l`italia nei secoli xiv e xv (2)

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La vita politica italiana nel Trecento
Durante il periodo di decadenza dell'Impero e della Chiesa, la vita politica
italiana fu caratterizzata nel Trecento dalla formazione delle Signorie,
fenomeno che coinvolse tutta l'Italia centro-settentrionale.
Decaddero invece il Regno di Napoli, lo Stato Pontificio e la
Repubblica di Genova; mentre Venezia e Firenze giunsero alla
costituzione di stati regionali.
Dal punto di vista economico e sociale, si registra nel Trecento una evoluzione
che vede un incremento degli scambi commerciali, uno sviluppo tecnico
e produttivo, l'inizio di un processo di industrializzazione delle imprese
che prevede un largo uso di capitali e fa sì che si possa parlare per questo
periodo di economia precapitalistica.
L'Italia nel Quattrocento
Nel Quattrocento la vita politica italiana è caratterizzata da guerre e conflitti
generati dalle mire espansionistiche delle varie entità politiche italiane.
Le più importanti forze politiche italiane in questo periodo sono lo Stato
Pontificio, il regno di Napoli e gli stati regionali di Milano, Venezia e
Firenze, alleati o nemici fra loro a seconda delle circostanze, tutti
determinati a conseguire una supremazia territoriale sulla penisola.
Fra i conflitti principali dell'epoca sono da ricordare:
-la guerra per la successione al regno di Napoli (1435-1442), che si
concluse con la vittoria degli Aragonesi
-la guerra di successione al ducato di Milano (1447-1454), che
riconobbe la signoria di Francesco Sforza.
I conflitti dimostrarono che nessuna delle forze in campo aveva la possibilità
di imporsi come unica potenza italiana e a metà del secolo venne a crearsi
una situazione di equilibrio che fu sancita dalla Pace di Lodi e
successivamente dalla costituzione della Lega italica (1454-1455), tramite
la quale Milano, Firenze, Venezia, il papa, il re di Sicilia si impegnavano a
mantenere la pace in Italia.
Lo scopo della Lega venne raggiunto: per quarant'anni l'Italia conobbe una
quasi completa pacificazione, che favorì l'affermarsi della straordinaria
civiltà del Rinascimento.
Polo della duratura politica di equilibrio fu la grande personalità di Lorenzo il
Magnifico, signore di Firenze.
Il quarantennale periodo di tranquillità fu turbato dallo scoppio di un solo
conflitto, la guerra di Ferrara, fra Venezia e gli Estensi (1482-1484),
anche se in generale fu un periodo di pace apparente ma non sostanziale, per
diversi motivi:
-i signori che avevano acquisito il loro potere con il consenso popolare,
nel corso del XIV secolo erano venuti perdendolo;
-spesso in mancanza di eredi diretti, si scatenavano lotte di
successione;
-la rivalità fra famiglie era causa di congiure ai danni della famiglia
dominante a cui seguivano dure pressioni;
-i cittadini presero coscienza del fatto che la libertà e la possibilità di
partecipazione politica della città erano scomparse: aumentarono i
malumori e in alcune città ci furono aperte ribellioni.
Quindi se da un lato la politica dell'equilibrio fu un fatto positivo e garantì pace
e progresso economico, dall'altro proprio in questo periodo maturò la crisi
della libertà italiana.
La morte di Lorenzo il Magnifico (1492) non soltanto costituì la fine della
politica dell'equilibrio, ma mise anche in risalto le condizioni di debolezza
politica dell'Italia, che dopo poco, con la discesa di Carlo VIII (1494),
perse l'indipendenza.
Piemonte
In Piemonte si affermarono dapprima i marchesi di Monferrato, famiglia
antica e celebre per le sue imprese durante le Crociate: sul finire del XIII
secolo il marchese Guglielmo creò un dominio che si estendeva a quasi tutto
il Piemonte settentrionale.
Nel Piemonte meridionale, invece, si era imposto il marchese di Saluzzo.
I Savoia, fin dal Duecento, signoreggiavano sulla Val D'Aosta, sul Canavese
e oltre le Alpi lungo l'alto corso del Reno.
Nel specolo XIV i Savoia vincendo la resistenza dei marchesi di Monferrato e
di Saluzzo affermarono il loro potere in Piemonte e si inserirono nelle
vicende politiche italiane.
I principali esponenti di casa Savoia in questa periodo furono:
-Amedeo II che fu il primo ad assumere il titolo di Conte di Savoia
-Amedeo V, che ingrandì lo Stato sabaudo con la conquista di Ivrea e del
Canavese, rivolgendo la politica espansionistica definitivamente verso la
penisola italiana e abbandonando le ambizioni di espansione nel nord
-Amedeo VI detto il Conte Verde, che stese il territorio dei Savoia con
l'acquisizione di Biella, Cuneo e Santhià
-Amedeo VII detto il Conte Rosso che espanse il suo dominio fino al mare con
l'annessione di Nizza
-Amedeo VIII che ingrandì ulteriormente i territori del suo Stato con a
conquista di Vercelli e ottenne dall'imperatore Sigismondo il titolo di duca di
Savoia. Dopo la sua morte ebbe inizio per i Savoia un periodo di decadenza.
Milano
Nell'Italia centro-settentrionale la scena politica fu dominata dalla famiglia
Visconti, che si impose a Milano dopo un'aspra lotta contro la famiglia
rivale dei Torriani.
Il fondatore della dinastia viscontea Matteo Visconti (1311-1322), governò
con il titolo di vicario imperiale Milano e il suo distretto.
I successori di Matteo proseguirono un progetto di costante ampliamento
della signoria, che venne estesa in Lombardia, in Emilia e in Svizzera.
La potenza dei Visconti raggiunse la massima espansione con Gian
Galeazzo Visconti (1378-1402), che estese il suo dominio nel Veneto, in
Toscana e in Umbria.
Gian Galezzo divenne uno dei più potenti signori d'Europa, sposò la figlia
del re di Francia Giovanni II e ottenne dall'imperatore Vencesalo il titolo di
Duca di Milano, trasformando così la Signoria in un Principato.
Il ducato di Milano sembrava destinato a espandersi e a dar luogo in Italia a un
processo di unificazione analogo a quello verificatosi in Francia e in Inghilterra.
Ma alla morte di Gian Galeazzo, il dominio visconteo si frantumò,
riducendosi ai soli possessi in Lombardia.
Filippo Maria Visconti (1412-1447), figlio di Gian Galeazzo ne ereditò
l'abilità politica e, pur dovendo rinunciare a parecchie delle conquiste del
padre, riconquistò varie città ribelli e, ricostituita l'unità politica dello Stato,
riassunse un indirizzo espansionistico.
La politica aggressiva lo condusse a rapporti ostili con le altre forze politiche
italiane e determinò la partecipazione dello Stato milanese ai seguenti conflitti:
-guerra contro Venezia e Firenze (1423-1433): le sorti della guerra
volsero a favore dei Veneziani e con la Pace di Ferrara, i Milanesi dovettero
cedere Bergamo e Brescia;
-guerra per la successione al regno di Napoli (1435-1442): Filippo Maria
Visconti, alleato con Venezia e Firenze, partecipò dapprima al conflitto a fianco
degli Angioini contro gli Aragonesi; in un secondo tempo si schierò a fianco di
Alfonso d'Aragona. La guerra si concluse con la Pace di Cremona (1441) e
diede la vittoria degli Aragonesi che assunsero il potere nel regno di Napoli;
il duca di Milano fu costretto a cedere dei territori a Venezia.
Morto Filippo Maria Visconti, si scatenò una lunga guerra per la
successione al ducato di Milano (1447-1454). Dapprima la popolazione
proclamò la Repubblica Ambrosiana poi minacciata dalle mire
espansionistiche delle altre potenze dovette accettare la signoria degli
Sforza, che, nella persona di Francesco Sforza, assunsero il potere nel
1450.
Venezia e gli Aragona, che ambivano anch'essi al predominio sul Ducato,
mossero guerra agli Sforza che seppero tuttavia resistere.
A causa del sostanziale equilibrio delle forze in campo e della minaccia turca
profilatasi con la caduta di Costantinopoli del 1453, la guerra si concluse nel
1454 con la Pace di Lodi che sancì il predominio degli Sforza su Milano e
dette avvio alla politica di equilibrio.
Verona
Nell'Italia settentrionale una grande signoria fu quella dei Da Romano, vassalli
imperiali e vescovili da più generazioni, cena avevano terre un po' dovunque
tra Vicenza, Treviso e Feltre: il loro successo toccò il culmine con Ezzelino
IV, fedelissimo alleato dell'imperatore Federico II, che si impadronì di Vicenza,
Padova, Verona inglobando quasi tutto il Veneto, tranne i territori
appartenenti a Venezia. Ma Ezzelino ben prestò crollò, vinto da una
coalizione di nemici: egli fu messo a morte e gran parte della sua famiglia
venne sterminata.
Successivamente Verona passò con Mastino I della Scala, sotto la signoria
degli Scaligeri.
Il più illustre degli Scaligeri fu Can Grande della Scala (1311-1329), che
iniziò una politica espansionistica e conquistò Padova, Belluno e Feltre.
La signoria scaligera raggiunse l'apice con Mastino II (1329-1351), che
estese il dominio a Brescia, Piacenza e Parma, giungendo fino a Lucca.
Dopo pochi anni (fra il 1336 e il 1341), a causa di una sconfitta subita ad
opera di una lega formata da Venezia, Firenze e Milano, la signoria si ridusse
al solo possesso di Verona e Vicenza.
Successivamente Verona cadde sotto il dominio dei Visconti (1387) e, nel
1405, entrò a far parte definitivamente del territorio della Repubblica
di Venezia.
Firenze
Secolo XIV
Agli inizi del secolo XIV Firenze era in una condizione di grave instabilità,
sconvolta da conflitti sociali interni e minacciata dai ghibellini.
Più volte si crearono nella città i presupposti per una soluzione
autoritaria, che vide l'alternanza di due signorie:
-quella di Carlo, duca di Calabria, figlio del re Roberto di Napoli
(1325-1327)
-la signoria di Gualtiero di Brienne, detto Duca di Atene (1342-1343),
un avventuriero francese che era a capo di milizie angioine di stanza a
Firenze.
Dopo la cacciata del Duca di Atene, Firenze continuò a essere coinvolta in
aspre lotte sociali fra la borghesia e il proletariato, che culminarono
nel Tumulto dei Ciompi (lavoratori della lana), i quali costituirono un
governo popolare (1378-1382).
Dopo pochi anni, i borghesi si riappropriarono del potere e si instaurò un
governo oligarchico che durò dal 1382 al 1434, quando prese il potere
definitivamente la signoria dei Medici.
L'oligarchia (1382-1434)
L'oligarchia era formata da potenti e ricche famiglie di mercanti e
banchieri che difendevano gli interessi del popolo grasso. Durante questo
periodo Firenze sviluppò al massimo la sua economia, basata sulle attività
industriali e commerciali e procedette all'espansione territoriale in
Toscana, occupando successivamente Arezzo, Pisa, Livorno.
Secolo XV
Nei primi decenni del secolo XV Firenze portò a termine l'unificazione della
Toscana (a esclusione della Repubblica di Siena) e da quel momento si
assunse il ruolo di potenza equilibratrice delle varie forze politiche italiane,
onde evitare un deciso predominio di una potenza sulle altre.
Per ostacolare le mire espansionistiche dei Visconti partecipò alla guerra di
Milano al fianco di Venezia.
Durante il periodo oligarchico si contendevano il potere a Firenze diverse
famiglie, fra le quali rifulsero ben presto i Medici, una famiglia di ricchi
banchieri, titolari del famoso Banco de'Medici, che prestava denaro a principi
e papi. In questa lotta prevalsero infine i Medici, nella figura di Cosimo che
sopraffece gli avversari Albrizzi.
Cosimo de' Medici (1434-1464)
Con Cosimo, anche se formalmente vennero mantenute in vita le istituzioni del
Comune, ebbe inizio la Signoria de'Medici.
La politica estera di Cosimo si mantenne sulle linee direttive delineatesi
precedentemente: Firenze mirò a consolidare il suo dominio in Toscana,
difendendosi dalla politica aggressiva di altre forze politiche:
-nella guerra per la successione al regno di Napoli, i Medici si allearono
con Venezia per impedire il predominio di Milano e degli Aragonesi
-nel conflitto per la successione al ducato di Milano, Firenze ai alleò
con gli Sforza per contrastare la politica espansionistica di Venezia.
Il governo di Cosimo fu contrassegnato dalle abili imprese politiche, dal fasto
della vita di corte e dal mecenatismo del sovrano, che favorì l'opera artistica
di Brunelleschi, Donatello e Luca della Robbia e letterati come Marsilio
Ficino.
Lorenzo il Magnifico (1469-1492)
Alla morte di Cosimo governò per un breve periodo il figlio Piero detto il
Gottoso (1464-1469), a cui successe il figlio Lorenzo, detto il Magnifico,
che fece di Firenze il centro culturale e spirituale del Rinascimento.
Lorenzo ebbe l'occasione di manifestare le sue doti politiche in occasione
della Congiura dei Pazzi (1478), ordita dalla famiglia avversaria dei Pazzi,
ma alla quale parteciparono altri nemici politici dei Medici, alcuni dei quali
erano eminenti personalità ecclesiastiche.
I congiurati uccisero Giuliano de' Medici, fratello minore di Lorenzo,
che fu invece solamente ferito e riuscì a salvarsi.
La reazione alla congiura fu decisa e si concluse con l'uccisione dei
congiurati, fra cui anche l'arcivescovo di Pisa.
In reazione a ciò il Papa promosse una guerra contro Firenze, che vide
alleati al pontefice gli Aragonesi, Venezia e Milano.
Il conflitto fu evitato grazie all'abilità diplomatica di Lorenzo: riuscì a
convincere Ferdinando I d'Aragona ad abbandonare la causa del papà,
il quale dovette rinunciare ai suoi piani e concludere la pace di Firenze
(1480),
In seguito Lorenzo divenne l'arbitro della politica di equilibrio fra gli Stai
italiani, che si protrasse fino alla sua morte (1492), dopo la quale cessò,
causando gravissimi danni a tutta l'Italia.
Firenze fu, durante il governo di Lorenzo, il più attivo centro culturale
umanistico italiano e Lorenzo stesso fu, oltre che mecenate (protesse
e favorì poeti come Pulci e Poliziano), poeta di rilevante importanza.
Venezia
La Repubblica veneta nel secolo XIV
Venezia poteva contare grazie al governo oligarchico, rafforzato dalla Serrata
del Maggior Consiglio, su di una situazione politica interna di stabilità, che
permise di sviluppare l'espansione verso Oriente dove ormai da secoli aveva
edificato un vasto dominio commerciale.
Venezia fu impegnata, nel secolo XIV, in continue guerre contro Genova
ma, verso la fine del secolo, con la guerra di Chioggia (1378-1381),
affermò definitivamente la sua supremazia e poté così dirigere la sua politica
all'espansionismo sulla terraferma.
La Repubblica nel secolo XV
Nei primi anni del secolo XV la Repubblica di Venezia, eliminata definitivamente
la tradizionale avversaria Genova, godeva di una situazione politica stabile e di
un forte poter economico basato sulle attività commerciali.
Per assicurare al suo mercato le vie di transito verso la Pianura Padana a ovest,
verso il centro Europa al nord, essa allargò i suoi confini su tutto
l'entroterra, dapprima a spese degli Scaligeri di Verona, poi del ducato
di Milano e in seguito dello stesso impero, diventando signora del
Friuli.
Abbattuta nel 1405 la signoria di Verona, Venezia rivolse le sue mire alla
Lombardia e, sotto la guida del doge Francesco Foscari, combatté una
lunga guerra contro Filippo Maria Visconti, avvalendosi dell'opera di
famosi condottieri come Francesco Carmagnola, il Gattamelata,
Bartolomeo Colleoni.
Episodio rimasto famoso della guerra fu quello che vide il Carmagnola passare
dal servizio di Milano a quello di Venezia, successivamente accusato di
tradimento e in seguito decapitato (1432).
La guerra fu conclusa dalla pace di Ferrara (1433), con la quale Venezia
acquisì i territori di Brescia e Bergamo.
Una nuova guerra contro Milano avvenne anche ai tempi di Francesco
Sforza e si concluse con la pace di Lodi (1454) che assegnò a Venezia il
territorio di Crema.
Dopo la pace di Lodi, risentendo del generale clima generato dalla politica di
equilibrio e sotto la minaccia dei Turchi sul mare anche le mire espansionistiche
dei veneziani divennero più moderate.
Verso la fine del XV secolo, la pace fu interrotta dalla Guerra di Ferrara
(1482-1484), originata da contrasti fra Venezia e gli Estensi. La
Repubblica veneta poté godere in questa circostanza solo dell'appoggio iniziale
del papa, mentre al fianco di Ferrara intervenne una lega formata dal ducato di
Milano, Firenze, Napoli e altri stati minori. La guerra ebbe termine con la pace
di Bagnolo (1484): Venezia acquisì il Polesine, mentre negli altri
territori fu confermata la situazione politica stabilità dalla pace di Lodi.
Genova
Genova, diversamente da Venezia, non godeva di stabilità politica ed era
sconvolta da crisi sociali e da lotte fra fazioni della nobiltà. Nonostante
ciò espanse il suo dominio commerciale in Oriente e potenziò la sua
flotta.
Nel 1324 nella battaglia della Meloria, i Genovesi sbaragliarono la
flotta pisana ed eliminarono così la repubblica marinara che
contendeva loro il dominio nell'atea del Mar Tirreno.
Nello stesso periodo, nell'ambito della conflittualità permanente con
Venezia, Genova riscosse alcuni successi contro la rivale, che per altro non
furono decisivi.
Verso la metà del secolo XIV, nel 1339, anche la Repubblica di Genova
conquistò un assetto stabile, fondato sull'autorità del doge eletto a vita. Ciò
permise ai Genovesi di lanciare un'energica offensiva contro Venezia. Fra il
1378 e il 1381 fu combattuta la guerra di Chioggia, che vide i genovesi
appoggiati da una coalizione formata dal regno d'Ungheria, dai Ducati
d'Austria, dalla Signoria di Padova e dal Regno di Napoli.
Dapprima Venezia sembrò soccombere, poi riuscì a contrattaccare e, nel 1381,
venne stipulata la pace di Torino sancì la definitiva supremazia della
Repubblica veneta sul Mediterraneo.
Successivamente Genova, proseguendo il processo di decadenza politica, fu
sottoposta al dominio dei Visconti e degli Sforza, finché nel 1499 passò
sotto la dominazione francese di Luigi XII.
Nonostante la situazione politica di soggezione, tuttavia Genova rimase a lungo
una città economicamente florida e continuò i suoi traffici marittimi,
commerciali e finanziari.
Il Regno di Napoli
Nella prima metà del Trecento il ruolo di principale potenza italiana fu svolto
dal Regno di Napoli, dove la dinastia angioine, dopo la perdita della Sicilia
per opera degli Aragonesi nella guerra del Vespro, conclusasi con la
Pace di Caltabellotta del 1302, trovò in Roberto d'Angiò (1309-1343)
una personalità di grande rilievo politico. Il sovrano svolse un ruolo
decisivo nella composizione di conflitti di diverse città italiane e si impose come
eminente figura culturale, sviluppando la città di Napoli e facendone un
centro culturale frequentato da grandi artisti e letterati, come Francesco
Petrarca e Giovanni Boccaccio.
Nonostante i successi di Roberto d'Angiò lo stato angioino non aveva solide
basi: la condizione economica di costante debolezza portò la stato a un
progressivo indebolimento nei confronti di banchieri fiorentini, che
acquisirono in cambio privilegi commerciali e fiscali, ostacolando la
formazione di una solida imprenditoria nel Meridione.
Lo sviluppo economico trovava impedimento anche nello strapotere dei
baroni, cioè dei feudatari venuti nel regno a seguito degli Angioini. Essi
dominavano enormi latifondi e, restii ad accettare il potere regio, ricevevano in
feudo continuamente nuove terre, indebolendo ulteriormente la monarchia.
Nel Regno di Napoli si verificò quindi una situazione diametralmente opposta a
quella della monarchia francese e inglese, dove i sovrani, appoggiandosi alla
borghesia, riuscirono a indebolire i feudatari. Nell'Italia meridionale invece,
mancando una forte borghesia, la monarchia era isolata e quindi in
posizione di debolezza rispetto ai baroni.
Per queste ragioni, venuta meno la figura rilevante di Roberto d'Angiò, nel
1343 si aprì un'interminabile crisi dinastica che durò per quasi un secolo si
concluse con una guerra di successione che vide i Francesi perder il
potere sull'Italia meridionale e subentrare gli Spagnoli, cioè terminò
con la caduta della dinastia Angiò e con l'ascesa al trono di Alfonso
d'Aragona, re di Sicilia e di Aragona, nel 1443.
La guerra di successione al regno di Napoli (1435-1442)
Nel 1453, alla morte della regina Giovanna II, che non lascio eredi, si
scatenò la guerra di successione al trono del regno di Napoli, che vide
protagonisti gli Angiò e gli Aragonesi, signori d'Aragona e di Sicilia.
Al conflitto parteciparono anche le altre forze politiche italiane, in particolare
Milano, che dapprima appoggiò gli Angiò, insieme a VeneIa e Firenze, e
sconfisse gli Aragonesi. Successivamente però, Filippo Maria Visconti, per
contrastare la potenza di Venezia e garantirsi contro i vantaggi francesi in caso
di vittoria, mutò la sua posizione e si alleò con gli Aragonesi.
La guerra, dopo alterne vicende si concluse con la vittoria degli
Aragonesi, che assunsero il potere nel 1442, ponendo termine
definitivamente al governo degli Angiò.
Gli Aragonesi
Durante il governo aragonese il regno di Napoli visse un periodo di
progresso politico, sociale e culturale.
Con il re Alfonso I d'Aragona (1442-1458), Napoli divenne un
importante centro di cultura umanistica.
Il successore di Alfonso, il figlio Ferdinando I, partecipò alla guerra contro
Firenze seguita alla Congiura dei Pazzi, ma successivamente si ritirò, a
opera di Lorenzo il Magnifico, in nome della politica dell'equilibrio (1480).
Egli stroncò ferocemente la Congiura dei baroni, molti dei quali si
rifugiarono poi in Francia al seguito del re Carlo VIII, che incitarono a scendere
in Italia per far valere i suoi diritti dinastici sul regno di Napoli, come erede
degli Angioini.
Nel frattempo si diffondeva nel regno uno stato di grande malessere e
scontentezza.
La Sicilia
Separata da Napoli in seguito alla pace di Caltabellotta (1302),
sottoposta al governo di una dinastia aragonese, la Sicilia era andata
decadendo sempre più, fino a cedere nell'anarchia.
Nel 1410, l'isola fu unita alla corona d'Aragona e, nel 1442, Alfonso
d'Aragona la riunì al regno di Napoli.
Alla morte di Alfonso, tuttavia, le corone furono di nuovo separate: la
Sicilia, con la Sardegna e l'Aragona, fu assegnata al fratello Giovanni
II, mente il regno di Napoli spettò a Ferdinando I.
Lo Stato Pontificio
Secolo XIV
Dopo il trasferimento della sede papale ad Avignone (fino al 1377), Roma e
lo Stato Pontificio attraversarono un periodo di crisi e di decadenza,
caratterizzato da continui disordini.
In tale situazione il popolo trovò la forza di ribellarsi.
Esponente di primo piano della sommossa fu Cola di Rienzo, che,
ispirandosi agli ideali repubblicani, si impadronì del governo della città
facendosi nominare tribuno del popolo (1347). Egli riuscì dapprima a
ripristinare l'ordine in una situazione di soprusi, determinata dallo strapotere
dei nobili che approfittavano dell'assenza del papa, ma il suo governo assunse
presto la connotazione della tirannia, ed egli fu costretto a fuggire,
abbandonato dai suoi stessi seguaci.
In seguito ritornato dopo due anni, Cola riuscì a riprendere il potere, ma
perduto il suo prestigio, dovette affrontare l'ostilità dei nobili che ne
decretarono la definitiva rovina: fu ucciso nel corso di una rivolta popolare
nel 1354.
In quegli stessi anni, a opera di Egidio Albornoz, inviato a Roma dal papà
Innocenzo VI con pieni poteri, iniziò la riorganizzazione dello Stato
pontificio e fu affermata l'autorità del papà sulla nobiltà romana.
Dopo il ritorno a Roma della sede papale (1377) si ebbe lo Scisma
d'Occidente, che sconvolse il papato e influì negativamente sulla vita politica
e civile dello Stato pontificio, che tuttavia lentamente raggiunse una situazione
di ordine e normalità.
Lo Stato della Chiesa nel secolo XV
La fine dello Scisma, nel 1449, ebbe effetti positivi sulla vita dello Stato
pontificio, e Roma tornò a essere un attivo centro di vita culturale e
artistica.
I papi che si succedettero al soglio pontificio in questo periodo furono:
-Niccolò V: con lui Roma visse un periodo di grande splendore culturale, che
vide la fondazione della Biblioteca Vaticana e l'attività culturale di personalità
come Lorenzo Valla e Flavio Biondo.
-Callisto III: favorì molto i propri parenti e nipoti, dando origine al cosiddetto
nepotismo.
-Pio II (Enea Silvio Piccolomini), fu un dotto umanista e mecenate, che
favorì la vita culturale romana pur proseguendo la pratica del nepotismo.
-Paolo II: costruì Palazzo Venezia ed era avvero alle tendenze umanistiche.
-Sisto IV: favorevole agli umanisti, promosse la vita culturale e diede impulso
alle opere artistiche, come la Cappella Sistina. La sua politica nepotistica lo
portò ad appoggiare la Congiura dei Pazzi e a partecipare alla guerra di
Ferrara.
-Innocenzo VIII: sostenne, per la sua politica nepotistica, la Congiura dei
baroni nel regno di Napoli (1485).
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