REVERSE CHARGE Applicazione nel settore edile

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REVERSE CHARGE
Applicazione nel settore edile
Relatori:
Dott. ssa Caterina Mattiacci
Dottore Commercialista, Revisore Contabile
Commissione di Studio UGDCEC-Pisa
Dott. Giovanni Regoli
Dottore Commercialista, Revisore Contabile
Commissione di Studio UGDCEC-Pisa
Con la partecipazione del Presidente Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed
Esperti Contabili
Dott. Luigi Carunchio
PISA
MARTEDI 21 APRILE 2009
Sede: Piazzetta E. Curiel n.2
56029 Santa croce sull’Arno- Pisa
tel. 0571 31893/32615 - fax 0571 34834
www.ugdc.pi.it E-mail: [email protected]
1
Commissione di Studio Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti
Contabili di Pisa:
Consigliere coordinatore
Dott.
Antonio
Moretti
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Laura
Agudio
Dottore Commercialista
Dott.
Massimo
Antonini
Dottore Commercialista
Dott.
Federico
Benvenuti
Dottore Commercialista
Dott.
Paolo
Barnelli
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Miriam
Burchi
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Irene
Bertelli
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Francesca
Cavaliere
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Carlotta
Curini
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Samanta
Caponi
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Luigina
Di Chiara
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Paola
Dell’Antico
Dottore Commercialista
Dott.
Lugi
Giglioli
Prat. Dottore Commercialista
Dott.
Simone
Grossi
Dottore Commercialista
Dott.
Carlo
Guelfi
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Caterina
Mattiacci
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Cecilia
Nacci
Dottore Commercialista
Dott.
Andrea
Nieri
Dottore Commercialista
Dott.
Federico
Nocchi
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Daniela
Orlandini
Dottore Commercialista
Dott.
Giovanni
Regoli
Dottore Commercialista
Dott.
Francesco
Rossi
Dottore Commercialista
Dott.ssa
Eleonora
Settesoldi
Dottore Commercialista
Dott.
Riccardo
Valori
Dottore Commercialista
Componenti:
2
INDICE
1. IL REVERSE CHARGE: DEFINIZIONE, RATIO E AMBITI DI APPLICAZIONE
1.1. Definizione
1.2. Ratio della fattispecie e riferimenti normativi
1.3. Ambito applicativo della fattispecie: i settori interessati
1.3.1. Il Reverse charge nel settore delle cessioni di immobili
strumentali – ulteriori cenni
pag. 04
pag. 04
pag. 06
pag. 10
2. IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: ASPETTI GIURIDICI
2.1. Il contratto di appalto
2.2. Il contratto di subappalto
2.3. Il contratto d’opera
2.4. Il contratto di noleggio
2.5. Aspetti comuni e divergenze tra alcuni tipi di contratto
pag. 16
pag. 24
pag. 28
pag. 30
pag. 36
3. IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: I REQUISITI E LE CASISTICHE
PARTICOLARI RISOLTE
3.1. Requisito oggettivo: interventi nel campo edile
3.1.1 Natura “edilizia” dell’operazione
3.1.2 Attività edile svolta in via occasionale o utilizzo del codice
Atecofin errato
3.2. Requisito soggettivo: i contraenti coinvolti
3.2.1 La presenza di almeno tre soggetti
3.2.2 La presenza di soggetti esteri
3.2.3 General Contractor (o Contraente Generale)
3.2.4 Consorzio tra imprese
3.2.5 Associazioni temporanee tra imprese (A.T.I.)
3.3. Casistiche particolari risolte – Aspetti Generali
3.3.1 Caso n. 1: Noli a caldo e a freddo
3.3.2 Caso n. 2: Realizzazione pareti in cartongesso
3.3.3 Caso n. 3: Realizzazione e manutenzione impianti idraulici
3.3.4 Caso n. 4: Realizzazione e manutenzione impianti allarme
3.3.5 Caso n. 5: Costruzione ed installazione di infissi
3.3.6 Caso n. 6: Fornitura armature in acciaio per cemento armato
3.3.7 Caso n. 7: Realizzazione e manutenzione giardini
3.3.8 Caso n. 8: Fornitura di beni con posa in opera
3.4. Alcuni casi pratici di funzionamento del Reverse charge
pag. 40
pag. 41
pag. 45
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pag. 47
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pag. 57
pag. 58
pag. 59
pag. 60
pag. 63
4. IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: RIMBORSO E COMPENSAZIONE DEL
CREDITO I.V.A. MATURATO
4.1. Rimborsi e compensazioni dei crediti I.V.A. - Aspetti generali
4.1.1. Rimborso del credito I.V.A. annuale
4.1.2. Compensazione del credito I.V.A. annuale
4.1.3. Rimborso del credito I.V.A. infrannuale
4.1.4. Compensazione del credito I.V.A. infrannuale
4.1.5. Rimborsi I.V.A. in via prioritaria
pag. 66
pag. 67
pag. 71
pag. 72
pag. 74
pag. 75
5. IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: ASPETTI SANZIONATORI
5.1. Il regime sanzionatorio, le novità ed il principio del favor rei
5.2. Regolarizzazione delle sanzioni
pag. 77
pag. 86
3
CAPITOLO 1
IL
REVERSE
CHARGE:
DEFINIZIONE,
RATIO
E
AMBITI
DI
APPLICAZIONE
1.1 – DEFINIZIONE
L'espressione Reverse charge si colloca nell’alveo della terminologia tributaria ed indica il
meccanismo
dell'inversione
contabile
che
consente
di
eliminare
contemporaneamente,
relativamente ad uno o più passaggi dell’Imposta, sia l’esigibilità dell’Iva che grava sul
cedente/prestatore sia la detraibilità dell’Iva a favore del cessionario/committente il quale viene
sottoposto ad un obbligo di autofatturazione.
In sostanza se il cessionario/committente si è (auto)qualificato, di fronte ai propri fornitori, come
imprenditore o professionista, cioè “soggetto passivo d’imposta”, per certe tipologie di operazioni
rilevanti, l'Iva non viene applicata in fattura, venendo meno, dunque, i presupposti per la detrazione
dell’imposta stessa (proprio perché non presente in fattura) quale credito nei confronti dell’erario; di
converso, in capo al cedente e/o prestatore, non sorge mai un debito per IVA esigibile da doversi
versare all’erario.
Cosa diversa invece se il cliente si è qualificato come persona fisica non esercente attività d’impresa
o di lavoro autonomo, in quanto il regime non si applica e dunque lo stesso soggetto rimane inciso
dell’imposta proprio in quanto consumatore finale.
1.2 – RATIO DELLA FATTISPECIE E RIFERIMENTI NORMATIVI
Lo scopo iniziale della introduzione di questo sistema è stato di evitare, nei rapporti intracomunitari,
la detrazione dell’Iva applicata da fornitori esteri e incassata, quindi, da Stati esteri evidenziando
come, in questi casi, la gestione delle detrazioni Iva transnazionali richiederebbe una stanza di
compensazione comunitaria, che non è stata mai realizzata.
L’applicazione dell’Iva con il meccanismo dell’inversione contabile, pur derogando al principio
della rivalsa e della detrazione - uno dei principi cardini del sistema normativo IVA - consente di
4
porre un freno alle frodi, evitando così che il cessionario porti in detrazione un’imposta che il
cedente non ha mai versato.
Il fornitore, in questo modo, si sottraeva al versamento dell'Iva, senza che ciò potesse essere un
motivo per negare la detrazione al cliente, salvo dimostrarne la malafede o la connivenza col
fornitore.
Così, l’introduzione del meccanismo dell’autofatturazione ha permesso di realizzare la principale
finalità antielusiva che il meccanismo si pone, permettendo di contrastare il fenomeno delle “frodi
carosello” attraverso le quali, il cedente una volta emessa la fattura con addebito dell’IVA,
scompare senza lasciar traccia, mentre il cessionario (senza subire il meccanismo della rivalsa), si
accredita l’importo dell’IVA indicata in fattura chiedendone il rimborso secondo la dinamica
applicativa in ambito IVA.
L'unico rischio della generalizzazione del Reverse charge è che gli acquirenti si qualifichino come
imprenditori o professionisti al fine di evitare l'addebito del tributo, per destinare il bene così
acquistato ad uso personale, senza aver scontato l'Iva.
Il fornitore non è infatti assolutamente in grado di verificare né l'effettivo destinatario della
prestazione né a maggior ragione l'attività da questo esercitata.
Il termine inversione contabile si riferisce proprio per questo motivo alla diversa modalità di
annotazione contabile, dove il compratore, soggetto ad Iva, dovrà dichiarare l'acquisto del bene o
servizio attraverso l’emissione di una autofattura, ossia attraverso un documento contabile non
emesso dal cedente, ma redatto direttamente dall'acquirente.
Il Reverse charge, già introdotto nel nostro sistema per gli operatori che effettuano cessioni
intracomunitarie, è stato voluto fortemente dal legislatore, ma questa volta su iniziativa della stessa
Comunità Europea che, con una Direttiva in materia, ha deciso di applicare in modo generalizzato
detto sistema per tutti quei settori in cui le frodi IVA erano particolarmente elevate, in
considerazione anche della forte volontà della Comunità stessa, volta a potenziare lo strumento
antielusivo anche ad altri settori come proposto ed ottenuto dalla Gran Bretagna.
L'art. 1, paragrafo 7 della direttiva 2006/69/Ce, modificando l'art. 21 della Sesta direttiva, estende
l'uso di un meccanismo facoltativo di inversione contabile a determinate cessioni o prestazioni
effettuate nei confronti di soggetti passivi di imposta.
5
In specie l’art. 194 della Direttiva Comunitaria n. 2006/112/CE (1) attribuisce agli stati membri la
facoltà di individuare quale debitore d’imposta, a differenza di quanto previsto in termini generali
dall’assoggettamento passivo ad IVA, che individua in chi effettua l’operazione imponibile il
soggetto passivo stesso, il cessionario del bene o il beneficiario della prestazione in relazione alle
cessioni o prestazione effettuate da un soggetto passivo residente in stato diverso da quello dove si
realizza l’operazione effettuata.
Nello specifico la proposta della Gran Bretagna, approvata dal Consiglio dell’Unione Europea con
Decisione 2006/555 del 28 Settembre 2006, prevedeva di estendere l’istituto dell’autofatturazione
anche ad altre categorie di beni come: 1) telefoni cellulari, 2) microprocessori, 3) CPU, 4) computer
portatili, 5) navigatori satellitari, 6) dispositivi wireless etc., il tutto al fine di contrastare il
fenomeno della frode sull’imposta IVA in un settore che più si presta all’attività illecita sopra
descritta in quanto l’erogazione di rilevanti crediti d’imposta a favore di soggetti “acquirenti”, non
veniva controbilanciata da alcun versamento dell’imposta da parte dei soggetti cedenti.
Sul piano della normativa interna è basilare evidenziare come l’istituto dell’inversione contabile
trovi la sua piena disciplina nell’art. 17, commi 3 e ss, del DPR 633/72.
Una prima ipotesi del meccanismo contabile del reverse charge può riscontrarsi, come già
accennato, nelle operazioni internazionali, per cui gli obblighi concernenti le cessioni e le
prestazioni poste in essere nel territorio dello Stato da soggetti non residenti sono adempiute,
secondo quanto disposto dallo stesso art. 17 al 3° comma, dal beneficiario, qualora i primi non si
siano identificati mediante dichiarazione all’Ufficio IVA competente a norma dell’art. 35-ter e non
abbiano nominato un rappresentante fiscale in Italia secondo le modalità indicate dallo stesso art.
17.
Tale situazione comporterà per il committente l’obbligo di emettere la fattura contenente tutte le
indicazioni di cui all’art. 21 del DPR 633/72, la medesima dovrà poi essere annotata su entrambi i
registri IVA con la conseguente neutralità dell’operazione.
1.3 – AMBITO APPLICATIVO DELLA FATTISPECIE: I SETTORI INTERESSATI
Nello specifico, quindi,
si possono riscontrare svariati esempi di fattispecie di operazioni
normalmente imponibili ove si ha applicazione del Reverse charge:
- Acquisti intracomunitari
1
Trattasi di espressione ricompressa nel Testo Unico IVA comunitario, emanato il 28 Novembre 2006 ed in vigore dal
1 Gennaio 2007. Tale disposizione era precedentemente contenuta nell’art. 21 della Direttiva 77/388/CEE (sesta
6
Nel caso di acquisti intracomunitari effettuati in Italia dal soggetto ivi residente, lo stesso sarà
tenuto alla sola “integrazione” della fattura ricevuta dal suo dante causa, teoricamente quindi la
fattura rilevante risulta essere quella di fonte estera, dovendosi parlare, nel caso di specie, non di
autofattura ma bensì di “mera integrazione”.
Tuttavia per esigenze meccanografiche l’integrazione della fattura potrà essere sostituita da una
emissione di un documento ex novo, con il sostanziale risultato di addivenire ad una
autofatturazione, del resto tale documento generato dovrà essere registrato in entrambi i registri
IVA (acquisti e vendite).
- Cessioni di oro industriale
L’applicazione della procedura dell’autofatturazione è prevista anche per alcune operazioni
domestiche in materia di oro industriale (2) quali,:
-
le cessioni poste in essere da soggetti che producono ora da investimento, trasformano oro in
oro da investimento ovvero commercializzano oro da investimento;
-
le cessioni di materiale d’oro;
-
le cessioni di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi.
- Subappalti in edilizia
Il c.d. Decreto Bersani ha esteso la procedura dell’inversione contabile con autofatturazione alla
fattispecie del subappalto in campo edilizio ed in modo specifico alle prestazioni di servizi rese dal
subappaltatore a favore:
-
delle imprese che effettuano costruzioni o ristrutturazioni di immobili;
-
dell’appaltatore principale;
-
di altro subappaltatore.
La presente fattispecie, in particolare, oggetto specifico del presente trattato, sarà attentamente
valutata nei capitoli successivi.
direttiva in materia di IVA).
2
Ai fini dell’esatta individuazione della nozione di “oro industriale” rileva principalmente la risoluzione dell’Agenzia
delle Entrate n. 168/E del 2001, secondo cui è necessario far riferimento all’oro “nella sua funzione industriale, ossia di
materia prima destinata alla lavorazione” è oltretutto opportuno specificare che il DPR 633/72 all’art 10 punto 11)
tratta di “cessioni di oro” le quali in quanto mere cessioni di oro da investimento sono esenti da IVA.
7
- Cessioni di beni immobili strumentali
L'art. 1, c. 156, L. 27.12.2007, n. 244 (Finanziaria 2008) ha integrato l'art. 17 c. 6, D.P.R. 633/1972,
inserendo la nuova lett. a bis), che permette di applicare il sistema dell'inversione contabile ai fini
dell'Iva anche alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali di cui alle lett. b) e d)
del n. 8 ter) dell'art. 10 c. 1, D.P.R. 633/1972, qualora il cedente abbia optato per l'imposizione
dell'operazione ai sensi del suddetto articolo, parte C, lett. b).
La presente fattispecie, in quanto di più frequente applicazione nella pratica professionale, sarà
oggetto di approfondimento nel prossimo paragrafo anche se, oggetto specifico del presente trattato,
rimane l’applicazione dell’inversione contabile nel settore edile.
- Ulteriori fattispecie
Ulteriori ambiti di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile previste dalla disciplina
italiana possono riscontrarsi nelle seguenti operazioni:
•
cessioni di beni dati in garanzia da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo in
esecuzione di questa garanzia;
•
cessioni di beni successive alla cessione del diritto di riserva di proprietà ad un cessionario
che esercita tale diritto;
•
cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un
debitore giudiziario;
•
cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di
avanzi, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili
nonché di materiali di scarto parzialmente lavorati e determinate cessioni di beni e
prestazioni di servizi;
•
cessioni di rottami ferrosi e non ferrosi, avanzi e materiali di recupero, comprese le cessioni
di semiprodotti ottenuti dalla trasformazione, dalla lavorazione o dalla fusione di metalli
ferrosi o non ferrosi e di loro leghe;
•
cessioni di prodotti semilavorati ferrosi e non ferrosi e prestazione di taluni servizi di
lavorazione correlati;
•
cessioni di residui ed altri materiali riciclabili costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi, loro
leghe, scorie, ceneri, scaglie e residui industriali contenenti metalli o loro leghe, nonché
prestazioni di servizi consistenti nella selezione, nel taglio, nella frammentazione e nella
pressatura di tali prodotti;
8
•
cessioni di rottami ferrosi e metalli di recupero nonché di ritagli, avanzi, cascami e materiali
di recupero e riciclabili consistenti in residui di vetreria, vetro, carta, cartone e board,
stracci, osso, cuoio, similpelle, pergamena, cuoi e pelli greggi, tendini e nervi, spago, corde
e funi, gomma e plastica, e prestazione di taluni servizi di lavorazione correlati;
•
cessioni di cascami e avanzi provenienti dalla lavorazione di materiali di base.
I commi 44 e 45 della L. 27 Dicembre 2006 n. 296 hanno sancito l’applicazione del Reverse charge
anche alle seguenti operazioni per l’applicazione delle quali, alla data odierna, si è ancora in attesa
della autorizzazione comunitaria:
•
cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di
comunicazioni e dei loro componenti ed accessori;
•
cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;cessioni di materiali e
prodotti lapidei, provenienti direttamente da cave e miniere.
Per l'applicazione di queste misure gli Stati membri sono autorizzati a:
9
•
esigere che il soggetto passivo, che esercita attività o effettua operazioni non considerate
cessioni di beni o prestazioni di servizi, sia considerato soggetto passivo per le operazioni
soggette all'applicazione dell'imposta con il regime del Reverse charge effettuate nei suoi
confronti;
•
esigere che un ente di diritto pubblico, non soggetto passivo, sia considerato soggetto
passivo in relazione ad alcune operazioni indicate nei precedenti punti (cessioni di beni dati
in garanzia, cessioni di beni successive alla cessione del diritto di riserva di proprietà,
cessioni di beni immobili in una vendita giudiziale) effettuate nei suoi confronti.
Gli aspetti formali a cui si deve adempiere per l’estensione dell’applicazione del Reverse charge per
operazioni di natura non intracomunitaria, consistono nell’emissione di una fattura operata dal
cedente senza applicazione dell’IVA con apposita dicitura: “fattura emessa senza addebito IVA ex
art. 17, comma 6, DPR 633/72”.
Successivamente il cessionario sarà tenuto ad integrare la fattura con indicazione dell’aliquota e
della relativa imposta.
Detto documento dovrà essere annotato contestualmente su entrambi i registri IVA, così da rendere
neutrale la posizione del soggetto emittente.
In relazione al contenuto dell’autofattura, tale documento rispecchierà in ogni suo aspetto formale
un’ordinaria fattura.
1.3.1 – IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE DELLE CESSIONI DI IMMOBILI
STRUMENTALI – ULTERIORI CENNI
La L. 24.12.2007 n. 244 (Finanziaria 2008) ha introdotto due importanti novità in merito al sistema
di assolvimento dell'Iva da parte del cessionario o del committente - Reverse charge -, in relazione a
quanto già veniva applicato per talune tipologie di operazioni quali le cessioni di oro da
investimento, le operazioni rese per i subappalti nell’edilizia o per la cessione di materiali di
recupero ferrosi.
Per espresso disposto dell'art. 10, c. 1, n. 8 ter), D.P.R. 26.10.1972, n. 633, nel testo attualmente
vigente, sono esenti dall'Iva, con la conseguente applicazione dell'imposta di registro da parte del
cessionario, le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro
caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, con
l'esclusione:
10
a) di quelle effettuate, entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o
dell'intervento, dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche
tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'art. 31, c. 1, lett. c), d) ed e), L. 5.8.1978, n. 457;
b) di quelle effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi d'imposta che svolgono in via
esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d'imposta in percentuale
pari o inferiore al 25%;
c) di quelle effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell'esercizio di impresa, arti
o professioni;
d) di quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione
per l'imposizione.
Si tratta di una "gamma" di ipotesi nelle quali il Legislatore ha ritenuto, contrariamente alla regola
generale dell'esenzione valevole per le cessioni di immobili strumentali per natura, che dovesse
applicarsi l'imposta, pur prevedendone però l'assolvimento secondo il sistema dell'inversione
contabile.
L'art. 1, c. 156, L. 27.12.2007, n. 244 (Finanziaria 2008) ha integrato l'art. 17 c. 6, D.P.R. 633/1972,
inserendo la nuova lett. a bis), per effetto della quale il sistema dell'inversione contabile ai fini
dell'Iva risulta applicabile anche alle cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato strumentali di cui
alle lett. b) e d) del n. 8 ter) dell'art. 10 c. 1, D.P.R. 633/1972.
La Finanziaria ha operato "assorbendo" nella sostanza le previsioni del D.M. 25.5.2007 ed in
particolare l'art. 1, c. 156, modificando l'art. 17, c. 6, D.P.R. 26.10.1972, n. 633, introducendo
l'estensione di tale particolare meccanismo alle cessioni di immobili strumentali effettuate nei
confronti di soggetti Iva con diritto alla detrazione pari o inferiore al 25% (lett. b) del
summenzionato art. 10). Tali cessioni oggi sono obbligatoriamente soggette ad Iva con decorrenza
dall'1.3.2008.
In realtà tale meccanismo era già stato esteso, a partire dall'1.10.2007, alle cessioni di cui alla lett.
d) dell'art. 10 citato dal D.M. 25.5.2007, in cui si fa riferimento alle cessioni di fabbricati
strumentali (gruppi catastali B, C, D, E, e categoria A/10) cui si applica l'Iva su opzione del cedente
nell'atto di vendita.
Di contro, il meccanismo del Reverse charge non trova applicazione nelle altre due casistiche di
compravendite immobiliari cui si applica l'Iva per obbligo di legge:
1. le cessioni a privati che non operano nell'esercizio di impresa o di arti e professioni ;
2. le cessioni operate nei confronti di chiunque da parte delle imprese costruttrici o che hanno
effettuato interventi di ristrutturazione di grado più elevato, entro quattro anni dalla fine dei
lavori di cui all'art. 10, n. 8 ter), lett. a) e c), D.P.R. 633/1972.
11
AMBITO SOGGETTIVO: come conseguenza del combinato normativo esposto l’imprenditore, il
professionista o la società che acquistino un immobile strumentale, per il quale il cedente, in sede di
stipula dell’atto, abbia manifestato l’opzione per l’imponibilità in luogo dell’esenzione, devono
applicare il meccanismo dell’inversione contabile. Lo stesso obbligo è posto in capo anche al
cessionario soggetto passivo d’imposta che svolga un’attività che consente il diritto alla detrazione
Iva pari o inferiore al 25%.
Da ciò consegue che il Reverse charge non si applica in caso di immobili abitativi nonché nel caso
di cessioni di immobili strumentali effettuate dalle imprese di costruzione o di recupero entro 4 anni
dal termine dei lavori.
L’esclusione dall’ambito di applicazione del meccanismo del Reverse charge di alcune tipologie di
cessioni pone alcuni dubbi interpretativi laddove fosse effettuata da un'impresa costruttrice una
cessione entro il quadriennio nei confronti di un soggetto passivo che detrae l'Iva in misura pari o
inferiore al 25%.
Si tratta infatti della "commistione" di due ipotesi di imponibilità, la prima con applicazione del
Reverse charge, e la seconda operante secondo le regole ordinarie.
Secondo lo studio del Notariato (CNN), la soluzione corretta è quella che prevede l'applicazione
delle modalità ordinarie di adempimento, con esercizio della rivalsa ed evidenziazione dell'imposta
nella fattura di vendita.
APPLICAZIONE
CESSIONI DI FABBRICATI STRUMENTALI
REGIME IVA
REVERSE
CHARGE
Cessioni effettuate dalle imprese costruttrici e di
ristrutturazione entro 4 anni dall’ultimazione dei lavori
Cessioni effettuate dalle imprese costruttrici e di
ristrutturazione trascorsi 4 anni dall’ultimazione dei lavori
imponibili
No
esenti
No
imponibili
Sì
imponibili
No
esenti
No
imponibili
Sì
Cessioni effettuate dalle imprese costruttrici e di
ristrutturazione trascorsi 4 anni dall’ultimazione dei lavori
con opzione per l’assoggettamento ad Iva
Cessioni effettuate nei confronti di privati
Cessioni effettuate nei confronti di soggetti con diritto alla
detrazione pieno o pro rata superiore al 25% senza
opzione del cedente per l’assoggettamento ad Iva
Cessioni effettuate nei confronti di soggetti con diritto alla
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detrazione pieno o pro rata superiore al 25% con opzione
del cedente per l’assoggettamento ad Iva
Cessioni effettuate nei confronti di soggetti con diritto alla
detrazione limitato (pro rata pari o inferiore al 25%)
imponibili
Sì
E’ bene ricordare che nell’atto di compravendita deve essere dichiarata da parte del cessionario
(acquirente) al cedente (venditore) sia la percentuale di detraibilità (superiore o inferiore al 25%)
effettiva (in riferimento all’esercizio precedente) che presunta, che l’eventuale opzione per
l’applicazione dell’Iva.
AMBITO OGGETTIVO: sotto l’aspetto oggettivo sono interessati i fabbricati classificati nelle
categorie catastali B, C, D, E ed A/10 (uffici).
E’ da evidenziare, riguardo ai fabbricati inseriti nella categoria C (in particolare i box o garage,
censiti come C/6), costituenti pertinenza di unità immobiliari a destinazione abitativa, che, in caso
di loro cessione, anche se con atto separato rispetto all’unità principale, sono comunque assoggettati
alla disciplina prevista per il bene principale.
L’aliquota Iva applicabile agli immobili strumentali, ai fini dell’integrazione della fattura in caso di
applicazione del Reverse charge, è pari al 20%, salvo le ipotesi di seguito indicate in cui si applica
l’aliquota del 10%:
TIPO DI FABBRICATO
CEDENTE
RIFERIMENTO
NORMATIVO
Fabbricati strumentali
considerati edifici Tupini (L.
Impresa che li ha costruiti
408/49) (1)
n. 127 undecies Tab. A parte III
D.P.R. 633/1972
Fabbricati sottoposti ad
intervento di recupero (diversi
da manutenzione ordinaria o
Impresa che ha eseguito i lavori
n. 127 quinquiesdecies Tab. A
parte III D.P.R. 633/1972
straordinaria) (2)
Fabbricati idonei ad ospitare
Impresa che li ha costruiti o che
collettività
vi ha eseguito i lavori
n. 127 quinquies Tab. A parte
III D.P.R. 633/1972
C.M. 2.3.1994 n. 1/E
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(1) Legge Tupini: più del 50% dell’edificio destinato a residenziale e non più del 25% ad uso
commerciale
(2) Art. 31 L. 457/78: c) restauro e risanamento conservativo, d/e) ristrutturazione
edilizia/urbanistica…
(3) Scuole, collegi, caserme, ospedali, case di cura, asili, orfanotrofi, edifici simili.
SOCIETA' di LEASING: già le novità introdotte dal D.M. 25.5.2007 hanno avuto un notevole
impatto sulle società di leasing, in quanto queste ultime si sono trovate a dover applicare il
meccanismo dell'inversione contabile assai di frequente, sia in qualità di società acquirenti che
venditrici.
In sintesi:
• Riscatto dell'immobile strumentale. Se l'immobile è stato costruito o ristrutturato da più di
quattro anni (opzionabile l'imposizione ad Iva) o se venduto a soggetto con detraibilità non
superiore al 25% (d'obbligo l'imposizione ad Iva ma in base alla Finanziaria 2008 d'obbligo
il meccanismo del Reverse charge), la società di leasing deve emettere la fattura applicando
il sistema del Reverse charge, quindi senza evidenziare l'Iva.
• Contratto di leasing-appalto (noto anche come leasing "sul costruendo"). In tale caso la
società di leasing costruisce il fabbricato per conto del proprio cliente, con la conseguenza
che la stessa acquisisce lo status di impresa costruttrice.
In tal caso la locazione finanziaria decorre dalla data di ultimazione della costruzione e il
meccanismo del Reverse charge si applica o meno a seconda di quando avviene il riscatto.
Se quest'ultimo avviene al termine del contratto (di solito la durata è superiore ai quattro
anni), al riscatto si applica il meccanismo del Reverse charge, indipendentemente dal prorata di detraibilità dell'acquirente.
Se, invece, il riscatto avviene anticipatamente ed entro i quattro anni dall'ultimazione della
costruzione, l'operazione è imponibile Iva per obbligo e, pertanto, la fatturazione segue il
criterio tradizionale.
CANONI di LOCAZIONE FINANZIARIA: per quanto concerne i canoni di locazione finanziaria
sono attesi chiarimenti ministeriali in merito, in quanto la lettura dell'art. 16 c. 3, D.P.R. 633/1972,
pone dubbi sulla corretta applicazione dell’aliquota Iva, trattandosi di prestazioni di servizi non
sono soggette al meccanismo del Reverse charge.
In particolare, il citato art. 16 c. 3 dispone che, nelle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di
leasing, l’imposta si applichi con la stessa aliquota che si dovrebbe utilizzare in caso di cessione.
Infatti, la norma introdotta dalla L. 244/2007 (ma già il precedente D.M. 25.5.2007) rende
applicabile il meccanismo in esame alle sole cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato
14
strumentali di cui alle lett. b) e d), n. 8 ter) dell'art. 10 D.P.R. 633/1972, ma non sono contemplate
prestazioni di servizi ancorché legate ad una futura acquisizione dell'immobile.
Tra l’altro, un’errata valutazione potrebbe portare ad un’ingente somma a titolo di sanzioni, per la
circostanza che si è in presenza di compravendite immobiliari.
Quando l’impresa cedente emette fattura ad aliquota zero è sempre responsabile per l’imposta non
indicata in fattura, così come avviene per l’applicazione delle aliquote ridotte (4% o 10%). Ciò
potrebbe pertanto comportare per l’impresa cedente, in caso di errata emissione di fattura in regime
di Reverse charge, l’applicazione della sanzione dal 100% al 200% dell’Iva non indicata.
Parimenti l’acquirente che acquista fabbricati strumentali con emissione di fattura irregolare
sarebbe soggetto alla medesima sanzione, a meno che nei 30 giorni successivi la registrazione della
fattura irregolare effettui il dovuto versamento.
IMMOBILI NON ULTIMATI: al riguardo, la C.M. 1.3.2007, n. 12/E ha fornito un importante
chiarimento, affermando che le cessioni di beni in costruzione devono essere obbligatoriamente
assoggettate ad Iva in quanto trattasi di beni non ancora entrati nel ciclo produttivo.
Pertanto, alla luce di tale indicazione, alle cessioni di immobili non ultimati non deve essere
applicato il meccanismo del Reverse charge, ad eccezione delle vendite effettuate nei confronti di
soggetti con detraibilità non superiore al 25% (per via dell' estensione contenuta nella Finanziaria
2008).
NUOVE SANZIONI: l'art. 1, c. 155, L. 244/2007 introduce, mediante l'aggiunta del c. 9 bis all'art.
6 D.Lgs. 471/1997, un impianto sanzionatorio nuovo, ed in particolare meno rigido, in relazione
alle irregolarità formali che possono essere compiute nell'ambito del meccanismo del Reverse
charge.
Per una più approfondita trattazione del sistema sanzionatorio si rimanda all’apposito capitolo 5 al
termine della relazione.
15
CAPITOLO 2
IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: ASPETTI GIURIDICI
2.1 – IL CONTRATTO DI APPALTO
Definizione e Natura
Il Codice Civile tratta il contratto d'appalto nel Libro IV, Titolo III, Capo VII artt da 1655 a 1677
definendolo come “il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un
corrispettivo in denaro”.
In base a tale definizione si possono individuare due elementi tipici del contratto di appalto:
•
l'organizzazione dei mezzi necessari intesa come struttura imprenditoriale di mezzi
produttivi atta a consentire il compimento dell'opera o del servizio;
•
la gestione a proprio rischio cioè l'assunzione da parte dell'appaltatore del rischio dell'opera
o del servizio senza alcun vincolo di dipendenza nei confronti del committente.
In base a ciò, l'appalto viene considerato un contratto di risultato ad esecuzione prolungata, nel
senso che la prestazione dell'appaltatore è unitaria e indivisibile ma si sviluppa per un certo periodo
di tempo e il committente viene soddisfatto solo con il compimento dell'intera opera.
Alcuni sostengono che l'appalto sia un contratto basato sull' “intuitus personae” nel senso che la
persona dell'appaltatore può essere il motivo determinante del contratto; ciò risulta avvalorato dal
fatto che l'art. 81 della legge fallimentare afferma che, in caso di fallimento dell'appaltatore, il
curatore può subentrare nel contratto a meno che la considerazione delle qualità soggettive
dell'appaltatore non sia stata determinante per la stipula del contratto.
Il contratto di appalto è un contratto a forma libera che non necessita di forma scritta né ad
substantian né ad probationem.
La forma scritta è tuttavia necessaria quando all'appalto si ricolleghino altri negozi che richiedono
una determinata forma come in presenza di trasferimenti immobiliari (appalto consistente nella
costruzione di un fabbricato sul terreno dell'appaltatore, qui il committente acquista sia il suolo che
il fabbricato), oppure nel caso di appalto avente ad oggetto la costruzione di una nave o di una
aeromobile.
16
Le parti del contratto di appalto sono il Committente e l'Appaltatore.
L'appaltatore deve necessariamente essere un imprenditore commerciale oppure disporre di
un'organizzazione di tipo imprenditoriale. Può accadere, soprattutto quando l'opera oggetto del
contratto di appalto e di notevoli dimensioni, che l'imprenditore assuma l'iniziativa di cercare altri
imprenditori interessati all'affare che da solo non può realizzare; viene così stipulato un contratto di
Joint Venture all'interno del quale gli imprenditori stabiliscono gli obiettivi comuni, le modalità di
organizzazione e le regole di gestione del rapporto con il committente, nei cui confronti si
presentano come unica parte contrattuale.
Il committente può essere un soggetto privato oppure un soggetto pubblico, in quest'ultimo caso si
parla di appalto pubblico e la scelta dell'appaltatore è a cura della pubblica amministrazione tramite
una procedura disciplinata dal Codice Civile.
Le obbligazioni del committente
L'obbligazione principale del committente è il pagamento del prezzo.
Il corrispettivo per l'opera può essere stabilito globalmente (“a forfait” oppure detto "a corpo") o a
misura (x euro al metro).
Se è stabilito a forfait, si ritiene comprensivo anche di eventuali variazioni (autorizzate) al progetto
originario.
In caso di appalto a misura non c'è una predeterminazione rigida e rigorosa delle dimensioni
dell'opera, il prezzo sarà subordinato all'effettiva misurazione, in questo caso, quindi i rischi delle
quantità e delle qualità delle lavorazioni sono a carico del committente, pertanto un appalto a misura
risulta più conveniente per l'appaltatore.
Nell'appalto a corpo, invece, il corrispettivo è stabilito in misura fissa ed inderogabile con
riferimento all'opera o al servizio valutati complessivamente. I rischi delle quantità e delle qualità
delle lavorazioni sono a carico dell'appaltatore, dunque un appalto a corpo risulta di solito più
conveniente per il committente.
Se le parti non lo hanno pattuito, il prezzo si calcola riferendosi alle eventuali tariffe esistenti e agli
usi. In mancanza di usi o tariffe, deve essere determinato dal giudice.
Clausole di revisione del prezzo sono spesso previste anche contrattualmente.
Il versamento del prezzo da parte del committente costituisce un'obbligazione di valuta e non di
valore e quando non è previsto un termine, va effettuato all'accettazione dell'opera.
Può essere però previsto che il pagamento avvenga per scaglioni man mano che l'opera viene
realizzata, oppure in un'unica soluzione al momento dell'ultimazione e della consegna dell'opera
stessa.
Il diritto al prezzo ha una prescrizione decennale dal momento in cui il credito diventa esigibile.
17
Il prezzo può essere oggetto di revisione quando si verificano due circostanze:
1.
Eventi Imprevisti: quando si verificano aumento o diminuzioni del costo dei materiali o
della manodopera superiori a un decimo del prezzo complessivamente pattuito;
2.
Eventi preesistenti successivamente scoperti: quando vi sono improvvise difficoltà di
esecuzione dovute a cause geologiche, idriche e simili tali da rendere più onerosa la prestazione
dell’appaltatore.
Il diritto di revisione del prezzo si prescrive in dieci anni.
Il committente inoltre è responsabile nei riguardi dell'appaltatore se non lo mette in grado di
eseguire l'opera.
Nel caso in cui il committente non adempia alle proprie obbligazioni l'appaltatore può ricorrere a
vari rimedi:
•
diffida ad adempiere;
•
domanda di condanna all'adempimento;
•
risoluzione giudiziale del contratto;
•
risarcimento del danno.
Nomina del Direttore del Lavori
Il committente ha, inoltre, la facoltà di nominare un soggetto incaricato di sorvegliare e controllare
nel suo interesse lo svolgimento dei lavori da parte dell’appaltatore.
L’incarico può essere attribuito sia ad una persona fisica che ad una persona giuridica.
Il Direttore dei lavori si distingue dal Capo Cantiere o dal Direttore del cantiere che invece è
nominato dall’appaltatore.
I poteri del Direttore dei lavori coincidono con quelli del committente: controlla i dati e le
specifiche forniti dall’appaltatore, verifica i dati amministrativi, controlla il programma dei lavori,
verifica l’andamento dei lavori e degli stati di avanzamento.
Il Direttore dei lavori risponde in caso di inadempimento ai propri dovere e precisamente quando:
-
ha autorizzato l’appaltatore ad ultimare i lavori oltre i termini del contratto;
-
non ha contestato all’appaltatore l’impiego di materiali di qualità inferiore a quella pattuita;
-
ha omesso di individuare o di correggere carenze progettuali.
Le Obbligazioni dell'appaltatore
- La garanzia per vizi e difformità
Un aspetto peculiare dell'obbligazione dell'appaltatore è costituito dalla garanzia per i vizi e le
difformità dell'opera (art. 1667 cc).
Qualora l'opera realizzata presenti vizi, ovvero difformità rispetto al progetto, il committente può
richiedere, a sua scelta:
18
•
l'eliminazione dei vizi a cura e spese dell'appaltatore, oppure
•
la riduzione del prezzo pattuito.
In ogni caso, l'appaltante può chiedere anche il risarcimento del danno qualora l'emersione dei vizi
o delle difformità sia conseguenza di una condotta colposa dell'appaltatore.
Il committente può infine richiedere la risoluzione del contratto se la ‘’res’’ oggetto del contratto
risulta del tutto inadatta all'uso a causa dei vizi.
Se, al momento della consegna, l'opera è stata accettata dalla committenza, la garanzia è limitata ai
soli vizi “occulti” (cioè non immediatamente riconoscibili) o dolosamente taciuti dall'appaltatore.
La garanzia opera, infine, solo se il vizio o la difformità sono denunciati all'appaltatore entro il
termine di 60 giorni dalla loro scoperta. Si prescinde da tale termine solo se i vizi sono stati
occultati dall'appaltatore, ovvero se sono stati da lui riconosciuti.
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dalla consegna.
Se il committente è convenuto in giudizio per il pagamento del prezzo, egli può comunque far
valere la garanzia, purché abbia denunciato i vizi entro 60 giorni dalla scoperta e entro un biennio
dalla consegna dell'opera.
- Garanzia per vizi di cose immobili destinate a lunga durata
Parzialmente diversa è la disciplina in caso di vizi che interessano un edificio o altro immobile
destinato a lunga durata.
La rovina del bene o altri gravi difetti che ne compromettano il normale utilizzo possono farsi
valere entro dieci anni dall'esecuzione dell'opera, purché il vizio sia stato denunziato entro un anno
dalla scoperta.
Fornitura della materia
Salvo diverso accordo tra le parti, l'appaltatore fornisce, oltre ai mezzi, anche la materia prima
necessaria alla realizzazione dell'opera.
Nei casi in cui la materia prima venga fornita dal committente, l'appaltatore è tenuto a denunciare
prontamente eventuali difetti di essa che dovessero emergere in corso d'opera.
I materiali necessari per l'opera sono distinti dai mezzi d'opera e cioè dai mezzi tramite i quali
l'appaltatore costruisce l'opera appaltata, come i ponteggi e gli utensili che di solito sono forniti
dall'appaltatore.
In generale i materiali sono indicati nel contratto per qualità e quantità.
L'appaltatore, se non è stato preventivamente autorizzato, non può utilizzare materiali diversi da
quelli stabiliti contrattualmente anche se fossero di qualità superiore.
19
Nell'ipotesi in cui il contratto nulla dica a proposito dei materiali, l'appaltatore deve scegliere i
materiali del genere e della qualità richiesti dalle regole dell'arte in base alle caratteristiche
dell'opera.
Tuttavia, se anche la natura dell'opera non consente di giungere ad una scelta dei materiali,
l'appaltatore deve fornirli secondo una qualità non inferiore alla media.
Qualora poi la fornitura dovesse risultare difettosa, l'appaltatore ne risponde ai sensi degli artt. 1667
e 1669 c.c.
Il ritardo nella fornitura dei materiali da parte dell'appaltatore consente al committente di richiedere
la risoluzione del contratto, se tale inadempimento risulta idoneo a pregiudicare il tempestivo inizio
dei lavori o la consegna dell'opera nei tempi stabiliti.
Se è il committente a fornire i materiali, l'appaltatore non può servirsi per esigenze proprie dei
materiali forniti dal committente anche se fossero beni fungibili, né può sostituirli senza apposita
autorizzazione del committente.
È da tener presente che, nell'ipotesi in cui sia il committente a fornire i materiali, il ruolo
dell'appaltatore potrebbe ridursi a semplice mero intermediario nell'organizzazione del lavoro altrui.
In tal caso si darebbe vita al cosiddetto pseudoappalto, i dipendenti del pseudoappaltatore si
considererebbero dipendenti diretti del committente, e il contratto di appalto, nei rapporti interni tra
appaltatore e committente, non sarebbe né valido né vincolante.
L'oggetto dell'appalto
Le opere e i servizi oggetto dell'appalto devono essere leciti, cioè non vietati da norme imperative e
non contrari all'ordine pubblico o al buon costume.
Nel caso di appalto relativo a costruzioni prive del permesso edilizio, si ritiene che il contratto sia
nullo e privo di effetti in quanto contrario a norme imperative.
La nullità è assoluta e rilevabile anche d'ufficio pertanto l'appaltatore non può pretendere il
pagamento del corrispettivo e deve restituire gli acconti ricevuti.
Tuttavia, per il lavoro effettuato, l'appaltatore ha diritto ad un equo indennizzo a causa
dell'arricchimento comunque ricevuto dal committente, che sussiste anche in presenza di un
provvedimento amministrativo di demolizione dell'immobile.
Se, invece, l'ordinanza di demolizione non riguarda tutto l'immobile, ma solo alcune porzioni di
esso, la nullità non colpisce l'intero contratto e il committente resta obbligato al pagamento del
corrispettivo con l'onere, per godere della riduzione, di provare specificatamente le parti realizzate
in difformità della concessione e di fornire gli elementi di valutazione utili alla quantificazione
dell'importo da porre in detrazione.
20
L'oggetto dell'appalto deve essere determinato e determinabile, tuttavia non occorre una descrizione
dell'opera nei minimi particolari ma è sufficiente indicare gli elementi fondamentali.
Per le opere più complesse può, però, essere richiesta una descrizione più precisa, fino alla
presentazione di un progetto particolareggiato.
Il progetto è un insieme di dati tecnici che formano oggetto di una clausola del contratto, non
contiene necessariamente elaborazioni grafiche e, se viene approvato dalle parti, diventa parte
essenziale del contratto di appalto.
Il progetto può essere fornito dal committente o dall'appaltatore. Generalmente se il progetto è
rilasciato dall'appaltatore, nel corrispettivo pattuito si intende ricompreso il compenso per la
redazione dello stesso.
In base all'oggetto si distingue tra:
•
appalto d'opera
•
appalto di servizi
Nel Codice Civile un solo articolo, il 1677, si occupa di appalto di servizi, definendolo come il
contratto di appalto che ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, per il resto si
applicano le norme che disciplinano l'appalto d'opera e quelle relative al contratto di
somministrazione.
In mancanza di una precisa indicazione normativa la dottrina e la giurisprudenza hanno qualificato:
•
come appalto d'opera, l'appalto che comporta per l'appaltatore un'attività di rielaborazione e
di trasformazione della materia che da luogo a sostanziali modifiche rispetto al bene preesistente;
•
come appalto di servizi, l'appalto nel quale l'attività dell'appaltatore ha l'obiettivo di produrre
un'utilità o di soddisfare uno specifico bisogno del committente senza che vi sia alcuna elaborazione
della materia.
o
Variazioni del progetto
Le variazioni al progetto originario si distinguono in tre categorie:
1.
Variazioni concordate tra le parti
Se c’è accordo tra le parti, il progetto si può modificare liberamente.
Se il prezzo è determinato a forfait, il committente non è tenuto a pagare le variazioni e le aggiunte,
salvo diverso accordo.
Ai fini della prova, l'accordo (o l'autorizzazione del committente) deve avere forma scritta.
2.
Variazioni necessarie
Se le variazioni sono necessarie per eseguire il lavoro a regola d'arte, ma le parti non si accordano,
spetta al giudice determinare le variazioni opportune e il relativo corrispettivo.
In alcuni casi, tali variazioni autorizzano le parti a recedere dal contratto:
21
1.
l'appaltatore può recedere se l'importo delle variazioni supera il sesto del prezzo a forfait
convenuto. Il committente è in ogni caso tenuto a corrispondergli un'equa indennità per il lavoro
prestato.
2.
il committente può recedere se le variazioni sono "di notevole entità", corrispondendo
comunque all'appaltatore un equo indennizzo.
3.
Variazioni richieste dal committente
Il committente può apportare unilateralmente variazioni al progetto, purché il costo complessivo
delle aggiunte non superi di un sesto il prezzo convenuto a forfait.
Le opere in aggiunta devono comunque essere pagate anche se il prezzo era determinato a forfait.
Il committente non può tuttavia apportare variazioni che comportino notevoli modificazioni della
natura dell'opera.
o
Collaudo e verifiche
Il committente ha diritto, prima di ricevere l'opera in consegna, di sottoporre la stessa ad opportune
verifiche per constatare se è stata bene eseguita (articoli 1665 e 1666 cc).
Il committente potrà avvalersi di un tecnico nominato appositamente, incaricare il Direttore dei
lavori oppure nominare una commissione di collaudo composta da più tecnici.
Per quanto riguarda la procedura, l’appaltatore, una volta concluso il lavoro, ne da comunicazione
all’appaltante invitandolo alla verifica; a tal fine può essere stabilito contrattualmente un termine
per l’invito e un termine diverso per l’esecuzione della verifica.
Se la verifica ha esito positivo, l'opera si considera accettata e l'appaltatore ha diritto a ricevere il
corrispettivo.
Se, invece, il committente non procede alla verifica entro un termine congruo, ovvero entro il
termine stabilito nel contratto, l’opera si intende accettata.
L’accettazione può essere espressa o tacita, in quest’ultimo caso il committente deve adottare
comportamenti non equivoci che esprimono la volontà di accettare.
L’accettazione comporta una serie di conseguenze:
1)
l’appaltatore è libero da responsabilità per vizi e difetti apparenti;
2)
i rischi passano al committente;
3)
il committente ha diritto alla consegna dell’opera.
Se, invece, il committente al momento della verifica vuol far valere la garanzia per i vizi palesi
deve:
-
non accettare l’opera;
-
oppure accettarla con riserva.
22
Il committente può inoltre verificare lo stato dei lavori anche in corso d'opera. Se dalla verifica
emergono inadempienze, il committente può fissare un congruo termine entro cui l'appaltatore deve
conformarsi alle indicazioni del progetto, trascorso inutilmente il quale il contratto si considera
risolto.
Recesso dal contratto
Il committente può sempre recedere dal contratto, anche ad esecuzione iniziata, con il solo obbligo
di tenere indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
Se il contratto si risolve per impossibilità sopravvenuta, il committente deve pagare la parte di opera
realizzata, se è per lui di qualche utilità.
Il committente può inoltre recedere dal contratto in caso di morte dell'appaltatore, se la persona del
contraente era stata ragione determinante del contratto o se gli eredi non danno affidamento sulla
buona esecuzione dell'opera
L'indennizzo, cui è tenuto il committente in favore dell'appaltatore a norma dell'art. 1671 cod. civ.
nel caso di recesso unilaterale dal contratto di appalto, costituisce obbligazione risarcitoria, che, pur
scaturendo da attività lecita (come quella di recesso prevista dall'art. 1671 cod. civ.), deve
comunque tenere indenne l'appaltatore dai danni causati da detta attività, nei limiti in cui egli sia
incolpevole.
Il committente ha il potere di avvalersi del diritto di recesso in ogni momento, anche se è
inadempiente alle proprie obbligazioni, senza fornire giustificazioni.
Il recesso del committente, pur effettuato ad nutum, consiste in un tipico esempio di diritto
potestativo. L'esercizio del diritto è riservato alla libera valutazione del recedente e non è sottoposto
al controllo dell'appaltatore o di terzi. Non assumono pertanto rilievo i motivi che hanno
determinato l'appaltante a valutare di recedere dal negozio.
La richiesta di recesso può essere presentata in qualsiasi momento posteriore alla conclusione del
contratto.
Non è prevista una modalità particolare per la comunicazione, che può intervenire in forma orale
ovvero scritta, purché resti intesa ed inequivoca la volontà del recesso.
L'esercizio del recesso costituisce un atto unilaterale recettizio che si perfeziona con la
comunicazione all'imprenditore. Per l'efficacia ha rilievo, in questo senso, il momento di venuta a
conoscenza dell’appaltatore.
La scelta dell'esercizio del diritto ex art. 1671 c.c. preclude al committente di proporre la domanda
di risoluzione per inadempimento. Ogni indagine sull'inadempimento è, pertanto, inutile.
23
Ove, al contrario, sia stata già iniziata l'azione di risoluzione, con la seguente valutazione dei
comportamenti delle parti, il processo non può essere fermato con l'esercizio del diritto di recesso, a
questo punto inutile.
L'appaltatore non può opporsi all'esercizio del diritto di recesso. La facoltà del committente può
essere certamente limitata con apposita clausola, senza però che venga esclusa.
Il recesso non può pregiudicare i diritti e le lecite aspettative dell'appaltatore, che deve essere tenuto
indenne.
All'imprenditore deve essere attribuito il rimborso per le spese sostenute ed i lavori conclusi e per il
mancato guadagno.
In conseguenza l'indennizzo deve liquidarsi sulla base dei prezzi stabiliti nel contratto.
Questo vale soprattutto per il mancato guadagno, consistente nella differenza tra il prezzo
contrattuale dell'appalto ed il costo delle opere compiute.
L'imprenditore deve unicamente dimostrare l'ipotetico guadagno che gli sarebbe derivato
dall'esecuzione delle opere appaltate, ovvero la differenza tra il prezzo pattuito ed il costo dei
manufatti.
Rimane salva la facoltà del committente di provare che l'interruzione dell'appalto non ha impedito
all'imprenditore di realizzare guadagni.
2.2 – IL CONTRATTO DI SUBAPPALTO
Definizione e disciplina
Art. 1656 c.c. Subappalto. – L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o
del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.
Il subappalto è un contratto derivato dal contratto principale rappresentato dall’appalto;
quest’ultimo ne è il presupposto.
Con il subappalto infatti l’appaltatore (o subcommittente) affida ad un terzo (subappaltatore)
l’incarico di eseguire le opere assunte nell’originario contratto di appalto.
In altri termini, nasce un nuovo rapporto di cui solo l’appaltatore è parte anche del contratto
derivato.
Ciò a differenza della cessione del contratto in cui viene ceduta la posizione giuridica
dell’originario rapporto.
La natura di contratto derivato del subappalto comporta che la sorte di questo rapporto è
subordinata a quella del contratto principale; ne discende che l’accettazione senza riserve da parte
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del subcommittente dell’opera eseguita dal subappaltatore è condizionata, a sua volta,
all’accettazione senza riserve effettuata dal committente dell’opera oggetto del contratto di appalto.
Stante l’estraneità del committente al contratto di subappalto, questi non ha diritti in proprio né
gode di azioni dirette verso il subappaltatore; può solo agire in via surrogatoria in presenza di
inerzia dell’appaltatore-subcommittente per i controlli e le verifiche ex art. 1662 c.1., c.c..
Non ha invece diritto a risolvere il contratto di subappalto ai sensi dell’art. 1662, c.2., c.c.; tale
azione gli spetta invece con riferimento al contratto originario di appalto (peraltro la risoluzione di
tale ultimo rapporto determina anche il venir meno del contratto di subappalto).
Ai sensi dell’art. 1656 c.c., l’appaltatore non può dare in subappalto opere e servizi se non è stato
autorizzato dal committente.
La mancata autorizzazione comporta la nullità relativa del contratto di subappalto e cioè nullità che
può essere fatta valere dal solo committente (non da parte del subappaltante né da parte del
subappaltatore), vale a dire dal soggetto nel cui interesse la norma è stata redatta.
In questa ipotesi, l’appaltatore-subcommittente risponderà nei riguardi del committente in via
contrattuale per i danni effettivamente arrecati, mentre la responsabilità del subappaltatore nei
confronti del medesimo soggetto sarà di natura extracontrattuale.
In via generale si ritiene che la forma dell’autorizzazione sia libera, anche se per necessità di prova
è consigliabile la forma scritta.
L’autorizzazione può essere anche generica e preventiva (Cass. 5 settembre 1994 n. 7649).
Quanto al contenuto del subappalto occorre esaminare in concreto la fattispecie poiché possono
essere inserite differenze rispetto all’appalto (sempre che esse non siano incompatibili con
quest’ultimo).
Il contenuto può essere parziale e riferirsi a parti accessorie e speciali dell’opera in merito alle quali
l’appaltatore non sia attrezzato (ad es. costruzione di impianti idrici, di riscaldamento ecc.).
Il termine per l’esecuzione è più breve di quello dell’appalto; del pari il prezzo del subappalto è
inferiore al corrispettivo dell’appalto.
In ogni caso il criterio di determinazione del corrispettivo (a corpo o a misura) potrà divergere nei
due rapporti.
Si segnala ancora che l'appaltatore originario deve comunque possedere sempre i requisiti di
assuntore dell’opera non potendosi qualificare tale colui che, privo di valida organizzazione, si
limiti ad affidare ad altri l'esecuzione delle opere fungendo da mediatore di affari.
Nei riguardi dei terzi, infine, è il solo subappaltatore che risponde per i danni recati nell’esecuzione
dell’opera.
25
Nella fattispecie non trova applicazione l’art. 2049 c.c. stante l’autonomia dell’imprenditore che
caratterizza il contratto di appalto (e dunque anche quello di subappalto).
Il subcommittente potrà rispondere solo se ha esercitato sull’attività del subappaltatore un’ingerenza
così penetrante da averlo reso mero esecutore dei suoi ordini.
Schematicamente:
1) Caratteristiche del subappalto:
o
è un contratto derivato, dipendente dal contratto principale di appalto;
o
l’appaltatore dà incarico ad un terzo (subappaltatore) di eseguire i lavori da lui assunti
nell’originario contratto di appalto;
o
si dà luogo ad un nuovo rapporto obbligatorio tra il subcommittente ed il subappaltatore.
2) Posizione del committente:
o
non ha diritti in proprio né può agire direttamente nei confronti del subappaltatore;
o
non può agire in surrogatoria nei confronti del subappaltatore per esercitare i controlli e le
verifiche in base all’art. 1662, comma 1;
o
non ha diritto alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1662, c. 2 c.c., se non nei
confronti del contratto di appalto originario.
3) Divieto di subappalto:
o
art. 1656 c.c.: l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del
servizio, se non è autorizzato dal committente;
o
autorizzazione in forma libera;
o
in mancanza di autorizzazione, subappalto viziato da nullità relativa da far valere solo dal
committente.
4) Contenuto del subappalto:
o
possono essere introdotte differenze rispetto all’appalto purché non incompatibili con
quest’ultimo;
o
può essere parziale (es. parti accessorie o speciali dell’opera);
o
termine più breve rispetto a quello dell’appalto;
o
prezzo inferiore a quello dell’appalto con possibile diverso sistema di determinazione (a
misura o a corpo).
Caratteristiche del contratto di subappalto
Il contratto di subappalto è un contratto essenzialmente obbligatorio che rientra tra i contratti di
scambio che realizzano un do ut facias e presenta le seguenti caratteristiche:
1.
il subappalto può essere totale o parziale e, come nell’appalto, il subappaltatore assume
un’obbligazione di risultato (e non di mezzi), in particolare, un’obbligazione di fare; interesse del
26
committente, infatti, è quello di ricevere l’opera compiuta e non quello del comportamento tenuto
dal subappaltatore;
2.
è un contratto consensuale, cioè si perfeziona con il consenso delle parti legittimamente
manifestato;
3.
è un contratto, di norma, a due parti, anche se ciascuna parte può comprendere più soggetti;
4.
è un contratto naturalmente oneroso, salvo che le parti prevedano espressamente che sia
gratuito (in tal caso non si tratta di appalto in senso tecnico ma di donazione diretta);
5.
è un contratto a prestazioni corrispettive (compimento dell’opera dietro pagamento del
corrispettivo), cioè le obbligazioni sono a carico di entrambe le parti del contratto;
6.
è un contratto commutativo e non aleatorio. Non esiste l’elemento del rischio, in quanto le
prestazioni delle due parti sono sin dalla conclusione del contratto determinate o determinabili in
base a criteri prestabiliti;
7.
è un contratto, di norma, ad esecuzione prolungata e non di durata; infatti l’adempimento
della prestazione è soddisfatto solo con la consegna dell’opera al committente e non con la
consegna, di volta in volta, di parti dell’opera. Tuttavia, nel caso di appalto di servizi può anche
essere un contratto di durata (ovvero ad esecuzione periodica e continuata) in quanto il compimento
dell’opera si protrae nel tempo, per esempio, appalto di manutenzione;
8.
in ossequio al generale principio di libertà della forma, non è richiesta la forma scritta.
Tuttavia la forma scritta è richiesta per i subappalti aventi ad oggetto la costruzione di un immobile
se il terreno sul quale è edificato appartiene alla stessa impresa appaltatrice. Anche per il contratto
di subappalto valgono le limitazioni alla prova per testimoni e presunzioni semplici, ex artt. 2721 e
segg. e 2729 c.c.
Come già detto, soggetti del subappalto sono il subappaltante ed il subappaltatore.
Nel contratto di subappalto, l’appaltatore del contratto di appalto principale diventa, a sua volta,
committente (cioè subappaltante), mentre al subappaltatore si applica la stessa disciplina del
contratto di appalto.
Di norma, entrambi sono imprenditori:
a)
il subappaltatore deve essere un imprenditore (impresa individuale, società di persone e di
capitali, società cooperativa, media o grande impresa) che svolge l’opera o il servizio con la sua
organizzazione d’impresa e a proprio rischio (art. 1655 c.c.). E’ esclusa la piccola impresa che potrà
porre in essere un contratto d’opera cui potrà applicarsi la disciplina dell’appalto in via analogica.
Infatti, caratteristica del subappalto è l’attribuzione di un’opera o di un servizio ad un soggetto che
si obbliga a compierla con la propria organizzazione d’impresa e a proprio rischio (cioè nell’ambito
27
dell’esercizio dell’attività d’impresa, art. 2082 c.c.). In conseguenza della sua natura
imprenditoriale, il subappaltatore deve godere di una certa autonomia nell’esecuzione dell’opera;
b)
il subappaltante, come il subappaltatore, deve essere un imprenditore (parte dell’appalto
principale).
Il contratto di subappalto nelle opere pubbliche
Il contratto di subappalto stipulato dall’appaltatore di un’opera pubblica è strutturalmente distinto
dal contratto principale e, stipulato tra soggetti entrambi privati, rimane sottoposto alla normativa
del codice civile ed al contenuto pattizio che le parti hanno inteso dargli, mentre non gli sono
applicabili, se non attraverso gli eventuali richiami pattizzi delle parti, le disposizioni d’impronta
marcatamente pubblicistica tipiche dell’appalto di opere pubbliche, né in generale, la normativa
speciale di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, relativa agli appalti stipulati dallo Stato.
In tema di appalto di opera pubblica, il subappaltatore è terzo rispetto alla (e pertanto non può
avvalersi della) clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto intercorso tra la
pubblica amministrazione committente e l’appaltatore, a nulla valendo la circostanza che la
pubblica amministrazione abbia autorizzato la conclusione del subappalto, posto che detta
autorizzazione significa solo che il subappalto è consentito, ma non comporta la comparsa di un
nuovo soggetto nel rapporto originario, né il sorgere di un rapporto giuridico tra la stessa pubblica
amministrazione ed il subappaltatore.
2.3 – IL CONTRATTO D’OPERA
Aspetti giuridici del contratto d’opera
Con circolare n. 37/E/2006 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che alle prestazioni rese ad
appaltatori e subappaltatori in esecuzione di accordi negoziali riconducibili allo schema
dell’appalto, devono essere assimilate quelle rese in esecuzione di accordi negoziali riconducibili
allo schema tipico del contratto d’opera.
Successivamente la risoluzione 26 luglio 2007 n. 187/E ha precisato che sono incluse nel campo di
applicazione del Reverse charge anche le sole prestazioni di manodopera, estendendo l’inversione
contabile anche alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’opera di cui all’articolo 2222 del
Codice civile.
Il contratto d'opera comporta l'assunzione, nei confronti di un committente, dell'obbligo di
realizzare, dietro corrispettivo, un'opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con lavoro
prevalentemente proprio. Il prestatore è tenuto ad eseguire l’opera definita in contratto, rispettando
le modalità stabilite dal committente e le regole dell’arte.
28
In caso di mancato rispetto delle indicazioni della committenza, al prestatore d’opera può essere
dato un congruo termine entro cui uniformarsi alle condizioni stabilite in contratto, decorso
inutilmente il quale il committente può recedere dal contratto e richiedere il risarcimento
dell’eventuale danno.
Qualora l’opera presenti vizi o difformità rispetto a quanto stabilito contrattualmente, il
committente è tenuto a denunciare il fatto al prestatore nel termine di otto giorni dalla scoperta.
Una volta denunciati i vizi o le difformità, il committente ha un anno di tempo (termine di
prescrizione) per agire giudizialmente contro il prestatore al fine di richiedere l'eliminazione dei vizi
a cura e spese del prestatore, oppure la riduzione del prezzo pattuito.
Il committente può inoltre chiedere il risarcimento del danno, se i vizi o le difformità dipendono da
una condotta colposa del prestatore.
Il committente può infine richiedere la risoluzione del contratto se l’opera risulta del tutto inadatta
all'uso a causa dei vizi o delle difformità.
Non diversamente dall’appalto, l’accettazione dell’opera (anche se tacita) libera il prestatore dalla
garanzia per vizi, salvo il caso di vizi non riconoscibili (occulti) o dolosamente occultati.
L’obbligazione del committente consiste nel pagamento del corrispettivo, che di norma è stabilito di
comune accordo tra le parti.
Nei casi in cui il prezzo non sia fissato contrattualmente, esso deve essere determinato secondo le
tariffe professionali o gli usi.
In mancanza, viene stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente
necessario per ottenerlo.
Il committente può, in qualsiasi momento, recedere dal contratto, anche se l’esecuzione è già
iniziata, con il solo obbligo di tenere indenne il prestatore delle spese, del lavoro eseguito e
dell’eventuale mancato guadagno.
Le prestazioni d’opera intellettuale
Dal meccanismo dell’inversione contabile sono escluse le prestazioni d'opera intellettuale
disciplinate agli artt. 2229 e segg. Codice Civile.
Nella lett. a) del comma 6 dell’art. 17 del D.P.R n.633/1972 vi è infatti l’esplicito riferimento alle
“prestazioni di manodopera”; ciò implica la rilevanza di quest’ultima sia quando l’attività
dell’esecutore consiste nel fornire la manodopera dei propri dipendenti (subappalto), sia quando
l’attività dell’esecutore consiste nel fornire direttamente la propria opera (contratto d’opera).
Le prestazioni d’opera intellettuale rese da professionisti (quali, ad esempio, architetti, ingegneri,
geometri) devono pertanto considerarsi escluse in quanto non annoverabili tra le prestazioni di
manodopera.
29
La professione intellettuale consiste in quelle attività di particolare pregio per il loro carattere
intellettuale, che trovano il loro elemento qualificante nell'apporto offerto dall'intelligenza e dalla
cultura del professionista medesimo.
L'ulteriore elemento caratterizzante è rappresentato dall'autonomia di azione nella prestazione
dell'opera professionale, che non equivale al concetto di libera professione, poiché se è vero che il
libero professionista è sempre anche professionista intellettuale, non è vero il contrario, ben potendo
quest'ultimo, come nella pratica spesso accade, prestare la propria opera inquadrato in un rapporto
di lavoro subordinato (ad esempio il medico dipendente dell'ente ospedaliero).
Si segnala altresì il carattere della discrezionalità quale elemento caratterizzante la categoria in
esame, che rappresenta la libertà di esercitare la propria professione, con piena autonomia in ordine
alle modalità di estrinsecazione dell'attività stessa.
E ancora, l'art. 2232 cod. civ., al primo comma, mette in luce un'altra essenziale caratteristica, ossia
il carattere personale della prestazione, alludendo al rapporto fiduciario che si instaura tra il
professionista e il suo cliente, avendo quest'ultimo diritto che il professionista presti personalmente
la propria opera.
Nell'adempimento della propria prestazione il professionista potrà poi avvalersi dell'ausilio di
sostituti o ausiliari, sempre comunque sotto la propria responsabilità e direzione, in modo da non far
venir meno la peculiarità del succitato legame.
Nella maggior parte dei casi quindi, il professionista esercita la propria attività in esecuzione di
un contratto d'opera intellettuale.
2.4 – IL CONTRATTO DI NOLEGGIO
Aspetti giuridici
Il termine “noleggio” è una parola di uso comune che definisce il godimento per un periodo di
tempo di un bene da parte di un soggetto, diverso dal proprietario, dietro il pagamento di un
corrispettivo in denaro.
Il noleggio, giuridicamente, è il contratto con il quale l'armatore, in corrispettivo del nolo pattuito,
si obbliga a compiere con una nave determinata uno o più viaggi prestabiliti, ovvero, entro il
periodo di tempo convenuto, i viaggi organizzati dal noleggiatore alle condizioni stabilite dal
contratto o dagli usi.
Così recita l'art. 384 del codice della navigazione e questa è l'unica definizione legislativa del
contratto di noleggio, ripresa dal successivo art. 940, che apre il Capo II del Titolo I del Libro III
dello stesso codice, il quale rappresenta la figura corrispettiva in ambito aeronautico (in pratica,
30
operando un rinvio alle norme previste per il noleggio di nave, laddove non derogate dal suddetto
capo).
La dottrina italiana si è divisa in due “correnti” contrapposte, la teoria c.d. unitaria, e la teoria c.d.
separatista o autonomista.
Vi è da rilevare, infine, una terza posizione assunta dal Tullio, che si propone in qualche modo di
mediare tra le due precedenti.
Gli “autonomisti”, assumono il contratto di noleggio come figura a sé stante ed esistente nella
realtà; tale autonomia giuridica è negata dagli “unitari”, sull'assunto che col noleggio, in pratica, si
verrebbe a configurare un contratto di trasporto.
Il Tullio, di contro, in estrema sintesi, rileva come, seppur la figura del noleggio goda di autonoma
esistenza, nella pratica, soprattutto in base ai formulari internazionalmente adottati, si verifichino
scarsissimi e marginali riscontri.
Egli, quindi, muove critica sia verso gli autonomisti, i quali confondono il momento
dell'interpretazione con quello della qualificazione, sia verso gli unitari, che travisano
l'interpretazione legale per trovare corrispondenza col regolamento contrattuale.
In estrema sintesi si potrebbe considerare il noleggio come figura giuridica complessa, risultante da
più contratti autonomi ma collegati nell'ambito di una funzione economica polivalente.
La navigazione rappresenta sempre un vantaggio economicamente valutabile e corrispondente ad un
interesse anche non patrimoniale per chi ne usufruisce (il noleggiatore), così come previsto dall'art.
1174 del codice civile in tema del carattere generale delle obbligazioni: e questo fine, può essere di
trasporto ma anche di altre attività per le quali la nave può essere impiegata, quali la ricerca, servizi
vari (rompighiaccio ecc.) nonché finalità ricreative, tutto ciò, rappresentando, comunque, attività cui
l'ordinamento riconosce meritevolezza di tutela.
Sarà eventualmente il noleggiatore (ovvero colui che ha stipulato un contratto di noleggio con il
noleggiante) a stipulare, nell'ambito di quella funzione economica complessa sopra accennata, un
contratto di trasporto con un terzo soggetto.
Voler collocare obbligatoriamente una fattispecie contrattuale entro altri schemi più ampi o come
sottotipi di questi, non è utile: così operando, allora, tutto potrebbe essere ricondotto, con forzature
più o meno evidenti, entro pochi fondamentali “archetipi”: l'appalto, la compravendita, il mandato.
Da tutto ciò, si evince chiaramente come alcune locuzioni di uso comune, quali “noleggiare
un'automobile”, “noleggiare una macchina operatrice”, “noleggiare un film”, risultino totalmente
errate sotto un profilo tecnico-giuridico, poiché il contratto di noleggio è solo ed esclusivamente
quello previsto dai succitati art. 384 del codice della navigazione.
31
Da notare, che, tale termine si è esteso, in pratica, ad ogni rapporto che prevede un corrispettivo per
l'uso temporaneo di un bene, anche se non suscettibile di trasporto.
Certo che tutto ciò non incide sulla validità del rapporto giuridico sotteso, poiché un contratto resta
valido al di là del nomen juris usato dalle parti.
La giurisprudenza ha posto in essere diverse valutazioni, a seconda dei casi e dell'oggetto del
contratto. Dunque, dovrebbe essere altrettanto chiaro che quasi sempre, dietro tali contratti di
“noleggio”, siamo in presenza di locazioni mobiliari o di appalti: così, quando “noleggiamo” una
videocassetta, instaureremo un rapporto giuridico incentrato sulla figura contrattuale prevista
dall'art. 1571 del codice civile, con la quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa
mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo.
Così come, nel caso di “noleggio” di macchina agricola con operatore, si versa indubbiamente nello
schema dell'appalto ex art. 1655 codice civile, secondo il quale ...una parte assume, con
organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di
un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Assume, tuttavia, importanza, considerare l'esistenza di un corrispettivo terrestre, seppur per
analogia, al noleggio di nave o aeromobile e, più precisamente, se siano possibili ipotesi di
“autonoleggio”, noleggio di autobus et similia.
Secondo alcuni autori, naturalmente appartenenti alla teoria “autonomista”, nulla osta alla
configurazione, anche nel settore terrestre di possibili contratti di noleggio.
Infatti, si afferma che le norme del codice della navigazione in tale materia, rivestano carattere
speciale ma non eccezionale, rendendo possibile, dunque, la loro applicazione analogica ad altre
correlative fattispecie.
Gran parte degli autori negano una tale possibilità. Infatti, il noleggio è una figura giuridica
decisamente specialistica, prevista solo nel codice della navigazione ed avente per oggetto
esclusivamente navi e aeromobili.
L'unico modo, eventualmente, per operare un ingresso di tale fattispecie nell'ambito terrestre,
sarebbe costituito, come abbiamo visto in precedenza, dall'analogia.
Viene però giustamente rilevato, che non si rinviene alcuna disposizione che preveda una espressa
estensione delle norme di carattere speciali del codice della navigazione in materia, le quali, non
potrebbero trovare applicazione oltre la materia speciale alla quale esse si riferiscono.
Escludiamo dunque, la possibilità di addivenire per via analogica ad una fattispecie di noleggio
terrestre, prospettandosi la necessità, semmai ce ne fosse bisogno di un intervento legislativo
sistematico e coerente che disciplini in modo preciso la materia.
32
Desta, dunque, gravi perplessità l'operato di quella abbastanza numerosa giurisprudenza che tenta
di qualificare o, peggio ancora, di tipizzare una figura giuridica non suscettibile di applicazione
analogica, attraverso interpretazioni e pronunce.
Tipi di noleggio: a freddo e a caldo
Distinzione tipica che viene effettuata dagli operatori del settore è quella tra noleggio a caldo e
noleggio a freddo e riguarda solitamente il campo del noleggio di macchinari industriali.
Il contratto di noleggio a freddo è più semplicemente il contratto di noleggio di cosa mobile.
Secondo la Corte di Cassazione è il "contratto con il quale si concede in godimento una cosa mobile
(macchinario) per un certo tempo e dietro corrispettivo determinato o comunque determinabile, con
acquisto da parte del conduttore della detenzione della cosa medesima che entra nell'ambito della
sua disponibilità” (sentenza 4 dicembre 1997, n. 12303, Sez. II).
Il contratto di noleggio a caldo è invece definito solamente dall’articolo 384 del Codice della
Navigazione.
E’ definibile nella categoria dei contratti innominati caratterizzati da una prestazione principale
avente per oggetto la locazione di un macchinario, con aggiunta una prestazione complementare
rappresentata dal personale e dai mezzi occorrenti per il suo funzionamento.
Esso è stato assimilato, in materia di lavori pubblici, al contratto di appalto (o subappalto) ogni qual
volta il valore della manodopera superi quelli della fornitura.
Nello specifico, l’art. 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55, nel testo risultante dalle modifiche
introdotte dall’art. 9, comma 65 e seguenti della legge 18 novembre 1998, n. 415, dopo aver
definito la disciplina relativa al subappalto, al comma 12, equipara allo stesso “qualsiasi contratto
avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedano l’impiego di manodopera, quali le
fornitura con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2%
dell’importo dei lavori affidati o di importo superiore a 100.000 ecu e qualora l’incidenza del costo
della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare”. Il
comma 5 dell’art. 141 del DPR 21 dicembre 1999, n. 554, specifica che “le attività ovunque
espletate ai sensi dell’art. 18, comma 12 della legge 19 marzo 1990, n. 55, sono quelle poste in
essere nel cantiere cui si riferisce l’appalto.
Dal punto di vista giuridico possono essere adottate tre definizioni al contratto di nolo a caldo:
a.
Locatio rei;
b.
Locatio operis, in quanto il bene non è l’oggetto del rapporto, ma il mezzo indispensabile
per la realizzazione della funzione del contratto;
c.
Contratto innominato e misto di prestazioni reali e personali.
33
La giurisprudenza ha definito tale contratto come appalto di servizi, ogni qual volta un soggetto
mette a disposizione di un altro, verso un corrispettivo, un bene di sua proprietà (esempio autocarro)
con i relativi conducenti per l’esecuzione dei servizi per conto di quest’ultimo.
La differenza sostanziale tra le due forme contrattuali sta nel fatto che soltanto nel nolo a freddo il
conduttore acquista la disponibilità della cosa e assume i rischi inerenti la sua utilizzazione.
Secondo la Corte di Cassazione il noleggiante a caldo, senza attribuire al noleggiatore il godimento
della cosa mobile, si obbliga a compiere con questa, mediante l'opera propria od altrui, determinate
attività a favore della controparte ed il rischio delle attività compiute e', quindi, a suo carico in
quanto la cosa resta nella sua sfera di disponibilità e viene da lui usata sotto la sua direzione tecnica
e senza alcuna ingerenza da parte del noleggiatore.
Al contrario, nel contratto di noleggio a freddo "quando il conduttore acquista la detenzione
della cosa, che entra, così, nell'ambito della sua disponibilità, su di lui ricadono i rischi inerenti
all'utilizzazione di essa" (sentenza 29 agosto 1997, n. 8248, Sez. II).
Nel concreto poi la differenza sta nel fatto che nel noleggio a freddo il mezzo è utilizzato da
dipendenti del noleggiante e sotto la sua responsabilità e direzione, mentre nel noleggio a caldo il
controllo, la direzione e l'utilizzazione rimane nelle mani del noleggiante.
Nolo e Reverse charge
Il “nolo a freddo”, trattandosi di noleggio di beni mobili, non rientra nella particolare procedura Iva,
ma è applicabile il criterio della rivalsa Iva .
Per i contratti di “nolo a caldo” occorre fare un ulteriore precisazione:
a.
i macchinari noleggiati con conducente debbono venire impiegati sotto la direzione
esclusiva del noleggiante;
b.
ossia i macchinari noleggiati con conducente debbono venire impiegati sotto la direzione
esclusiva del noleggiatore.
La differenza è sostanziale; nell’ipotesi indicata dalla lettera a) il noleggiante si assume
l’obbligazione, con gestione a proprio rischio, di compiere un’opera o un servizio, inteso come
risultato del lavoro compiuto.
Il contratto in esame assume la configurazione giuridica di appalto.
Nell’ipotesi esposta al punto b) il noleggiante non si assume alcuna obbligazione di assicurare un
determinato risultato attraverso l’impiego delle macchine, ma per la messa a disposizione delle
stesse richiede un corrispettivo orario, giornaliero o forfettario.
Tale contratto mantiene la caratteristica di noleggio di beni mobili.
Pertanto ai fini Iva i corrispettivi relativi ai contratti di nolo a caldo dovranno osservare la seguente
procedura:
34
1) Noli a caldo sotto la direzione esclusiva del soggetto noleggiante (appalto)
Regime Iva applicabile:
- Reverse Charge (per i contratti di subappalto)
- Rivalsa per i contratti di appalto diretti con committenti;
2) Noli a caldo sotto la direzione esclusiva del soggetto noleggiatore (noleggio)
Regime Iva applicabile:
- Rivalsa in ogni caso.
In conclusione il meccanismo del Reverse charge non è applicabile alle prestazioni relative ai
contratti di noleggio con operatore o compreso di montaggio e/o smontaggio, cosiddetti "noli a
caldo", se il prestatore è chiamato a eseguire il servizio in qualità di "mero esecutore" materiale
delle direttive del committente.
In tale ipotesi, infatti, manca uno degli elementi tipici del contratto d'appalto e cioè l'autonomia
organizzativa. (risoluzione n. 205/E).
L'Amministrazione ha preliminarmente precisato che le prestazioni relative ai contratti di noleggio
senza aggiunta di manodopera (senza operatore o senza montaggio/smontaggio), cosiddetti "noli a
freddo", sono escluse dall'ambito applicativo dell'inversione contabile, di cui all'articolo 17, comma
6, lettera a), del Dpr n. 633 del 1972, in quanto tali prestazioni non concretizzano subappalti.
Inoltre, tali attività non rientrano tra quelle riconducibili alla sezione F della tabella di
classificazione delle attività economiche Atecofin (2004).
La risoluzione ha precisato che rientrano, invece, nella sezione "F" delle tabelle Atecofin i contratti
di noleggio, c.d. "noli a caldo", riconducibili alle attività contraddistinte dai seguenti codici:
* 45.25.0, altri lavori di costruzione, tra i quali rientrano il noleggio di ponteggi e piattaforme di
lavoro con montaggi e smontaggio;
* 45.50.0, noleggio di macchine e attrezzature per lavori edili, con operatore, tra i quali rientrano il
noleggio di gru, macchine movimento terra, macchine per il pompaggio del calcestruzzo eccetera.
E' opportuno ricordare che l'inclusione o l'esclusione dalla sezione F ha risolto in modo
inequivocabile i dubbi legati alle prestazioni relative ai noleggi puri ("noli a freddo"), alle quali,
infatti, come sopra ricordato, non torna applicabile il sistema del Reverse charge.
Diversamente, e con particolare riferimento ai "noli a caldo", l'inclusione o l'esclusione dalla
sezione F non è sufficiente a risolvere i casi dubbi.
L'Agenzia, con la risoluzione in esame, ha precisato che, se il prestatore è chiamato a eseguire il
servizio in qualità di "mero esecutore" materiale delle direttive del committente, venendo a mancare
quindi uno degli elementi tipici del contratto d'appalto, e cioè l'autonomia organizzativa, non deve
applicarsi il meccanismo del Reverse charge.
35
Qualora, invece, oggetto del contratto fosse non tanto il mero noleggio (anche a caldo), ma la
realizzazione di lavori di sbancamento, sistemazione di terreni, demolizione di edifici e simili, in
funzione di un contratto di subappalto, caratterizzato, quindi, da un'obbligazione di risultato,
dall'assenza del vincolo di subordinazione, dall'organizzazione in proprio con assunzione dei
relativi rischi, si è ritenuto che torni applicabile il meccanismo del Reverse charge.
Tanto premesso, l'Amministrazione finanziaria ha chiarito che il meccanismo dell'inversione
contabile, di cui all'art. 17, comma 6, lettera a), del Dpr n. 633 del 1972, non è applicabile ai
contratti di noleggio con operatore in tutte quelle ipotesi in cui non è possibile rinvenire uno degli
elementi tipici del contratto d'appalto e, cioè, l'autonomia organizzativa.
Infatti, nel caso di specie il prestatore risultava essere "mero esecutore" materiale delle direttive del
committente, e, inoltre, il corrispettivo era commisurato alle ore di utilizzo del mezzo con il relativo
operatore, non tenendo, pertanto, conto del risultato.
2.5 – ASPETTI COMUNI E DIVERGENZE TRA ALCUNI TIPI DI CONTRATTO
Il contratto d’opera e il contratto di appalto
Aspetti comuni
Come il contratto d' appalto, anche il contratto d'opera deriva dalla stessa matrice negoziale della
locatio operis e pertanto ha in comune con il contratto d’appalto l'oggetto, (compimento di un'opera,
di un servizio, un obbligo di risultato), il pagamento di un corrispettivo, l'autonomia e la gestione a
proprio rischio dell’impresa.
Pertanto la comunanza tra le due tipologie contrattuali, sta nel fatto che in entrambe le ipotesi il
commissionario assume un obbligo nei confronti del committente sia per quanto riguarda il risultato
(obbligazione di risultato), sia per quanto riguarda le modalità del suo raggiungimento (assenza di
vincolo di subordinazione e organizzazione in proprio).
Differenze
La differenza tra i due negozi è dovuta dall’organizzazione.
L' appalto è, infatti, qualificato da un'organizzazione d'impresa (lavoro altrui, strumenti materiali);
invece, il contratto d'opera è caratterizzato dall'attività lavorativa prevalentemente e personalmente
compiuta dal soggetto obbligato (ovvero dal suo nucleo familiare), secondo il modulo organizzativo
della piccola impresa desumibile dall’art. 2083 C.C..
L'opera dell'assuntore, anche se coadiuvato da strumenti e collaboratori, è, quindi, preminente.
In concreto la differenza tra appalto e contratto d'opera riflette le differenti caratteristiche strutturali
e dimensionali dell'impresa.
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In giurisprudenza, la distinzione si basa in sostanza sulle dimensioni dell’impresa dell’obbligato: se
si tratta di impresa con vasta organizzazione di mezzi (‘’in primis’’ le società commerciali) si ha
appalto; se l’obbligato (artigiano, professionista) non dispone di una vera e propria organizzazione
imprenditoriale, si applica la disciplina del contratto d’opera.
Per quanto la differenza fondamentale tra contratto d'appalto e contratto d'opera vada individuata
nella qualità di imprenditore commerciale del contraente, cui siano stati convenzionalmente
commessi l'esecuzione dell'opera o lo svolgimento di un servizio, la circostanza che questi si sia
avvalso di collaboratori, non si sa se occasionali o fissi, non può, di per sè, dimostrare, nel
medesimo, l'esistenza di quella qualità che, comportando una complessa organizzazione di fattori
produttivi, lo contrassegna della titolarità di un'organizzazione produttiva, incompatibile con la
locatio operis.
Il contratto d’opera e le forniture di beni con posa in opera
L'inversione contabile è stata estesa alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti d'opera di cui
all'articolo 2222 del Codice civile.
Sono però escluse dal Reverse charge le forniture di beni con posa in opera quando quest’ultima
assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene. Sulla base di quest’ultimo aspetto il
rapporto può essere inquadrato come “prestazione di servizi con implicito trasferimento di beni”
oppure “cessione di beni con servizio accessorio di posa in opera”, dunque ricondurre o meno
l’operazione al meccanismo dell’inversione contabile.
La difficoltà è massima quando non viene ben specificato l’oggetto nel contratto relativo.
Per distinguere le cessioni con posa in opera (vendite) dai contratti d'appalto o d'opera (prestazioni
di servizi) non si deve verificare la prevalenza del dare sul fare, ma si deve tenere in considerazione
la volontà delle parti.
Con risoluzione n.172/E/2007 l’Agenzia delle Entrate ha infatti sottolineato che “ai fini della
qualificazione del rapporto giuridico come contratto d’appalto, prestazione d’opera o fornitura con
posa in opera è necessario attribuire rilevanza non già al nomen iuris attribuito dalle parti al
contratto, bensì agli effetti da questo prodotti in base alla comune intenzione delle stesse, senza
limitarsi al dato letterale delle parole quando in contrasto con il comportamento complessivo
posteriore alla conclusione del contratto, conformemente a quanto disposto dall’art. 1362 del codice
civile”.
Più precisamente, se queste pattuiscono un contratto di risultato si avrà un contratto d'appalto o
d'opera.
È fuori da ogni dubbio, infatti, che chiunque intenda commissionare, ad esempio, la realizzazione di
un pavimento, non vuole una semplice posa in opera del materiale, ma pretende che il pavimento sia
37
eseguito a regola d'arte secondo un progetto preventivamente concordato e, inoltre, in caso di
possibili difetti per una maldestra realizzazione o per difformità e vizi dell'opera, vuole avere un
referente cui contestare i lavori.
In quest'ottica, anche se non viene esplicitamente evidenziato tra le parti, esse pongono in essere un
contratto d'appalto ovvero, nel caso intervenisse un artigiano, un contratto d'opera che costituisce
l'appalto realizzato dal piccolo imprenditore.
Del resto, nella realizzazione di un pavimento ci sono tutti gli elementi tipici di questi contratti
previsti dal Codice civile rispettivamente agli articoli 1655 e 2222, che rientrano nella categoria dei
cosiddetti contratti di risultato.
Solo per richiamarne alcuni: sull'appaltatore incombe il rischio che l'attività svolta non sia capace di
produrre il risultato atteso dal committente a termini del contratto, nel qual caso non otterrà il
corrispettivo pattuito (articolo 1668 del Codice civile); a opera ultimata, questa è sottoposta a
collaudo cui fa seguito l'accettazione che libera l'appaltatore per i vizi conosciuti dall'appaltante, ma
che vincola l'appaltatore alla garanzia decennale per le difformità dell'opera dal progetto e per i vizi
di esecuzione della stessa (articolo 1669 del Codice civile).
Avendo presente queste distinzioni, è dunque possibile che dei contratti superficialmente
considerati come delle forniture debbano, nella realtà, essere riclassificati come contratti d'appalto o
d'opera. Si pensi, solo per fare alcune esemplificazioni, alla realizzazione dei tetti, agli impianti
tecnologici come quello sanitario, elettrico, di riscaldamento di sicurezza e ancora, alla
realizzazione delle strutture portanti di ferro e cemento, dei muri, delle scale eccetera.
In merito ai criteri distintivi tra il contratto d’opera e il contratto di cessione di beni con posa in
opera, dobbiamo evidenziare che la Corte di Giustizia Ue, con la sentenza resa nella causa C115/05, depositata il 29 marzo 2007, ha dettato delle regole decisive anche per gli operatori italiani.
Secondo la Corte un'operazione riguardante la fornitura e la posa in opera di un bene deve essere
considerata come una cessione di beni e non come una prestazione di servizi se:
1) il bene, dopo la posa, sarà trasferito al cliente che potrà disporne come proprietario;
2) il prezzo del bene rappresenta una parte preponderante del costo totale dell'intera operazione;
3) i servizi del fornitore si limitano alla posa in opera di un bene, senza alterarne la natura e senza
adattarlo alle esigenze specifiche del cliente.
Da tale orientamento deriva che, laddove sia predominante il costo della manodopera, la fornitura
non sia da considerare una cessione di beni, bensì una prestazione di servizi.
La sentenza, come già anticipato, appare di notevole importanza per la corretta applicazione
dell’inversione contabile in relazione alle prestazioni rese da subappaltatori nel settore dell’edilizia.
38
Un ulteriore parametro in funzione del quale cercare di distinguere le “prestazioni di servizi con
implicito trasferimento di beni” dalle “cessioni di beni con servizio accessorio di posa in opera” è
rinvenibile da quanto statuito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 3517 del 28/10/58. Questa
ultima ha sottolineato che l’oggetto del contratto di appalto è il risultato di un “facere” che può
concretarsi sia nel compimento di un’opera che di un servizio che l’appaltatore assume verso il
committente, dietro corrispettivo, mentre oggetto del contratto di vendita può consistere sia in un
“dare” che in una obbligazione di “dare” e di “fare”.
Con risoluzione n.148/E del 28 giugno 2007, l`Amministrazione ha però chiarito che il ``Reverse
charge`` non si applica :
- al rapporto tra l’impresa fornitrice dei beni e le imprese di costruzioni appaltatrici, in quanto
trattasi di contratto di fornitura di beni con posa in opera accessoria e non di subappalto;
- al rapporto tra l’impresa fornitrice dei beni e le imprese alle quali affida la posa in opera, dato che
il contratto a monte, tra l’impresa appaltatrice e l’impresa che effettua la fornitura, non si configura
come contratto di subappalto, ma di fornitura.
Da ricordare infine che la R.M. 5 luglio 1976 n. 360009 statuisce che sono da considerarsi contratti
di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la fornitura, ed eventualmente anche la posa in
opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento d’aria, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti,
ecc., qualora l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti
e materiali sopra menzionati.
Nel caso particolare che le clausole contrattuali obbligassero l’assuntore degli indicati lavori a
realizzare un “quid novi” rispetto alla normale serie produttiva, deve ritenersi prevalente
l’obbligazione di “facere”, in quanto si configurano gli elementi peculiari del contratto di appalto e,
precisamente, l’”intuitus personae” e l’assunzione del rischio economico da parte dell’appaltatore.
39
CAPITOLO 3
IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: I REQUISITI E LE
CASISTICHE PARTICOLARI RISOLTE
3.1 – REQUISITO OGGETTIVO: INTERVENTI NEL CAMPO EDILE
La lett. a) del co. 6 dell' art. 17 del DPR 633/72 stabilisce che le disposizioni recate dal precedente
co. 5, in materia di Reverse charge, si applicano anche alle prestazioni di servizi, compresa la
manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che
svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili, ovvero nei confronti dell'appaltatore
principale o di un altro subappaltatore.
Presupposti del reverse charge
Affinché si applichi il meccanismo del Reverse charge, ai sensi della lett. a) del co. 6 dell' art. 17
del DPR 633/72, è necessario che sussistano contemporaneamente i seguenti presupposti:
· quello "oggettivo", in quanto l'operazione deve avere natura "edilizia";
· quello "contrattuale", in quanto la prestazione deve essere resa al committente in forza di un
rapporto giuridico riconducibile allo schema negoziale dell'appalto;
· quello del "ribaltamento di posizione contrattuale", in quanto la prestazione deve essere resa ad un
committente che, a sua volta, si è impegnato, nei confronti di un terzo, all'esecuzione della
medesima prestazione sulla base di un rapporto giuridico riconducibile allo schema negoziale
dell'appalto.
L'implicito pre-requisito per l'applicazione del meccanismo del Reverse charge è rappresentato dal
fatto che:
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· sul piano oggettivo, le operazioni devono qualificarsi, ai fini IVA, come prestazioni di servizi e
non come cessioni di beni;
· sul piano soggettivo, il prestatore deve essere un soggetto passivo IVA.
Operazioni escluse dal reverse charge
Tale implicito pre-requisito comporta, a priori, l'esclusione dal Reverse charge delle operazioni
consistenti in cessioni di beni con prestazione accessoria di posa in opera; tali operazioni, infatti,
costituiscono, ai fini IVA, cessioni di beni e non prestazioni di servizi (circ. Agenzia delle Entrate
29.12.2006 n. 37, par. 3).
In presenza di obblighi sia di "dare" sia di "fare", non è sempre immediato distinguere:
· le operazioni qualificabili ai fini IVA come cessioni di beni (obbligo di dare), con prestazioni di
servizi (obbligo di fare) richieste in via meramente accessoria al perfezionamento dell'obbligazione
principale. Si tratta di operazioni escluse a priori dal Reverse charge;
· le operazioni qualificabili ai fini IVA come prestazioni di servizi (obbligo di fare), ancorché
implicanti la cessione dei beni (obbligo di dare) necessari ai fini dell'esecuzione delle opere. Si
tratta di operazioni potenzialmente soggette al Reverse charge.
3.1.1 - NATURA "EDILIZIA" DELL'OPERAZIONE
Il primo dei tre presupposti che devono sussistere ai fini dell'applicazione del meccanismo del
Reverse charge , di cui alla lett. a) del co. 6 dell' art. 17 del DPR 633/72 , è rappresentato dal fatto
che la prestazione che viene resa deve essere riconducibile al "settore edile", ossia deve essere una
prestazione avente carattere edilizio.
Per poter valutare se ad una determinata prestazione può essere riconosciuta "natura edilizia", è
necessario individuare:
· in primo luogo, il criterio in base al quale definire la nozione di settore edile;
· in subordine, il parametro (o i parametri) in base al quale verificare se la specifica prestazione può
essere inclusa nell'ambito del settore edile.
Codice Atecofin Sezione F: definizione di "settore edile"
Riguardo alla nozione di "settore edile", l'Agenzia delle Entrate ha proposto l'adozione di un
parametro rigidamente ancorato alla tabella ATECOFIN 2004.
In particolare, la circ. 37/E/2006 (par. 2) ha chiarito che il "settore edile" coincide con le attività
indicate nella sezione F ("Costruzioni") della tabella ATECOFIN 2004.
Pertanto, sono interessati dal regime del Reverse charge i nuovi lavori, le riparazioni, i rinnovi e i
restauri, le aggiunte e le alterazioni, la costruzione di edifici e strutture prefabbricate in cantiere,
nonché le costruzioni temporanee ( ris. Agenzia Entrate 16.6.2008 n. 245 ).
41
Si tratta delle attività contrassegnate con il codice che ha come prime due cifre "45" (sostituite dai
codici "41" "42" e "43" nella codifica ATECOFIN 2007), ossia:
· lavori generali di costruzione;
· lavori speciali di costruzione per edifici e opere di ingegneria civile;
· lavori di installazione in esso dei servizi;
· lavori di completamento di un fabbricato.
Sono inoltre inclusi nella sezione F del codice ATECOFIN 2004 i nuovi lavori, le riparazioni, i
rinnovi e restauri, le aggiunte e le alterazioni, la costruzione di edifici e strutture prefabbricate in
cantiere e le costruzioni temporanee.
Con effetto dal 01/01/2008, la tabella ATECOFIN 2004 è stata sostituita dalla tabella ATECO
2007.
Attività effettivamente svolta anche qualora non rientrante nel codice atecofin
Il cambio di codice non rileva ai fini di una diversa qualificazione dell’attività svolta
dall’appaltatore.
Per la determinazione del regime IVA applicabile occorre, infatti, fare riferimento alle informazioni
acquisite dalle parti al momento della stipula del contratto di subappalto.
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 24.4.2008 n. 173 chiarisce che anche se in corso di
esecuzione del contratto di subappalto, la società appaltatrice ha acquisito un nuovo codice attività
non è di per se decisivo ai fini dell'applicazione del Reverse charge essendo comunque necessario
fare riferimento alla attività da questa effettivamente svolta.
Se tale attività è riconducibile alla definizione di settore edile le prestazioni rese nei suoi confronti
dalla società sub-appaltante devono essere fatturate con il sistema del Reverse charge .
Esame delle attività rientranti nel settore Edile:
Lavori generali di costruzione
I lavori generali di costruzione riguardano la costruzione di alloggi, edifici adibiti ad uffici, negozi,
edifici pubblici, edifici agricoli, ecc., nonché la costruzione di opere del genio civile come
autostrade, strade, ponti, gallerie, strade ferrate, campi di aviazione, porti e altre opere idrauliche, la
costruzione di sistemi di irrigazione e di fognatura, impianti industriali, condotte e linee elettriche,
impianti sportivi, ecc.
L’attività di costruzione di prefabbricati in calcestruzzo, con fabbricazione e montaggio nel cantiere
edile, rientra nel codice attività "45.21.1" (ora "41.20.00"), appartenente alla sezione F della tabella
ATECOFIN 2004 e quindi è soggetta a Reverse charge (ris. Agenzia delle Entrate 4.3.2008 n. 76).
Lavori speciali di costruzione
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I lavori speciali di costruzione comprendono la costruzioni di parti di edifici e i lavori di ingegneria
civile o le attività di preparazione a tale scopo.
Si tratta solitamente di attività specializzate in un aspetto comune a diversi tipi di strutture, che
richiedono competenze o attrezzature specializzate.
Ne fanno parte attività quali la palificazione, i lavori di fondazione, la perforazione di pozzi
d'acqua, la realizzazione di armature, i betonaggi, la posa in opera di mattoni e pietre, il montaggio
di ponteggi, la copertura di tetti, ecc.
Tra queste attività è compresa la costruzione di strutture in acciaio, a condizione che le varie parti
non siano prodotte dalla stessa unità che le pone in opera.
Il meccanismo del Reverse charge si applica anche alle prestazioni "collaterali" (es. prestazioni di
carico, scarico, montaggio, ecc.) svolte da imprese terze, operanti nel settore edile, nei confronti del
subappaltatore.
Lavori di installazione dei servizi in un fabbricato
Le attività di installazione comprendono tutti i lavori accessori necessari al funzionamento della
costruzione.
Tali attività vengono generalmente realizzate in cantiere, anche se alcune parti del lavoro possono
essere eseguite in officina.
Ne fanno parte l'installazione di impianti idraulico-sanitari, di riscaldamento e condizionamento
dell'aria, di antenne, di sistemi di allarme, di altri apparati elettrici, di sistemi antincendio, di
ascensori e scale mobili, ecc.
Sono compresi i lavori di isolamento (idraulico, termico, sonoro), i lavori di lattoneria,
l'installazione di impianti di refrigerazione commerciale, di sistemi di illuminazione e segnaletica
per strade, ferrovie, aeroporti e porti, ecc.
Sono incluse anche le opere di riparazione degli impianti citati.
Per quanto concerne l'attività di "montaggio e smontaggio di ponteggi e piattaforme di lavoro,
incluso il loro noleggio" (codice ATECOFIN 2004 "45.25.0", ora codice ATECO 2007 "43.99.09"),
la ris. Agenzia delle Entrate 3.8.2007 n. 205 ha chiarito che il Reverse charge non si applica se il
prestatore è chiamato ad eseguire il servizio in qualità di "mero esecutore" materiale delle direttive
del committente; in questo caso, fa infatti difetto uno degli elementi tipici del contratto d'appalto,
cioè l'autonomia organizzativa.
Allo stesso modo, il Reverse charge non si applica al noleggio, con relativa installazione, di
ponteggi, in quanto la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto al noleggio delle
impalcature (ris. Agenzia delle Entrate 26.7.2007 n. 187).
43
La società che realizza in subappalto una rete di pannelli "a messaggio variabile" da sistemare in
corrispondenza dei caselli autostradali è tenuta ad applicare l'IVA con il meccanismo del Reverse
charge in quanto l'attività svolta rientra nel codice 43.21 ( ris. Agenzia delle Entrate 28.3.2008 n.
113 ).
Lavori di completamento degli edifici
I lavori di completamento comprendono le attività che contribuiscono al completamento o finitura
di una costruzione, quali posa in opera di vetri, intonacatura, tinteggiatura e imbiancatura,
piastrellatura di muri e pavimenti, installazione di altri rivestimenti come parquet, moquette, carta
da parati, ecc., levigatura di pavimenti, lavori di carpenteria per finitura, opere di acustica, pulitura
dell'esterno, ecc. Sono incluse anche le opere di riparazione dei lavori citati.
Ricadono nel Reverse charge i contratti cui viene affidata la realizzazione di facciate ventilate in
gres porcellanato ad un impresa ceramica, la costruzione di barriere stradali metalliche di protezione
o di strutture metalliche di edifici o di coperture in legno lamellare alle imprese produttrici di tali
elementi, in quanto si tratta di contratti riconducibili al subappalto in ambito edilizio (nota Agenzia
delle Entrate 8.4.2008 n. 954-49553).
Noleggio di macchine con manovratore
La sezione F della ATECO comprende anche le prestazioni che consistono nel " noleggio di gru ed
altre attrezzature con operatore per la costruzione o la demolizione " (codice 43.99.02).
Le prestazioni in questione, ancorché incluse nella predetta sezione F, non possono comunque
rilevare ai fini dell'applicazione del meccanismo del Reverse charge , di cui alla lett. a) del co. 6
dell' art. 17 del DPR 633/72 , in quanto rese sulla base di un accordo negoziale (noleggio) diverso
rispetto alle tipologie contrattuali rilevanti ai fini della disciplina in esame (appalto o contratto
d'opera).
L'inversione contabile si applica, invece, laddove l'accordo negoziale non si estrinsechi nel mero
noleggio dei macchinari con manovratore, bensì assuma i connotati dell'obbligazione di risultato.
E' il caso in cui l'impresa assuma come obbligazione l'esecuzione dell'attività demolitoria o
edificatrice da realizzarsi anche per il tramite del macchinario messo a disposizione.
Operazioni di manutenzioni e riparazioni
Rientrano nel comparto delle costruzioni anche le prestazioni relative alle riparazioni e
manutenzioni.
Qualora una determinata attività di manutenzione risulti inquadrabile nella sezione F, essa può
determinare l’applicazione del Reverse charge anche ove riferita ad un contesto diverso da quello
della costruzione di un edificio.
44
Ad esempio, con le ris. Agenzia delle Entrate del 05/07/2007 n. 154 e del 11/07/2007 n. 164 , è
stato chiarito che anche l'attività di mera manutenzione di, rispettivamente, impianti idraulici e
impianti di allarme già esistenti, poiché rientra nella più generica categoria delle "riparazioni", può
essere inquadrata tra le attività rese nel comparto edile.
Analogamente, la DRE della Lombarda, con nota 27.7.2007, ha precisato che la realizzazione ed
installazione di ascensori, così come la successiva manutenzione, se effettuata in esecuzione di un
contratto di subappalto, rientra nel regime del Reverse charge .
Viceversa, la ris. Agenzia Entrate del 16/06/2008 n. 245 ha precisato che, se i servizi di
manutenzione sono realizzati su beni diversi dagli immobili, quali imbarcazioni o piattaforme
galleggianti, l'IVA deve essere applicata nei modi ordinari.
Analogamente, viene precisato che i subappalti relativi alla manutenzione di estintori, manichette e
maschere relative ad un impianto antincendio sono "assoggettati al regime del Reverse charge solo
nell'ipotesi in cui i materiali mobili oggetto di manutenzione facciano parte di un impianto
complesso installato su un immobile e la manutenzione in discorso si inserisca nel quadro della
manutenzione dell'intero impianto."
Di conseguenza, ove tali prestazioni siano rese in forza di un contratto di subappalto (ossia non già
a favore del committente finale, bensì di altra impresa appaltatrice o subappaltatrice del servizio di
manutenzione), il meccanismo del Reverse charge potrà trovare applicazione relativamente ad esse,
ancorché il contesto della loro effettuazione prescinda da quello di costruzione o ristrutturazione
dell’edificio, inquadrandosi in quello della mera manutenzione degli impianti esistenti.
3.1.2 - ATTIVITÀ EDILE SVOLTA IN VIA OCCASIONALE O UTILIZZO DEL CODICE
ATECOFIN ERRATO
Le circ. Agenzia delle Entrate del 29/12/2006 n. 37 e del 16/02/2007 n. 11 hanno chiarito che, dal
punto di vista soggettivo, perché possa trovare applicazione il meccanismo del Reverse charge di
cui alla lett. a) del co. 6 dell' art. 17 del DPR 633/72, è necessario che sia il prestatore
(subappaltatore) che il committente (appaltatore o subappaltatore) siano soggetti che svolgono
un'attività imprenditoriale riconducibile al "settore edile".
Al riguardo la circ. 11/E/2007 (par. 5.2) ha precisato che "non assume rilevanza la qualità del
soggetto che si pone quale committente principale, né il settore economico in cui lo stesso opera".
Tale circostanza non implica la necessità che prestatore e committente siano identificati con un
codice attività compreso tra quelli della sezione F.
Laddove infatti un'impresa eserciti un'attività riconducibile al "settore edile", ma essa non
rappresenti per tale soggetto l'attività esclusiva o comunque prevalente, bensì un'attività esercitata in
45
via secondaria rispetto ad altra attività principale "non edilizia", l'impresa in questione si trova ad
essere identificata con un codice attività diverso da quelli della sezione F (in quanto identificata con
il codice attività corrispondente alla propria attività prevalente), senza per questo non poter essere
considerata un'impresa che svolge (anche) attività nel settore edilizio (ancorché in via secondaria
rispetto all'attività prevalente).
Si pensi, ad esempio, al caso di un’impresa che svolge, in via principale, attività di produzione di
infissi (codice ATECO 16.23.30) e, in via secondaria, l’attività di mera installazione di infissi
prodotti o commercializzati da altri soggetti (codice ATECO 43.32.02).
Sul punto, la circ. Assonime 30.7.2007 n. 45 (par. 2.2):
· concorda sul fatto che, ai fini dell'applicazione del meccanismo del Reverse charge , non è
"decisiva" la circostanza che anche il soggetto appaltatore (o a sua volta subappaltatore) abbia un
codice attività compreso tra quelli di cui alla sezione F del codice ATECO, ben potendo accadere
che una prestazione edile venga subappaltata da una impresa che, pur svolgendo in via prevalente
attività non edilizia (e quindi titolare di codice ATECO non riconducibile alla sezione F), eserciti in
via secondaria anche un'attività classificabile nella predetta sezione F;
· osserva tuttavia che il meccanismo del Reverse charge non dovrebbe potersi estendere anche a
quelle prestazioni che, pur rientrando oggettivamente tra quelle "edili", sono commissionate da
un'impresa che non svolge un'attività riconducibile al settore edile nemmeno in via secondaria,
bensì in via meramente occasionale.
La richiamata circ. Assonime 45/2007 (par. 2.2) fa l'esempio di un'impresa specializzata nella
gestione e conduzione di mense aziendali che si rende appaltatrice, con un unico contratto, oltre che
della gestione della mensa dell'impresa committente, anche della ristrutturazione a mensa di un
magazzino di quest'ultima.
Poiché in tale caso l’obbligo di realizzare i locali da adibire a mensa aziendale è del tutto
occasionale rispetto all’attività propria dell’impresa (senza dunque costituirne attività di carattere
non prevalente, ma pur sempre svolta con carattere di abitualità), Assonime afferma che "sembra
corretto ritenere che il subappalto in questione non debba rientrare nell’ambito applicativo della
norma in oggetto dato che l’impresa di ristorazione ha assunto solo occasionalmente la qualità di
appaltatrice di un’opera edile, non svolgendo però concretamente alcuna attività tipica di tale
settore, non avendo né l’organizzazione, né la struttura necessarie per lo svolgimento di un’attività
rientrante fra quelle di cui alla suddetta sezione F.
46
3.2 – REQUISITO SOGGETTIVO: I CONTRAENTI COINVOLTI
Il presupposto soggettivo del Reverse charge nel settore edile è disciplinato dalla lettera a), comma
6, dell’articolo 17 D.P.R. 633/72, in base al quale le disposizioni del comma cinque si applicano
anche “alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da
soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o
ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro
subappaltatore.”.
Dalla lettura della norma si evince che il negozio giuridico, sia sotto forma di appalto che di
contratto d’opera, debba sottostare ad un contratto avente analoga natura giuridica ed avere per
oggetto l’esecuzione delle medesime prestazioni o comunque un oggetto più ampio di opere edili
nel cui ambito si collocano quelle subappaltate al prestatore dal committente, il quale reimpiega la
propria posizione contrattuale di prestatore nell’accordo negoziale a monte.
È evidente quindi che la disciplina del Reverse charge trova applicazione solo nei rapporti tra
subappaltatore e appaltatore principale ovvero tra sub-subappaltatore e subappaltatore: il rapporto
giuridico tra i due soggetti deve avere natura di sub-contratto.
In passato vi era stata incertezza se la disciplina del Reverse charge dovesse essere applicata anche
nei rapporti di appalto tra appaltatore e committente dell’opera, qualora quest’ultimo fosse a sua
volta un’impresa che svolge attività di costruzione o ristrutturazione di immobili.
L’Agenzia delle Entrata, con la circolare n. 37/E/2006, ha chiarito definitivamente: “il regime
dell’inversione contabile non si applica alle prestazioni rese direttamente, in forza di contratti
d’appalto, nei confronti di imprese di costruzione o di ristrutturazione”.
3.2.1 – LA PRESENZA DI ALMENO TRE SOGGETTI
Una volta delineato il presupposto oggettivo, l’articolo la lettera a), comma 6, dell’articolo 17
D.P.R. 633/72, specifica inoltre che il meccanismo dell’inversione contabile si applica “alle
prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti
subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione
di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”.
In altre parole vengono ad essere coinvolti i rapporti tra:
-
subappaltatore e appaltatore;
-
subappaltatore ed eventuali ulteriori subappaltatori.
Se ne desume che, affinché possa scattare il Reverse charge, la fattispecie dovrà essere
caratterizzata da almeno tre soggetti:
-
un committente principale, che affida i lavori mediante contratto di appalto;
47
-
l’appaltatore, che a sua volta coordina ed organizza i lavori, demandandone l’esecuzione ad
altri in virtù di contratti di subappalto;
-
il, o i, vari subappaltatori.
A questi ultimi possono poi aggiungersi, in via discendente, ulteriori subappaltatori.
L’ulteriore requisito che viene imposto dalla norma è che entrambi i soggetti coinvolti (e dunque
appaltatore e subappaltatore o anche subappaltatore ed ulteriore subappaltatore) operino nel settore
edile, e più precisamente, come precisato nel paragrafo precedente, svolgano una o più delle attività
che rientrano nella sezione F del codice Atecofin.
Le innumerevoli casistiche che si presentano nello scenario quotidiano hanno però reso necessari
alcuni interventi successivi da parte dell’Agenzia delle Entrate, volti a chiarire alcuni aspetti di tale
disposizione.
Nello specifico, le precisazioni più significative hanno avuto ad oggetto:
-
la figura del committente;
-
l’ipotesi di coinvolgimento di soggetti esteri;
-
la figura del general contractor, o contraente generale;
-
le imprese consortili;
-
le associazioni temporanee di impresa.
Segue una breve trattazione di ciascuna delle fattispecie citate.
La figura del committente
La Circolare n. 11/E dell’Agenzia delle Entrate del 16 febbraio 2006 ha chiarito che, ai fini
dell’applicazione del disposto di cui alla lettera a) del comma 6 dell’articolo 17 del DPR 633/1972,
non rileva la qualità del soggetto che si pone quale committente principale, né il settore economico
in cui lo stesso opera, poiché la norma richiama espressamente la sola figura dell’appaltatore e del
subappaltatore.
Dunque se ne desume che il committente principale potrà essere anche un’impresa che opera in
campi del tutto estranei all’edilizia, un professionista o un privato.
3.2.2 – LA PRESENZA DI SOGGETTI ESTERI
Con l’estensione del regime dell’inversione contabile al settore dell’edilizia sono sorti alcuni quesiti
in merito alla disciplina da applicare nel caso uno o più degli operatori coinvolti siano soggetti
esteri.
L’Agenzia delle Entrate, con la sua Circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007 ha provvidenzialmente
fornito gli opportuni chiarimenti, disponendo quanto segue.
48
L’Agenzia, per prima cosa precisa che, nel caso in cui l'appaltatore ed il subappaltatore siano
entrambi soggetti esteri, non stabiliti in Italia, soltanto l'appaltatore, in quanto debitore d'imposta in
virtù dell'applicazione del regime di Reverse charge, è tenuto ad identificarsi direttamente in Italia,
ovvero, in alternativa, a nominare un rappresentante fiscale, ai sensi dell'art. 17, secondo comma,
del D.P.R. n. 633 del 1972. Ciò consente di semplificare degli adempimenti in capo ai soggetti
passivi evitando al contempo la duplicazione di obblighi senza effettivi vantaggi per il fisco.
In secondo luogo l’Agenzia precisa che il subappaltatore, ove sia un soggetto comunitario senza
stabile organizzazione in Italia, che abbia effettuato esclusivamente prestazioni di servizi
nell'ambito del settore edile (assoggettate al regime di Reverse-charge) nei confronti di un
appaltatore (o altro subappaltatore) stabilito in Italia, potrà chiedere il rimborso ai sensi della VIII
direttiva comunitaria, recepita nell'art. 38-ter del D.P.R. n. 633 del 1972.
Ciò in quanto, sebbene le prestazioni di servizi di costruzione non rientrino tra le operazioni
espressamente indicate dall'art. 38-ter, la cui effettuazione nello Stato non preclude la possibilità di
ottenere il rimborso, e' necessario collegare la normativa nazionale con il disposto della direttiva
comunitaria n. 2006/112/CEE. In particolare, secondo il combinato disposto degli articoli 171 e 199
della suddetta direttiva, deve ammettersi il rimborso dell'IVA a favore dei soggetti passivi che
abbiano posto in essere, nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi gravati da
imposta, unicamente operazioni attive rispetto alle quali il destinatario di tali operazioni sia stato
designato come debitore dell'imposta in virtù del meccanismo di Reverse charge.
3.2.3 – GENERAL CONTRACTOR (O CONTRAENTE GENERALE)
Questione ampiamente dibattuta ha riguardato la figura del general contractor e più precisamente se
il rapporto tra committente principale e general contractor fosse da qualificare o meno alla stregua
di un contratto di appalto.
L’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), con la circolare n. 280/2007 sostiene che non
si tratti di contratto di appalto e che pertanto non si ravvisano i requisiti che fanno scattare il
meccanismo del Reverse charge.
L’Agenzia delle Entrate, da parte sua, è intervenuta sulla materia con la Risoluzione n. 155/E del 5
luglio 2007, sostenendo la tesi opposta dell’applicabilità dell’inversione contabile nell’ambito dei
rapporti tra general contractor e singole imprese affidatarie dei lavori.
Nella risposta all’interpello, l’Agenzia delle Entrate, a sostegno della propria posizione per prima
cosa richiama la figura del contraente generale, così come definita e codificata una volta per tutte
con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al Decreto
Legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, secondo la quale, con il contratto di affidamento a contraente
49
generale per la realizzazione di infrastrutture ed opere, “il soggetto aggiudicatore affida ad un
soggetto dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere, nonché di
adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria, la realizzazione con qualsiasi
mezzo dell’opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto
definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato
in tutto o in parte dopo l’ultimazione dei lavori”.
Dal comma 7 dell’articolo 3 del Codice citato si desume inoltre che il contratto di affidamento a
contraente generale è da ricondurre alla figura dell’appalto pubblico.
Con il contratto di affidamento il general contractor può poi eseguire i lavori direttamente oppure
mediante affidamento a soggetti terzi.
In quest’ultimo caso, i relativi rapporti di lavoro debbono essere inquadrati nello schema del
contratto di subappalto, e pertanto, qualora siano presenti anche gli altri requisiti richiesti dalla
norma, sottostare al meccanismo dell’inversione contabile.
La questione è stata definitivamente risolta con la modifica del comma sesto, lettera a) dell’articolo
17 DPR 633/72.
La Legge 244 del 24 dicembre 2007 ha infatti introdotto il seguente capoverso: “La disposizione
non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga
affidata dal committente la totalità dei lavori”.
3.2.4 – CONSORZIO TRA IMPRESE
Con la circolare 37/E del 29 Dicembre 2006, l’Agenzia delle Entrate aveva espressamente escluso
dall’applicazione del meccanismo del Reverse Charge le società appartenenti ad un Consorzio, i cui
rapporti non potevano essere ricondotti alla figura del subappalto.
Successivamente la stessa Amministrazione, viste le difficoltà operative segnalate dalle principali
associazioni del settore edile, ritorna su tali posizioni con la circolare 19/E del 4 aprile 2007, nella
quale ribalta la precedente affermazione.
In quest’ultima si sostiene infatti che, qualora il Consorzio agisca sulla base di un contratto di
subappalto e si verifichino tutte le condizioni per l’applicazione del Reverse Charge, questo si
applica anche ai rapporti interni tra le società consorziate.
La circolare conclude affermando infine che, le prestazioni rese dalle consorziate senza
l’applicazione dell’inversione contabile, seguendo cioè le indicazioni della precedente circolare,
non sono sanzionabili per il principio del legittimo affidamento (legge n° 212/2000) e che le
suddette operazioni debbano essere considerate regolarmente fatturate.
50
3.2.5 – ASSOCIAZIONI TEMPORANEE TRA IMPRESE (A.T.I.)
Le Associazioni Temporanee di Imprese (A.T.I.) devono ritenersi soggetti trasparenti ai fini IVA e
di conseguenza, le varie imprese che ne fanno parte, fattureranno direttamente all’appaltatore
principale o al subappaltare, dal quale l’Associazione Temporanea ha acquisito i lavori.
Ne consegue che, qualora chiaramente vi siano i presupposti, le varie imprese applicheranno il
meccanismo del Reverse charge, come qualsiasi altra ditta o società, a nulla rilevando il fatto di
appartenere ad una A.T.I.
La questione è stata chiarita con la Risoluzione Ministeriale n.172/E del 13 luglio 2007.
3.3 – CASISTICHE PARTICOLARI RISOLTE – ASPETTI GENERALI
Contratto d’opera o di subappalto?
Come ben sappiamo, al fine di individuare se sia necessario applicare il meccanismo del Reverse
charge, è fondamentale riscontrare la sussistenza di tre requisiti:
−
la catena, intesa come un rapporto tra più soggetti, committente principale, appaltatore e
subappaltatore (ed, eventualmente, altri subappaltatori). Da questo punto di vista, il Reverse
charge viene applicato solo alle prestazioni rese dal subappaltatore nei confronti dell'appaltatore
(o, eventualmente, dal subappaltatore nei confronti del subappaltatore principale).
−
il contratto d'appalto (o di prestazione d'opera): affinchè trovi applicazione il meccanismo del
Reverse charge, è necessario che sia il rapporto tra committente ed appaltatore, sia tra
appaltatore e subappaltore sia inquadrabile nel contratto d'appalto (o di prestazione d'opera).
−
il lavoro edile: ulteriore condizione per l'applicazione del
Reverse charge è che sia la
prestazione resa dall'appaltatore nei confronti del committente, sia quella resa dal subappaltatore
nei confronti dell'appaltatore, rientrino nel campo dell'edilizia, ossia, come spiegato
dall'Agenzia delle Entrate, siano comprese tra le attività indicate nella sezione F della tabella
Atecofin 2004.
Criterio generale di distinzione: la volonta’ contrattuale
Chiarito come il Reverse charge vada applicato alle prestazioni rese dal subappaltatore nei confronti
dell'appaltatore o di altro subappaltatore, è importante verificare che effettivamente sia il rapporto
giuridico intercorrente tra il committente e l'appaltatore, sia quello tra appaltatore e subappaltatore,
siano qualificabili come appalti o prestazioni d'opera.
L'appalto è regolato dagli artt. 1655 e segg. del Codice Civile ed è quel contratto col quale una parte
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di
un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro; la prestazione d'opera presenta molti
51
aspetti in comune con il contratto d'appalto, in quanto il prestatore assume un'obbligazione di
risultato con il relativo rischio derivante dall'esecuzione della prestazione.
La principale differenza tra le due fattispecie consiste nel requisito dell'organizzazione, infatti
nell'appalto l'esecutore si avvale di una struttura organizzativa articolata, mentre nel contratto
d'opera prevale l'apporto lavorativo diretto del prestatore.
Orbene, tornando al punto, molte risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate (tra le quali la n. 246/E del
16/06/08, la n. 255/E del 20/06/08 e la n. 220/E del 10/08/07), riportano alla ribalta la questione più
complessa che ci si trova a dover affrontare nel Reverse charge nel settore edile, ovverosia la
necessità di distinguere le prestazioni di servizi eseguite in forza di un contratto di appalto o d'opera
dalle cessioni di beni con posa in opera.
In effetti, come già accennato, per l'applicazione del Reverse charge, si richiede che la prestazione
sia riconducibile nell'ambito di un contratto d'appalto o di prestazione d'opera, mentre sono esclusi
(con conseguente applicazione dell'IVA nei modi ordinari) i rapporti riconducibili alla cessione di
beni con posa in opera, in quanto il servizio della posa in opera assume funzioni accessorie rispetto
alla cessione del bene, che costituisce l'oggetto del contratto.
Più precisamente, i paletti per l'esclusione del Reverse charge se l'oggetto del contratto è una
cessione di beni con posa in opera e non una prestazione di servizi, sono posti dalla Corte di
Giustizia UE, che su questo punto ha dettato (sentenza 29 marzo 2007, C-115/05) delle regole
decisive.
Secondo la Corte un'operazione riguardante la fornitura e la posa in opera di un bene deve essere
considerata come una cessione di beni e non come una prestazione di servizi se:
−
il prezzo del bene rappresenta una parte preponderante del costo totale dell'intera operazione
(cessione con posa in opera);
−
i servizi del fornitore si limitano alla posa in opera di un bene, senza alterarne la natura e senza
adattarlo alle esigenze specifiche del cliente.
Qualora siano poste in essere sia prestazioni di servizi che cessioni di beni, diventa indispensabile
far riferimento alla volontà contrattuale espressa dalle parti.
In linea di principio la distinzione tra contratto di compravendita e contratto d'appalto (o d'opera)
dipende dalla causa contrattuale, rintracciabile dal complesso delle pattuizioni negoziali e dalla
natura delle obbligazioni concluse dalle parti (da qui l'opportunità di concludere i contratti d'appalto
o d'opera per iscritto).
Quando il programma negoziale ha come scopo principale la cessione di un bene e l'esecuzione
dell'opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente senza modificarne
52
la natura, il contratto è qualificabile quale cessione con posa in opera (con applicazione dell'IVA nei
modi ordinari).
Al contrario, se la volontà contrattuale è quella di addivenire a un risultato diverso e nuovo rispetto
al complesso dei beni utilizzati per l'esecuzione dell'opera, allora la prestazione di servizi si deve
considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato, con conseguente applicazione
del meccanismo del Reverse charge (appalto o prestazione d'opera).
3.3.1 – CASO N. 1: NOLI A CALDO E A FREDDO
L'Agenzia delle Entrate si è espressa due volte in merito alla distinzione tra contratto di appalto e
contratto di nolo.
Un caso riguardava il noleggio con contestuale montaggio di ponteggi ed è stato risolto precisando
che, qualora il ponteggio venga montato dallo stesso soggetto che provvede al noleggio, la
prestazione di montaggio assume natura accessoria rispetto al noleggio e quindi non trova mai
applicazione il meccanismo del Reverse charge; nel caso di installazione di ponteggi per conto
terzi, invece, l'obbligazione di fare configura l'esistenza di un contratto d'appalto (R.M. 26 luglio
2007, n. 187).
Il secondo caso trattato riguarda la distinzione tra appalto e nolo a caldo; al riguardo, occorre
innanzitutto precisare che, in campo edile, esistono due tipologie di contratti di noleggio:
−
i contratti di noleggio senza aggiunta di manodopera e, quindi, senza operatore o senza
montaggio/smontaggio (cosiddetto “nolo a freddo”), che sono esclusi dall'ambito applicativo del
meccanismo dell'inversione contabile, poiché non rientrano tra le attività classificate nella
sezione F della tabella Atecofin 2004 e, inoltre, non concretizzano appalti;
−
i contratti di noleggio con operatore o compreso di montaggio e/o smontaggio (cosiddetto “nolo
a caldo”), che rientrano nella sezione F della sopra citata tabella, tra le quali noleggio di
ponteggi e piattaforme di lavoro, noleggio di macchine e attrezzature per lavori edili, con
operatore, tra le quali a sua volta noleggio di gru, macchine movimento terra, macchine per il
pompaggio del calcestruzzo, eccetera....
Per poter determinare il trattamento IVA applicabile ai contratti di “nolo a caldo” è necessario
esaminare attentamente le clausole contrattuali.
Se il prestatore è chiamato a eseguire il servizio in qualità di mero esecutore materiale delle
direttive del committente (situazione assimilabile a quella richiamata sopra del noleggio di
ponteggi), viene a mancare l'autonomia organizzativa, uno degli elementi tipici del contratto
d'appalto; in questo caso, quindi, non si deve applicare il meccanismo del Reverse charge.
53
Nel caso in cui, invece, l'oggetto del contratto sia la realizzazione di lavori di sbancamento,
sistemazione di terreni, demolizione di edifici e simili, ciò che rileva non è il mero noleggio (anche
a caldo) delle attrezzature, ma un contratto di appalto (o subappalto), caratterizzato, quindi, da
un'obbligazione di risultato, dall'assenza del vincolo di subordinazione e dall'organizzazione in
proprio con assunzione dei relativi rischi; in questo caso il regime IVA da applicare è quello
dell'inversione contabile (risoluzione 205/E del 3 agosto 2007).
3.3.2 – CASO N. 2: REALIZZAZIONE PARETI IN CARTONGESSO
Anche per quanto concerne la realizzazione di controsoffitti e pareti in cartongesso, al fine di
definire il regime IVA da applicare, diventa fondamentale stabilire la volontà contrattualmente
espressa tra le parti, rintracciabile dal complesso delle pattuizioni negoziali e dalla natura delle
obbligazioni dedotte dalle stesse.
Un esempio pratico potrà chiarire meglio la questione: con istanza di interpello all'Agenzia delle
Entrate una società, svolgente quale attività prevalente il commercio al dettaglio e all'ingrosso di
materiali plastici per edilizia e quale attività secondaria quella di rivestimento di pavimenti e di
muri (sezione F delle tabelle Atecofin 2004), riferisce di aver stipulato un contratto per la fornitura
e posa in opera di controsoffitti e pareti in cartongesso nei confronti di un'impresa affidataria dei
lavori per l'ampliamento e la ristrutturazione di locali facenti parte dell'”Ospedale Alfa”.
La stessa impresa, considerato che assume, nell'esecuzione del contratto principale, la veste di
soggetto subappaltatore, ritiene che la realizzazione delle sopra indicate opere non costituisca una
mera fornitura di materiale con relativa posa in opera, bensì la realizzazione di un manufatto nuovo
derivante dalla trasformazione del materiale impiegato e, di conseguenza, una vera e propria
prestazione di servizi.
In definitiva, rivolgendosi all'Agenzia delle Entrate, essa chiede che l'operazione rientri nell'ambito
di applicazione del sistema del Reverse charge e che la relativa fattura sia emessa senza addebito
dell'IVA.
Ebbene l'Agenzia delle Entrate, con la già citata risoluzione 220/E del 10/08/07, stabilisce che, nel
caso concreto sottoposto alla sua attenzione, le parti contraenti non hanno voluto (ecco il richiamo
alla volontà contrattuale) pattuire una cessione di materiali con relativa posa in opera, bensì hanno
inteso affidare all'istante un'opera consistente nell'esecuzione di controsoffitti e di pareti in
cartongesso, da eseguire ad arte, che costituiscono palesemente un risultato diverso rispetto al
complesso dei beni utilizzati.
Sulla scorta delle considerazioni sopra esposte, pertanto, si ritiene che l'esecuzione di controsoffitti
o di pareti in cartongesso configuri una prestazione di servizi che, se resa sulla base di un contratto
54
di subappalto, e al ricorrere delle altre condizioni previste dalla norma, dà luogo all'applicazione del
meccanismo dell'inversione contabile ai sensi dell'art. 17, comma 6, lett. a), del DPR n. 633 del
1972.
3.3.3 – CASO N. 3: REALIZZAZIONE E MANUTENZIONE IMPIANTI IDRAULICI
L’attività di realizzazione e manutenzione di impianti idraulici è pienamente riconducibile nei
codici della sezione F della classificazione delle attività economiche Atecofin e per le quali trova
applicazione il regime del Reverse charge, a nulla rilevando la circostanza che il soggetto
appaltatore abbia a sua volta ricevuto l’incarico da un privato e da una impresa edile.
Istallazione di impianti idraulico sanitari (45.33.0): applicabilità del Reverse charge
Questo è quanto specificato dall’Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 154/E del 5 luglio 2007,
chiarendo che anche l’attività di mera manutenzione di impianti idraulici esistenti può essere
inquadrata tra quelle rese nel comparto delle costruzioni.
L’interpello da cui è scaturito il documento di prassi era stato presentato da una ditta subappaltatrice
che, precisato di avere in comune con il soggetto appaltatore il tipo di attività (codice ATECOFIN
45.33.0 “Istallazione di impianti idraulico-sanitari”) chiedeva di conoscere se il regime
dell’inversione contabile fosse applicabile:
•
alla mera manutenzione di un impianto idraulico già esistente;
•
all’istallazione dell’impianto idraulico di un immobile in costruzione, per cui l’appaltatore
aveva ottenuto la commessa direttamente da un privato, proprietario dell’immobile
•
all’istallazione dell’impianto idraulico di un immobile in costruzione , per cui l’appaltatore
aveva ottenuto la commessa dall’impresa edile, proprietaria dell’immobile,
•
al rifacimento dell’impianto idraulico per conto di un appaltatore che aveva ottenuto la
commessa direttamente dal privato, proprietario dell’immobile. Il lavoro non fa, però parte
di un intervento più ampio di costruzione o ristrutturazione.
La soluzione interpretativa è arrivata al termine di una lineare ricostruzione della normativa in
materia, operata richiamando precedenti interventi della stessa Amministrazione.
È stato ricordato come destinatari della norma della Finanziaria 2007, che ha esteso la applicazione
del meccanismo del Reverse charge al settore dell’edilizia fossero i soggetti (appaltatore e
subappaltatore) operanti nel quadro di un’attività riconducibile alla sezione “costruzioni “ della
tabella Atecofin.
Richiamando la circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006, l’Agenzia delle Entrate ha , dunque, fugato
il principale dubbio del subappaltatore.
55
L’installazione di impianti idraulico-sanitari va considerata attività resa nell’ambito delle
costruzioni; del resto l’attività è espressamente compresa nella sezione F della tabella Atecofin. Ma
sono inerenti al comparto anche le prestazioni di riparazione e, quindi, l’attività di mera
manutenzione di impianti già esistenti.
Non trova , invece, applicazione il Reverse charge nel caso di fornitura di beni con installazione
effettuata dal fabbricante dell’impianto (ad esempio l’installazione di apparecchi di aria
condizionata effettuata direttamente dal produttore).
Rimane esclusa
dal meccanismo del Reverse charge anche
la manutenzione effettuata dal
fabbricante di attrezzature industriali (29.23.2), mentre rientra nell’inversione contabile quella
effettuata dall’idraulico (45.33.0).
3.3.4 – CASO N. 4: REALIZZAZIONE E MANUTENZIONE IMPIANTI ALLARME
L'attività di installazione di impianti di allarme eseguita in subappalto rientra tra le prestazioni cui si
applica il meccanismo dell'inversione contabile (Reverse charge), se entrambi i soggetti
(appaltatore e subappaltatore) svolgono una delle attività indicate nella sezione F della tabella di
classificazione delle attività economiche Atecofin.
Il meccanismo non si applica invece nel caso in cui l'attività di installazione sia eseguita per conto
di una società produttrice di allarmi che vende i suoi prodotti direttamente al cliente finale.
E' questo, in sintesi, il contenuto della risoluzione n. 164/E dell'11 luglio 2007, con cui l'Agenzia
delle entrate ha risposto all'istanza di interpello presentata da un'impresa operante nel settore dei
sistemi di allarme. In particolare, il contribuente chiedeva di sapere:
1. se è corretto distinguere, ai fini dell'applicabilità del meccanismo del Reverse charge, tra attività
di installazione eseguita per conto di una società che svolge solo attività di installazione e che a sua
volta ha ottenuto l'incarico dal cliente finale, e tra attività di installazione eseguita per conto di una
società produttrice di impianti di allarme che li cede direttamente al cliente finale
2. se il meccanismo dell'inversione contabile si applica anche alle attività di manutenzione
esercitate in subappalto oltre che a quelle di installazione
3. quali codici Atecofin utilizzare per le sue attività.
Quanto al primo punto, l'Agenzia ha chiarito che la distinzione è corretta: il meccanismo del
Reverse charge si applica se il rapporto contrattuale intercorre tra un soggetto appaltatore e un
soggetto subappaltatore che svolgono entrambi un'attività riconducibile alla sezione F della tabella
Atecofin; non si applica, invece, nel caso in cui l'attività di installazione è eseguita per conto di una
società produttrice di allarmi che vende i suoi prodotti direttamente al cliente finale.
56
Il sistema dell'inversione contabile, infatti, trova applicazione solo se la prestazione
dell'installazione è resa nei confronti di un appaltatore, mentre, nel caso in questione, non siamo in
presenza di un contratto di appalto tra il produttore e il consumatore finale ma di una semplice
cessione con posa in opera.
“Quando il programma negoziale posto in essere dalle parti abbia quale scopo principale la
cessione di un bene e l'esecuzione dell'opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle
esigenze del cliente senza modificarne la natura - spiega la risoluzione - il contratto è senz'altro
qualificabile quale cessione con posa in opera, e in tale ipotesi resta escluso che la prestazione di
montaggio resa al fornitore sia soggetta al regime del Reverse charge".
Quanto al secondo punto, anche la prestazione di manutenzione degli impianti è soggetta al regime
dell'inversione contabile, in quanto presente nella sezione F della tabella Atecofin.
In particolare - precisa la risoluzione - "le note esplicative della classificazione delle attività
economiche chiariscono che sono incluse nella sezione F anche le riparazioni rese sugli impianti e
le opere rientranti nella medesima sezione F; l’'attività di manutenzione, puntualizza l'Agenzia, "è
da ritenersi assimilabile alla riparazione".
Per quanto riguarda, infine, il terzo punto, il parere dell'Agenzia è che l'attività di installazione degli
impianti di allarme su edifici possa essere ricondotta al codice Atecofin "45.31.0", come chiarito
anche dalla stessa guida alla classificazione, fermo restando che "l'individuazione del codice di
attività che il contribuente deve utilizzare implica la valutazione di situazioni di fatto" e, per questo
motivo, esula dalle competenze dell'Amministrazione finanziaria.
3.3.5 – CASO N. 5: COSTRUZIONE ED INSTALLAZIONE DI INFISSI
La Circolare 37/E del 29 dicembre 2006 individua le prestazioni per le quali deve essere adottato il
sistema di Reverse charge attraverso il riferimento alla tabella di classificazione delle attività
economiche Atecofin, e precisamente alla sezione F che individua le prestazioni rese nell’ambito
del settore edile, intitolata “Costruzioni”.
La circolare, aveva chiarito, inoltre, che il meccanismo del Reverse charge non si applica alle
forniture di beni con posa in opera, poiché tali operazioni, nelle quali la posa in opera assume una
funzione accessoria rispetto alla cessione del bene, costituiscono, ai fini IVA, cessione di beni e non
prestazione di servizi.
Il meccanismo del Reverse charge è applicabile, quindi, solo nei casi in cui il soggetto
subappaltatore opera nel quadro di una attività riconducibile alla predetta sezione F, a prescindere
dalla tipologia contrattuale che lega il prestatore e il committente.
Successivamente, con la circolare 11/E del 16/02/2007, l’Agenzia delle Entrate, è ancora più
esplicita nel ribadire il concetto sopra esposto, precisando che “il meccanismo del Reverse charge è
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applicabile, quindi, solo nei casi in cui il soggetto subappaltatore opera nel quadro di un’attività
riconducibile alla predetta sezione F”.
Nello stesso intervento interpretativo, infine, l’Agenzia fa proprio l’esempio della produzione di
infissi che, in quanto rientrante nell’attività di falegnameria di cui alla voce 20.30.2, non è
riconducibile al settore edile e, pertanto, non è soggetta al Reverse charge, a prescindere dalla
tipologia contrattuale che lega il prestatore e il committente.
3.3.6 – CASO N. 6: FORNITURA ARMATURE IN ACCIAIO PER CEMENTO ARMATO
L’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 148/E del 28 giugno 2007 risponde ad un quesito di
una società che esercita l’attività di “fornitura di armature in acciaio per cemento armato, presagomate o pre-assemblate”, in taluni casi anche con la relativa posa in opera (codice attività
45.25.0 "altri lavori speciali di costruzione").
Tali strutture sono cedute ai clienti sulla scorta di contratti di "fornitura con posa", vale a dire
contratti di vendita con prestazione accessoria di posa, che si distinguerebbero dal contratto d'opera
o di appalto in quanto non prevedono obbligazioni di risultato.
È altresì precisato che l'attività di posa in opera viene eseguita o per il tramite di personale
regolarmente assunto, oppure attraverso ditte terze specializzate (che trovano inquadramento nella
sezione F della tabella Atecofin con codice attività 45.25.0).
Al riguardo, la società istante chiedeva all’Agenzia se il meccanismo del Reverse charge si
applicasse ai suddetti contratti, stipulati dalla stessa in qualità sia di cliente che di fornitore.
Nel caso specifico, secondo l’Agenzia, rilevato che nella particolare ipotesi sussistono
contemporaneamente prestazione di servizi e cessione di beni, è necessario fare riferimento alla
volontà contrattualmente espressa dalle parti per stabilire se sia prevalente l'obbligazione di dare o
quella di facere, anche nelle ipotesi in cui i codici che identificano le attività delle imprese
contraenti appartengano alla sezione F predetta.
Nel ritenere come, nella fattispecie prospettata, la posa in opera rappresenti un’operazione
meramente accessoria a quella principale di fornitura, con conseguente prevalenza di
un’obbligazione di dare, l’Agenzia delle Entrate conclude che il meccanismo dell’inversione
contabile:
− non trova applicazione nel rapporto tra l'impresa appaltatrice e quella istante che si occupa di
fornire armature in acciaio pre-sagomate per cemento armato, in quanto il rapporto contrattuale non
si configura come un contratto di subappalto, bensì di fornitura, venendo meno una delle condizioni
applicative del Reverse charge;
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− non si applica neppure con riferimento al rapporto tra l'impresa istante e le imprese alle quali
affida la posa in opera, poiché, come detto, il contratto a monte tra l’impresa appaltatrice e
l’impresa istante
non si configura come contratto di subappalto, non risulta soddisfatta la
condizione di prestazioni di servizi rese dal subappaltatore all’appaltatore principale-subappaltante
(o ad altro subappaltatore).
3.3.7 – CASO N. 7: REALIZZAZIONE E MANUTENZIONE GIARDINI
Le attività di installazione e manutenzione di prati e giardini non sono attività interessate dal
Reverse charge.
I dubbi in merito alla possibile ricomprensione nell’alveo di applicazione sono stati fugati
dall'emanazione della Circolare 29 n. 37/E dicembre 2006, con la quale L’Agenzia delle Entrate ha
operato un tentativo di semplificazione delimitando in modo oggettivo le prestazioni interessate.
Con la circolare 37/E l’Agenzia ha infatti chiarito che il settore edile, cui fa riferimento la
normativa nazionale, debba essere identificato nell'attività di costruzione, facendo riferimento alla
tabella di classificazione delle attività economiche Atecofin, che deve essere utilizzata dai
contribuenti negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all'agenzia delle Entrate, e alle relative
note esplicative.
Pertanto, secondo il pensiero dell'Amministrazione finanziaria, rientrano nella procedura del
Reverse charge i nuovi lavori, le riparazioni, i rinnovi e i restauri, le aggiunte e le alterazioni, la
costruzione di edifici e strutture prefabbricate in cantiere e anche le costruzioni temporanee.
Nella circolare 37/E viene chiarito altresì che i lavori generali di costruzione riguardano la
costruzione di alloggi, edifici adibiti a uffici, negozi, edifici pubblici, edifici agricoli eccetera,
nonché, la costruzione di opere del genio civile come autostrade, strade, ponti, gallerie, strade
ferrate, campi di aviazione, porti e altre opere idrauliche, la costruzione di sistemi di irrigazione e di
fognatura, impianti industriali, condotte e linee elettriche, impianti sportivi, eccetera.
Diversamente, la circolare 37/E esclude da tale ambito alcune attività - quali l'installazione e
manutenzione di prati e giardini, la costruzione o installazione di attrezzature industriali - che,
anche se attinenti alla realizzazione di edifici, non sono comprese nella sezione F in quanto non si
sostanziano in attività edilizie.
Parimenti, restano escluse dall'applicazione del Riverse charge le attività di pulizia di immobili, in
quanto dette attività, non comprese nei codici della sezione F, non sono espressamente menzionate
dalla normativa nazionale.
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Un altro passaggio su cui la circolare n. 37/E del 2006 appare molto utile, anche se in parte
incompleta, è quello relativo alla elencazione tassativa dei contratti che sono interessati
dall'inversione contabile.
La norma si riferisce a "prestazione di manodopera, resa nel settore edile da soggetti
subappaltatori... ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore".
Se ne deduce un quadro estremamente ampio di possibilità, in parte precisato dalla stessa circolare,
in cui si specifica che l’inversione contabile non si applica alle prestazioni rese direttamente, benché
in base a contratti di appalto, nei confronti di imprese di costruzione.
L'inversione contabile non si applica solo se i servizi sono resi sulla base di un contratto
riconducibile alla tipologia dell'appalto, ma anche se resi in base a un contratto di prestazione
d'opera: la comunanza sostanziale tra le due tipologie contrattuali sta nel fatto che in entrambe le
ipotesi il commissionario assume un obbligo nei confronti del committente sia per quanto riguarda
il risultato ("obbligazione di risultato"), sia per quanto riguarda le modalità del suo raggiungimento
(assenza di vincolo di subordinazione e organizzazione in proprio).
Sono in ogni caso escluse le prestazioni di professionisti (architetti, geometri, ingegneri eccetera)
che per loro natura non si concretizzano in rapporti di ordine materiale.
3.3.8 – CASO N. 8: FORNITURA DI BENI CON POSA IN OPERA
Con le risoluzioni n. 246/E del 16 giugno 2008 e 255/E del 20 giugno 2008 viene nuovamente
affrontata una tra le più complesse problematiche nel Reverse charge nel settore edile, ovverosia la
necessità di distinguere le cessioni di beni con posa in opera dalle prestazioni di servizi eseguite in
forza di un contratto di appalto o d'opera.
Prima di analizzare il contenuto delle succitate risoluzioni, appare utile ricordare alcune precedenti
posizioni espresse sia dalla Giurisprudenza, sia dalla stessa Agenzia delle entrate.
In particolare, già con la circolare n. 37/E del 29/12/2006 si richiede, per l'applicazione del Reverse
charge, che la prestazione sia riconducibile nell'ambito di un contratto d'appalto o di prestazione
d'opera, mentre sono esclusi (con conseguente applicazione dell'Iva nei modi ordinari) i rapporti
riconducibili alla cessione di beni con posa in opera, in quanto il servizio della posa in opera assume
funzioni accessorie rispetto alla cessione del bene, che costituisce l'oggetto del contratto.
Sul punto l'Agenzia, nella circolare n. 37/E del 2006 citata, non ha fornito particolari delucidazioni,
limitandosi a ricordare che il contratto d'appalto e la prestazione d'opera, entrambi riconducibili nel
novero delle prestazioni di servizi, hanno in comune alcuni elementi e presentano delle differenze in
altri aspetti. In particolare:
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- in entrambe le tipologie contrattuali il prestatore assume un'obbligazione di risultato, non assume
alcun vincolo di subordinazione e assume direttamente il rischio derivante dall'esecuzione della
prestazione;
- la principale differenza si individua nel requisito dell'organizzazione: nell'appalto l'esecutore si
avvale di una struttura organizzativa normalmente articolata mentre nel contratto d'opera prevale
l'apporto lavorativo diretto del prestatore.
Nella realtà operativa, risulta tutt'altro che agevole distinguere se una determinata operazione possa
rientrare nello schema dell'appalto, o della prestazione d'opera, ovvero in quello della cessione dei
beni con posa in opera, considerando che difficilmente le parti stipulano accordi in forma scritta per
regolare i reciproci obblighi e diritti.
Indicazioni utili per la soluzione del problema sono da ricercarsi nella prassi dell'amministrazione
finanziaria e nella giurisprudenza di legittimità e in quella della Corte di giustizia Ue.
In particolare è da evidenziare che:
- "oggetto del contratto di appalto è il risultato di un facere (anche se comprensivo di un dare) che
può concretarsi così sia nel compimento di un'opera che di un servizio che l'appaltatore assume
verso il committente, dietro corrispettivo (...) mentre oggetto del contratto di vendita può consistere
sia in un "dare" che in una obbligazione di "dare" e di "fare" (Cassazione, sentenza 28 ottobre
1958 n. 3517);
- "deve desumersi dalle clausole contrattuali se la volontà delle parti ha voluto dare maggior
rilievo al trasferimento di un bene o al processo produttivo di esso" (Cassazione, sentenza 17 aprile
1970 n. 1114);
- per distinguere la cessione di beni con posa in opera dall'appalto/prestazione d'opera, "l'indagine
deve essere diretta ad appurare se il cliente abbia dato prioritaria importanza alla scelta del
prestatore d'opera (cioè al di lui lavoro manuale intuitus personae, come nel caso in cui si rivolga
ad un installatore professionale che vende soltanto il materiale che installa) ovvero alla scelta del
materiale in sé (come nel caso opposto in cui il cliente si rivolga ad un negoziante di materiale che
solo occasionalmente installi ciò che vende, facendo così presumere che egli sia incline a
considerare più importante il materiale scelto che non la prestazione d'opera)" (Cassazione,
sentenza 11 dicembre 1992 n. 13125);
Come anticipato, anche la Corte di giustizia Ue si è occupata della questione, e più precisamente
nella sentenza 29 marzo 2007, causa C-115/05, stabilisce che un'operazione che ha per oggetto la
fornitura di un bene e la sua posa in opera si deve considerare una cessione di beni in presenza delle
seguenti condizioni:
- il bene è trasferito al cliente, il quale può disporne come proprietario dopo la posa in opera;
61
- il prezzo del bene rappresenta la parte prevalente del corrispettivo riferito all'intera operazione;
- i servizi resi si limitano alla posa in opera, senza ulteriori adattamenti o personalizzazioni.
Per quanto riguarda invece la prassi dell'Amministrazione finanziaria, è interessante riprendere il
contenuto della risoluzione 5 luglio 1976 n. 360009, in cui è stato precisato che:
- "sono sempre da considerarsi contratti di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la
fornitura, ed eventualmente anche la posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento
d'aria, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti, ecc., qualora l'assuntore dei lavori sia lo stesso
fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e materiali sopra menzionati";
- "tuttavia, nel caso particolare che le clausole contrattuali obbligassero l'assuntore degli indicati
lavori a realizzare un "quid novi" rispetto alla normale serie produttiva, deve ritenersi prevalente
l'obbligazione di "facere", in quanto si configurano gli elementi peculiari del contratto di appalto e,
precisamente, l'intuitus personae e l'assunzione del rischio economico da parte dell'appaltatore".
L'analisi finalizzata a distinguere una cessione di beni con posa in opera rispetto a una prestazione
di servizi (contratto d'appalto o d'opera) è determinante anche per l'influenza che tale analisi ha nel
rapporto "a valle".
Affinché si realizzi un rapporto di subappalto è necessario infatti che prima di tutto sussista "a
monte" un contratto d'appalto, il che significa che se tale ultimo rapporto è configurabile come una
cessione di beni, con posa in opera, il contratto che poi il cedente instaura con l'altro soggetto (ad
esempio, chi esegue solamente la posa in opera) è certamente una prestazione di servizi, ma
inquadrabile in un contratto di appalto (e non di subappalto).
In tale ottica, le recenti risoluzioni nn. 246/E e 255/E confermano tale impostazione, precisando che
qualora un soggetto proceda a una cessione di beni con posa in opera dei beni, l'eventuale
affidamento della sola posa in opera a un soggetto terzo deve essere assoggettata ad Iva nei modi
ordinari, in quanto tale ultimo rapporto si configura come appalto, essendo il rapporto a monte una
cessione di beni e non una prestazione di servizi.
Il caso tipico di tale schema contrattuale è quello che si realizza laddove:
- l'impresa edile si rivolge al commerciante o al produttore per l'acquisto di determinati beni
(cessione di beni con posa in opera), soggetto a Iva nei modi ordinari;
- il commerciante, o il produttore, affida la posa in opera del materiale a un soggetto terzo (posatore
o installatore), con il quale si instaura un rapporto d'appalto. Anche tale rapporto deve essere
assoggettato a Iva nei modi ordinari, in quanto non sussiste alcun subappalto.
L'impostazione proposta dall'Agenzia delle entrate, come detto, trova conferma anche in altre
precedenti pronunce.
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3.4 – ALCUNI CASI PRATICI DI FUNZIONAMENTO DEL REVERSE CHARGE
Fattura di acquisto in regime di Reverse charge in edilizia:
63
Il prestatore di manodopera ha emesso la fattura per la prestazione svolta ed il
cliente/appaltatore/committente dovrà registrare la fattura inserendo l’Iva al 20% e successivamente
emettere e registrare un’autofattura ai sensi dell’art. 17 comma 6 ad integrazione di quella ricevuta.
La descritta procedura viene correntemente utilizzata anche per gli altri ambiti di applicazione del
Reverse charge sopra descritti, come per la cessione di rottami, ad esclusione degli acquisti
intracomunitari, per i quali è prevista una specifica disciplina di seguito illustrata.
Ricezione di fattura di opere edili con relativa richiesta di applicazione del Reverse charge:
La società emittente, nel rispetto di quanto previsto nella lettera allegata, emette fattura senza
addebito dell’Iva applicando l’art. 17 comma 6 del DPR 633/72.
64
65
CAPITOLO 4
IL
REVERSE
CHARGE
NEL
SETTORE
EDILE:
RIMBORSO
E
COMPENSAZIONE DEL CREDITO I.V.A. MATURATO
4.1 – RIMBORSI E COMPENSAZIONI DEI CREDITI I.V.A. – ASPETTI GENERALI
L’applicazione del meccanismo del Reverse charge, così come ampiamente descritto nei paragrafi
precedenti, conduce ad un’inevitabile posizione di credito strutturale per i subappaltatori.
Questi ultimi infatti, a fronte di operazioni attive con emissione di fatture senza addebito
dell’imposta, avranno acquisti con addebito dell’Iva, e dunque con il relativo diritto alla detrazione
(salvo l’applicazione del pro-rata o altre cause di in detraibilità).
Al fine di scongiurare gli effetti finanziari negativi che derivano dal venir meno del diritto di
rivalsa, il D.L. 223/2006 ha previsto un correttivo delle generali regole vigenti in materia di
rimborsi Iva annuali ed infrannuali, o possibilità di compensazione del credito Iva.
Tale intervento è volto a mitigare per l’appunto le posizioni di credito Iva strutturale, facilitando
così le imprese interessate da tale fenomeno.
Nello specifico gli interventi, introdotti dai commi 6-bis e 6-ter dell’articolo 35 della Legge
248/2006, hanno riguardato:
-
la disciplina del credito Iva annuale, estendendo la facoltà di chiedere il rimborso
dell’eccedenza di Iva detraibile, risultante dalla dichiarazione Iva annuale, anche alle ipotesi in cui
siano rese le prestazioni di servizi di cui al nuovo comma 6 dell’articolo 17 del DPR 633/1972;
-
la disciplina dei crediti Iva infrannuali, che riconosce anche a coloro che applicano il
regime del Reverse charge la possibilità di richiedere il rimborso o, in alternativa, di effettuare la
compensazione infrannuale del credito Iva disciplinata dal comma 3 dell’articolo 8 del DPR n.
542/1999, estendendo inoltre il limite massimo della compensazione a Euro 1.000.000,00 (anziché
le ordinarie Euro 500.000,00) in presenza di specifici requisiti di seguito meglio precisati.
In seguito il legislatore è tornato sul tema, prevedendo una ulteriore agevolazione per coloro che
rientrano nell’applicazione del meccanismo di inversione contabile.
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Il Decreto Ministeriale del 22 marzo 2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo
2007, ha infatti previsto una sorta di corsia preferenziale nell’ottenere il rimborso del credito Iva per
tali soggetti.
Per una maggiore chiarezza espositiva cerchiamo adesso di analizzare punto per punto le novità
sopra brevemente esposte, con alcuni esempi applicativi e pratici.
4.1.1 - RIMBORSO DEL CREDITO I.V.A. ANNUALE
Requisiti:
Il comma 6 bis, dell'art. 35 del decreto legge n. 223 del 2006 ha esteso la facoltà di chiedere il
rimborso dell'eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale IVA, anche alle ipotesi in
cui siano rese le prestazioni di servizi nel settore edile, e queste siano assoggettate al regime del
Reverse charge.
A tal fine è stato inserito nell'art. 30, terzo comma, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972, che
prevede la possibilità di chiedere il rimborso nelle ipotesi in cui vengano esercitate "esclusivamente
o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con
aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni", il richiamo al sesto
comma dell'articolo 17, che per l’appunto prevede e disciplina il meccanismo del Reverse charge
nel settore edile.
Ciò comporta che, ai fini del calcolo dell’aliquota media applicata con riferimento alle operazioni
attive, quelle emesse senza applicazione d'imposta da parte del subappaltatore vengono di fatto
qualificate come operazioni ad "aliquota zero".
Ricordiamo che il rimborso spetta se l’aliquota mediamente applicata sugli acquisti e sulle
importazioni supera quella mediamente applicata sulle operazioni attive effettuate, maggiorata del
10%. (Nel calcolo dell’aliquota media occorre tenere conto della seconda cifra decimale).
Sempre con riferimento al calcolo dell’aliquota media, è opportuno precisare che le operazioni
attive da considerare sono esclusivamente: le operazioni imponibili, comprese le operazioni
disciplinate dai commi 5 e 6 dell'art. 17 e le operazioni di cui all'art. 74, commi 7 e 8, del D.P.R. n.
633/1972, nonché le cessioni effettuate nei confronti dei soggetti terremotati.
In particolare:
i commi 7 e 8 dell'art. 74 disciplinano le cessioni e agli acquisti di rottami ferrosi e di altri
materiali di recupero e di semilavorati non ferrosi;
il comma 5 dell'art. 17 disciplina le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'art
10 n. 11), le cessioni di materiali d'oro e di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a
325 millesimi;
67
il comma 6 dell'art. 17 disciplina appunto le prestazioni di servizio, comprese quelle di
manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che
svolgono l'attività di costruzione o di ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti
dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore.
Per quanto riguarda invece le operazioni passive, quelle che rilavano, sono costituite dagli acquisti e
dalle importazioni per le quali è ammessa la detrazione dell’imposta.
Si ricorda inoltre che nel calcolo dell’aliquota media è previsto che:
devono essere esclusi gli acquisti, le importazioni e le cessioni di beni ammortizzabili;
tra gli acquisti vanno comprese anche le spese generali.
Si precisa, infine, che il rimborso compete solo se l’eccedenza di credito è superiore a euro
2.582,28.
Termini e modalità
Per poter chiedere il rimborso, di tutto o di una parte, del credito emergente dalla dichiarazione
annuale IVA l'appaltatore deve presentare il modello VR, previsto dal comma 1, art. 38-bis, D.P.R.
n. 633/1972 e disponibile sul sito della Agenzia delle Entrate.
Tale modello deve essere presentato in duplice esemplare all'agente della riscossione competente
per territorio, dal 1° febbraio e fino al termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA,
anche in forma unificata (termine che, a seguito del DL 207 del 2008, per il 2009 risulta essere il 30
settembre).
Se la scadenza è di sabato o un giorno festivo, i termini sono prorogati al primo giorno feriale
successivo.
Per il combinato disposto dell’art. 2, comma 7, del DPR 22 luglio 1998, n. 322 e dell’art. 38-bis,
primo comma, penultimo periodo, il modello VR vale come dichiarazione annuale limitatamente ai
dati in esso indicati; pertanto, sono considerati validi i modelli presentati entro 90 giorni dalla
scadenza dei termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale IVA ovvero di quella
unificata.
Ai sensi del comma 1 dell'art. 38-bis D.P.R. n. 633/1972 "contestualmente all'esecuzione del
rimborso e per la durata massima di tre anni decorrenti dall'esecuzione del rimborso, ovvero se
inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento" deve essere rilasciata
apposita garanzia consistente in:
cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato;
fideiussione rilasciata da un istituto di credito o da una impresa commerciale che offra
all'Amministrazione finanziaria adeguate garanzie di solvibilità;
polizza fidejussoria rilasciata da un'impresa di assicurazione;
68
garanzie prestate dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui al decreto n. 366
del 22 settembre 1999 per le piccole e medie imprese;
garanzia prestata dalla capogruppo mediante diretta assunzione dell'obbligazione di integrale
restituzione della somma da rimborsare per i gruppi.
Si ricorda che dall’obbligo di presentazione della garanzia sono esclusi i seguenti soggetti:
coloro che hanno presentato richiesta di rimborso per un importo non superiore a euro
5.164,57. Si precisa che tale limite va riferito all’intero periodo d’imposta e non alla singola
richiesta di rimborso (art. 38-bis e R.M. n. 165/E del 3 novembre 2000);
coloro che chiedono a rimborso un importo non superiore al 10% del totale dei versamenti
eseguiti sul conto fiscale nei due anni precedenti la data della richiesta, compresi i versamenti
eseguiti mediante compensazione ed esclusi quelli conseguenti ad iscrizione a ruolo, dedotti i
rimborsi già erogati. Ai fini della verifica del 10% si cumulano i rimborsi erogati nei due anni
precedenti la richiesta (art. 21 del Decreto 28 dicembre 1993, n. 567);
le imprese cosiddette “virtuose”, ossia quelle imprese che soddisfano determinate condizioni
di affidabilità e solvibilità specificatamente indicate nell’art. 38 bis, 7° comma e seguenti,
esclusivamente con riferimento alle richieste di rimborso di cui alle lett. a), b) e d) del terzo
comma dell’art. 30. Si ricorda che tali soggetti devono presentare, unitamente alla richiesta di
rimborso, la dichiarazione sostitutiva prevista alla lettera c) del predetto comma 7, dell’art. 38
bis (cfr. Circ. n. 54 del 4 marzo 1999);
i curatori e i commissari liquidatori, in relazione ai rimborsi per un ammontare complessivo
non superiore a euro 258.228,40. Tale limite va riferito a tutti i rimborsi erogati nel corso della
procedura concorsuale e non ai singoli periodi d’imposta (cfr. R.M. n. 54/E del 19 giugno
2002). Come precisato con circolare n. 84 del 12 marzo 1998, all’erogazione dei rimborsi
richiesti dai curatori dei contribuenti falliti o sottoposti a procedure concorsuali provvedono
esclusivamente gli uffici delle entrate, attesa la particolarità delle problematiche interessate e dei
controlli da espletare;
i soggetti indicati nell’art. 8 del D.L. 25 settembre 2001, n.351 convertito in legge 23
novembre 2001, n. 410, recante disposizioni di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.
Modello
Il modello VR si compone di due parti:
la sezione 1, dove deve essere indicato l'importo del credito in unità di euro emergente dal
quadro VL delle dichiarazione annuale IVA;
69
la sezione 2 e 3, dove deve essere specificata la causale del rimborso ovvero il presupposto
soggettivo che ha consentito di inoltrare la richiesta.
In particolare, per quanto riguarda la richiesta di rimborso da parte di subappaltatori, il credito
chiesto a rimborso dovrà risultare dal rigo VR4 campo 1 della sezione 1, che deve in ogni caso
coincidere con l’importo risultante dal rigo VX4 della dichiarazione annuale IVA ovvero, in caso di
dichiarazione unificata, con gli importi risultanti dai corrispondenti righi del quadro RX del modello
UNICO:
Mentre per la causale del rimborso dovrà essere indicata quella dell’”aliquota media”, VR5 casella
2:
A decorrere dall'1.1.2001, per effetto dell'art. 34, co. 1, L. 23.12.2000, n. 388, il limite massimo del
credito Iva rimborsabile dal Concessionario della riscossione, o compensabile tramite Mod. F24, è
fissato in Euro 516.456,90.
Il comma 6-ter dell'art. 35 del decreto legge n. 223 del 2006, prevede, infine, che la compensazione
possa essere effettuata nel limite di un milione di euro, anziché nel limite di 516.456,90 euro,
qualora il volume d'affari registrato nell'anno precedente sia costituito per almeno l'80 per cento da
prestazioni rese in esecuzione di contratti di subappalto.
Il richiamo della norma all'art. 34, legge 388 del 2000 che indica i limiti massimi dei crediti
d'imposta compensabili ovvero rimborsabili, fa ritenere che detto limite sia innalzato, oltre che per
la compensazione, anche per il rimborso annuale dell'imposta, nel rispetto delle condizioni previste
dall'art. 30.
Il rimborso del credito IVA annuale è eseguito direttamente dal concessionario della riscossione
territorialmente competente nel limite massimo di 516.456,90 euro per ciascun anno solare - limite
comprensivo degli importi che sono stati o saranno compensati nel modello F24 nel corso dell'anno
in cui la richiesta è presentata - mentre il rimborso dell'eccedenza spetta all'ufficio locale
dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente, il quale
esegue i rimborsi anche nei casi di cessazione di attività e di procedure concorsuali.
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I rimborsi annuali IVA sono eseguiti con le seguenti procedure:
1) con la procedura semplificata dal Concessionario della riscossione, il quale deve erogare il
rimborso entro sessanta giorni dalla richiesta, tramite accreditamento sul conto corrente bancario
comunicato dall'intestatario;
2) con la procedura ordinaria (per i rimborsi che eccedono la soglia di 516.456,90 e nei casi di
cessazione di attività e di procedure concorsuali), da parte dell'ufficio locale delle Entrate
competente, il quale deve eseguire il rimborso entro 3 mesi dalla richiesta (gli interessi, però,
decorrono dal novantesimo giorno successivo alla presentazione del mod. VR).
Ai sensi dell'articolo 20, comma 4 bis del Decreto n. 567 del 1993, i rimborsi con la procedura
ordinaria sono erogati dal Concessionario entro venti giorni dalla ricezione della disposizione di
pagamento emessa dall'Ufficio, con le stesse modalità di accreditamento previste con la procedura
semplificata.
In caso di tardiva esecuzione del rimborso, sulle somme rimborsate il contribuente ha diritto ad
avere un interesse annuo, nella misura sotto riportata, che inizia a decorrere:
dal novantesimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale IVA
(mod. VR.) per i rimborsi annuali liquidati dall'ufficio;
dal sessantesimo giorno successivo a quello della presentazione dell'istanza o della
dichiarazione per i rimborsi chiesti al concessionario.
La misura attuale è quella del 2,75%, ed è stata fissata dal Decreto 27 giugno 2003 del Ministero
dell'Economia e delle Finanze con decorrenza dal 1° luglio 2003.
4.1.2 – COMPENSAZIONE DEL CREDITO I.V.A. ANNUALE
In alternativa alla richiesta di rimborso annuale è sempre possibile compensare il credito Iva
risultante dal rigo VX4 della dichiarazione annuale IVA ovvero, in caso di dichiarazione unificata,
risultante dai corrispondenti righi del quadro RX del modello UNICO, in F24 con imposte,
contributi previdenziali e assistenziali e premi Inail a debito.
Il limite massimo di compensazione rimane Euro 516.456,90 (innalzato ad un milione di euro,
qualora il volume d'affari registrato nell'anno precedente sia costituito per almeno l'80 per cento da
prestazioni rese in esecuzione di contratti di subappalto).
Il codice tributo da utilizzare per la compensazione è il 6099:
71
SEZIONE ERARIO
IMPOSTE DIRETTE - IVA
RITENUTE ALLA FONTE
ALTRI TRIBUTI E INTERESSI
codice rateazione/regione anno di
tributo
prov./mese rif.
riferimento
(1) 6099 (2)
0101 (3)
codice ufficio
codice atto
(9)
(10)
Campi del modello F24
(1) codice tributo:
(2) rateazione/regione/prov/mese rif:
(3) anno di riferimento:
(4) importi a debito versati:
(5) importi a credito compensati:
(6) TOTALE A:
(7) TOTALE B:
(8) SALDO (A - B):
(9) codice ufficio:
(10) codice atto:
TOTALE
importi a
debito
versati
(4)
A(6)
importi a credito
compensati
(5)
B(7)
SALDO (A - B)
(8)
come compilare il campo
indicare 6099
indicare sempre 0101
anno d’imposta a cui si riferisce il credito
non compilare
indicare l'importo a credito
somma degli importi a debito indicati nella Sezione
Erario, non compilare se non sono presenti importi a
debito
somma degli importi a credito indicati nella Sezione
Erario
indicare il saldo (TOTALE A - TOTALE B)
non compilare
non compilare
4.1.3 – RIMBORSO DEL CREDITO I.V.A. INFRANNUALE
Oltre alla richiesta di rimborso IVA annuale, l'art. 38 bis, D.P.R. 633/1972, modificato da ultimo
dall'art. 1, c. 308, della L. 296/2006, consente ai contribuenti Iva di chiedere, in presenza delle
condizioni previste dall'art. 30, c. 3, lett. a), b), c) ed e) dello stesso decreto (con alcune limitazioni
nell'ipotesi c) rispetto al rimborso annuale), il rimborso, totale o parziale, dell'eccedenza di imposta
detraibile anche per periodi inferiori all'anno. Anche per il rimborso infrannuale devono sussistere,
quindi, i presupposti di cui alla lett. a), comma 3, dell'art. 30, D.P.R. n. 633/1792, in precedenza
analizzati.
Trattandosi di crediti infrannuali, e precisamente trimestrali, il rimborso d'imposta deve essere
relativo ai crediti maturati solo nei primi tre trimestri solari.
Al termine di ciascun trimestre è possibile chiedere il rimborso del credito che è maturato solo in
quel trimestre e se l'eccedenza supera l'importo di € 2.582,28.
Ogni trimestre è indipendente dagli altri e l'eventuale credito precedente al trimestre di riferimento
non viene considerato e potrà essere eventualmente chiesto a rimborso in sede di dichiarazione
annuale.
La richiesta di rimborso trimestrale riguarda sia i contribuenti che operano le liquidazioni IVA
mensilmente sia i contribuenti che hanno optato per la liquidazione trimestrale.
72
In alternativa alla richiesta di rimborso, l' art. 8 D.P.R. 14.10.1999, n. 542 prevede la possibilità di
utilizzare il credito Iva in compensazione nel modello F24 con imposte, contributi previdenziali e
assistenziali e premi Inail a debito. La compensazione/rimborso, in ogni caso, non può eccedere
l'ammontare del credito maturato nel trimestre di competenza, per cui non può comprendere
l'eventuale credito del trimestre precedente.
Termini e modalità:
L' art. 8 D.P.R. 14.10.1999, n. 542 disciplina le modalità e le scadenze di presentazione dell'istanza
di rimborso/compensazione; il contribuente deve presentare il modello iva TR (disponibile presso il
sito dell’Agenzia delle Entrate, l’ultimo modello è stato approvato con provvedimento del 19 marzo
2009 del direttore dell’Agenzia delle Entrate) esclusivamente per via telematica, direttamente o
tramite intermediari abilitati di cui all’art. 3, commi 2-bis e 3 del D.P.R. 27 luglio 1998, n. 322,
entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento e pertanto:
entro il 30 aprile, per il primo trimestre dell'anno;
entro il 31 luglio per il secondo trimestre;
entro il 31 ottobre per il terzo trimestre.
Se la scadenza è di sabato o un giorno festivo, il termine ultimo di presentazione è prorogato al
primo giorno feriale successivo.
Il comma 2 del art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972 dispone che, anche per i rimborsi infrannuali,
deve essere presentata la garanzia, di cui al comma 1 del succitato articolo, o in presenza delle
condizioni per l'esonero, la dichiarazione di cui alla lettera c) del comma 7, come per i rimborsi
annuali.
Modello
Il modello TR si compone in quattro parti:
nel quadro TA devono essere indicate: le operazioni attive suddivise in base alle aliquote
annotate nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi per il trimestre cui si riferisce
il modello, le operazioni ad "aliquota zero" per le quali si applica il meccanismo del Reverse
charge, le operazioni non imponibili ed evidenziando in apposito rigo, al fine di sottrarle,
l'ammontare delle cessioni imponibili di beni ammortizzabili del trimestre già comprese nei righi
precedenti;
nel quadro TB devono essere indicati: gli acquisti all'interno, intracomunitari e le importazioni
assoggettate ad imposta annotati nel registro degli acquisti per le quali è sorto il diritto alla
detrazione nel trimestre cui si riferisce il modello; gli acquisti all'interno, intracomunitari e le
importazioni per i quali, ai sensi dell'art. 19-bis1 o altre disposizioni, non è sorto il diritto alla
detrazione dell'imposta; la percentuale di detrazione IVA applicata durante l'anno di riferimento
73
secondo quanto previsto dall'art. 19, comma 5, e l'evidenziazione in apposito rigo, al fine di
sottrarle, dell'ammontare degli acquisti imponibili di beni ammortizzabili, per i quali è stato
esercitato il diritto alla detrazione nel trimestre;
nel quadro TC deve essere indicato il credito IVA ottenuto sottraendo alle operazioni attive
emergenti dal quadro TA, a cui deve essere aggiunta l'IVA dovuta dal cessionario o committente
per particolari operazioni, le operazioni passive di cui al quadro TB;
nel quadro TD deve essere indicato il presupposto che legittima la richiesta di rimborso nella
sezione 1 e nella sezione 2 se si richiede il rimborso o la compensazione.
Nel caso specifico nella sezione 1, oltre all'indicazione della lett. a), comma 3, art. 30, D.P.R. n.
633/1972 (TD1), deve essere evidenziata l'aliquota media delle operazioni attive maggiorata del
10% (TD1 campo 1) e l'aliquota media delle operazioni passive (TD1 campo 2).
Nella sezione 2 andrà compilato il rigo TD5 nel caso in cui si chieda il rimborso:
Mentre, andrà compilato il rigo TD6 nel caso in cui si chieda la compensazione infrannuale:
Nel caso in cui si chieda il rimborso, gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate attribuiscono un numero
cronologico alle richieste di rimborso infrannuale e formano trimestralmente una graduatoria in
base alla quale saranno eseguiti i rimborsi.
I rimborsi sono eseguiti entro il girono 20 del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre
trimestri solari (art. 1 c. 2 D.M. 23.7.1975); sui rimborsi erogati oltre i termini di legge,
l'Amministrazione finanziaria deve corrispondere gli interessi del 2,75% annuo calcolati dal giorno
di scadenza del loro pagamento.
4.1.4 – COMPENSAZIONE DEL CREDITO I.V.A. INFRANNUALE
Mentre, se si richiede la compensazione del credito Iva trimestrale, l'utilizzo del credito in
compensazione nell'F24 è possibile a partire dal primo giorno successivo alla fine di ciascun
trimestre di riferimento.
74
La compensazione può essere effettuata già entro il giorno 16 del mese successivo al trimestre in
riferimento e, quindi, anche prima della presentazione del modello, la quale deve essere effettuata,
come detto sopra, entro la fine del mese successivo al trimestre di riferimento.
Il limite massimo del credito Iva compensabile tramite Mod. F24, è di Euro 516.456,90, elevato
però a Euro 1.000.000 in caso di utilizzo nell'F24 da parte di imprese subappaltatrici con volume
d'affari dell'anno precedente formato per almeno l'80% da prestazioni effettuate in base a contratti
di subappalto.
I codici tributo da utilizzare in caso di compensazione sono i seguenti:
6036 se il credito è quello relativo al primo trimestre;
6037 se il credito è quello relativo al secondo trimestre;
6038 se il credito è quello relativo al terzo trimestre.
SEZIONE ERARIO
codice
tributo
IMPOSTE DIRETTE - IVA
RITENUTE ALLA FONTE
ALTRI TRIBUTI E INTERESSI
codice ufficio
codice atto
(9)
(10)
(1)
rateazione/regione/
prov./mese rif.
(2)
Campi del modello F24
(1) codice tributo:
(2) rateazione/regione/prov/mese rif:
(3) anno di riferimento:
(4) importi a debito versati:
(5) importi a credito compensati:
(6) TOTALE A:
(7) TOTALE B:
(8) SALDO (A - B):
(9) codice ufficio:
(10) codice atto:
anno di
riferimento
(3)
TOTALE
importi a
debito
versati
importi a credito
compensati
(4)
(5)
A (6)
B(7)
SALDO (A - B)
(8)
come compilare il campo
indicare 6036/6037/6038
non compilare
anno d’imposta a cui si riferisce il credito
non compilare
indicare l'importo a credito
somma degli importi a debito indicati nella Sezione
Erario, non compilare se non sono presenti importi a
debito
somma degli importi a credito indicati nella Sezione
Erario
indicare il saldo (TOTALE A - TOTALE B)
non compilare
non compilare
4.1.5 – RIMBORSI I.V.A. IN VIA PRIORITARIA
Tenuto conto che il meccanismo del Reverse charge potrebbe provocare una rilevante eccedenza di
crediti IVA in capo al subappaltatore, e nell’ottica di garanzia di tempestivo recupero degli stessi, la
Finanziaria 2007 (art.1, comma 308, legge 296/2006) ha previsto l’emanazione di specifici Decreti
da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze, al fine di individuare le categorie di
75
contribuenti cui riconoscere il diritto al rimborso del credito IVA in via prioritaria entro 3 mesi dalla
richiesta.
In attuazione a tale disposizione, è stato emanato il Decreto Ministeriale, 22 marzo 2007, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n.76 del 31 marzo 2007 che, a decorrere dall’anno di imposta 2007,
riconosce (all’art.1) la priorità nel rimborso dei crediti IVA, entro 3 mesi dalla relativa istanza, a
favore dei soggetti che, nel periodo di riferimento della richiesta, effettuano in modo prevalente
prestazioni di subappalto nel settore dell’edilizia, applicando il meccanismo del Reverse charge (di
cui all`art.17, comma 6, lett.a, del D.P.R. 633/1972).
Le condizioni per poter accedere in via prioritaria all’erogazione dei rimborsi (art.2, dello stesso
D.M. 22 marzo 2007) sono:
a) esercizio dell`attivita` da almeno 3 anni;
b) eccedenza IVA chiesta a rimborso pari o superiore a:
-
10.000 euro, in caso di rimborso annuale
-
3.000 euro, in caso di richiesta di rimborso trimestrale
c)
eccedenza IVA chiesta a rimborso di importo pari o superiore al 10% dell’ammontare
complessivo dell’IVA assolta sugli acquisti e importazioni effettuati nell’anno o nel trimestre a cui
si riferisce il rimborso richiesto.
I contribuenti ammessi all’erogazione prioritaria del rimborso devono indicare il codice 1
nell’apposita casella del frontespizio del modello TR, nel caso di richiesta di rimborso infrannuale:
I contribuenti ammessi all’erogazione prioritaria del rimborso devono indicare il codice 1
nell’apposita casella del frontespizio del modello VR, nel caso di richiesta di rimborso annuale:
La norma introdotta dal Decreto ministeriale del 22/03/2007 si applica a partire dal periodo
d’imposta 2007 come espressamente previsto dall’art. 1 del Decreto. Pertanto la corsia preferenziale
può essere richiesta, in presenza delle condizioni per poterne accedere, già a partire dalla richiesta
del rimborso del credito Iva infrannuale relativo al primo trimestre 2007 da presentare entro il 30
aprile 2007.
76
CAPITOLO 5
IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE EDILE: ASPETTI SANZIONATORI
5.1 – IL REGIME SANZIONATORIO, LE NOVITA’ ED IL PRINCIPIO DEL FAVOR REI
La disciplina sanzionatoria, concernente la materia del Reverse charge, è stata oggetto nell’anno
2008 di rilevanti modifiche, derivanti, in prima istanza dalla Legge Finanziaria 2008 (Legge n.
244/2007); successivamente dalle implicazioni della sentenza dalla Corte di Giustizia Europea in
data 08/05/2008 (Caso Ecotrade).
Brevemente, l’art. 1, co. 155 della Legge Finanziaria 2008 ha riscritto la disciplina sanzionatoria
prevista nell’art. 6 del D.Lgs 471/1997 (3), introducendo (comma 9 bis) la responsabilità solidale tra
cedente (o prestatore) e cessionario (o committente) per gli errori che hanno causato una perdita di
gettito per l’Erario e, parallelamente, ha notevolmente ridotto le sanzioni nei casi in cui l’errata
applicazione del meccanismo del Reverse charge non ha impedito l’assolvimento dell’imposta e di
conseguenza non ha causato alcun danno all’Erario.
Nel testo normativo si afferma, inoltre, che pur se effettuato in maniera irregolare l’assolvimento
dell’Iva, comporta il diritto alla detrazione da parte del cessionario, ovviamente nel rispetto dei
limiti previsti all’articolo 19 e ss. del D.P.R. 633/1972 (4).
Ulteriormente è stato previsto, con riferimento al triennio 2008/2010, un importo massimo di €
10.000,00 di sanzioni applicabili alle sole irregolarità formali.
REGIME PREVIGENTE
Il regime del Reverse charge è stato recepito nel Nostro ordinamento senza che fossero previste
sanzioni ad hoc, tant’è che l’Amministrazione Finanziaria (5) ha sempre ritenuto applicabili in caso
di irregolarità, le sanzioni genericamente previste per le violazioni di mancata fatturazione e
registrazione di operazioni attive previste dall’articolo 6 commi 1 e 2 DLgs 471/97:
3
Il comma 9 bis del DLgs. 471/97 disciplina esclusivamente il regime sanzionatorio delle operazioni soggette a Reverse
charge ai sensi degli art. 17 e 74 co. 7 e 8 d.p.r 633/1972, quindi per ogni altra ipotesi di regolarizzazione delle
operazioni soggette ad Iva si continuano ad applicare le regole ordinarie (Circ. AG. ENTRATE 12 del 19.02.2008).
4
La stessa Ag. Delle Entrate nella Risoluzione Ministeriale n. 56/E/09 ha affermato”laddove sia constatata una
violazione del regime dell’inversione contabile che comporti, in quella sede, l’assolvimento del tributo da parte dei
contribuenti, contestulamente all’accertamento del debito deve essere riconosciuto il diritto alla detrazione dell’imposta
medesima”.
77
“Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e registrazione di operazioni imponibili ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto ovvero all’individuazione di prodotti determinati è punito con la
sanzione amministrativa compresa tra il 100 ed il 200 per cento dell’imposta relativa all’imponibile
non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio.
Alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei
registri, un’imposta dovuta inferiore a quella dovuta.
Chi viola obblighi inerenti alla documentazione ed alla sua registrazione di operazioni non
imponibili od esenti è punito con sanzione amministrativa compresa tra il 5 ed il 10 per cento dei
corrispettivi non documentati o non registrati.
Tuttavia, quando la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito si applica
la sanzione amministrativa da 258 € a 2.065 € Omissis…..”
Seguendo una rigida interpretazione letterale diffusasi presso gli Uffici locali dell’Agenzia delle
Entrate, il contribuente che avesse erroneamente applicato la disciplina del Reverse charge
emettendo impropriamente fattura con addebito Iva, avrebbe potuto rimediare attraverso nota di
credito ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 26 D.P.R 633/1972, però come stabilito nel comma 3
perentoriamente entro un anno dall’effettuazione dell’operazione.
Al contrario il cessionario/committente che avesse, in seguito al ricevimento di errata fattura
provveduto alla detrazione l’Iva addebitata, sarebbe stato doppiamente penalizzato.
Infatti, l’Amministrazione Finanziaria oltre a disconoscere il diritto alla detrazione, avrebbe
contestato il mancato assoggettamento ad Iva dell’operazione; al cessionario sarebbe stata richiesta
due volte l’imposta, un prima volta per errata detrazione, una seconda per omessa autofatturazione,
evidentemente con applicazione delle sanzioni in misura pari almeno al 100% in entrambe le
fattispecie.
Sin da subito sia gli operatori del settore, sia la stampa specializzata, hanno posto l’accento sulla
sproporzione delle sanzioni applicabili soprattutto con riferimento ad una normativa lacunosa e di
difficile interpretazione.
LE NOVITA’ DELLA FINANZIARIA 2008
Di seguito, si riporta integralmente il sistema sanzionatorio connesso all’errata applicazione del
Reverse charge, previsto al comma 155 della Legge Finanziaria 2008 ed attualmente contenuto nel
art. 6, comma 9 bis DLgs 471/1997:
“E’ punito con la sanzione amministrativa compresa tra il 100 ed il 200 per cento dell’imposta, con
un minimo di 258 euro, il cessionario o committente che, nell’esercizio di imprese arti o
professioni, non assolve l’imposta relativa agli acquisti di beni e servizi mediante il meccanismo
5
Circolare Ministeriale n. 23/E/99
78
dell’inversione contabile di cui agli articoli 17 e 74 commi settimo ed ottavo, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 e successive modificazioni. La medesima
sanzione si applica al cedente o prestatore che ha irregolarmente addebitato l’imposta in fattura
omettendone il versamento. Qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal
cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando, il diritto alla detrazione
ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 e
successive modificazioni, la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell’imposta
irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le
irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo. Al
pagamento delle sanzioni previste nel secondo e terzo periodo, nonché al pagamento dell’imposta,
sono tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all’applicazione del meccanismo
dell’inversione contabile. E’ punito con la sanzione di cui al comma 2 il cedente o prestatore che
non emette fattura, fermo restando l’obbligo per il cessionario o committente di regolarizzare
l’omissione ai sensi del comma 8 applicando, comunque il meccanismo dell’inversione contabile”.
Da una veloce lettura della norma si possono ricavare già alcune importanti indicazioni:
- la nuova norma non riguarda tutte le ipotesi di applicazione del Reverse charge ma solamente
quelle previste all’articolo 17 (6) e dall’articolo 74 co. 7 ed 8 (7);
- previsione in talune fattispecie della responsabilità solidale, sia a livello d’imposta sia di sanzioni,
tra cessionario/committente e cedente/prestatore;
- in caso di errata applicazione del meccanismo del Reverse charge è sempre prevista una sanzione,
talvolta proporzionale piena, talaltra ridotta e residualmente in misura fissa.
Si riporta di seguito la tabella riepilogativa:
Nuove sanzioni per l’errata applicazione del Reverse charge
Soggetti
Cessionario o committente
Cedente o prestatore
6
7
Violazione
Mancato assolvimento
dell’imposta relativa agli
acquisti di beni o servizi,
commessa all’errata
applicazione del meccanismo
dell’inversione contabile
Addebito irregolare
dell’imposta in fattura senza
effettuare il versamento
Sanzione
Dal 100% al 200% dell’imposta
non assolta con un minimo di €
258
Dal 100% al 200% dell’imposta
non assolta con un minimo di €
258. Il cessionario/committente
risponde in solido della
Si veda tabella riepilogativa capitolo 1 pag. 9
Interpretazione confermata dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 12/E del 19 Febbraio 2008
79
sanzione e del pagamento
dell’imposta non versata dal
cedente/prestatore
3% dell’imposta irregolarmente
Cessionario o committente Irregolarità nell’applicazione
del Reverse charge, ma regolare assolta, con un minimo di €
Cedente o prestatore
assolvimento dell’imposta
258. Per le irregolarità
commesse nei primi tre anni di
applicazione del meccanismo
del Reverse charge la sanzione
non può essere superiore a
€10.000. Al pagamento delle
sanzioni sono tenuti
solidalmente entrambi i soggetti
obbligati all’applicazione del
meccanismo dell’inversione
contabile.
Mancata
emissione
della
fattura
Dal 5% al 10% dell’imponibile
Cedente o prestatore
senza applicazione dell’imposta non fatturato. Il
cessionario/committente è
obbligato a regolarizzare
l’omissione applicando,
comunque, il meccanismo
dell’inversione contabile.
Nel dettaglio sono 3 le fattispecie sanzionatorie previste dal Legislatore.
Riepilogando la norma prevede tre situazioni di irregolare applicazione, diversamente sanzionate in
base alla loro gravità.
a) Sanzione amministrativa compresa tra il 100% ed il 200%dell’imposta dovuta, con un
minimo di 258 €, da applicare nei confronti:
- cessionario/committente che non assolve l’imposta relativa all’acquisto di beni e servizi mediante
il meccanismo del Reverse charge;
- cedente/prestatore che ha irregolarmente addebitato in fattura l’Iva omettendone successivamente
il versamento, in tale ipotesi il cessionario/committente è tenuto solidalmente al pagamento
dell’imposta e delle sanzioni.
In
buona
sostanza,
questa
fattispecie
si
applicherà
in
prima
battuta,
quando
il
cessionario/committente ricevendo la fattura con irregolare addebito dell’Iva non assolve il
meccanismo dell’inversione contabile.
Ai fini del corretto adempimento del meccanismo del Reverse Charge, invece, occorrerà una volta
ricevuta la fattura senza addebito dell’imposta:
1. Integrare la fattura ricevuta indicando sul documento stesso l’aliquota applicabile e la relativa
imposta;
80
2. Annotare la fattura integrata nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi entro il mese di
ricevimento, o comunque entro quindici giorni con riferimento al relativo mese;
3. Annotare la fattura integrata nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica,
ovvero alla dichiarazione annuale nella quale viene computata la liquidazione.
Affinché si applichi la sanzione piena del 100% occorre che il cedente/prestatore non proceda al
regolare e tempestivo versamento dell’Iva addebitata.
La penalizzazione per il cessionario/committente in questo caso è notevole tant’è che per il
legislatore non rileva la conoscenza da parte del soggetto dell’intenzione del cedente/prestatore di
evadere il versamento Iva, vieppiù, non si dimentichi la difficoltà nel verificare tale tipo di
adempimento a carico di altro soggetto.
Si ipotizzi, infatti che il cedente/prestatore sia soggetto al versamento dell’Iva ogni trimestre, ci si
domanda come sia possibile coniugare i tempi di regolarizzazione richiesti dagli uffici Finanziari
con il termine di versamento dell’Iva se questo è posteriore rispetto al termine ultimo per la
regolarizzazione, in buona sostanza il cessionario/committente dovrebbe “prevedere” il mancato
versamento da parte del prestatore/cedente.
Tra i possibili rimedi, a parere di chi scrive, sono da ritenersi ancora valide le indicazioni fornite
con la Circolare 11/E/2007 emanata dall’Agenzia delle Entrate, nella quale l’Amministrazione
Finanziaria ha espressamente riconosciuto quale modalità sanante, in caso di erronea applicazione
del Reverse charge la possibilità l’emissione di nota di accredito entro il termine di dodici mesi
dall’effettuazione dell’operazione ex art. 26 comma 3 D.P.R 633/1972;
b) Sanzione amministrativa, in misura pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta, con un
minimo di 258 € e, in ogni caso non superiore ad € 10.000 per le irregolarità commesse nei
primi tre anni di applicazione delle nuove disposizioni da applicare nei confronti:
- cessionario/committente che assolve in ogni caso l’imposta applicando, erroneamente il regime
dell’inversione contabile;
- cedente/prestatore che ha erroneamente addebitato l’Iva ma che ha proceduto successivamente al
regolare versamento.
In entrambi i casi la norma prevede solidarietà tra i soggetti per quanto riguarda il pagamento delle
sanzioni.
La prima situazione si verifica quando il cedente emette erroneamente fattura senza addebito ed il
cessionario provvede all’integrazione secondo il meccanismo dell’inversione contabile.
La seconda fattispecie si verifica quando c’è un errore da parte del cedente/prestatore che provvede
a fatturare con applicazione dell’Iva, ma che lo fa, evidentemente, in perfetta buona fede tant’è che
procede al versamento nei modi e termini previsti dalla legge.
81
Entrambe le casistiche hanno in comune la neutralità per l’erario, nel primo caso si detrae l’imposta
il cessionario/committente ma contemporaneamente la versa il cedente/prestatore; nel secondo non
ci sono né detrazioni, né versamenti d’imposta.
Conseguentemente, il Legislatore ha previsto una sanzione proporzionale molto limitata (3%), ma
soprattutto un ammontare massimo di € 10.000, anche se riferito attualmente al solo triennio
2008/2010.
c) Sanzione amministrativa compresa tra il 5% e il 10% dei corrispettivi non documentati o
non registrati nei confronti del cedente/prestatore che non emette fattura, fermo restando
l’obbligo del cessionario/committente di regolarizzare l’missione ai sensi dell’art. 6, comma 8
del D.Lgs 471/1997, applicando comunque il meccanismo dell’inversione contabile.
In questa fattispecie non è prevista solidarietà tra cedente/prestatore e cessionario/committente
tuttavia, il Legislatore pone anche un obbligo di regolarizzazione a carico di quest’ultimo.
In buona sostanza, qualora il cessionario/committente non riceva nei quattro mesi la fattura del
cedente/prestatore dovrà regolarizzare (8) seguendo questo iter procedurale:
- Nei trenta giorni successiva presentate presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate compente un
duplice esemplare, con indicazione dell’imponibile, dell’aliquota e della relativa imposta,
chiaramente trattandosi di operazione soggetta al meccanismo dell’inversione contabile non è
richiesto il versamento dell’imposta indicata in fattura;
- Procedere alla registrazione attraverso il meccanismo dell’inversione contabile, ossia annotandolo
sia nel registro delle fatture emesse sia in quello degli acquisti;
Si ribadisce come la mancata regolarizzazione, comporterà, ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs
471/1197 una sanzione del 100% con un minimo edittale di 258 €.
IL PRINCIPIO DEL FAVOR REI
E’ utile premettere come la norma non possa avere natura interpretativa, visto che, così come
stabilisce l’articolo 1 comma 2, L 27 Luglio 2000 n. 212 (9), l’adozione di norme interpretative in
materia tributaria può avvenire solo in casi eccezionali attraverso legge ordinaria qualificando come
tali le disposizioni di interpretazione autentica.
Questo principio è espressamente previsto al 3 comma del D.Lgs 472/1997 (10), prevede
l’applicazione della Legge più favorevole nel caso in cui ci sia divergenza tra le norme in vigore al
momento in cui è stato commessa la violazione e quelle successive.
8
Obbligo sancito dall’art. 6 comma 8 D.lgs 471/1997.
Meglio conosciuta come “Statuto del contribuente”
10
Contiene disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie.
9
82
L’Agenzia delle Entrate (11) ha richiamato espressamente questo principio statuendo l’applicazione
della nuova norma anche a tutte quelle violazioni commesse prima del 01/01/2008, facendo tuttavia
salve quelle per le quali ci sia già stata l’irrogazione di un provvedimento definitivo.
Quest’interpretazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria deve essere, comunque, valutata
con attenzione dato che sono state introdotte con la Legge Finanziaria 2008 delle ipotesi di
solidarietà che non erano previste nel previgente apparato sanzionatorio.
Confrontiamo grazie ad una tabella le differenti sanzioni applicabili prima e dopo la Finanziaria
2008.
Supponiamo ad esempio che una società italiana abbia ricevuto regolare fattura per € 1.000.000 più
Iva al 20%, in realtà trattandosi di prestazione rientrante nel Reverse Charge la fattura avrebbe
dovuto essere emessa senza Iva e successivamente integrata dal cessionario/committente secondo le
modalità e termini previsti dalla norma tributaria.
Imposta
Violazioni
sostanziali
Indebita
Sanzione (art. 6 co. 1
Totale
e 6 D.Lgs 471/1997
Nuova sanzione (art. 6
co. 9 bis, D.lgs 471/1997)
detrazione € 200.000
€ 200.000
€ 400.000
€ 200.000
€ 200.000
€ 400.000
€ 6.000
€ 800.000
€ 6.000
d’imposta
Mancato
assoggettamento
Iva
di
ad
operazioni
imponibili
Totale generale
E’ di tutta evidenza la sproporzione nelle sanzioni, confrontando il vecchio ed il nuovo regime
sanzionatorio, nel primo caso oltre ad applicare una sanzione del 100% per omessa fatturazione, si
applica, altresì, una sanzione del 100% per indebita detrazione; con la nuova disciplina, non viene
sanzionata l’indebita detrazione e viene applicata una sanzione del 3% sull’omessa fatturazione.
IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETA’/CAUSE ESIMIENTI/INCERTEZZA NORMATIVA
L’Amministrazione Finanziaria prevedendo una responsabilità solidale tra i soggetti interessanti dal
meccanismo dell’inversione contabile, ha giustificato sin da subito (12) il rispetto dell’art. 5 del
D.Lgs 472/1997 concernente la personalità della pena.
11
12
Circolare 12/E/2008 del 19.02.2008
Ancora Circolare 12/E/2008 del 19.02.2008.
83
Infatti, partendo dal presupposto che la qualifica di soggetto passivo d’imposta nel suddetto
meccanismo è assunta dal cessionario/committente non si ha una violazione del principio della
personalità della pena anche qualora la violazione derivi da un comportamento illegale del solo
cedente/prestatore essendo comunque obbligato ab origine alla determinazione e al versamento
dell’imposta.
Tuttavia, il contribuente potrà contrastare l’applicazione di sanzione attraverso delle cause di non
punibilità, cha saranno differenti a seconda che l’errore sia di fatto o di diritto.
Quando si verifica un errore di fatto è utile verificare il legittimo affidamento e la buona fede.
Il cessionario/committente deve agire con diligenza richiedendo tutta quella documentazione
sufficiente a garantire il corretto adempimento del meccanismo dell’inversione contabile.
Qualora il cedente/prestatore abbia fornito la documentazione richiesta e questa risulta
all’apparenza pienamente regolare; è di tutta evidenza che nella spiacevole ipotesi in cui il cartaceo
fornito risulti contraffatto o non corretto ci si troverà di fronte ad un errore sul fatto avente come
conseguenza immediata l’esclusione della punibilità del cessionario/committente ai sensi
dell’articolo 6 D.Lgs 472/97.
Ovviamente ci deve essere una certa “professionalità”: una semplice dichiarazione scritta si ritiene
non possa essere sufficiente; al contrario la verifica del titolo abilitativo ai lavori (permesso di
costruire o DIA) o la richiesta del codice attività risultano essere comportamenti più consoni a
dimostrare la serietà nell’ottenimento di tutta quella documentazione atta ad avere un quadro
completo per poi decidere circa l’applicazione o meno del meccanismo dell’inversione contabile.
Si suggerisce, inoltre, qualora ci si trovi in un rapporto di subappalto di privilegiare la forma scritta,
pur non essendo obbligatoria, e qualora si convenga della soggezione al Reverse charge di indicare
nel contratto stesso l’accordo tra le parti circa l’applicazione del meccanismo di inversione
contabile.
In tema di errore di diritto la strada percorribile è senza dubbio alcuno quella dell’obbiettiva
incertezza.
Vi sono una pluralità di disposizioni che trattano il tema dell’incertezza normativa come causa di
esenzione del contribuente dalla responsabilità per sanzioni amministrative.
Le principali annoverabili sono:
Art. 8 comma 1 DLgs 546/1992 che ritiene: ”….non applicabili le sanzioni non penali previste
dalle legge tributarie quando la violazione è giustificata da obbiettive condizioni di incertezza sulla
portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quale si riferisce”
84
Art. 6 comma 2 D.Lgs 472/1997 che recita: “Non è punibile l’autore della violazione quando essa è
determinata da obbiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle
disposizioni alle quale si riferisce”
Art. 10 L. 212/2000: “ Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da
obbiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma
tributaria”
La stessa Ag. Delle Entrate (13) ha ammesso che: “Anche rispetto all’errore di diritto, quindi, rileva
il carattere incolpevole, che la disposizione in esame connette in primo luogo all’obbiettiva
incertezza sul significato dalla Legge.
Si deve reputare che sussista incertezza obbiettiva di fronte a previsioni normative equivoche, tali
da ammettere interpretazioni diverse e da non consentire, in un determinato momento,
l’individuazione certa di un significato determinato.
Una tale situazione, non infrequente rispetto alle norme tributarie, assai spesso complesse e non
univoche si può verificare ad esempio, in presenza di leggi di recente emanazione rispetto alle
quali non si sia formato un orientamento interpretativo definito, ovvero coesistano orientamenti
contradditori”
Questa Circolare sembra quasi emanata ad hoc per il Reverse charge; come non associare alla
complessità della norma la produzione di numerose circolari interpretative dell’Amministrazione
Finanziaria, nonché la proliferazione di istanze d’interpello presentate; senza tralasciare la relativa
novità della materia, introdotta a fine anno 2006, ma ancora lungi da avere una connotazione
completa, vista la complessità e la pluralità delle casistiche che rientrano nell’applicazione del
meccanismo dell’inversione contabile.
Indispensabili, ai fini di un’analisi più completa, sono le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia
Europea con la sentenza del 08.05.2008 cause riunite C95/07 – C96/07, meglio conosciuta come
“Caso Ecotrade”.
Brevemente, pur non riguardando specificatamente il Reverse charge nell’edilizia, la Corte esamina
un caso nel quale l’Agenzia delle Entrate in seguito ad una rettifica relativa a fatture su trasporti
comunitari, ha addebitato al cliente la mancata applicazione dell’inversione contabile, però al
contempo non ha premesso la detrazione dell’Iva in quanto già trascorso il termine biennale
previsto all’articolo 19 D.P.R 633/1972.
Nella sentenza vengono esplicitati due importanti principi.
- Innanzitutto pari diritti per il contribuente, ossia se esiste un termine quadriennale per
l’accertamento in termini di imposte indirette art. 57 D.P.R 633/1972 allora al fine del rispetto del
85
principio della neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, nonché della prevalenza della sostanza
sulla forma e infine, per evitare un indebito arricchimento dell’Erario dovrà essere riconosciuta al
contribuente la possibilità di detrazione dell’imposta anche se decorsi i termini previsti all’articolo
19 d.p.r. 633/197214.
- In seconda battuta, proporzionalità delle sanzioni all’infrazione commessa.
La Corte si sofferma sulle violazioni formali, prevedendo la possibilità per il Legislatore nazionale
di istituire norme sanzionatorie per il regime di Reverse charge, tuttavia esse debbono essere
proporzionate alla violazione commessa ed al danno economico derivante all’Erario.
5.2 - REGOLARIZZAZIONE DELLE SANZIONI
Per evitare qualsiasi rischio il Legislatore, ha previsto per il contribuente la presentazione di
un’istanza di interpello (15), a onor del vero va, comunque detto, che tale strada non sempre
costituisce una soluzione definitiva e semplice da realizzare.
Il contribuente è tenuto, obbligatoriamente, a presentare un’istanza relativa ad un caso concreto, in
secondo luogo prima di porre in essere il comportamento o di dare attuazione alla norma oggetto di
interpello.
Entrambi i requisiti saranno soddisfatti solo qualora i contratti siano già stati stipulati ma non sia
ancora stato effettuato il pagamento delle relative prestazioni, non va dimenticato che poi lo stesso
Legislatore impone all’Amministrazione Finanziaria obbligo di risposta entro 120 giorni, senza
considerare che tale termine può essere aumentato quando la documentazione presentata sia
considerata non sufficiente dagli Uffici Finanziari.
In conclusione, ne deriva che il pagamento dei corrispettivi non dovrà essere previsto almeno prima
dei quattro mesi dalla data del ricevimento dell’istanza da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il contribuente, vista la numerosità degli interpelli presentati, potrà, laddove sussistano condizioni
di similarità conformarsi alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate all’interpello altrui, in
questi casi si ritiene che nel caso di successivo controllo qualora fosse disconosciuto al contribuente
il comportamento adottato, L’Agenzia delle Entrate non dovrebbe comunque applicare sanzioni ed
interessi di mora in virtù del principio della tutela dell’affidamento e dell’obbiettiva incertezza.
In proposito è bene premettere, che per quanto riguarda il sistema sanzionatorio diverso è il
riferimento normativo per le violazioni in tema di Reverse charge relativo alle operazioni
comunitarie(16) e quello relativo alle operazioni interne (17).
13
Circolare 13/07/1198 n. 180/E.
Evidentemente facendo salve le ipotesi di detrazioni limitate per cause oggettive o soggettive.
15
D.M. 209 DEL 26.04.2001
16
Art. 6 comma 1 D.Lgs 471/1997
14
86
Fatte le necessarie precisazioni, riprendiamo le singole fattispecie sanzionatorie già analizzate nel
paragrafo numero 3, esaminando tutte le possibili combinazioni:
1) Applicazione impropria del Reverse charge, ovvero utilizzazione del meccanismo
dell’inversione contabile laddove la fattispecie non ne era soggetta e viceversa, differente
applicazione sanzionatoria in caso di omesso versamento da parte del cedente/prestatore.
Si supponga che il cedente prestatore ritenga di non addebitare l’Iva in quanto deduca erroneamente
che la cessione/prestazione sia soggetta al meccanismo dell’inversione contabile, non ci sarà un
danno economico per l’Erario in quanto mentre il cedente/prestatore non versa alcuna imposta, il
cessionario/committente non detrae l’imposta dato che attraverso l’autofatturazione avrà un importo
esattamente identico sia come Iva a debito sia come Iva a credito.
Rimane tuttavia l’errata applicazione del Reverse charge ecco perché i soggetti saranno
solidalmente obbligati al versamento di una sanzione pari al 3% con un massimo di € 10.000 ed un
minimo di € 258 tramite modello F24 con codice tributo 8904.
Anche in questa ipotesi attraverso l’istituto del ravvedimento operoso si potranno ridurre
notevolmente la sanzione (ad oggi 1/10 della sanzione originariamente prevista), anche in questo
caso si ritiene opportuno apportare le dovute correzioni in sede di dichiarazione onde evitare in un
successivo controllo la sanzione per dichiarazione infedele.
Di assoluta rilevanza è la risposta ad un interpello data dall’Agenzia delle Entrate attraverso la
risoluzione n. 173/E del 24.04.2008, dove, volendo velocemente riassumere il contenuto
dell’interpello, la società istante proponeva come modalità sanante di errata applicazione (causata
dalla comunicazione di un nuovo codice attività) del Reverse charge, l’emissione di una nota di
debito senza l’applicazione di alcuna sanzione invocando come esimente l’obbiettiva incertezza.
La parte più rilevante nella risposta dell’Amministrazione Finanziaria, non riguarda tanto il rifiuto
della causa esimente: ”omissis ……. In quanto restano valide le informazioni acquisite dalle parti
al momento della stipula del contratto….omissis”, quanto il rilievo secondo cui non è sufficiente
emettere nota di debito per evitare l’applicazione delle sanzioni.
Questa interpretazione sembrerebbe contraddire quanto affermato nella già richiamata circolare
11/E/2007.
In realtà, però, ci troviamo al cospetto di fattispecie simili ma non identiche; infatti, nel caso che
esamineremo in seguito non c’è un vero e proprio mancato versamento Iva, dato che il cedente non
addebita imposta mentre il cessionario applica il meccanismo dell’inversione contabile.
17
Art. 6 comma 9 bis D.Lgs 471/1997
87
Nel caso prospettato nella risoluzione, al contrario, in capo al cedente c’è l’obbligo di emissione di
fattura con addebito d’imposta per cui, parimenti, sorge un diritto di detrazione in capo al
cessionario.
In buona sostanza si ricava un mancato versamento d’imposta a carico del cedente nei termini
previsti dalla normativa tributaria, questo probabilmente è la motivazione per la quale
l’Amministrazione finanziaria non ritiene sufficiente la sola emissione di nota di addebito ma
pretende anche la corresponsione di sanzioni.
Si ipotizzi il caso opposto ossia operazione soggetta al Reverse charge che invece viene fatturata
con addebito Iva.
In questo caso occorre fare un’ulteriore distinzione circa il comportamento tenuto dal
cedente/prestatore.
Nell’evenienza in cui l’errore interpretativo sia commesso in perfetta buona fede ed il
cedente/prestatore proceda al regolare versamento dell’Iva addebitata, con conseguente detrazione
per il soggetto passivo d’imposta si verifica la situazione appena esaminata, ossia solidarietà dei
soggetti, sanzione pari al 3% con un massimo di € 10.000 ed un minimo di € 258 con solita
possibilità di ravvedimento operoso.
In questo caso se non è ancora decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione l’Agenzia delle
Entrate ha concesso la possibilità di sanare l’irregolarità attraverso l’emissione di una nota di
credito ex art. 26 D.P.R 633/1972.
Laddove, il cedente/prestatore non proceda al versamento dell’Iva addebitata in fattura, si crea un
evidente danno economico per l’Erario, dato che avremo da un lato una mancata entrata, dall’altro
pari importo portato in detrazione, da qui la responsabilità solidale per i soggetti dell’operazione
relativamente all’imposta non versata e le eventuali sanzioni.
Tuttavia l’Agenzia delle Entrate (18) ha dettato un iter che se seguito dal cessionario eviterebbe a
quest’ultimo di rispondere solidalmente (19) per l’imposta evasa e le conseguenti sanzioni
comminate al cedente/prestatore.
In base ai dettami dell’Amministrazione Finanziaria il cessionario/committente dovrebbe:
- Rinunciare alla detrazione dell’Iva erroneamente addebitata;
- Emettere documento integrativo, con indicazione dell’imponibile, dell’aliquota e della relativa
imposta, da annotare secondo le regole dell’inversione contabile, sia nel registro delle fatture
emesse, che nel registro degli acquisti, entro i termini dettati dall’articolo 17 D.P.R 633/1972;
presentare nei trenta giorni successivi a quello della registrazione in duplice copia all’Ufficio
18
Circolare 12/E/2008
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dell’Agenzie delle Entrate competente il documento di cui sopra, liquidare l’imposta prevista nei
modi ordinari nel caso di situazioni di in detraibilità soggettiva e/o oggettiva.
Seguendo scrupolosamente questi adempimenti il cedente/prestatore resterebbe il solo responsabile
per l’imposta non versata e le eventuali sanzioni addebitate.
2) Omessa o ritardata fatturazione di operazioni soggette al meccanismo del Reverse charge.
In questa ipotesi vengono comminate le normali sanzioni previste per mancata fatturazione di
operazioni esenti/non imponibili.
Ovviamente le sanzioni, dovute in misura compresa tra il 5% ed il 10%, sono a carico solo del
cedente/prestatore; il quale potrà comunque regolarizzare il tutto usufruendo, sempre entro il
termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno nel corso del quale è stata
commessa la violazione, del ravvedimento operoso con una riduzione ad 1/10 della sanzione
inizialmente prevista pari cioè ad € 25, procedendo poi al versamento della stessa tramite il modello
F24. con il codice tributo 8904.
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Si ritiene tuttavia che la solidarietà non scatti quando il committente/cessionario sia in grado di dimostrare la propria
diligenza e buona fede
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