L'attentato di Sarajevo costituì la scintilla che portò l'Europa ed il mondo incontro alla prima guerra mondiale. La questione dei Balcani, infatti, innescò un vortice di sempre più radicali posizioni diplomatiche e militari che portarono a considerare il conflitto come il solo modo per risolvere gli innumerevoli contrasti economici, politici, etnici che dilaniavano le più evolute nazioni europee. L'Austria, il 28 Luglio 1914, dichiarò guerra alla Serbia e la invase. I russi, alleati dei serbi, contrattaccarono in Galizia. L'esercito germanico dilagò nel Lussemburgo e penetrò in Francia, in aiuto della quale accorse l'Inghilterra. L'esercito anglo-francese, costretto a subire l'attacco delle forze tedesche, dopo quattro mesi di guerra manovrata, contrattaccò l'avversario e succesivamente si trincerò su una continua linea difensiva. Lo stesso fecero i tedeschi e così iniziò la guerra di trincea, sviluppatasi su due sistemi difensivi e contrapposti dal Mare del Nord ai confini della neutrale Svizzera, attraverso i paesi Bassi e la Francia. (Uomini, armi e campi di battaglia della grande guerra – fronte italiano 1915 – 1918 a cura di Lucio Fabri Editore Mursia, pag. 9) 23 maggio 1915 La Grande Guerra, con tutto il suo carico di morti, tragedie e devastazioni, era già in corso da dieci mesi quando l’Italia abbandonò la neutralità e si schierò al fianco delle forze dell’Intesa contro gli ex alleati dell’Impero Austro-Ungarico e della Germania. In quelle “radiose giornate di maggio” che fecero da preludio alla dichiarazione di guerra, come saranno celebrate dalla retorica interventista, nonostante la maggioranza della popolazione fosse contraria alla guerra, a prevalere furono le posizioni di chi premeva per la partecipazione al conflitto. Neutralisti e interventisti I neutralisti (cattolici, liberali giolittiani, socialisti) erano la maggioranza nel Paese e alla Camera, ma erano divisi. Gli interventisti (repubblicani, radicali, socialriformisti, sindacalisti rivoluzionari, associazioni irredentiste) avevano un obiettivo comune e una maggior capacità di mobilitare le piazze. Ma il presidente del Consiglio Salandra, il ministro degli Esteri Sonnino e il re Vittorio Emanuele III avevano già deciso, firmando in gran segreto il 26 aprile il Trattato di Londra con Inghilterra, Francia e Russia, che in cambio dell’alleanza con l’Intesa offrivano il Trentino, il Sud Tirolo fino al Brennero, la Venezia-Giulia, l’Istria, tranne la città di Fiume, e la Dalmazia. In pratica, il completamento del processo Risorgimentale e la garanzia di un ruolo di rilievo a livello internazionale alla fine del conflitto. (Immagini tratte dal sito: www.storiologia.it) Milano “viva la guerra”. Bologna “viva la guerra” Roma “viva la guerra” e così in tutto il resto dell'Italia, da parte degli interventisti. Le posizioni di chi, come l’ex premier Giovanni Giolitti, puntava a concessioni territoriali da parte degli Imperi centrali per rimanere neutrali e pensava che il Paese non fosse pronto a uno scontro armato di tali dimensioni erano state sconfitte. Il 20 maggio, per evitare un voto contrario che avrebbe sconfessato il governo e il re, la Camera approvò la concessione di pieni poteri all’esecutivo. Il 23 maggio fu dichiarata guerra all’Austria, il giorno successivo iniziarono le operazioni militari.