PICCOLA/MEDIA IMPRESA il giornale del dirigente Nel numero di aprile del giornale abbiamo cominciato ad esaminare alcune cause che possono concorrere a indebolire la vostra posizione in un certo tipo di azienda (che per il bene di tutti ci auguriamo sia poco diffusa). Ma ve ne possono essere purtroppo altre… 16 6 DALLE ALLE Francesca Bosi Sgorbati ISTRUZIONI PER L’USO A partire dal numero Non riuscite a fare il vostro po, cosa è vitale e cosa può aspettare, dal lavoro perché vi affibbiano punto di vista gestionale fa sì che molti quello degli altri. In un certo ti- lavori vengono iniziati prematuramen- di aprile 2002 de Il giornale del dirigente, abbiamo intrapreso un breve viaggio tra alcune “cattive” abitudini della piccola/media impresa italiana nella gestione del personale. Come abbiamo detto nelle precedenti puntate (aprile, giugno, settembre, novembre 2002, gennaio/febbraio e aprile 2003), tra tanta onesta operosità si cela infatti a volte qualche ombra: alcune imprese registrano turn-over tripli o quadrupli rispetto all’indice fisiologico, implicitamente denunciando condizioni di lavoro molto poco soddisfacenti oppure datori di lavoro patologicamente incontentabili. Come dice il vangelo, il grano cattivo è mescolato inestricabilmente a quello buono, cosicché prima o poi ci si può imbattere in queste pecore nere della categoria imprenditoriale: spero che le informazioni offerte, frutto di numerose esperienze dirette e indirette, possano aiutare ad affrontare le nuove esperienze lavorative con qualche informazione in più. Il tono con cui vengono affrontati i singoli argomenti è volutamente “semi-serio” e “negativo”. Di certo nasconde molte verità. Fatene una lettura “critica”. Perché non tutte le piccole/medie aziende sono come quelle descritte nelle pagine che seguono: per fortuna nostra e dell’intero paese. po di azienda non si assume il personale in un’ottica positiva (per risolvere un problema o per una prospettiva di sviluppo) ma in una negativa, perché “in questa azienda si scaldano solo le sedie e non si vuole collaborare”. Dove per “collaborazione” si intendono straordinari a raffica (ovviamente non pagati, se no non si è collaborativi), disponibilità assoluta e immediata a ogni tipo di mansione (anche la meno congeniale), dire sempre di sì, non protestare mai e fare il lavoro di tre persone per lo stipendio di uno. La logica aziendale, in questo caso, è la seguente: se un impiegato ha buona volontà impara a fare di tutto. Che, tradotto, significa pagare uno stipendio invece di quattro. Non riuscite a fare il vostro lavoro perché c’è troppo lavoro. In molte aziende si confonde l’attività con l’attivismo. Tutti sono sempre molto indaffarati, gli uffici sono affollati oltre l’orario di chiusura, le riunioni durano ore. Non perché le risorse umane sono inferiori alla mole di lavoro ma perché l’uno e le altre sono sempre mal gestiti. Mai ordinare le cose secondo una qualsiasi logica di “priorità”: tutto va fatto subito perché tutto è ugualmente importante. Non riuscire a stabilire cosa va fatto prima e cosa do- Francesca Bosi Sgorbati ha esperienze lavorative nel campo pubblicitario come account, ha lavorato con clienti a livello multinazionale, aziende nazionali di grandi, medie e piccole dimensioni. Essere a contatto con clienti di dimensioni, settore merceologico e giro d’affari tanto diversi le ha permesso di conoscere da vicino realtà aziendali e lavorative diversissime tra loro te per venire accantonati quando sono ormai svolti a metà, avendo comunque sottratto tempo e risorse ad altri compiti di maggior interesse. Un imprenditore amava seguire la cosiddetta attività di new business, cioè trovare nuovi clienti per la sua azienda. Per questo prendeva contatto solo con clienti “ad alto livello”, dai quali tornava sempre con nuove, mirabolanti ipotesi di lavoro che passava immediatamente ai collaboratori senza però verificare elementi basilari quali la possibilità di realizzazione, la redditività dei progetti e l’effettivo interesse dei “clienti” a pagare. Siccome la sua agenda era zeppa di incontri, ogni giorno si materializzavano nuovi lavori che impiegati sempre più disorientati cercavano di portare avanti senza nemmeno sapere su quale budget contare, finché altri mirabolanti progetti sostituivano i precedenti, in un carosello infinito di abbozzi mai finalizzati perché c’era sempre qualcosa di più importante da seguire. Da questi esempi si evince anche che il tempo è una variabile assolutamente indipendente, il cui valore è totalmente ignoto, come quello delle “risorse umane” (leggi: impiegati). In un’azienda metalmeccanica che lavorava molto con i mercati esteri, il presidente per risparmiare i soldi del taxi si faceva accompagnare (o venire a prendere) dal direttore vendite. Che la tariffa oraria di un dirigente fosse più cara di quella di un taxista o che un manager dovesse dedicarsi a compiti più redditizi che non fare l’autista era del tutto incomprensibile. In un’altra azienda si era verificato un errore di stampa sulla confezione di un prodotto: invece che pagare 3 milioni di vec- Non vi fanno fare tutto ciò di cui siete capaci. Il responsabile pubblicità era l’unico in azienda che conoscesse il marketing. Era quindi il solo che conoscesse l’importanza di un’analisi del mercato operativo e fosse in grado di valutare la concorrenza e il pubblico di riferimento per conoscerne bisogni, aspettative e disponibilità di spesa, la redditività, l’eventuale interesse strategico e il ciclo di vita dei prodotti gestiti: conseguentemente stabilire quale articolo fosse più opportuno “sostenere” o “lanciare” con investimenti pubblicitari o politiche di prezzo particolari. La direzione non tenne mai conto di queste sue potenzialità ogni volta che offrì (senza richiedere aumenti di stipendio o altro tornaconto) questa ulteriore collaborazione ai responsabili vendite. Nemmeno quando una grave crisi colpì il settore, decurtando le vendite e creando seri problemi all’azienda. Si preferì licenziare un po’ di gente (tra cui anche il poveretto), caricarsi di nuovi (e inutili) prodotti scelti in base all’imbattibile fiuto del capo e frastornare la forza vendita con continui cambi di tattica commerciale. Perché una direzione non volle mai “sfruttare” appieno le capacità e la disponibilità di un dipendente? Perché rarissimamente il boss accetta qualcosa offerto spontaneamente da un impiegato: se non è lui ad estorcerlo e imporlo, non c’è gusto. Se non vi permettono di fare tutto ciò di cui siete veramente capaci, anche in situazioni che richiedono in modo evidente la vostra collaborazione, se regolarmente rifiutano la vostra disinteressata disponibilità, c’è anche un’altra spiegazione: il conto alla rovescia per voi è già iniziato. 17 6 il giornale del dirigente STELLE STALLE 2 chie lire a una cooperativa di servizi che avrebbe svolto il lavoro in 5 giorni, la direzione preferì fare sbianchettare 50.000 scatole a tutto l’ufficio pubblicità a tempo pieno (3 persone), tre impiegate delle vendite per 3-4 ore al giorno, due centraliniste per 3 ore al giorno, la segretaria di direzione per 2 ore al giorno, tre addetti al magazzino per 3 ore al giorno. Tempo impiegato: 4 settimane. Il costo dell’intera operazione, come avrete già calcolato, superava di gran lunga quello richiesto dalla cooperativa. La logica che sottintende questi esempi è la seguente: ti pago, quindi fai quello che dico io.