxiolytic- and antidepressant-like effects after central administration in rats. Neuropharmacol 46, 151–159. Palucha-Poniewiera A, Klodzinska A, Stachowicz K, Tokarski K, Hess G, Schann S, et al. (2008) Peripheral administration of group III mGlu receptor agonist ACPT-I exerts potential antipsychotic effects in rodents. Neuropharmacology 55, 517–524. Papp, M & E Moryl. (1994) Antidepressant activity of non-competitive and competitive NMDA receptor antagonists in a chronic mild stress model of depression. Eur. J. Pharmacol. 263, 1-7. Paslakis G, Gilles M, Meyer-Lindenberg A, Deuschle M.(2010) Oral administration of the NMDA receptor antagonist S-ketamine as add-on therapy of depression: a case series. Pharmacopsychiatry 43, 33–35. Pecknold JC, McClure DJ, Appeltauer L, Wrzesinski L, Allan T (1982) Treatment of anxiety using fenobam (a nonbenzodiazepine) in a double-blind standard (diazepam) placebo-controlled study. J Clin Psychopharmacol 2, 129–133. Perkinton MS et al. (2002) Phosphatidylinositol 3-kinase is a central mediator of NMDA receptor signalling to MAP kinase (Erk1/2), Akt/PKB and CREB in striatal neurones. J. Neurochem 80, 239254. Pfleiderer B et al (2003) Effective electroconvulsive therapy reverses glutamate/glutamine deficit in the left anterior cingulum of unipolar depressed patients. Psychiatry Res. 122, 185-192. Pieretti M, Zhang FP, Fu YH, Warren ST, Oostra BA, Caskey CT, Nelson DL (1991) Absence of expression of the FMR-1 gene in fragile X syndrome.Cell 66, 817–822 Pilc A, Chaki S, Nowak G, Witkin JM (2008) Mood disorders: regulation by metabotropic glutamate receptors. Biochem Pharmacol 75, 997-1006. Pop AS, Gomez-Mancilla B, Neri G, Willemsen R, Gasparini F (2013) Fragile X syndrome: a preclinical review on metabotropic glutamate receptor 5 (mGluR5) antagonists and drug development. Psychopharmacology doi:10.1007/s00213-013-3330-3. Popik P, Wrobel M, Nowak G (2000) Chronic treatment with antidepressants affects glycine/NMDA receptor function: behavioral evidence. Neuropharmacology. 39, 2278-2287. Porter RH, Jaeschke G, Spooren W, Ballard TM, Buttelmann B, Kolczewski S, Peters JU, Prinssen E, Wichmann J, Vieira E, Muhlemann A, Gatti S, Mutel V, Malherbe P (2005) Fenobam: a clinically 70 validated nonbenzodiazepine anxiolytic is a potent, selective, and noncompetitive mGlu5 receptor antagonist with inverse agonist activity. J. Pharmacol. Exp. Ther. 315, 711-721. Portera-Cailliau C (2012) Which comes first in fragile X syndrome, dendritic spine dysgenesis or defects in circuit plasticity? Neuroscientist 18, 28–44. Rajkowska G. (2000) Histopathology of prefrontal cortex in major depression: what does it tell us abut dysfunctional monoaminergic circuits? Prog. Brain Res. 126, 397-412. Reiss AL, Abrams MT, Greenlaw R, Freund L, Denckla MB (1995) Neurodevelopmental effects of the FMR-1 full mutation in humans. Nat Med 1,159–167. Salling MC, Faccidomo S, Hodge CW(2008) Nonselective suppression of operant ethanol and sucrose self-administration by the mGluR7 positive allosteric modulator AMN082. Pharmacol Biochem Behav 91,14–20. Salvadore G, Cornwell BR, Colon-Rosario V, Coppola R, Grillon C, Zarate Jr CA, et al. (2009) Increased anterior cingulate cortical activity in response to fearful faces: a neurophysiological biomarker that predicts rapid antidepressant response to ketamine. Biol Psychiatry 65, 289–295. Sanacora G, Gueorguieva R, Epperson CN et al. (2004) Subtype-specific alterations of γ-aminobutyric acid and glutamate in patients with major depression. Arch. Gen. Psychiatry 61(7), 705- 713. Sansig G, Bushell TJ, Clarke VR, Rozov A, Burnashev N, Portet C, Gasparini F, Schmutz M, Klebs K, Shigemoto R, Flor PJ, Kuhn R, Knoepfel T, Schroeder M, Hampson DR, Collett VJ, Zhang C, Duvoisin RM, Collingridge GL, van Der Putten H (2001) Increased seizure susceptibility in mice lacking metabotropic glutamate receptor 7. J. Neurosci. 21, 8734-8745. Sansone SM, Widaman KF, Hall SS, Reiss AL, Lightbody A, Kaufmann WE, Berry-Kravis E, Lachiewicz A, Brown EC, Hessl D (2012) Psychometric study of the aberrant behavior checklist in fragile X syndrome and implications for targeted treatment. J Autism Dev Disord 42, 1377–1392. Schapiro MB, Murphy DG, Hagerman RJ et al (1995) Adult fragile X syndrome: neuropsychology, brain anatomy, and metabolism. Am J Med Genet 60, 480–493. Sherman S (2012) Epidemiology.In:Hagerman RJ,Hagerman PJ (eds) Fragile X syndrome: diagnosis, treatment and research. The Johns Hopkins University Press,Balitmore, pp 136–168. Shigemoto R, Nakanishi S, Mizuno N (1992) Distribution of the mRNA for a metabotropic glutamate receptor (mGluR1) in the central nervous system: an in siyu hybridization study in adult and developing rat. J Comp Neurol 322, 121-135. Sinner B, Graf BM (2008) Ketamine. Handb Exp Pharmacol 182, 313–333. Skolnick P. (1999) Antidepressants for the new millennium. Eur. J. Pharmacol. 375, 31-40. Smialowska M, Szewczyk B, Branski P, Wieronska JM, Palucha A, Bajkowska M, Pilc A (2002) Effect of chronic imipramine or electroconvulsive shock on the expression of mGluR1a and mGluR5a immunoreactivity in rat brain hippocampus. Neuropharmacology 42, 1016-1023. Smolders I, Clinckers R, Meurs A, De Bundel D, Portelli J, Ebinger G, MichotteY, (2008) Direct enhancement of hippocampal dopamine or serotonin levels as a pharmacodynamic measure of combined antidepressant-anticonvulsant action. Neuropharmacology 54, 1017-1028. 71 Stecker t, Lavreysen H, Olivera AM, et al. (2005) Effects of mGlu1 receptor blockade on anxietyrelated behaviour in the rat lick suppression test. Psychopharmacology (Berl) 179, 198-206. Stefanczyk-Sapieha L, Oneschuk D, Demas M. (2008) Intravenous ketamine “burst” for refractory depression in a patient with advanced cancer. J Palliat Med 11, 1268–71. Stöger R, Genereux DP, Hagerman RJ, Hagerman PJ,Tassone F, Laird CD (2011) Testing the FMR1 promoter for mosaicism in DNA methylation among CpG sites, strands, and cells in FMR1expressing males with fragile X syndrome. PLoS One 6:e23648. Strasser A et al. (1994) L-arginine induces dopamine release from the striatum in vivo. Neuroreport 5, 2298-2300. Suzuki E et al. (2002) Antipsychotic, antidepressant, anxiolytic, and anticonvulsant drugs induce type II nitric oxide synthase mRNA in rat brain. Neurosci. Lett. 333, 217-219. Suzuki G, Tsukamoto N, Fushiki H, Kawagishi A, Nakamura M, Kurihara H. (2007) In vitro pharmacological characterization of novel isoxazolopyridone derivatives as allosteric metabotropic glutamate receptor 7 antagonists. J Pharmacol Exp Ther 323,147–156. Swanson CJ, Bures M, Johnson MP, et al. (2005) Metabotropic glutamate receptors as novel targets for anxiety and stress disorders. Nat Rev Drug Discov 4, 131-144. Tabolacci E, Pietrobono R, Moscato U, Oostra BA, Chiurazzi P, Neri G (2005) Differential epigenetic modifications in the FMR1 gene of the fragile X syndrome after reactivating pharmacological treatments. Eur J Hum Genet 13, 641–648. Tabolacci E, De Pascalis I, Accadia M, Terracciano A, Moscato U, Chiurazzi P, Neri G (2008a) Modest reactivation of the mutant FMR1 gene by valproic acid is accompanied by histone modifications but not DNA demethylation. Pharmacogenet Genomics 18, 738–741. Tabolacci E, Moscato U, Zalfa F,Bagni C,Chiurazzi P,Neri G (2008b) Epigenetic analysis reveals a euchromatic configuration in the FMR1 unmethylated full mutations.Eur J Hum Genet 16,1487–1498. Tabolacci E, Pirozzi F, Gomez-Mancilla B, Gasparini F, Neri G (2012) The mGluR5 antagonist AFQ056 does not affect methylation and transcription of the mutant FMR1 gene in vitro. BMC Med Genet 13,13. Thomas LS, Jane DE, Harris JR, Croucher MJ (2000) Metabotropic glutamate autoreceptors of the mGlu(5) subtype positively modulate neuronal glutamate release in the rat forebrain in vitro. Neuropharmacology 39, 1554-1566. Till SM, Wijetunge LS, Seidel VG, Harlow E, Wright AK, Bagni C, Contractor A, Gillingwater TH, Kind PC (2012) Altered maturation of the primary somatosensory cortex in a mouse model of fragile X syndrome. Hum Mol Genet 21, 2143–2156. Torrioli M, Vernacotola S, Setini C, Bevilacqua F, Martinelli D, Snape M, Hutchison JA, Di Raimo FR, Tabolacci E, Neri G (2010) Treatment with valproic acid ameliorates ADHD symptoms in fragile X syndrome boys. Am J Med Genet A 152, 1420–1427. Tsai GE (2007) Searching for rational anti-N-methyl-D-aspartate treatment for depression. Arch Gen Psychiatry 64,1099–1100. 72 Tu JC, Xiao B, Naisbitt S, Yuan JP, Petralia RS, Brakeman P, Doan A, Aakalu VK, Lanahan AA, Sheng M, Worley PF (1999) Coupling of mGluR/Homer and PSD-95 complexes by the shank family of postsynaptic density proteins. Neuron 23, 583-592. Turner G, Robinson H, Laing S,van den Berk M,Colley A,Goddard A,Sherman S,Partington M (1992) Population screening for fragile X.Lancet 339,1210–1213. Valentine GW, Sanacora G (2009) Targeting glial physiology and glutamate cycling in the treatment of depression. Biochem Pharmacol 78, 431–439. van Amsterdam JG & A Opperhuizen (1999) Nitric oxide and biopterin in depression and stress. Psychiatry Res 85, 33-38. van Hooft JA, Giuffrida R, Blatow M, Monyer H, (2000). Differential expression of group I metabotropic glutamate receptors in functionally distinct hippocampal interneurons. J. Neurosci. 20, 3544-3551. Varney MA, Cosford ND, Jachec C et al (1999) SIB-1757 and SIB-1893 : selective, oncompetitive antagonist of metabotropic glutamate receptor type 5. J Pharmacol Exp Ther 290, 170-181. Verkerk AJ, Pieretti M, Sutcliffe JS et al (1991)Identification of a gene (FMR-1) containing a CGG repeat coincident with a breakpoint cluster region exhibiting length variation in fragile X syndrome. Cell 65, 905–914. Wang LW, Berry-Kravis E, Hagerman RJ.(2010) Fragile X:leading the way for targeted treatments in autism. Neurotherapeutics 7, 264–274. Watkins JC, (2000). L-glutamate as a central neurotransmitter: looking back. Biochem. Soc. Trans. 28, 297-309. Weiler IJ, Irwin SA, Klintsova AY, Spencer CM, Brazelton AD, Miyashiro K, Comery TA, Patel B, Eberwine J, Greenough WT (1997) Fragile X mental retardation protein is translated near synapses in response to neurotransmitter activation. Proc Natl Acad Sci USA 94, 5395–5400. Whybrow PC & T Hurwitz (1976) Psychological disturbances associated with endocrine disease and hormone therapy. In Hormones, and Psychopathology. E.J. Sachar, Ed 125-143. Raven Press. New York. Wittchen HU, Jacobi F, Rehm J, Gustavsson A, Svensson M, Jonsson B, Olesen J, Allgulander C, Alonso J, Faravelli C, Fratiglioni L, Jennum P, Lieb R, Maercker A, van Os J, Preisig M, SalvadorCarulla L, Simon R, Steinhausen HC. (2011). The size and burden of mental disorders and other disorders of the brain in Europe 2010. Eur. Neuropsychopharmacol. 21, 655-679. Xing G, Chavko M, Zhang LX, Yang S, Post RM. (2002). Decreased calcium-dependent constitutive nitric oxide synthase (cNOS) activity in prefrontal cortex in schizophrenia and depression. Schizophr Res 58, 21–30. Yasuhara A, Nakamura M, Sakagami K, Shimazaki T, Yoshikawa R, Chaki S, et al. (2006) Prodrugs of 3-(3, 4-dichlorobenzyloxy)-2-amino-6- fluorobicyclo[3.1.0]hexane-2, 6-dicarboxylic acid (MGS0039): a potent and orally active group II mGluR antagonist with antidepressant-like potential. Bioorg Med Chem 14, 4193–4207. Yasuhara A, Chaki S.(2010) Metabotropic glutamate receptors: potential drug targets for psychiatric disorders. Open Med Chem J 4, 20–36. 73 Yildiz-Yesiloglu A, Ankerst DP (2006) Review of 1H magnetic resonance spectroscopy findings in major depressive disorder: a meta-analysis. Psychiatry Res. 147(1), 1-25. Zarate Jr CA, Payne JL, Quiroz J, Sporn J, Denicoff KK, Luckenbaugh DA, et al. (2004) An openlabel trial of riluzole in patients with treatment-resistant major depression. Am J Psychiatry 161, 171–174. Zarate Jr CA, Singh JB, Carlson PJ, Brutsche NE, Ameli R, Luckenbaugh DA, et al. (2006a) A randomized trial of an N-methyl-D-aspartate antagonist in treatment-resistant major depression. Arch Gen Psychiatry 63, 856–864. Zarate Jr CA, Singh JB, Quiroz JA, De Jesus G, Genicoff KK, Luckenbaugh DA, et al. (2006b) A double-blind, placebo-controlled study of memantine in the treatment of major depression. Am J Psychiatry 163, 153–155. Zerbib F, des Varannes SB, Roman S, Tutuian R, Galmiche JP, Mion F, Tack J, Malfertheiner P, Keywood C (2011) Randomised clinical trial: effects of monotherapy with ADX10059, a mGluR5 inhibitor, on symptoms and reflux events in patients with gastro-oesophageal reflux disease. Alimentary Pharmacology & Therapeutics 33, 911-921. 74