Nel nostro caso tratteremo gli amplificatori di potenza ad alta

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTA’ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA MECCATRONICA
AMPLIFICATORI DI POTENZA AD ALTA FEDELTÁ
RELATORE: PROF. SIMONE BUSO
LAUREANDO: ANDREA FILOTTO
ANNO ACCADEMICO: 2011/2012
2
INDICE
1.
2.
Caratteristiche generali degli amplificatori di potenza
pag.5
1.1
Introduzione agli amplificatori di potenza
pag.6
1.2
Architettura caratteristica degli amplificatori
pag.9
1.3
Tecnologie tipiche degli amplificatori di potenza
pag.14
1.4
Parametri fondamentali per la caratterizzazione degli amplificatori
pag.16
Classi principali degli amplificatori
pag.21
2.1
Le classi degli amplificatori
pag.24
2.2
Classe A
pag.26
2.3
Classe B
pag.31
2.4
Classe AB
pag.36
2.5
Classe C
pag.38
2.6
Classe D
pag.41
2.7
Altre Classi
pag.46
Conclusioni
pag.51
Bibliografia
pag.53
3
4
CAPITOLO 1
CARATTERISTICHE GENERALI DEGLI
AMPLIFICATORI DI POTENZA
5
1.1 INTRODUZIONE AGLI AMPLIFICATORI DI POTENZA
Il termine "amplificatore" è genericamente utilizzato per indicare un dispositivo il cui compito è
quello di aumentare il livello del segnale al suo ingresso ad una data frequenza fino al livello
desiderato. Gli amplificatori trovano applicazione in tutti i tipi di dispositivi elettronici destinati
a realizzare un vario numero di funzioni. Ci sono molti tipi di amplificatori, ognuno con una
specifica applicazione. Si parla di amplificatori a basso rumore (LNA - Low Noise Amplifier)
quando è richiesta un'amplificazione mantenendo massimo il rapporto segnale rumore. In altri
casi è semplicemente richiesto un considerevole aumento del livello del segnale (elevato
guadagno) senza particolari specifiche sullo stesso; si parla quindi di amplificatori di guadagno
(LGA - Linear Gain Amplifier). Nel caso degli amplificatori di potenza (PA - Power Amplifier),
che sono quelli che andremo a trattare, è invece richiesto l'aumento della potenza del segnale al
suo ingresso fino al livello desiderato. Il termine "amplificatore di potenza" non è tecnicamente
corretto, infatti la potenza è qualcosa che non può essere amplificata, bensì tensione e corrente
possono essere amplificate causando un conseguente aumento della potenza del segnale. Gli
amplificatori di potenza vengono utilizzati quando l'impedenza di carico applicata ai terminali
dall'amplificatore assorbe delle correnti relativamente elevate. Sono quindi usati per pilotare un
carico come un altoparlante, un motore, ecc. Essi prendono un piccolo segnale e lo amplificano
rendendolo abbastanza forte per guidare un carico, questo rispettando soprattutto le specifiche di
linearità, efficienza e dimensioni. Essendo molteplici i requisiti e le specifiche che possono
essere richiesti ad un amplificatore, diverse saranno le metodologie di progettazione, le tecniche
di analisi e simulazione, le tecnologie impiegate e la loro implementazione pratica. Un'elevata
efficienza di conversione e un elevato grado di linearità sono le due specifiche più importanti in
un amplificatore di potenza. Esse prese singolarmente non rappresentano un problema di
complicata soluzione. Infatti, a parità di potenza d'uscita richiesta all'amplificatore, per
massimizzare la sua efficienza di conversione si può impiegare un dispositivo più piccolo
(periferia di gate minore) e farlo lavorare in regime di grande segnale, cioè in commutazione
(switching mode), sfruttando quindi il suo comportamento non lineare. Sempre a parità di
potenza d'uscita, per minimizzare gli effetti di distorsione introdotti da un amplificatore, si può
impiegare un dispositivo con periferia maggiore e farlo lavorare in condizioni pseudo lineari,
condizione questa che porta però ad una maggiore dissipazione di potenza. Tuttavia è evidente
che le due specifiche non possono essere soddisfatte assieme, ecco perché un amplificatore di
potenza è quasi sempre un compromesso tra più aspetti in conflitto tra loro, come alta efficienza
e bassa distorsione o elevata potenza d'uscita e piccole dimensioni. Un amplificatore di potenza
può essere considerato un sistema non lineare operante in regime di grande segnale, che
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introduce degli effetti non voluti sul segnale d'uscita, provocandone la distorsione rispetto al
segnale d'ingresso. Di conseguenza è necessario disporre di metodi di analisi e metodologie di
progetto prettamente non lineari. Ovviamente le tecniche di progetto da adottare sono
fortemente dipendenti da aspetti quali: la frequenza di lavoro, la banda passante richiesta, la
tecnologia a disposizione, il tipo di applicazione in cui verrà integrato l'amplificatore, il tipo di
segnale che dovrà amplificare ecc.
É pertanto evidente che gli amplificatori di potenza possono essere progettati secondo svariate
metodologie diverse, a seconda delle necessità e del campo di applicazione.
Nel nostro caso tratteremo gli amplificatori di potenza ad alta fedeltà, ossia amplificatori che
cercano di ottenere un segnale di uscita il più fedele possibile a quello d'ingresso, cercando di
ridurre al minimo la distorsione. Il campo di applicazione dove vengono maggiormente
impiegati gli amplificatori di potenza ad alta fedeltà è quello della riproduzione audio. Il motivo
è abbastanza intuitivo, in quanto è fondamentale che la riproduzione del suono avvenga con la
più assoluta fedeltà, in maniera tale che le caratteristiche fisiche del suono originario siano
conservate con elevata precisione nel suono riprodotto, per garantire un piacevole ascolto. Ed è
per questo che la storia della riproduzione audio va di pari passo con la scoperta e la diffusione
degli amplificatori.
La storia della riproduzione audio nasce infatti dai sistemi a valvole che costituirono i primi
amplificatori. All'inizio del XX secolo negli Stati Uniti furono presentati alcuni modelli di due o
tre stadi a triodo della De Forest con accoppiamento a trasformatore e alimentazione a batterie.
Questi primi esemplari erano in grado di erogare una potenza inferiore a 1W. Ma fu tra gli anni
'40 e '60 che venne dato un notevole impulso alla progettazione di sistemi audio ad alta fedeltà
con la messa a punto di circuiti che sono ancora alla base delle realizzazioni contemporanee. Un
tipico esempio del veloce progresso fu l'amplificatore monofonico della Olso, costituito da 4
tubi 6F6 in doppio push-pull a pseudo-triodo, in grado di erogare 5 W con una distorsione
armonica totale compresa fra 0,08 e 0,4%. Un punto di svolta si ebbe con la scoperta dei
transistor. A partire dagli anni '70 iniziarono ad arrivare sul mercato i primi prodotti basati su
transistor a semiconduttori con i quali si potevano realizzare apparecchiature molto più
economiche e destinate ad una diffusione commerciale assai più importante dei prodotti basati
sulle valvole. Da allora, la progettazione di amplificatori per audiofrequenze che coinvolge
l’utilizzo dei semiconduttori è rimasta essenzialmente invariata; apparentemente sembra dunque
che tutto sia già stato inventato e che tutta la conoscenza possibile circa questo campo sia già
stata raggiunta ed acquisita nella pienezza dei suoi limiti. Ciò invece è un grave errore: lo studio
e la progettazione di un amplificatore infatti è il risultato dell’unione tra scienza e
7
soggettivismo, oltre a coinvolgere una grande quantità di variabili poco predicibili e misurabili
nella realtà, pur avendone la piena consapevolezza dal punto di vista fisico e teorico. Alla luce
di ciò, risultano a tutt’oggi in fase di studio, ad esempio, le varie migliorie che si possono
apportare allo stadio di ingresso per migliorare la distorsione armonica; oppure la necessità di
aumentare le performance dello stadio di amplificazione di tensione in fatto di stabilità e
linearità mediante l’utilizzo di transistor ad elevato guadagno di corrente (“beta”); o ancora le
varie configurazioni possibili degli stadi finali (o di uscita) per favorire la diminuzione della
distorsione armonica (il cui azzeramento in natura è ancora impossibile), del fenomeno della
distorsione di crossover, di quella dovuta allo switch-on e off dei transistor finali, e delle auto
oscillazioni prodotte da accoppiamenti errati dei vari stadi. Oltre a questi problemi di natura
tecnica, vi sono ancora discussioni aperte da decenni sulle prestazioni dei vari dispositivi
utilizzati per l’amplificazione di segnale: un esempio tipico è la famosa diatriba sulla migliore
qualità dei trasformatori ad effetto campo piuttosto che i transistori a giunzione bipolare; o
ancora la convinzione da parte di molti che il suono emesso dalle storiche valvole a vuoto sia
assolutamente irraggiungibile da ogni tipo di componente a stato solido. La maggior parte di
queste accese dispute non ha ancora trovato un punto comune di accordo e forse non lo
raggiungerà mai in quanto ogni dispositivo e configurazione presenta innumerevoli vantaggi e
svantaggi tanto da rendere necessarie delle scelte obbligate di compromesso, anche in relazione
all’utilizzo dell’apparecchio progettato.
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1.2 ARCHITETTURA CARATTERISTICA DEGLI AMPLIFICATORI
Il transistor bipolare BJT, da quando è stato inventato nel 1947, è diventato il componente
simbolo dell'elettronica moderna. Esso è rapidamente diventato parte di qualsiasi progetto
elettronico compresa l'amplificazione, dove si è proposto come valido sostituto alle valvole. É
opportuno analizzare brevemente come il transistor si comporta nell’amplificazione della
tensione e della corrente all’interno di un circuito.
Innanzitutto è necessario premettere che sul comportamento statico e dinamico di un transistor
influiscono tutti i componenti esterni ad esso collegati, i quali lo “forzano” ad operare in
determinate condizioni (prestabilite) fissandone il cosiddetto “punto di lavoro”, dal quale
dipende essenzialmente la
regione di funzionamento
nonché le prestazioni del
dispositivo.
Le
variabili
coinvolte
nella
caratterizzazione del punto
di lavoro, e quindi del
funzionamento,
di
un
transistor sono:
Vbe: tensione tra il terminale
di
base
e
quello
di
emettitore;
Vce: tensione tra il terminale
di collettore e quello di
emettitore;
Vcb: tensione tra il terminale
Figura 1 -Curve caratteristiche del transistor [2]
di collettore e quello di
base;
Ib: corrente attraverso il terminale di base;
Ie: corrente attraverso il terminale di emettitore;
Ic: corrente attraverso il terminale di collettore.
Tra tutte le relazioni possibili con queste variabili, sono fondamentali quella che stabilisce la
variazione della corrente di collettore Ic in funzione della tensione tra collettore ed emettitore
Vce applicata al transistor mantenendo la corrente di base costante Ib, e quella che descrive il
fattore di amplificazione della corrente, indicato con la lettera greca ß, e che rappresenta
l’incremento della corrente di collettore in funzione dell’incremento di quella di base: ß = Ic / Ib.
9
Un esempio di curve caratteristiche di un transistor è mostrato in figura 1 in cui è riportato
l’andamento della corrente di collettore in funzione della tensione tra collettore ed emettitore.
La curva tratteggiata, indicata come curva di potenza, delimita la regione di funzionamento del
transistor. Quando si ha a che fare con segnali alternati (ad esempio un segnale audio), invece, è
necessario tener conto che la zona di funzionamento interessata non è più costituita da un unico
punto di lavoro, in quanto quest’ultimo si sposta attorno al punto di equilibrio (o di riposo) in
proporzione al segnale alternato applicato esternamente (nella maggior parte dei casi al
terminale di base del transistor). Pertanto sarà opportuno fare in modo che il dispositivo operi
all’interno della sua zona di sicurezza anche nelle condizioni più sfavorevoli ed in presenza
della tensione istantanea più critica. Fatto salvo ciò, il segnale di uscita risulterà la copia esatta,
ingrandita secondo una determinata proporzione, di quello applicato all’ingresso, tuttavia sarà
contaminato da una certa distorsione. Nell’analisi ai piccoli segnali (ovvero in regime
dinamico), il transistor può funzionare secondo tre tipi di configurazione, in relazione a come
vengono collegati i suoi terminali rispetto ai terminali d’ingresso e di uscita del segnale. Ognuna
di queste configurazioni presenta particolari caratteristiche, favorevoli e sfavorevoli, a seconda
dell’uso a cui sono destinate. In questo contesto è necessario specificare che ogni circuito
possiede cinque ulteriori parametri fondamentali: l’impedenza d’ingresso e di uscita, il
guadagno di tensione, il guadagno di corrente, il guadagno di potenza. L’impedenza d’ingresso
viene definita come il rapporto tra la tensione e la corrente d’ingresso e, allo stesso modo,
l’impedenza di uscita è il rapporto tra la tensione e la corrente di uscita. Questi due parametri
sono molto importanti nell’interfacciamento tra i vari stadi di un circuito (solitamente un
dispositivo elettronico non è costituito da un unico transistor bensì da una cascata di questi,
opportunamente collegati, da cui il termine di multistadio) in quanto il trasferimento del segnale
da uno stadio al successivo risulta massimo quando l’impedenza d’uscita dello stadio
precedente e quella d’ingresso del successivo si equivalgono; più la differenza tra le due
impedenze aumenta, più si “perde segnale” durante il trasferimento. I guadagni di tensione,
corrente e potenza, invece, vengono definiti dal rapporto tra i valori delle rispettive variabili
prelevate all’uscita e le stesse fornite all’ingresso.
La configurazione ad emettitore comune prevede la base come terminale d’ingresso e il
collettore come terminale d’uscita: è quella maggiormente utilizzata nelle applicazioni più
comuni, poiché presenta alti valori di guadagno di tensione e di corrente e, conseguentemente, il
più alto valore di guadagno in potenza. La differenza tra le impedenze d’ingresso e di uscita,
inoltre, non è troppo elevata, circostanza che facilita l’interconnessione di più stadi in cascata
senza l’introduzione di reti adattatrici tra di essi. Un esempio tipico di applicazione dello stadio
ad emettitore comune è costituito dai circuiti di amplificazione.
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La configurazione a collettore comune impiega la base come ingresso e l’emettitore come
uscita: presenta un’elevata impedenza d’ingresso ed una bassa impedenza d’uscita, fatto che ne
suggerisce l’utilizzo tipico come adattatore di impedenza nei circuiti di trasferimento di segnale,
passando sotto il nome di emitter-follower. Tale applicazione è riscontrabile negli stadi finali
degli amplificatori audio di potenza per permettere l’accoppiamento dell’altoparlante, la cui
impedenza è notoriamente bassa, al resto dell’amplificatore; in questo modo i valori delle
impedenze viste all’ingresso e all’uscita di un emitter-follower grossomodo si equivalgono.
Mediante questa configurazione, il circuito presenta un discreto guadagno di corrente, mentre il
suo guadagno in tensione è inferiore all’unità, per cui anche il guadagno di potenza risulta
essere piuttosto basso.
La configurazione a base comune, da ultimo, vede l’ingresso sull’emettitore e l’uscita sul
collettore: essa presenta una bassa impedenza d’ingresso ed un’alta impedenza d’uscita; è dotata
di un alto guadagno di tensione mentre quello in corrente è inferiore all’unità. Questo tipo di
circuito è molto utilizzato per impieghi in alta frequenza, in cui è importante minimizzare le
influenze negative di elevata temperatura, capacità parassite e correnti di fuga.
Figura 2 -Configurazioni tipiche di un transistor operante in regime dinamico. A) Emettitore Comune; B) Collettore
Comune; C)Base Comune [2]
La maggior parte degli amplificatori a transistor, fin dai primi anni ’60, presenta la tipica
struttura a tre stadi evidenziata in figura 3, sebbene ognuno di essi possa poi variare nel
dettaglio di ciascuno stadio. Nel corso degli anni sono state presentate anche configurazioni a
due soli stadi (in realtà si tratta solo di unificare il secondo e terzo stadio), abbandonate in
quanto le performance sono risultate piuttosto scadenti, e a quattro o più stadi (anche questi tipi
di configurazione presentano delle problematiche relativamente complesse, quale la maggior
difficoltà di accoppiamento e di compensazione tra gli stadi, la debole stabilità alle alte
frequenze, gli errori dovuti allo sfasamento maggiore del segnale che deve attraversare un
numero maggiore di componenti, oltre all’ovvio incremento della quantità e complessità della
circuiteria interna). A fronte di queste considerazioni (dopo svariati studi nel corso degli anni),
l’impiego dell’architettura a tre stadi si è imposto con decisione nella varietà più ampia degli
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amplificatori ad alta fedeltà ad uso comune, offrendo, oltre alla riconosciuta ed indiscutibile
praticità di implementazione, una migliore adattabilità alle esigenze di ogni progettista e
un’ottima qualità tecnica che si manifesta soprattutto nell’estrema facilità di controllo (con
semplici accorgimenti) dei fenomeni degenerativi del segnale dovuti alle più disparate cause.
Analizzando più in dettaglio le caratteristiche dei singoli stadi si può evidenziare come il primo
sia uno stadio differenziale a transconduttanza (ovvero predisposto ad amplificare la corrente
mediante il pilotaggio in tensione). Esso riceve il segnale dalla sorgente e ne crea una replica la
cui corrente di uscita risulta proporzionale a quella d’ingresso per poi inviarla all’ingresso del
secondo stadio. Il tipico schema dello stadio di ingresso (Input Stage o semplicemente IS)
mostra l’utilizzo dell’amplificatore differenziale, ossia due transistor per piccoli segnali a medio
guadagno accoppiati simmetricamente. Il differenziale rappresenta una delle migliori forme di
riduzione della distorsione che può essere realizzata mediante l’uso di pochi componenti discreti
e che non abbisogna di particolari tarature per funzionare nel modo ottimale. Oltre alla
considerevole funzione di mantenere pressoché stabile il segnale in uscita da inviare all’ingresso
del secondo stadio, questa configurazione offre l’importante vantaggio di avere un secondo
ingresso utile per applicare la retroazione negativa.
Il secondo stadio, detto amplificatore di tensione (dall’inglese Voltage Amplifier Stage o d’ora
Figura 3 -Architettura a multistadio [2]
in avanti VAS, per brevità) rappresenta un amplificatore a transimpedenza, ovvero un
amplificatore di tensione pilotato dal segnale in corrente (quello effettivamente prelevato dal
differenziale dello stadio d’ingresso). Esso riceve dunque il segnale già amplificato in corrente e
lo trasforma in un segnale ad alto livello di tensione. In questo stadio la scelta del tipo di
12
transistor, e conseguentemente delle sue caratteristiche di guadagno, è molto importante per il
controllo della stabilità. Il controllo di quest’ultimo fattore, per la verità piuttosto critico in
questo stadio, è operato dal condensatore di compensazione Cdom, detto compensatore di Miller,
dal nome dell’ingegnere che ne studiò l’effetto.
Mentre il VAS è, come si vede in figura, un semplice amplificatore di tensione composto da un
unico transistor in configurazione ad emettitore comune, il terzo stadio, detto stadio di uscita
(oppure Output Stage – OPS), è un amplificatore di corrente a guadagno di tensione pressoché
unitario (in realtà è poco meno dell’unità). Esso riceve semplicemente il segnale già amplificato
in tensione dal VAS e lo conduce fino all’uscita dell’amplificatore alla quale è connesso il
carico. In breve, il terzo stadio non è altro che un amplificatore a collettore comune
(bidirezionale) che può essere configurato in svariati modi.
La funzione basilare dell’OPS è dunque, come intuibile, non tanto quella di fornire guadagni
elevati di tensione, ma piuttosto di adattare l’uscita ad alta impedenza del VAS alla bassa
impedenza del carico, per poterlo pilotare adeguatamente. Apparentemente il terzo stadio è
quello preposto a svolgere il lavoro minore e più semplice dell’intero amplificatore, ma ciò è
fondamentalmente falso; nello stadio di uscita infatti sono concentrati la maggior parte dei
meccanismi di distorsione del segnale. Le distorsioni provocate dal primo e secondo stadio sono
del tutto ininfluenti in raffronto a quelle presentate dallo stadio di uscita.
Una siffatta architettura presenta innumerevoli vantaggi dal punto di vista pratico: primo fra
tutti, disponendo di stadi separati, ciascuno con un compito ben preciso, è estremamente
semplice intervenire con modifiche e correzioni per rendere trascurabili gli effetti parassiti
dovuti all’accoppiamento tra di essi. Questa architettura permette inoltre di isolare la singola
funzione di ciascuno stadio e perciò di riuscire a controllare le prestazioni di una larga parte di
parametri che caratterizzano l’intero dispositivo.
13
1.3 TECNOLOGIE TIPICHE DEGLI AMPLIFICATORI DI POTENZA
All'inizio, gli amplificatori audio di potenza utilizzavano dispositivi chiamati tubi a vuoto. In
principio il tubo a vuoto era l'unico modo per amplificare, sostituito poi dai transistor. Tuttavia
gli amplificatori a tubi a vuoto (o valvolari) sopravvivono ancora oggi, con un seguito di
"credenti" che li preferiscono alle tecnologie a semiconduttori. L'amplificatore valvolare si
avvale di un sistema a valvole, componenti elettrici molto simili nell'aspetto a lampadine, un
tempo molto diffuse, oggi soppiantate dalle nuove tecnologie. Tale sistema non è stato del tutto
abbandonato in quanto sinonimo di qualità, oltre che di costi elevati. La valvola è composta
principalmente da un anodo e un catodo e tra essi è collocata una griglia di controllo. All'interno
di un bulbo di vetro l'anodo viene caricato positivamente, il catodo negativamente. La corrente
che giunge alla valvola deriva da una fonte a corrente alternata che viene convertita in corrente
continua. Il catodo riscaldato dalla corrente di polarizzazione emette elettroni per effetto
termoionico. Il flusso di elettroni tra catodo e anodo viene modulato dalla griglia, la cui tensione
rappresenta la variabile di controllo del dispositivo. La griglia funge da schermo tra il catodo e
l'anodo e a seconda della sua tensione drena una parte variabile della corrente di catodo,
permettendo di realizzare un amplificatore. Il componente a stato solido più simile come
funzionamento alla valvola termoionica è il JFET. Le tensioni in gioco sono solitamente molto
elevate, il che obbliga all'uso di trasformatori. In un amplificatore valvolare propriamente detto,
che non sia dunque ibrido, vi sono due set di valvole : le valvole del finale, più grandi, e quelle
del preamplificatore. Queste ultime si occupano di amplificare il segnale e di plasmare il timbro,
le valvole del finale agiscono sulla potenza del segnale. Le valvole conferiscono al suono un
timbro unico e inconfondibile. Ed è proprio questo "suono", percepito da molti ascoltatori come
più caldo e piacevole,che permette agli amplificatori a valvole di essere usati ancor oggi.
Gli amplificatori a transistor hanno numerosi vantaggi pratici rispetto agli amplificatori
valvolari: essi tendono ad essere più efficienti, più piccoli, più robusti (fisicamente), non
necessitano di un trasformatore di uscita audio, e i transistor non richiedono la sostituzione
periodica. Gli amplificatori a valvole oltre a non essere molto efficienti e a generare molto
calore, necessitano anche di un trasformatore di uscita audio (questo perché hanno un'
impedenza di uscita troppo alta che non può interfacciarsi correttamente con la bassa impedenza
di un altoparlante). Trasformatori audio di uscita di alta qualità sono difficili da progettare, e
tendono ad essere grandi, pesanti e costosi. Gli aspetti positivi degli amplificatori a valvole
sono innanzitutto il suono "caldo", dovuto alla distorsione armonica. I tubi a vuoto producono, a
differenza dei transistor, armoniche di ordine pari, il che causa un timbro particolare. I tubi poi
sono in grado di sopportare degli abusi elettrici che lascerebbero anche il transistor più robusto
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completamente bruciato. Un buon amplificatore valvolare ha anche una larghezza di banda
molto ampia.
Gli amplificatori di potenza a transistor possono utilizzare o transistor bipolari BJT o transistor
ad effetto campo MOSFET. Anche in questo caso ci sono opinioni contrastanti su quale sia la
tecnologia migliore, i due tipi di transistor possiedono caratteristiche diverse, vantaggiose sotto
alcuni aspetti e svantaggiose per altri. Una prima caratteristica dei FET è che presentano una
frequenza di commutazione e uno slew-rate molto elevati, maggiori rispetto ai BJT. Questo fatto
in ambito della riproduzione audio permette di creare un suono più vivace e consente
all'amplificatore di riprodurre senza problemi transitori in musica. Un altro vantaggio dei FET è
il coefficiente di temperatura negativo. Ciò comporta che più il transistor si riscalda, meno
facilmente conduce. Questo è considerato una difesa automatica che impedisce la deriva
termica. Al contrario i BJT hanno un coefficiente di temperatura positivo. Più caldo diventa il
transistor, più facilmente conduce. Ciò può provocare la deriva termica, e, se il circuito di
protezione è inadeguato, può portare anche alla distruzione del transistor. I FET presentano
comunque alcuni svantaggi rispetto ai BJT:
οƒΌ Guadagno - FET non hanno l'alto guadagno dei transistor bipolari;
οƒΌ Risposta in frequenza - in genere la risposta ad alta frequenza dei BJT è migliore;
οƒΌ Danni statici - i FET sono suscettibili ai danni causati dalle scariche elettrostatiche. La
tensione e la corrente necessaria per distruggere un dispositivo sono generalmente al di
sotto della soglia di sensibilità per l'uomo;
In ogni caso i FET sotto altri aspetti sono molto più vantaggiosi dei BJT. Hanno un campo di
linearità intrinseca molto maggiore di quello di un bipolare. Essi sono operativi ben al di sotto
della loro capacità nominale sia in tensione e corrente, questo gli permette di essere utilizzati
con dissipatori molto più piccoli rispetto agli amplificatori BJT tradizionali. Il FET è poi
estremamente versatile, soprattutto quando sono necessarie impedenze elevate. Sono inoltre più
sensibili dei transistor bipolari durante il riscaldamento, e non si riscontrano problemi di
instabilità termica. Per amplificatori con potenza molto elevata poi, i FET, non hanno eguali, e
sono anche molto veloci, capaci di prestazioni generalmente superiori a quelle dei transistor
bipolari.
15
1.4
PARAMETRI
FONDAMENTALI
PER
LA
CARATTERIZZAZIONE
DEGLI
AMPLIFICATORI
Rumore
Tutto ciò che non è suono, è rumore. Questa definizione vuole indicare che esistono in natura
innumerevoli cause che degradano involontariamente la purezza del suono da riprodurre, e nei
sistemi di amplificazione ciò non è affatto irrilevante. Se si ascolta un amplificatore collegato
con un altoparlante si può sentire chiaramente un sibilo. Questo più o meno rappresenta la
soglia di rumore dell'amplificatore. Generalmente più potente è l'amplificatore, più il rumore
sarà elevato. Esso tuttavia è relativamente costante, il che significa che non aumenta con
l'aumentare del segnale di uscita. Nella riproduzione musicale il rumore di fondo è quindi
praticamente sempre lo stesso, il che significa che a basso volume sarà proporzionalmente più
grande, mentre a volume maggiore è proporzionalmente più piccolo e viene quindi mascherato.
Tutti i circuiti elettrici generano una certa quantità di rumore. L’amplificatore migliore non è
quello che presenta l’assenza di rumore (non è fisicamente possibile) ma quello che è in grado
di confinarlo al di sotto dei limiti di udibilità umani e perciò accettabile. Il rumore proviene da
diverse fonti, alcune delle quali è generata dal movimento di elettroni nel sistema e non può
essere eliminato (a meno di raffreddare le apparecchiature allo zero assoluto). Talvolta può
essere applicato un dispositivo chiamato noise gate. Esso è essenzialmente un "silenziatore",
che, collegato appena prima dell'amplificatore di potenza, taglia le componenti di rumore a
monte.
Distorsione
Figura 4 - Amplificatore a transistor [1]
Figura 5 - Caratteristica d'uscita amplificatore [1]
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Tutti gli amplificatori alterano i segnali di ingresso, generalmente in due modi: li fanno più forti
(amplificano), e aggiungono caratteristiche che non esistono nel segnale originale. Queste
caratteristiche indesiderate ammassate insieme vengono chiamate distorsione. Il rumore può
essere considerato un tipo di distorsione. Le distorsioni sono dovute alla non linearità che
caratterizzano gli amplificatori. Nell'analisi degli amplificatori di potenza la non linearità deve
essere presa in considerazione, a differenza che in altri amplificatori. Difatti se applicati piccoli
segnali, indipendentemente dalla caratteristica di trasferimento, essi hanno escursioni
sufficientemente piccole attorno al punto di riposo, e può essere trattato analiticamente in modo
lineare. L'amplificatore di potenza per sua natura deve generare un segnale di uscita di grande
ampiezza, per cui si deve prendere in considerazione tutta la sua caratteristica di ampiezza, sia
essa lineare o no.
Consideriamo ora un amplificatore a transistor (figura 4) che fornisce potenza a un carico
puramente resistivo RL. Si ha che iC rappresenta la corrente totale istantanea di collettore e ic
indica la variazione istantanea della corrente di collettore dal valore di riposo IC. La stessa
notazione è applicata alle correnti di base. La caratteristica d'uscita è rappresentata dalla figura
5.
Distorsione armonica: Per valutare la grandezza di questa distorsione, si assume che la
caratteristica dinamica rispetto al punto di riposo Q sia rappresentata da una parabola piuttosto
che da una linea retta. Così invece di mettere in relazione la corrente di ingresso i b tramite
l'equazione ic = Gib tipica di un circuito lineare, si assumerà che la relazione tra ic e ib sia
espressa più accuratamente come
𝑖𝑐 = 𝐺1 𝑖𝑏 + 𝐺2 𝑖𝑏2
dove i valori G1 e G2 sono costanti. In realtà, questi due termini sono i primi in sviluppo in serie
di potenze della funzione che rappresenta la dipendenza di ic da ib.
Se la forma d'onda dell'ingresso è sinusoidale, sostituendo nell'espressione si ha
2
𝑖𝑐 = 𝐺1 πΌπ‘π‘š cos πœ”π‘‘ + 𝐺2 πΌπ‘π‘š
π‘π‘œπ‘  2 πœ”π‘‘
Poichè cos2ωt = (1+cos2ωt)/2, l'espressione della corrente istantanea totale ic si riduce alla
forma
𝑖𝐢 = 𝐼𝐢 + 𝑖𝑐 = 𝐼𝐢 + 𝐡0 + 𝐡1 cos πœ”π‘‘ + 𝐡2 cos 2πœ”π‘‘
dove i valori Bi sono costanti che dipendono dai valori G1 e G2. Questa equazione dimostra che
l'applicazione di un segnale sinusoidale a un componente con caratteristica parabolica dà origine
a una corrente d'uscita che contiene, oltre al termine alla stessa frequenza dell'ingresso, un
termine di seconda armonica e pure una corrente costante. Questo termine costante B0 si somma
al valore di riposo iniziale IC dando luogo ad una componente continua complessiva IC + B0.
Distorsioni non lineari paraboliche introducono nell'uscita una componente la cui frequenza è
doppia di quella dell'eccitazione sinusoidale dell'ingresso. Le ampiezze B0, B1, e B2 per una
17
data resistenza di carico i possono ricavare rapidamente dalle caratteristiche statiche. Dalla
figura si osserva che
Per ωt = 0;
Per ωt =
πœ‹
;
2
Per ωt = π:
iC = Imax
iC = IC
iC = Imin
Sostituendo questi valori risulta
πΌπ‘šπ‘Žπ‘₯ = 𝐼𝐢 + 𝐡0 + 𝐡1 + 𝐡2
𝐼𝐢 = 𝐼𝐢 + 𝐡0 − 𝐡2
πΌπ‘šπ‘–π‘› = 𝐼𝐢 + 𝐡0 − 𝐡1 + 𝐡2
L'insieme di queste tre equazioni determina tre incognite B0, B1 e B2. Si ricava
𝐡0 = 𝐡2
πΌπ‘šπ‘Žπ‘₯ − πΌπ‘šπ‘–π‘›
2
πΌπ‘šπ‘Žπ‘₯ + πΌπ‘šπ‘–π‘› − 2𝐼𝐢
𝐡2 = 𝐡0 =
4
La distorsione di seconda armonica D2 è definita come
𝐡1 =
𝐷2 ≡
|𝐡2 |
|𝐡1 |
Per trovare la distorsione in forma percentuale è sufficiente moltiplicare questo valore per 100.
Le quantità Imax, Imin e Ic che compaiono in queste equazioni possono essere ricavate
direttamente dalle caratteristiche del transistor e dalla retta di carico.
Generazione di armoniche di ordine superiore: L'analisi precedente assume che le caratteristiche
dinamiche abbiano andamento parabolico. Questa approssimazione e valida solo per gli
amplificatori in cui l'ampiezza d'uscita non sia eccessiva. Invece, in un amplificatore di potenza
soggetto a grandi variazioni di segnali è necessario esprimere la caratteristica dinamica di
trasferimento rispetto al punto Q con una serie di potenze di tipo
𝑖𝑐 = 𝐺1 𝑖𝑏 + 𝐺2 𝑖𝑏2 + 𝐺3 𝑖𝑏3 + 𝐺4 𝑖𝑏4 +. ..
Assumendo che l'ingresso abbia nel tempo un semplice andamento cosinusoidale, la corrente di
uscita sarà data
𝑖𝐢 = 𝐼𝐢 + 𝐡0 + 𝐡1 cos πœ”π‘‘ + 𝐡2 cos 2πœ”π‘‘ + 𝐡3 cos 3πœ”π‘‘ +. ..
Questa equazione è stata ricavata eseguendo le opportune trasformazioni goniometriche. Si noti
che ora sono presenti armoniche del terzo ordine e di ordine superiore. La distorsione armonica
è definita come
𝐷2 ≡
|𝐡2 |
|𝐡1 |
𝐷3 ≡
|𝐡3 |
|𝐡1 |
𝐷4 ≡
|𝐡4 |
|𝐡1 |
dove Ds (s= 2,3,4,...) rappresenta la distorsione dovuta all'armonica di ordine s.
18
Potenza di uscita: Se la distorsione non è trascurabile, la potenza sviluppata alla frequenza
fondamentale vale
𝑃1 =
𝐡12 𝑅𝐿
2
mentre la potenza totale di uscita è
𝑃 = (𝐡12 + 𝐡22 + 𝐡33 +. . . )
𝑅𝐿
= (1 + 𝐷22 + 𝐷32 +. . . )𝑃1
2
ovvero
𝑃 = (1 + 𝐷 2 )𝑃1
dove la distorsione armonica totale D, o fattore di distorsione, è definita come
𝐷 ≡ √𝐷22 + 𝐷32 + 𝐷42 +. . .
Se la distorsione è pari al 10% della fondamentale si ha
𝑃 = [1 + (0.1)2 ]𝑃1 = 1.01𝑃1
Quindi, con una distorsione del 10% la potenza totale di uscita è solo dell'1% maggiore della
potenza associata alla fondamentale. Perciò, usando nel calcolo della potenza di uscita solo il
termine fondamentale P1, si commette un errore molto piccolo. Incidentalmente è bene notare
che la distorsione armonica non è necessariamente un indice del fastidio provato nell'ascolto di
musica. In genere la stessa quantità di distorsione risulta più irritante quanto più è alto l'ordine
delle armoniche a esse dovute.
Nel caso di altoparlanti, in campo audio cioè, la conseguenza derivante dalla distorsione
armonica è un peggioramento delle qualità del suono prodotto. Nei motori invece l'insorgenza di
armoniche causa la generazione di correnti indotte (correnti di Focault) nei nuclei
ferromagnetici. Queste correnti hanno un'intensità che è proporzionale al quadrato della
frequenza e provocano un riscaldamento del nucleo stesso.
Rendimento
Un parametro particolarmente significativo di un amplificatore di potenza è il rapporto fra la
potenza utile fornita al carico e quella assorbita dall'alimentazione, che prende il nome di
rendimento di conversione o efficienza teorica
πœ‚=
π‘ƒπ‘œπ‘‘π‘’π‘›π‘§π‘Ž 𝑠𝑒𝑙 π‘π‘Žπ‘Ÿπ‘–π‘π‘œ
× 100%
π‘ƒπ‘œπ‘‘π‘’π‘›π‘§π‘Ž π‘Žπ‘ π‘ π‘œπ‘Ÿπ‘π‘–π‘‘π‘Ž
ed è di primaria importanza in sistemi a limitata disponibilità di energia, quali sistemi su
satellite o sistemi portatili alimentati a batteria. Il rendimento è funzione dell'ampiezza del
segnale sul carico quindi, per ciascuna configurazione dell'amplificatore, ha significato valutare
il rendimento massimo ηmax. In generale gli amplificatori audio non sono particolarmente
19
efficienti, essi hanno grandi
perdite di potenza soprattutto nello stadio d'uscita
dell'amplificatore. Tuttavia il rendimento è una specifica di progetto importante, dato che le
grandi quantità di potenza trattate. Un alto rendimento significa anche meno energia dissipata
sotto forma di calore, il che comporta dissipatori di calore più piccoli, meno peso e più output
per un dato input. Pertanto è preferibile avere una impedenza d'uscita più piccola possibile
(idealmente zero, ma questo non viene mai raggiunto), per limitare la dissipazione di potenza.
Questo però limita il trasferimento di potenza al carico. Infatti la teoria del massimo
trasferimento di potenza afferma che la massima potenza viene trasferita all'uscita quando
l'impedenza di carico è uguale all'impedenza della sorgente. Tuttavia gli amplificatori ad alta
fedeltà non fanno parte di quei dispositivi in cui è fondamentale il massimo trasferimento di
potenza. É preferibile dunque una bassa impedenza d'uscita , il che garantisce rendimento
migliore e un migliore fattore di smorzamento. Il fattore di smorzamento (Damping Factor) è il
rapporto tra impedenza di ingresso e impedenza di uscita
𝐷𝐹 =
π‘…π‘™π‘œπ‘Žπ‘‘
π‘…π‘œπ‘’π‘‘
Un fattore di smorzamento elevato (un valore tipico si aggira attorno a 100) consente un
maggiore controllo dell'amplificatore sull'altoparlante.
Cifra di merito
Un altro parametro molto importante, nel progetto di un amplificatore di potenza, è il rapporto
fra la potenza massima fornita al carico e la potenza massima dissipata da ciascun elemento
attivo, definito cifra di merito
πΉπ‘š =
π‘ƒπ‘œπ‘‘π‘’π‘›π‘§π‘Ž π‘šπ‘Žπ‘ π‘ π‘–π‘šπ‘Ž π‘‘π‘–π‘ π‘ π‘–π‘π‘Žπ‘‘π‘Ž π‘‘π‘Ž π‘π‘–π‘Žπ‘ π‘π‘’π‘› π‘’π‘™π‘’π‘šπ‘’π‘›π‘‘π‘œ π‘Žπ‘‘π‘‘π‘–π‘£π‘œ
π‘ƒπ‘œπ‘‘π‘’π‘›π‘§π‘Ž π‘šπ‘Žπ‘ π‘ π‘–π‘šπ‘Ž π‘“π‘œπ‘Ÿπ‘›π‘–π‘‘π‘Ž π‘Žπ‘™ π‘π‘Žπ‘Ÿπ‘–π‘π‘œ
Potenza di uscita
La potenza d'uscita è un dato dipendente da diversi fattori . La potenza di un amplificatore va
innanzitutto commisurata al carico di uscita, ovvero all’impedenza dell’altoparlante utilizzato
per la riproduzione del segnale. Fissata questa variabile (che solitamente spazia dagli 8Ω ai 2Ω,
anche se ciò non costituisce una regola precisa), è opportuno ricordare che esiste una notevole
differenza tra la potenza p/p (picco picco), la potenza musicale e la potenza RMS. Solitamente,
per il calcolo della potenza p/p si utilizza il valore di tensione all’uscita dell’amplificatore
misurato come differenza tra le due creste dell’onda di segnale positiva e negativa; per il calcolo
20
della potenza musicale ci si riferisce al valore massimo di tensione raggiunto da una sola
semionda del segnale prelevato al terminale di uscita; mentre per il valore RMS (root mean
square) si utilizza il valore efficace di tensione del segnale di uscita. Ecco che sulla base di
queste semplici considerazioni è possibile notare che il valore di potenza RMS corrisponde, a
parità di carico (si supponga 8Ω ad esempio), a 1/8 della potenza p/p dello stesso amplificatore;
allo stesso modo, il valore della potenza musicale corrisponde ad ¼ della potenza p/p dichiarata.
Slew Rate
Fattore che indica la velocità massima in cui un amplificatore può variare la sua tensione di
uscita in condizioni di grandi segnali. In pratica lo slew rate rappresenta la capacità di un
amplificatore di rispondere ai transitori ad alto livello di tensione costituiti dalle escursioni del
segnale attorno allo zero. Esso si esprime in volt per microsecondo ed è dipendente dalla
frequenza del segnale a cui è misurato.
21
22
CAPITOLO 2
CLASSI PRINCIPALI DEGLI
AMPLIFICATORI
23
2.1 LE CLASSI DEGLI AMPLIFICATORI
Gli amplificatori di potenza sono classificati in varie classi di funzionamento, le quali vengono
denominate secondo le lettere dell'alfabeto (classe A, classe B, classe AB, ...). Questa
classificazione viene effettuata in base alle configurazione dello stadio di uscita
dell'amplificatore e alla polarizzazione effettuata che ne determina le modalità di
funzionamento. Come vedremo il punto di lavoro si sposta nella transcaratteristica a seconda
delle modalità progettuali adottate, determinando caratteristiche di funzionamento differenti.
Alcune classi avranno un comportamento lineare ed una alta efficienza, altra saranno
caratterizzate da un alta efficienza ma operando in zona non lineare.
Possiamo effettuare un'ulteriore classificazione delle classi degli amplificatori, dividendoli in
amplificatori "analogici" e "digitali".
Gli amplificatori "analogici" sono quelli che processano un segnale di ingresso analogico . Un
segnale analogico è un segnale ad onda continua, a differenza di un segnale digitale che è un
segnale analogico convertito in una sequenza di numeri. Le classi "analogiche" sono la classe
A, B, AB e C. Un amplificatore cosiddetto analogico ha un alimentatore che utilizza in genere
un grande trasformatore di alimentazione, un circuito raddrizzatore e condensatori di grandi
dimensioni. Questi tre dispositivi fondamentali convertono la tensione alternata di
alimentazione a una tensione più bassa (più adatta per le esigenze interne), convertendola da
alternata a continua, la filtrano e immagazzinano energia. Questi tipi di alimentatori sono in uso
da molti anni, sono relativamente semplici e affidabili. Lo svantaggio è che il trasformatore di
alimentazione è di solito di grandi dimensioni e piuttosto pesante (il nucleo del trasformatore
utilizza una notevole quantità di ferro), ed i condensatori (un minimo di due sono normalmente
utilizzati) possono anche essere grandi e ingombranti.
Gli amplificatori "digitali" hanno un funzionamento differente rispetto a quello degli
amplificatori "analogici", tuttavia il termine "digitale" non è tecnicamente corretto. Infatti non
c'è davvero nulla di simile ad un amplificatore "digitale", anche se il mercato tende a volte a
promuovere alcuni amplificatori come "digitali". Quando il termine digitale è associato ad un
amplificatore di potenza, è spesso perché il fornitore fa riferimento alla progettazione del
sistema di alimentazione o alla progettazione dello stadio di uscita. Alcuni amplificatori
utilizzano alimentatori che sono di tipo a commutazione (switching). Il termine "digitale" si
riferisce quindi alle classi che usano un alimentazione switching, in particolare la classe D, che
è quella più diffusa, ma anche classi meno note come la classe E, F, G, H, S. Gli alimentatori
switching usano trasformatori e condensatori di dimensioni molto minori rispetto agli
amplificatori tradizionali, e sono quindi notevolmente più piccoli e più leggeri di un equivalente
alimentatore di potenza analogico. I concetti alla base degli alimentatori a commutazione sono
24
noti da molti anni. Tuttavia, fino a poco tempo fa i componenti necessari per essi non potevano
essere prodotti a un costo abbastanza accessibile ai consumatori. I recenti progressi nella
tecnologia dei transistor hanno fatto si che oggi questi dispositivi abbiano un costo che ne
permetta la diffusione. In ogni caso gli alimentatori switching sono molto più complicati
rispetto alle loro controparti analogiche. Così, i vantaggi di leggerezza e dimensioni ridotte
vanno a scapito di un maggiore numero di componenti (che alla fine si potrebbe tradurre in una
minore affidabilità se le parti sono di qualità inferiore). Inoltre gli alimentatori a commutazione
sono difficili da riparare e tendono a generare molto più rumore rispetto agli alimentatori lineari.
Non si può dire quale sia la tipologia di amplificatori migliore, come vedremo ogni classe
presenta dei vantaggi e degli svantaggi che la rende preferibile o meno ad altre a seconda della
necessità e del campo di applicazione.
25
2.1 CLASSE A
Si dice che un amplificatore opera in classe A quando la corrente scorre continuamente in tutti i
dispositivi di uscita all’interno del relativo stadio, evitando in questo caso che ognuno di loro si
possa spegnere alternativamente in qualche modo per effetto di una inversione di tensione
dovuta alla forma d’onda del segnale da amplificare. In linea di principio, per far sì che ciò
avvenga,
è
necessario
polarizzare i transistor di uscita
in modo che il loro punto di
lavoro si trovi esattamente alla
metà
della
tensione
di
alimentazione (figura 6); in tal
modo
si
favoriranno
le
escursioni di segnale sia in
positivo che in negativo (figura
7). Essa
viene
normalmente
utilizzata per amplificare un
segnale
con
una
bassissima
Figura 6 - Caratteristica tipica di uscita amplificatore classe A [3]
distorsione, con lo svantaggio
però di avere uno o più transistor
che
assorbono
sempre
la
medesima corrente sia in assenza
di segnale che alla sua massima
potenza, con una conseguente
notevole dissipazione di calore.
Ciò,
oltre
rendimento
necessario
a
limitarne
effettivo,
un
il
rende
adeguato
raffreddamento, con dissipatori e
ventilatori. Per questo motivo la
classe A non permette di ottenere
Figura 7 - Forma d'onda corrente d'uscita [3]
in uscita da uno stadio finale delle potenze elevate. Tuttavia l'amplificatore di classe A è il più
semplice da costruire e il segnale di uscita è la replica perfetta di quello in ingresso. Infatti la
semplicità costruttiva e il funzionamento in zona lineare, fa si che l'amplificatore sia
caratterizzato da una bassissima distorsione. Questa classe è inoltre molto usata anche per la
sua bassa impedenza d'uscita.
26
La classe A essendo altamente antieconomica dal punto di vista energetico ha un utilizzo
limitato nelle applicazioni ad elevata potenza, tuttavia costituisce una classe di fascia elevata per
le applicazioni audio ad alta fedeltà, risultando molto amata dagli audiofili per la sua bassa
distorsione.
Rendimento e cifra di merito
Calcoliamo ora il rendimento di un amplificatore di classe A, analizzando la seguente
configurazione tipica rappresentata in figura 8.
Figura 8 - Amplificatore in classe A e relativa caratteristica d'uscita [1]
Se le componenti dovute alla distorsione sono trascurabili, la potenza media richiesta
dall'alimentatore è
𝑃𝐸 = 𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢
la potenza media fornita al carico risulta
𝑃𝐿 =
π‘‰π‘š πΌπ‘š
√2 √2
=
2
π‘‰π‘š πΌπ‘š
π‘‰π‘š2
πΌπ‘š
𝑅𝐿
=
=
2
2𝑅𝐿
2
dove Vm (Im) rappresenta il valore di picco della tensione (corrente).
Il rendimento risulta
πœ‚=
0.5π‘‰π‘š πΌπ‘š
× 100%
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢
si osservi che, per questo tipo di amplificatore, la potenza media assorbita è costante
indipendentemente dall'ampiezza del segnale sul carico; ne consegue che per piccoli segnali il
rendimento è pressoché nullo.
27
Con una scelta accurata del punto di riposo, il transistor può essere pilotato dal limite della
saturazione sino a quello dell'interdizione. Si può facilmente mostrare che in questa condizioni
Im = IC e Vm = VCC/2, per cui risulta
π‘‰π‘š πΌπ‘š
𝑃𝐿 =
√2 √2
=
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢
2√2 √2
=
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢
4
e il rendimento massimo è
πœ‚π‘šπ‘Žπ‘₯ =
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢 /4
× 100% = 25%
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢
Quindi per 1 W di potenza sul carico si assorbono 4 W dall'alimentatore e si dissipano
internamente all'amplificatore 3 W. Dal punto di vista del rendimento, la classe A non è
chiaramente una scelta consigliabile per realizzare un amplificatore di potenza.
Assumendo come punto di riposo quello che consente di avere il massimo rendimento possibile,
ovvero, come prima visto, ICQ = IC e VCEQ = VCC/2, si ha che la potenza complessiva dissipata
sul carico risulta
π‘ƒπ‘‘π‘œπ‘‘π‘…πΏ =
𝑉𝐢𝐢
π‘‰π‘š πΌπ‘š
𝐼𝐢 +
2
2
e la potenza dissipata dal transistore è
𝑉𝐢𝐢
π‘‰π‘š πΌπ‘š
𝐼𝐢 −
2
2
Relativamente alla cifra di merito, si ha che la massima potenza è dissipata dall'elemento attivo
𝑃𝐷𝑄 =
in assenza di segnale, quindi risulta
πΉπ‘š =
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢 /2
=2
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢 /4
Quindi per avere 1 W di potenza sul carico è necessario disporre di un transistor in grado di
dissipare almeno 2 W. Anche sotto questo aspetto la classe A non risulta particolarmente
conveniente.
Amplificatore in classe A con accoppiamento a trasformatore
L'efficienza di una amplificatore può essere migliorata accoppiando il carico con un
trasformatore. Un amplificatore in classe A con carico accoppiato a trasformatore è mostrato in
figura 9 (a). L'eliminazione della resistenza di collettore RC usata per la polarizzazione in
continua in figura 8 spiega l'aumento di efficienza. Il trasformatore nello stadio di uscita
fornisce un adattamento di impedenza per trasferire la massima potenza al carico. Un carico
come un altoparlante ha generalmente impedenza molto bassa, tipicamente da 4 a 16 Ω.
La relazione tra tensione e corrente del trasformatore di uscita sono
𝑛𝑝
𝑉𝑝𝐿 = ( ) 𝑉𝑠𝐿
𝑛𝑠
28
Figura 9 - (a) Amplificatore in classe A con accoppiamento a trasformatore. (b) Caratteristiche di uscita con punto di
riposo e rette di carico [1]
𝑛
𝐼𝑝𝐿 = (𝑛 𝑠 ) 𝐼𝑠𝐿
𝑝
dove ns e np sono rispettivamente il numero di spire del secondario e del primario, VsL e VpL le
tensioni secondaria e primaria, IsL e IpL le correnti secondaria e primaria. L'effettiva resistenza
del carico riferita al primario può essere determinata a partire da
𝑅𝐿′ =
𝑉𝑝𝐿
𝑛𝑝 2 𝑉𝑠𝐿
𝑛𝑝 2
=( )
= ( ) 𝑅𝐿
𝐼𝑝𝐿
𝑛𝑠 𝐼𝑠𝐿
𝑛𝑠
La retta di carico in alternata (dinamica) è determinata da R'L; la retta di carico in continuo
(statica) è invece quasi verticale, a causa della piccola resistenza primaria del trasformatore.
Assumendo VCE(min)=0 e IC(min)=0, il valore di picco della tensione di uscita e la corrente nel lato
primario del trasformatore sono
𝑉𝐢𝐸(π‘šπ‘Žπ‘₯)
= 𝑉𝐢𝐢
2
𝐼𝐢(π‘šπ‘Žπ‘₯)
πΌπ‘š =
= 𝐼𝐢
2
Sostituendo si ha che il massimo rendimento risulta:
π‘‰π‘š =
πœ‚π‘šπ‘Žπ‘₯ =
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢 /2
× 100% = 50%
𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢
quindi la massima efficienza di un amplificatore di classe A raddoppia usando un
accoppiamento a trasformatore. Il valore di Vm per uno stadio accoppiato a trasformatore è VCC;
per lo stadio a emettitore comune elementare è solamente VCC/2. La massima potenza sul carico
è
π‘ƒπΏπ‘šπ‘Žπ‘₯ =
2
2 ′
πΌπ‘š
𝑅𝐿 𝑉𝐢𝐢
=
2
2𝑅𝐿′
La massima dissipazione sul transistor è data da
29
π‘ƒπ·π‘šπ‘Žπ‘₯
2
𝑉𝐢𝐢
= 𝑉𝐢𝐢 𝐼𝐢 = ′
𝑅𝐿
sostituendo si ottiene
πΉπ‘š =
2
𝑉𝐢𝐢
/𝑅𝐿′
=2
2
𝑉𝐢𝐢
/2𝑅𝐿′
Quindi la cifra di merito dello stadio in classe A accoppiato a trasformatore è la stessa di quella
dello stadio di base a emettitore comune.
30
2.3 CLASSE B
Per far lavorare un transistor in classe B occorre polarizzare la base in modo che il punto di
lavoro si trovi a un estremo della caratteristica. Questo comporta che, con un eccitazione
sinusoidale, si ha amplificazione solo per metà ciclo. La corrente al carico sarà quindi
sinusoidale per metà periodo e nulla per l'altra metà. Poiché un transistor in classe B si comporta
come un raddrizzatore, per ottenere un'amplificazione si fa uso di uno stadio di uscita con due
transistor (uno NPN e uno PNP) collegati in serie, prelevandone il segnale dai due rispettivi
emettitori.
Questa
configurazione
amplificatore
è
detta
push-pull
di
classe B. I vantaggi della
classe B, raffrontati con il
funzionamento in classe A
sono i seguenti: è possibile
ottenere
una
potenza
di
maggiore
uscita,
il
rendimento è maggiore e la
potenza dissipata in assenza
di segnale è trascurabile. Per
Figura 10 - Caratteristica tipica di uscita amplificatore classe B [3]
questi motivi, in sistemi nei
quali l'energia a disposizione
per l'alimentazione è limitata,
come quelli a celle solari e
batterie, la potenza è in
genere fornita al carico da un
circuito a transistori push-pull
in classe B. Lo svantaggio
principale di questa classe è
la
notevole
distorsione:
infatti, prima che la semionda
positiva riesca a portare in
conduzione il transistor NPN e
Figura 11 - Forma d'onda corrente d'uscita [3]
la semionda negativa a portare in conduzione un transistor PNP, i due segnali devono superare il
livello di soglia (circa 0,65 Volt). Quindi quando il segnale passa dalla semionda positiva alla
semionda negativa o viceversa, si ha un tempo di pausa nel corso del quale nessuno dei due
31
transistor risulta in conduzione generando la nota distorsione di crossover (principale
inconveniente del funzionamento in classe B). Non tutti gli amplificatori di questa classe hanno
questa distorsione. Se l'amplificatore è progettato bene, con componenti di qualità, questa
distorsione non esiste. Ma se anche un ottimo amplificatore in classe B viene fatto ad esempio
surriscaldare perché non ventilato correttamente, i componenti possono uscire dalle tolleranze e
quindi questa distorsione si genera subito e rimane finché l'amplificatore non torna a lavorare
come dovrebbe.
Rendimento
Consideriamo
la
configurazione
push-pull
rappresentata in figura 12. Per valori positivi
dell'ingresso sinusoidale vi, Q1 conduce e Q2 è
interdetto (i2 = 0), in modo che i1 è la semionda
positiva. Per valori negativi di vi, Q1 è interdetto e
Q2 conduce, dando luogo alla semionda positiva di
i2, sfasata di 180° rispetto a quella di i1. Poiché la
corrente nel carico è data dalla differenza tra le
correnti negli emettitori dei due transistor, si ha:
𝑖𝐿 = 𝑖1 − 𝑖2
Figura 12 - Configurazione push-pull [1]
Di conseguenza si ha una corrente nel carico
perfettamente sinusoidale.
In figura 12 la tensione di picco sul carico è Vm = ImRL. La potenza di uscita è
πΌπ‘š π‘‰π‘š
2
La corrispondente corrente continua di collettore in ciascun transistore sotto carico è pari al
𝑃=
valor medio della semisinusoide della figura 11. Poiché per questa forma d'onda Idc = Im/π, la
potenza media fornita dall'alimentatore vale
πΌπ‘š 𝑉𝐢𝐢
πœ‹
Il fattore 2 in questa espressione deriva dal fatto che in un sistema push-pull sono presenti due
𝑃𝑖 = 2
transistori.
Dividendo membro a membro le due precedenti equazioni si ottiene il rendimento del circuito di
collettore
πœ‚≡
𝑃
πœ‹ π‘‰π‘š
× 100 =
× 100%
𝑃𝑖
4 𝑉𝐢𝐢
32
Se la caduta di tensione su un transistore è trascurabile rispetto alla tensione di alimentazione,
allora Vm ≈ VCC . in questa ipotesi il massimo rendimento di conversione di un sistema in classe
B è 25π = 78,5%, contro il 25% di un sistema di classe A. Questo valore η molto più alto
dipende dal fatto che in un sistema in classe B in assenza di eccitazione non scorre alcuna
corrente, mentre in classe A viene assorbita corrente dall'alimentazione anche con segnale nullo.
Si noti anche che in un amplificatore di classe B la dissipazione di collettore nello stato di
riposo è nulla e aumenta all'aumentare dell'eccitazione, mentre la dissipazione di collettore di un
transistore che lavora in classe A è massima a riposo e diminuisce quando il segnale aumenta.
Poiché in un amplificatore in classe B la corrente continua assorbita aumenta all'aumentare del
segnale, l'alimentatore deve presentare una bassa impedenza di uscita.
Cifra di merito
La potenza dissipata PC (in entrambi i transistori) è la differenza tra la potenza in ingresso al
circuito di collettore e la potenza sviluppata sul carico. Poiché Im = Vm/RL, si ha che
𝑃𝐢 = 𝑃𝑖 − 𝑃 =
2 𝑉𝐢𝐢 π‘‰π‘š π‘‰π‘š2
−
πœ‹ 𝑅𝐿
2𝑅𝐿
Questa equazione mostra che in assenza di segnale (V m = 0) la dissipazione di corrente al
collettore è nulla, cresce al crescere di Vm e raggiunge il massimo per Vm = 2VCC/π. Si trova che
il picco della potenza dissipata vale
𝑃𝐢(π‘šπ‘Žπ‘₯) =
2
2𝑉𝐢𝐢
πœ‹ 2 𝑅𝐿
La massima potenza che può essere fornita al carico si ottiene per Vm = VCC e vale
π‘ƒπ‘šπ‘Žπ‘₯ =
2
𝑉𝐢𝐢
2𝑅𝐿
La cifra di merito quindi risulta
πΉπ‘Ÿ =
𝑃𝑐(max)
2
= 2 ≃ 0.2
2π‘ƒπ‘šπ‘Žπ‘₯
πœ‹
Se per esempio, si desiderava ottenere 10 W da un amplificatore push-pull in classe B, si avrà
PC(max) = 4 W, e perciò occorre scegliere transistor che possano dissipare approssimativamente 2
W di potenza ciascuno. In altre parole, è possibile ottenere dal push-pull una potenza di uscita 5
volte quella dissipabile dal singolo transistore. D'altra parte, se fossero messi in parallelo i due
transistor facendoli funzionare in classe A per ottenere 10 W in uscita, la dissipazione di
potenza del collettore di ciascun transistor dovrebbe essere almeno di 20 W (assumendo un
rendimento del 25%). Questa affermazione discende dal fatto che Pi = P/η = 10/0.25 = 40 W. In
assenza di segnale, questa potenza di ingresso deve essere dissipata dai collettori
complementari, cioè 20 W per transistor. Ne deriva che ci sarebbe una perdita stazionaria di 20
33
W per ciascun transistor in assenza di eccitazione, mentre in classe B la stessa dissipazione è
nulla. Questo esempio mostra chiaramente la superiorità del push-pull sulla configurazione con
transistor in parallelo.
Distorsione
Le caratteristiche delle distorsioni introdotte da un sistema push-pull sono abbastanza peculiari.
Si considera il funzionamento del circuito mostrato in figura 11 quando la caratteristica di
funzionamento è non lineare. Conduce Q1 oppure Q2 in funzione della polarità del segnale
d'ingresso. Se i dispositivi hanno caratteristiche identiche, la corrente i 2 è uguale alla i1, tranne
una differenza di fase di 180°. La corrente di Q1 risulta
𝑖1 = 𝐼𝐢 + 𝐡0 + 𝐡1 cos πœ”π‘‘ + 𝐡2 cos 2πœ”π‘‘ + 𝐡3 cos 3πœ”π‘‘ +. ..
La corrente di uscita del transistor Q2 si ottiene sostituendo ωt con ωt + π nell'espressione di i 1,
cioè
𝑖2 (πœ”π‘‘) = 𝑖1 (πœ”π‘‘ + πœ‹)
da cui
𝑖2 = 𝐼𝐢 + 𝐡0 + 𝐡1 cos(πœ”π‘‘ + πœ‹) + 𝐡2 cos 2(πœ”π‘‘ + πœ‹) +. ..
ovvero
𝑖2 = 𝐼𝐢 + 𝐡0 − 𝐡1 cos πœ”π‘‘ + 𝐡2 cos 2πœ”π‘‘ − 𝐡3 cos 3πœ”π‘‘ +. ..
e risulta
𝑖𝐿 = 𝑖1 − 𝑖2 = 2(𝐡1 cos πœ”π‘‘ + 𝐡3 cos 3πœ”π‘‘ + β‹― )
Questa espressione mostra che in un circuito push-pull tutte le armoniche pari di uscita si
annullano e che la sorgente principale di distorsione è il termine di terza armonica. Questa
conclusione si basa sull'ipotesi che i due transistori siano identici. Se le loro caratteristiche
differiscono apprezzabilmente, ci si deve aspettare la presenza di una distorsione di seconda
armonica.
Distorsione di crossover
In figura 13 è rappresentata la caratteristica di trasferimento dell’amplificatore in classe B. Si
noti che esiste un intervallo di vo centrato intorno allo zero in corrispondenza del quale i
transistori sono interdetti e v1 è nulla. Questo provoca una distorsione di attraversamento detta
distorsione di crossover.
34
Figura 13 - (a) Caratteristica di trasferimento; (b) Tensione d'uscita con distorsione crossover [4]
Nel caso in cui in ingresso ci sia un’onda sinusoidale e questo effetto è più pronunciato quanto
più l’ampiezza del segnale d’ingresso è piccola.
La distorsione di crossover negli amplificatori audio di potenza dà luogo a suoni piuttosto
sgradevoli. La distorsione di crossover di un amplificatore in classe B può essere evitata
utilizzando un amplificatore operazionale ad alto guadagno ed una controreazione complessiva
negativa, come riportato in figura 14. La banda compresa tra i − 0,7 V e i + 0,7 V è riportata ad
una banda compresa tra i − 0,7/Ao e i 0,7/Ao, dove Ao è il guadagno in continua
dell’amplificatore operazionale. Il lato negativo è dato dalla limitazione imposta dallo slew-rate
dell’amplificatore operazionale che impone un limite ai tempi di attivazione e di interdizione dei
transistori in uscita che sono rilevanti alle alte frequenze.
Figura 14 - Schema circuitale classe B per ridurre distorsione crossover [4]
35
2.4 CLASSE AB
Per unire i vantaggi offerti dalla classe A in fatto di elevata potenza in uscita senza incappare
nel fenomeno della distorsione di crossover (caratteristica offerta dalla classe B), si uniscono le
peculiarità delle due precedenti classi formando la classe AB. Sapendo che un transistor inizia a
condurre quando sulla sua base è presente una tensione di 0,65 V, possiamo applicare
quest’ultima inserendo due diodi al silicio alimentati da due resistenze collegate alla linea di
alimentazione. Quando sulla base del transistor NPN giunge un segnale, questo provvede ad
amplificare le semionde positive complete perché già si trova in conduzione, ma non è in grado
di amplificare le opposte semionde negative. Viceversa, quando sulla base del transistor PNP
giunge un segnale, questo provvede ad amplificare le semionde negative complete perché già si
trova in conduzione, ma non è in grado di amplificare le opposte semionde positive. Prelevando
il segnale amplificato dagli emettitori dei transistor complementari otteniamo l’onda sinusoidale
completa. Il segnale risultante è dunque privo di distorsione, perché non esiste più la pausa tra la
semionda positiva e la semionda negativa presente nella classe B. Il principale vantaggio offerto
dalla classe AB è quello di riuscire a prelevare in uscita una elevata potenza facendo assorbire ai
collettori dei transistor una corrente irrisoria in assenza di segnale. Assorbendo a riposo una
minima corrente, i transistor dissipano molto meno calore rispetto ad uno stadio finale in classe
A.
Questa classe dunque unisce i vantaggi della classe A per quanto riguarda la fedeltà di
riproduzione, ed il rendimento della classe B. Si tratta pertanto di una soluzione che consente di
ottenere buone prestazioni sotto tutti i profili, anche se la sua realizzazione è più complessa di
quella delle classi precedenti. La classe AB è probabilmente la classe più utilizzata nelle
applicazioni ad alta fedeltà.
Funzionamento del circuito in classe AB
In figura 15 si può notare la tipica configurazione di un amplificatore in classe AB. Si nota che
essa
è equivalente a quella di un amplificatore in classe B, a meno di una tensione di
polarizzazione costante presente tra le basi dei due transistori complementari. Questa tensione
permette ai transistor di condurre anche per piccoli valori di v1. Pertanto non si verificano più
intervalli in cui nessuno dei due transistor è in conduzione, con la conseguente eliminazione
della distorsione di crossover. Come si può notare in figura 16, nell'intorno di v1 = 0 si ha infatti
una transizione graduale senza alcun fenomeno di distorsione.
36
Le considerazioni sulla potenza
relative all’amplificatore in classe
B sono attuabili anche nel classe
AB, con la differenza che in
condizioni di riposo il circuito in
classe AB dissipa una potenza
pari a VccIq per transistor. Questo
valore
risulta
essere
molto
piccolo, infatti la corrente Iq è
molto più piccola della
massima corrente di carico.
Essendo
la
classe
AB
un
Figura 15 - Tipica configurazione classe AB [4]
compromesso tra la classe A e la classe B, dal punto di vista teorico il suo rendimento di
conseguenza è compreso tra il massimo rendimento di un amplificatore in classe A e il massimo
rendimento di uno in classe B. Teoricamente il suo valore pertanto può variare tra il 50% e il
78%. Solitamente un amplificatore di classe AB ha un rendimento del 50-60%, arrivando al
massimo attorno al 70 %. La cifra di merito risulta la stessa di un amplificatore di classe B.
Figura 16 - Caratteristica di uscita [4]
37
2.5 CLASSE C
Per far funzionare un amplificatore in questa classe è necessario polarizzare i transistor di uscita
in
modo
che
essi
conducano per meno del
50% dell’onda completa
del segnale d’ingresso.
Per
tali
(essendo
ragioni,
essi
costituiti
da
componenti interdetti per
più della metà del loro
ciclo di lavoro) dissipano
poca potenza a riposo
potendo
in
tal
raggiungere
efficienza
modo
livelli
di
prossimi
al
100%. Il funzionamento
in classe C però non è
lineare.
Un
segnale
applicato all'ingresso di
un amplificatore in classe
C viene amplificato, ma
allo stesso tempo viene
molto distorto. Data la loro Figura 17 - (a) Caratteristica tipica di uscita amplificatore classe C; (b)
scarsa fedeltà di riproduzione
Forma d'onda corrente di uscita [3]
dell’onda sonora originale proveniente dalla sorgente, sono poco utilizzati come amplificatori di
segnali a bassa frequenza BF (tipo segnali musicali) per trovare invece applicazione nel
trasporto di segnali RF (ad es. radio).
Caratteristiche
Gli amplificatori di classe C sono progettati in maniera tale che la corrente di uscita sia zero per
più di mezzo periodo del segnale sinusoidale, come si può vedere in figura 17(b). Le classi A,
B, AB e C possono anche essere definite secondo l'angolo di conduzione y. Esso risulta essere
𝑦 = arccos(−
38
πΌπ‘‘π‘ž
)
𝐼𝑑𝑑
Le varie classi sono caratterizzate da un angolo di conduzione rispettivamente di:
Classe A y = π;
πœ‹
Classe B y = 2 ;
Classe AB
πœ‹
2
< y < π;
πœ‹
Classe C y < 2 .
La corrente continua è
𝐼𝑑𝑐 =
2πœ‹
1
1
𝐼𝑑𝑑
βˆ™ ∫ 𝑖𝐷 (πœƒ)π‘‘πœƒ = βˆ™ (πΌπ‘‘π‘ž βˆ™ 𝑦 − 𝐼𝑑𝑑 βˆ™ sin 𝑦) =
βˆ™ (sin 𝑦 − 𝑦 cos 𝑦)
2πœ‹ 0
πœ‹
πœ‹
Anche la tensione di uscita Vo può essere ottenuta in termini di y
Figura 19 - Potenza di uscita in funzione di y [3]
Figura 20 - Rendimento in funzione di y [3]
39
2πœ‹
1
𝑅
𝑉0 =
βˆ™ ∫ 𝑖𝐷 (πœƒ) βˆ™ 𝑅 βˆ™ π‘‘πœƒ =
βˆ™ (4πΌπ‘‘π‘ž βˆ™ sin 𝑦 + 2𝐼𝑑𝑑 βˆ™ 𝑦 + 𝐼𝑑𝑑 βˆ™ sin 2𝑦)
2πœ‹ 0
2πœ‹
=
𝐼𝑑𝑑 βˆ™ 𝑅
βˆ™ (2𝑦 − sin 2𝑦)
2πœ‹
La potenza di uscita è
π‘ƒπ‘œ =
π‘‰π‘œ2
𝑅
mentre la potenza continua
𝑉𝑂(max) = 𝑉𝐷𝐷
Da queste equazioni si ricava la massima efficienza:
πœ‚π‘šπ‘Žπ‘₯ =
𝑃𝑂(π‘šπ‘Žπ‘₯)
2𝑦 − sin 2𝑦
=
𝑃𝑖
4 βˆ™ (sin 𝑦 − 𝑦 βˆ™ cos 𝑦)
Poiché la massima tensione di drain e la massima corrente di drain sono rispettivamente
𝑉𝐷(π‘šπ‘Žπ‘₯) = 2𝑉𝐷𝐷
𝐼𝐷(π‘šπ‘Žπ‘₯) = πΌπ‘‘π‘ž + 𝐼𝑑𝑑
il rendimento massimo risulta
πœ‚π‘šπ‘Žπ‘₯ =
𝑃𝑂(π‘šπ‘Žπ‘₯)
2𝑦 − sin 2𝑦
=
𝑉𝐷(π‘šπ‘Žπ‘₯) βˆ™ 𝐼𝐷(π‘šπ‘Žπ‘₯) 8πœ‹ βˆ™ (1 − cos 𝑦)
La figura 20 riporta la massima efficienza in funzione dell'angolo di conduzione. Si nota che è
possibile raggiungere un rendimento del 100%, tuttavia dal punto di vista pratico è impossibile
in quanto la potenza di uscita è zero, come mostrato in figura 19.
40
2.6 CLASSE D
La classe D è una tecnologia completamente nuova per l'amplificazione audio. Essa si è evoluta
negli ultimi 15-20 anni, e si basa su un metodo di amplificazione completamente diverso dalle
altre classi in uso.
Spesso interpretata in modo non corretto come abbreviazione di “digitale”, la Classe D utilizza
la modulazione di larghezza di impulso (PWM, Pulse Width Modulation). Per prima cosa, viene
creato un segnale PWM a partire da un segnale audio di ingresso. La tensione di alimentazione
viene quindi commutata in base alla larghezza dell’impulso, creando un segnale PWM ad alta
potenza per pilotare l’altoparlante. Gli elementi utilizzati per l’operazione di commutazione
richiedono
una
quantità minima
di
tensione,
garantendo
un'efficacia
molto maggiore
rispetto
alle
precedenti
topologie
degli
amplificatori.
Come
si
vedere
può
dalla
figura 21 infatti
la classe D ha un
rendimento
Figura 21- Confronto efficienza classe D e classe AB [5]
notevolmente più elevato rispetto alle altre classi. Il suo rendimento teorico è 100%, nella
pratica si riescono a raggiungere valori attorno al 90%. Tuttavia, per convertire il segnale audio
in un segnale PWM con onda rettangolare, occorre utilizzare un filtro passa-basso ad elevato
consumo energetico in fase di uscita per eliminare la pulsazione, allo scopo di recuperare il
segnale audio. La risposta in frequenza, la distorsione e il fattore di smorzamento del segnale
audio dipendono dal filtro passa-basso. Un effetto collaterale indesiderato dei segnali PWM ad
elevata potenza è rappresentato dall’emissione di onde elettromagnetiche armoniche (EMC) in
un intervallo di radiofrequenza di alcuni megahertz. Gli amplificatori di Classe D vantano
un’ottima efficienza, ma non sempre garantiscono una qualità audio all’altezza; per questo,
molti produttori stanno tentando di risolvere questo problema.
41
La classe D è molto diffusa nel settore audio car, nell'audiovideo e si sta diffondendo anche
negli stadi di amplificazione dei pc. Tuttavia non ha molto seguito nelle applicazioni hi-fi, in
quanto non riesce ancora a raggiungere una fedeltà di riproduzione equivalente a quella delle
classi A e AB. Si prevede però che questa nuova tecnologia andrà a rivoluzionare il settore degli
amplificatori audio di potenza. Infatti quando si riuscirà a perfezionarli la loro efficienza potrà
permettere di ottenere una potenza di uscita di 1000 W senza bisogno di ventole di
raffreddamento.
Figura 22- Amplificatore classe D [6]
Caratteristiche di funzionamento
Un amplificatore in classe D è un amplificatore in cui il transistor di uscita opera come un
“tasto”. Quando il transistor è spento, la corrente che lo attraversa è circa zero. Quando è
acceso, la tensione fra drain e source è molto bassa, idealmente zero. In questo modo, la
dissipazione di potenza dell’elemento attivo è molto bassa.
Ciò aumenta l’efficienza, e dunque permette di usare minor potenza dalla sorgente di
alimentazione e dissipatori di calore più piccoli per gli elementi attivi. Un amplificatore in
classe D fornisce in uscita un’onda quadra, che può assumere i valori V+ e Vdell’alimentazione, il cui duty cycle è modulato dal segnale in ingresso. Uno schema di
principio semplificato di un amplificatore audio in classe D è rappresentato in figura 22.
L’amplificatore consiste in un comparatore che pilota due transistor MOSFET che operano
come tasti. Il comparatore ha due ingressi: uno è un’onda triangolare, l’altro è il segnale audio.
La frequenza del segnale triangolare deve essere molto maggiore di quella del segnale di
ingresso, in modo che le variazioni di quest’ultimo siano pressoché nulle rispetto alle variazioni
42
dell’onda triangolare. Inoltre l’ampiezza del segnale triangolare deve essere maggiore o uguale
alla massima ampiezza che può avere il segnale di ingresso audio.
L’uscita del comparatore può essere così scritta:
vc = -V1 per vs > vt
vc = +V1 per vs < vt
Con vc = -V1 ,M1 è acceso e M2 è spento, e l’uscita vo' = V+.
Per il caso vs = 0, vo' è un’onda quadra simmetrica, con duty cicle del 50%.
Il filtro LC è un passa basso che estrae il valor medio dell’uscita vo' ,che è proporzionale al
segnale audio di ingresso.
La figura 23 mostra come l’uscita vo' sia modulata dal segnale di ingresso: tanto più il segnale di
ingresso è alto, tanto più l’uscita è positiva per un tempo maggiore.
Figura 23 - Modulazione PWM [6]
L'effettivo guadagno dell'amplificatore può essere determinato applicando una tensione
continua all'ingresso, vs, e calcolando il rapporto tra ‹vo'› e vs, dove ‹vo'› denota il valore medio
in bassa frequenza di vo'. Se vs aumenta, ‹vo'› aumenta linearmente finché non raggiunge il
livello VOP, che corrisponde alla tensione di saturazione positiva dell'uscita. Questo accade
quando vs = VTP. Da cui segue che l'effettivo guadagno è dato da
π‘˜=
⟨𝑣0′ ⟩ 𝑉𝑂𝑃
=
𝑣𝑠
𝑉𝑇𝑃
La figura 24 mostra la forma d'onda della tensione di uscita vo per due valori della frequenza di
taglio del filtro LC. La funzione di trasferimento del filtro è
𝑉0
1
′ = (𝑠/πœ” )2
π‘‰π‘œ
+ (1/𝑄𝑐 )(𝑠/πœ”π‘ ) + 1
𝑐
dove ωc = 2πfc = 1/√L1C1 è la frequenza di risonanza e Qc = 1/(ωcRLC1) è il fattore di qualità. La
resistenza di carico RL è l'effettiva resistenza ad alta frequenza dell'altoparlante in parallelo con
43
R1 e C2. Il fattore di qualità per la forma d'onda in figura 24 è QC =1/√2, questo permette che il
guadagno diminuisca di 3 dB alla frequenza ωc. La frequenza del segnale è fS = 1 kHz. La
frequenza di risonanza del filtro per il segnale v01 è fc = 1 kHz, mentre per il segnale v02 è fc = 8
kHz. Le armoniche del segnale PWM sono chiaramente visibili nella forma d'onda di v02.
Per avere una minima distorsione, la frequenza dell'onda triangolare dovrebbe essere la più alta
possibile rispetto alla frequenza di taglio del filtro. Poiché la frequenza di risonanza del filtro
corrisponde alla frequenza del segnale di v01, il ritardo di fase è 90°. Il ritardo di fase per il
segnale v02 è inferiore perché la frequenza di risonanza è più grande della frequenza del segnale.
Un filtro di ordine superiore può essere usato per una più efficace eliminazione delle armoniche
ad alta frequenza. Per esempio potrebbe essere usato un filtro LC del terzo ordine o del quarto
ordine, che è composto dalla cascata di due filtri LC del secondo ordine.
Figura 24 - Forma d'onda di uscita per due differenti filtri LC [6]
La figura 25 mostra lo spettro dell'onda di vo'. Essa contiene la frequenza fondamentale fS. Oltre
a fS, le altre armoniche significative sono fT, fT ± 2fS, 2fT ± fS, 2fT ± 3fS, ecc. La più bassa di
queste è la frequenza fT - 2fS. La frequenza dell'onda triangolare deve essere scelta in maniera
tale che la frequenza della più bassa armonica significativa sia sufficientemente maggiore della
frequenza del segnale di interesse. Quindi abbiamo le condizioni fT - 2fS >> fS o fT >> 3 fS. Per
minimizzare l'ondulazione dell'uscita, la frequenza di taglio del filtro LC deve essere molto
inferiore di fT. Per esempio, in un amplificatore a banda larga con una frequenza massima di 20
kHz, la frequenza di commutazione dovrebbe essere idealmente di 600 kHz o superiore. Date le
limitazioni dovute ad una alta frequenza di commutazione, un valore più pratico potrebbe essere
300 kHz. La frequenza a -3dB di un filtro LC deve essere molto inferiore alla frequenza di
commutazione. Per esempio, potrebbe essere di 30 kHz per una frequenza di commutazione di
44
300 kHz. Da notare che l'ampiezza dell'armonica a fT è più grande di quella del segnale. Al
livello di saturazione del segnale, l'armonica diviene 1.5 volte più grande dell'armonica a fT.
Figura 25 - Spettro tensione di uscita [6]
45
2.7 ALTRE CLASSI DI AMPLIFICATORI
Classe E
Dapprima utilizzato nelle radiotrasmissioni e nei convertitori DC-DC, l'amplificatore in classe E
è stato negli ultimi anni riconsiderato e riadattato alle moderne comunicazioni mobili. La sua
elevata versatilità, soprattutto la sua elevata efficienza di conversione teoricamente
raggiungibile hanno permesso agli amplificatori di classe E di essere utilizzati nelle più recenti
applicazioni wireless (GSM/GPRS ma anche UMTS e WLAN).
Il funzionamento di un amplificatore in classe E, presentato per la prima volta da Sokal nel
1975, è basato sull'ipotesi che il dispositivo attivo si comporti come un interruttore ON-OFF
invece che come un generatore di corrente controllato.
Figura 26 - Amplificatore classe E [7]
L'esistenza di una topologia fissata e di formule chiuse per il progetto, nonché l'elevatissima
efficienza raggiungibile (idealmente il 100%, comunque nelle applicazioni pratiche sfiora il
90%) e la robustezza rispetto alla variazione dei parametri, lo hanno reso estremamente
popolare nei sistemi wireless e in generale in tutte quelle applicazioni che richiedono apparati
leggeri, affidabili e con un'autonomia elevata. Il motivo di una così elevata efficienza risiede
essenzialmente nell'assenza sia di dissipazioni sul dispositivo attivo che del trasferimento di
potenza alle armoniche della frequenza del segnale, condizioni raggiunte combinando
opportunamente l'azione ON-OFF del dispositivo e la risposta della rete di uscita. Quest'ultima è
progettata in modo da soddisfare due requisiti:
1.minimizzare le perdite sul transistore stesso, specialmente durante la transizione dallo stato
ON allo stato OFF, evitando la sovrapposizione delle forme d'onda di tensione e di corrente sul
terminale di uscita del dispositivo attivo (figura 27);
46
2. assicurare il trasferimento di potenza al carico alla sola frequenza fondamentale: questa
condizione si realizza poiché le componenti armoniche di tensione e corrente, eccetto la prima,
si trovano tra loro in opposizione di fase, e dunque non contribuiscono alla generazione di
potenza attiva.
In figura 26 è rappresentato lo
schema di un amplificatore in
classe E, che come si vede è
composto da un solo elemento
attivo che funziona da interruttore.
La caratteristica che maggiormente
limita l'impiego del classe E è
rappresentata dalla sua frequenza
massima di lavoro, cioè quel valore
di frequenza oltre il quale il
transistor non si comporta più
come
un
interruttore
ideale.
Essenzialmente per f > fmax i
Figura 27 - Caratteristiche di corrente e tensione all'uscita dello stadio
parassiti del componente attivo, attivo [7]
specialmente quelli dovuti alla
capacità di uscita, diventano predominanti e le condizioni poste da Sokal nel definire un classe
E, non possono più essere verificate.
Inoltre il classe E è un dispositivo attivo è fatto operare come un interruttore (switch), per cui si
è di fronte ad un convertitore DC/RF piuttosto che ad un amplificatore, con conseguenti
problemi di stress fisico da parte del dispositivo attivo.
CLASSE F
La Classe F è probabilmente il metodo più
praticato per aumentare l’efficienza degli
amplificatori di potenza ad alta frequenza.
E’ una tecnica introdotta nel lontano 1958
da Tyler e ripresa successivamente da
Snider.
Consiste
nel
terminare
il
dispositivo attivo con terminazioni di tipo
cortocircuito per le armoniche pari e Figura 28 - Caratteristica di uscita di tensione e
circuito aperto per quelle dispari, ad corrente [7]
47
eccezione ovviamente della fondamentale, chiusa su un carico ottimo.
La forma d’onda risultante della tensione in uscita è un’onda quadra che viene a "combinarsi"
con una forma d’onda di corrente, tipicamente di tipo sinusoidale troncata, in modo tale da
minimizzare la potenza dissipata sul dispositivo attivo stesso e quindi massimizzare l’efficienza,
come graficamente riportato in figura 28. In figura 29 è invece riportato lo schema di principio
di un amplificatore ideale in classe F.
Gli aspetti fondamentali di tale classe di operazione sono:
1. Per un amplificatore polarizzato in classe B, con una terminazione di tipo classe F, è
teoricamente possibile ottenere una potenza d’uscita a RF ed un guadagno dati da:
π‘ƒπ‘œπ‘’π‘‘,𝑓 =
𝐺𝐡′ =
4
βˆ™π‘ƒ
πœ‹ 𝐡
4
βˆ™πΊ
πœ‹ 𝐡
dove con PB e GB si sono indicati i rispettivi valori della potenza e del guadagno per un classe B.
2. L'efficienza di drain teorica è pari a
πœ‚π‘‘ =
4 πœ‹
βˆ™ = 100%
πœ‹ 4
3. Le impedenze di carico per ottenere tali risultati ideali devono essere
𝑍𝐿,𝑛𝑓
4
βˆ™ 𝑅𝐿 𝑛 = 1
= {πœ‹
∞ 𝑛 π‘‘π‘–π‘ π‘π‘Žπ‘Ÿπ‘–
0 𝑛 π‘π‘Žπ‘Ÿπ‘–
dove RL è la resistenza di carico ottima per l’amplificatore in classe B.
Figura 29 - Amplificatore classe F [7]
48
Si noti che ancora una volta, essendo nulla la sovrapposizione tra le forme d’onda di tensione e
di corrente, sarà nulla la potenza dissipata sul dispositivo attivo. Inoltre, essendo
alternativamente nulli o i fasori di corrente (In = 0 per n pari) o quelli di tensione (Vn = 0 per n
dispari), è nulla la potenza dissipata sul carico alle armoniche garantendo così il massimo della
efficienza di drain (100%).
Il numero delle terminazioni armoniche che in realtà può essere effettivamente controllato è
ovviamente finito e scelto dal progettista. La complessità circuitale dipende dal numero di filtri
utilizzati e cresce esponenzialmente con l’ordine di armonica considerata. Inoltre, se la
frequenza fondamentale non è eccessivamente elevata (almeno superiore a qualche GHz), la
progettazione dei filtri armonici può diventare difficile e poco efficace.
Tali considerazioni suggeriscono allora il controllo di un numero limitato di armoniche,
scegliendo opportunamente le terminazioni per le armoniche dispari, che ovviamente non
possono essere delle impedenze infinite, in modo tale da ottenere delle forme d’onda di tensione
il più possibile squadrate.
CLASSE G
Questa classe è stata introdotta grazie allo sviluppo di un’intuizione sul modo di poter ridurre la
dissipazione di potenza in un comune amplificatore di classe B, incrementandone al contempo
la sua efficienza. Il principio su cui si basa questa tecnica è supportato dal fatto che la maggior
parte del segnale musicale da amplificare è mediamente concentrato su bassi livelli per tutta la
sua durata con alcuni picchi che sovente possono raggiungere la massima escursione. In linea
teorica si potrebbe pensare di avere due amplificatori in parallelo, il primo che lavori per
amplificare la media del segnale ricevuto dalla sorgente ed il secondo che intervenga in
soccorso del primo quando il livello di segnale supera un certa soglia prefissata abbisognando
quindi di maggiore potenza per essere riprodotto. Con alcuni accorgimenti tecnici,
l’amplificatore in classe G avrà due linee distinte di alimentazione (una più bassa per far
funzionare lo stadio di media potenza, ed una maggiorata per poter pilotare quello a potenza più
alta); quando il segnale di ingresso presenterà un picco che eccede la soglia di funzionamento
dello stadio interno, mediante uno switch solitamente controllato da diodi di commutazione di
segnale, si “spegne” lo stadio interno in favore dell’attivazione di quello esterno di potenza
maggiore. L’efficienza di questa tecnica è indiscutibilmente maggiore (teoricamente dell'85,9
%) in quanto non viene sprecata inutilmente in calore della potenza per mantenere attivo uno
stadio che di fatto viene sottosfruttato dovendo amplificare segnali per gran parte di medio
livello, a scapito però di un crescente livello di distorsione e di non linearità dovuti alla
49
commutazione operata dai diodi (che ovviamente introdurranno un certo ritardo)
nell’attivazione e disattivazione dei rispettivi stadi di uscita.
Figura 30 - Confronto tre classe G e classe H [8]
CLASSE H
La classe H è una variante della classe G. Il suo comportamento è equivalente quello della
classe G finché il segnale è inferiore al valore di soglia. Non appena il segnale supera questo
valore di soglia, invece di commutare la tensione di alimentazione ad un secondo valore fisso
come nella classe G, il sistema in classe H fa incrementare poco alla volta la tensione di
alimentazione, seguendo quella del segnale amplificato. Proprio per questo minore spreco di
energia, il rendimento di un amplificatore in classe H è maggiore di quello di un classe G, ma
minore del 100%. L’idea di questa classe è di evitare la commutazione tra due linee fisse di
alimentazione per attivare alternativamente i due stadi di potenza, disponendo di una taratura
dinamica che si adatti alla crescente richiesta di potenza quando il segnale raggiunge i livelli più
alti.
La figura 30 mostra le differenza tra un amplificatore in classe G e uno in classe H.
50
CONCLUSIONI
In questo elaborato è stata effettuata un analisi approfondita sugli amplificatori di potenza ad
alta fedeltà. L'obiettivo era quello di fornire una panoramica sugli amplificatori di potenza, di
definire le loro caratteristiche tecnologiche, strutturali e di funzionamento, e in particolar modo
di approfondire le varie classi degli amplificatori.
Nel primo capitolo sono state presentati gli aspetti generali degli amplificatori. Si è partiti
illustrando l'architettura tipica di un amplificatore, passando poi a un breve riepilogo della storia
dell'alta fedeltà, presentando le caratteristiche delle varie tecnologie sviluppate, analizzandone
vantaggi e svantaggi. Successivamente sono stati analizzati tutti i parametri significativi degli
amplificatori, così da conoscere le grandezze che vanno a caratterizzare il loro funzionamento.
Nel secondo capitolo si è passati all'approfondimento di tutte le classi di funzionamento degli
amplificatori. Il settore dell'alta fedeltà è un settore in continuo sviluppo, dove la principale
caratteristica è il soggettivismo. Infatti non esiste un amplificatore ottimo ed uno scadente, ma
un infinito numero di vie di mezzo risultanti da innumerevoli compromessi tra i due. Così
esitono molte varianti di amplificatori, dove la prerogativa principale varia tra fedeltà,
prestazioni e prezzo a seconda dell'uso.
Si è cercato quindi di analizzare ogni classe, di definirne le modalità di funzionamento,
comprenderne le caratteristiche principale, vantaggi, svantaggi e il loro utilizzo.
Si è visto che le classi A e AB sono le modalità di funzionamento che garantiscono la fedeltà
maggiore, e risultano le più diffuse nel mondo della riproduzione audio. Le classi B e C
consentono invece di ottenere un elevato rendimento a discapito però di un elevata distorsione,
che porta la classe C ad essere inutilizzabile in applicazioni audio. Infine la classe D,
caratterizzata dal funzionamento a switching mode, rappresenta una novità forse destinata in
futuro a sostituire le altre classi. Infatti può raggiungere un rendimento quasi del 100%, non
eguagliando ancora però la fedeltà della classe A.
Esistono anche altre classi di amplificatori. Queste tuttavia sono spesso delle varianti delle
classe principali, non costituendo dunque particolari novità strutturali e con prestazioni non
molto differenti.
51
52
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