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INSEGNAMENTO DI
FILOSOFIA DEL DIRITTO II
LEZIONE VII
“LA METODOLOGIA GIURIDICO-ERMENEUTICA: I CANONI
ERMENEUTICI”
PROF. FRANCESCO PETRILLO
Filosofia del diritto II
Lezione VII
Indice
1
La metodologia giuridico-ermeneutica: i canoni ermeneutici ------------------------------------ 3
1.1.
I canoni ermeneutici ---------------------------------------------------------------------------------- 7
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 14
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Filosofia del diritto II
Lezione VII
1 La metodologia giuridico-ermeneutica: i canoni
ermeneutici
L‟idea dei canoni ermeneutici si sviluppa in quel periodo storico florido dal punto di vista
della scienza degli studi giuridici che è l‟800 tedesco; quindi nella seconda metà del 1800, cioè
dopo il Marzo del 1848 tedesco, quando i giuristi in Germania si preoccupano di strutturare i canoni
tradizionali della dogmatica giuridica e i filosofi si preoccupano di dare al diritto una dimensione
scientifica perché il diritto, considerato com‟ è all‟interno delle scienze umane, in un momento
storico in cui ha grande rilievo il positivismo scientista, fa porre agli studiosi, giuristi e non giuristi,
il problema di cosa sia scienza e cosa non lo sia: cioè di rispondere alla domanda: c‟è modo di
considerare anche le attività umane come scienze?
Il problema dei canoni ermeneutici nasce in questa congerie, cioè nell‟epoca storica in cui si
pensa di stabilire e fissare dei criteri per potere attribuire all‟attività umana la connotazione
scientifica. Utilizziamo ancora un criterio per quesiti: La domanda che bisogna porsi è questa: è
scienza soltanto ciò che accade in natura e poi può essere verificato in laboratorio mediante
ripetizione di determinate condizioni naturali o una metodologia scientifica è possibile anche per le
scienze umane, per cui possiamo dire ad esempio che lo scarabocchio disegnato su un foglio da un
bambino non è necessariamente un‟opera d‟arte mentre ad es. un quadro post moderno è un‟opera
d‟arte?
Allo stesso tempo nella musica cosa fa dire che uno spartito musicale è una semplice attività
umana o un‟opera d‟arte, cosa è arte e cosa non è arte, cosa è pittura e cosa non lo è, cosa è musica
e cosa non lo è, cosa è diritto e cosa non lo è?
Più precisamente è pensabile che anche il diritto debba essere considerato un‟attività umana
non regolata scientificamente o dobbiamo considerare che l‟idea giuridica può garantire di per sé
un‟attendibilità oggettiva valida per tutta la collettività.
Questo è il problema della metodologia ermeneutica, cioè di un‟ermeneutica che non viene
studiata per essere epistemologia, cioè per ricercare la verità assoluta, né viene studiata per essere
considerata gnoseologia, cioè modo di conoscere la realtà e basta. L‟ermeneutica mira piuttosto a
fissare dei criteri all‟interpretazione della realtà che possano diventare oggettivi. Se riflettiamo sul
fatto che al giudice bocca della legge non abbiamo mai creduto molto, possiamo renderci conto del
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fatto che il problema del metodo di un‟interpretazione garantista e oggettiva diventa un problema di
assoluto rilievo per la scienza giuridica soprattutto in un‟epoca in cui è sempre più difficile
considerare le leggi di un solo ordinamento giuridico e quindi si pone sempre più come necessario
trovare un‟oggettività plausibile universalmente al di là dei singoli ordinamenti giuridici.
Di qui l‟idea della metodologia, cioè di scandire il processo interpretativo in precisi canoni,
che valgono universalmente, in particolare modo per il mondo del diritto, soprattutto perché proprio
il mondo del diritto, proprio la scienza giuridica, ci insegna che interpretare non è soltanto
un‟attività meramente conoscitiva, ma che piuttosto spesso consegue finalità che vanno al di là
della conoscenza. Tutti abbiamo presente che l‟interpretazione non è riservata a qualunque
osservatore; chi interpreta il diritto pensa sempre soprattutto alla sua applicazione. A maggior
ragione, proprio nel campo del diritto, diventa rilevante l‟idea di una metodologia che fissi e
scandisca i criteri di interpretazione e che privi l‟interpretazione di questo margine creativo, nel
senso che se questi criteri non vengano seguiti questa interpretazione debba considerarsi invalida.
I canoni ermeneutici come momento del processo metodologico, come momento del metodo
interpretativo, riguardano tutta la procedura d‟interpretazione inerente all‟attività giuridica per cui
non riguardano - e questa è la grande novità dei canoni ermeneutici rispetto ai canoni della
dogmatica tradizionale - soltanto il soggetto interpretante. Mentre l‟interpretazione storica,
sistematica e letterale erano attività, momenti del processo interpretativo, che concernevano
specificamente il soggetto interpretante, i canoni ermeneutici non riguardano soltanto il soggetto
interpretante, ma riguardano anche l‟oggetto interpretato. Rileva massimamente nel campo del
diritto e quindi della metodologia ermeneutica romantica applicata al diritto il fatto che l‟oggetto su
cui ricade l‟interpretazione non è propriamente un documento o monumento, ma spesso un altro
soggetto umano per cui si crea una fortissima circolarità ermeneutica fra il soggetto e l‟oggetto
dell‟interpretazione e soggetto ed oggetto dell‟interpretazione finiscono per avere la medesima
identità, cosa che non accade nelle altre discipline in cui non abbiamo questo rapporto di spiritualità
così forte.
Nel mondo del diritto, seppure si entra in contatto con tutte le sentenze che hanno già
interpretato una specifica norma e con tutto ciò che la giurisprudenza e la dottrina hanno già detto
su quella determinata norma, nel momento in cui il giudice decide, decide in modo differente da
come avrebbe pensato, per esempio, un Carnelutti o la Corte di Cassazione nel 1956. C‟è, in pratica,
una diversa incidenza sull‟oggetto dell‟interpretazione, in quanto diventa specificamente un
soggetto diverso, perché è sul soggetto che ricade l‟attività volitiva e quindi anche l‟attività
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conoscitiva si lega al soggetto su cui l‟attività volitiva ricade. Non posso, ovviamente, decidere
sull‟oggetto dell‟interpretazione in quanto soggetto senza tener conto del fatto che di fronte a me
c‟è un uomo come me.
Se sono un giudice di pace e posso decidere - perché le parti me lo hanno concesso secondo equità, cioè non tenendo conto di una norma scritta, quindi senza la garanzia della
fattispecie astratta, essendo stato liberato come soggetto giudicante dal vincolo astratto di legge, nel
contemperare gli interessi in gioco non posso non tener conto dei soggetti che ho di fronte a me,
non posso giudicare senza tener conto delle differenze sociali, politiche, etiche dei soggetti con cui
mi relaziono. Quindi un giudizio di equità è un giudizio in cui entrano nel gioco delle questioni
umane, che non potrebbero entrare in gioco in un automatismo logico di applicazione della
fattispecie astratta al caso concreto. Tutto questo serve a spiegare che i canoni ermeneutici non sono
regole che attengono solo al soggetto come i canoni della dogmatica tradizionale, ma attengono
anche all‟oggetto dell‟interpretazione, pure riguardando la spiritualità del soggetto, perché
riguardano appunto una relazione tra due soggetti e non tra soggetto e oggetto.
I canoni ermeneutici dunque, quale procedere dell‟interpretazione, quali sanzioni del
procedimento interpretativo, cioè quali regole interne al metodo interpretativo, si costruiscono su
quelli che sono i due presupposti fondamentali dell‟ermeneutica, ovvero la precomprensione critica
e la circolarità ermeneutica.
I due canoni attinenti all‟oggetto sono i canoni che attengono alla circolarità ermeneutica
perché è nella circolarità ermeneutica che rileva la novità per l‟interprete del diritto. La circolarità
ermeneutica è l‟idea che l‟interpretazione non sia soltanto del soggetto, ma sia una relazione fra
soggetto ed oggetto.
I canoni attinenti al soggetto, invece, sono i canoni che riguardano la precomprensione
critica perché la precomprensione critica è proprio la parte di soggettività che entra nel
procedimento interpretativo. Essa è un habitus del soggetto e concerne regole da porsi
specificamente alle caratteristiche imputative del soggetto per la validità del suo giudizio.
Dal punto di vista metodologico nel procedimento interpretativo tener conto dei canoni
attinenti all‟oggetto e al soggetto significa che, a prescindere dall‟applicazione o meno di una
fattispecie astratta di una norma che potrebbe anche non esserci, questi canoni non sono stati
rispettati, allora è ben possibile che le Corti superiori possano correggere in via “ermeneutica
correttiva” decisioni prese senza il rispetto dei canoni ermeneutici.
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I canoni ermeneutici della filosofia romantica che vengono utilizzati nella metodologia
giuridico-ermeneutica hanno anche una tradizione più remota perché sono certamente risalenti
anche al codice giustinianeo, che aveva già fatto riferimento all‟idea dell‟interpretazione del diritto,
ovviamente dello ius civile, perché è difficile parlare per il diritto romano di un diritto pubblico vero
e proprio. Già allora si era ritenuto che l‟interpretazione non potesse essere un‟attività priva di
regole, per cui erano stati fissati dei canoni attinenti al soggetto ed all‟oggetto dell‟interpretazione,
cioè delle regole da seguire nell‟interpretare tanto dal punto di vista del soggetto, quanto dal punto
di vista dell‟oggetto, mediante il diritto privato. Tant‟è, e qui veniamo ad un riferimento normativo,
che il nostro legislatore del 1942 aveva considerato la necessità di procedere all‟interpretazione per
es. del contratto di diritto privato, fissando in specifici articoli
del codice civile i canoni
ermeneutici per l‟interpretazione del contratto. Gli artt. 1362-1371 del c.c. regolano
l‟interpretazione del contratto di diritto privato e nelle intenzioni del legislatore del‟42 vincolano
l‟attività dell‟interprete, cioè non lasciano all‟interprete di diritto privato una vera e propria libertà
di azione, soprattutto non lasciano all‟interprete di diritto privato la possibilità di interpretare
semplicemente mediante il sillogismo logico. Sappiamo bene, perché questo occorre per rapportare
l‟interpretazione logico-analitica all‟ interpretazione secondo ermeneutica giuridica, che la nostra
giurisprudenza per ben settant‟anni, sulle orme di questa intuizione dell‟interpretazione logicoanalitica di N. Bobbio, ha ritenuto che gli artt. dal 1362, secondo comma c.c. fino al 1371, sono
articoli con valenza marginale, cioè dall‟interpretazione logico-analitica è stata marginalizzata fino
al 2005-2006 l‟applicazione dei canoni ermeneutici, anche rispetto all‟interpretazione del contratto
di diritto privato. Ciò è esattamente il contrario di quello che sta accadendo oggi, e cioè i canoni
ermeneutici fissati per il diritto privato dagli artt.1362-1371 C.C. si stanno estendendo a tutte le
forme di interpretazione del giudice, proprio a partire dall‟interpretazione del contratto di diritto
privato, quindi, fino all‟interpretazione dell‟atto amministrativo e all‟interpretazione costituzionale.
I canoni ermeneutici, dunque, sanciscono, come ha scritto appena qualche mese fa, un grande
giurista come Giuseppe Benedetti, una nuova dogmatica. Ma in realtà più che una nuova dogmatica
sanciscono un ritorno alla dogmatica che precede la dogmatica tradizionale, perché essendo in
qualche modo già viventi nella tradizione dell‟interpretazione del diritto romano e del diritto
comune, essi precedono anche la tradizione dei canoni dogmatici, ovvero del canone storico,
sistematico e letterale.
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I canoni ermeneutici
Il primo canone ermeneutico è il canone dell’autonomia dell’intendere, canone attinente
all‟oggetto dell‟interpretazione e presente complessivamente in tutti e due i comma dell‟art.1362
del c.c.. L‟autonomia dell‟intendere è un canone già romanistico, sensus non est inferendus sed
efferendus, cioè il senso non va limitato all‟interno di ciò che si va ad interpretare nel monumento o
documento, ma va considerata tutta la complessiva attività che si va ad interpretare. Sensus non est
inferendus sed efferendus è il canone attinente all‟oggetto che trasforma fortemente
l‟interpretazione tradizionale, ma che era stato fissato dal legislatore del‟42 per l‟interpretazione del
contratto di diritto privato, quando nella formula edittale quest‟ultimo aveva fatto chiaramente
riferimento all‟intenzione delle parti. Se si apre un codice, l‟art.1362, nella sua formula edittale
recita: <<l‟intenzione delle parti>> e ha un chiaro secondo comma nel quale chiarisce che l‟attività
contrattuale interpretata dev‟essere intesa nella sua complessità, anche in quella parte successiva
alla conclusione del contratto; laddove il primo comma, prima parte, invece fa riferimento alla
letteralità, alla lettera del documento contrattuale. L‟interpretazione logico-analitica suggerisce di
assoggettare l‟interpretazione del contratto alla legge, cioè suggerisce di assoggettare
l‟interpretazione del contratto alle norme sull‟interpretazione della legge in generale o Preleggi, che
regolano l‟interpretazione della legge, cioè, in particolare, all‟art.12 delle preleggi, primo comma.
Per cui l‟interpretazione del contratto, al di là della previsione legislativa, quindi in qualche
modo realizzando una contraddizione in termini rispetto a quella che è la prospettiva
dell‟interpretazione logico-analitica, si è ridotta non all‟applicazione dei canoni ermeneutici, ma
semplicemente all‟utilizzo del combinato disposto dell‟art.12, primo comma, prima parte, delle
Preleggi e dell‟art.1362, primo comma, solo prima parte c.c.. Perciò secondo le teorie logicoanalitiche va interpretato solo il documento contrattuale, che è un documento normativo, perché
l‟autoregolamentazione di diritto privato è soggetta a legge, e quindi il contratto non lo
interpretiamo tenendo conto di tutto l‟art. 1362 c.c., non lo interpretiamo tenendo conto di quella
che è la formula edittale, e cioè l‟interpretazione secondo l‟intenzione delle parti, ma lo
interpretiamo tenendo conto del combinato disposto dell‟art. 12 e 1362, primo comma, prima parte.
Secondo tale impostazione, il contratto può essere interpretato non per quanto concerne ciò che
accade dopo la conclusione del contratto, e quindi diviene netta l‟esclusione dell‟art.1362, secondo
comma, e si nega la sua interpretazione per quanto attiene alla fase precontrattuale.
L‟interpretazione del contratto è rimasta ancorata, fino al 2005, all‟interpretazione logico-analitica
letterale del testo documentale, cioè del momento documentale di conclusione del contratto. Quindi
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non si è mai applicato il canone ermeneutico del sensus non est inferendus sed efferendus, cioè il
canone dell‟autonomia dell‟intendere. Tenere conto dell‟autonomia dell‟intendere significa, al di là
delle questioni prettamente giuridiche, cercare una spiegazione complessiva e culturale del canone
ermeneutico rispetto al suo oggetto.
L‟attualità dell‟intendere è molto rilevante perché consiste nella considerazione dell‟oggetto
così come è oggi nell‟attualità e non per quello che l‟oggetto è stato, cioè la considerazione negli
altri campi del sapere, del documento o monumento, non soltanto per quello che è stato nel corso
della sua storia, ma anche per quello che è oggi nel momento in cui procedo ad interpretarlo. È la
considerazione filosofico-ermeneutica immediata del significato dell‟oggetto nel suo tempo;
l‟oggetto non va considerato soltanto per quello che è stato, ma anche per quello che rileva
concretamente di esso oggi.
In questo senso il canone dell‟autonomia dell‟intendere è un canone utilizzabile e spendibile,
anche in sede di correzione ermeneutica, nel considerare e riconsiderare le interpretazioni di norme
che vigono nel nostro ordinamento al fine di riportarle ad oggi. Per il tramite di questo canone
posso estendere il significato dell‟interpretazione, considerando che l‟oggetto dell‟interpretazione
muta nel tempo e lo considero così come è mutato oggi e non per quello che è stato fino ad oggi.
Ora, se l‟interpretazione della legge può giovare certamente dal punto di vista dell‟interpretazione
giuspubblicistica, molto meno ci ha giovato dal punto di vista dell‟interpretazione giusprivatistica e
non è un caso poi, che proprio nell‟insieme delle leges mercatorum, tutto quello che è accaduto nel
mercato ha riportato in voga una delle parti più trascurate del nostro codice.
Il secondo canone, attinente ancora all‟oggetto dell‟interpretazione, è il canone della
totalità. Attenzione a non considerare il canone della totalità come un canone sistemico che attiene
all‟idea sistemica o sistematica del diritto. La totalità non è il canone della considerazione della
completezza ordinamentale, non coincide con la completezza dell‟ordinamento. Il canone della
totalità è dal punto di vista culturale filosofico-romantico il canone della considerazione
dell‟oggetto in rapporto a tutti gli altri oggetti similari che si vanno ad interpretare. Cioè non posso
interpretare un monumento o documento senza confrontarlo con l‟altro documento o monumento
dello stesso tipo. Non posso interpretare un quadro senza tener conto di altre forme di raffigurazione
pittorica.
L‟interpretazione per avere una sua valenza che tenda all‟oggettività e comunque per
garantire il suo stesso metodo deve considerare l‟oggetto in rapporto a tutti gli altri oggetti presenti
all‟interno del contesto che si va ad interpretare. Natalino Irti ha scritto sulla questione un
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bellissimo libro sulla questione del rapporto tra Testo e contesto, per spiegare questa linea di
apertura proprio alle discipline gius-civiliste verso l‟ermeneutica. Già nella metà degli anni 90,
questo Autore aveva parlato del rilievo della necessità di considerare un testo, sempre all‟interno
degli altri testi, ovvero sempre all‟ interno del contesto nel quale andava interpretato un testo.
Il canone della totalità è anche presente nel c.c., ancora nelle norme previste in tema di
contratto, quando si parla di contestualità delle clausole contrattuali. Il canone della totalità coincide
con la contestualità delle clausole contrattuali previsto dagli art.1362-1371 del c.c. È stato, infatti,
anch‟esso considerato dal legislatore del „42 precisamente nell‟ art. 1363 del c.c. e cioè
nell‟interpretazione, secondo la formula fissata dal codice, complessiva delle clausole.
Dunque il canone della totalità è un canone che riguarda la direzione di senso circolare
dell‟interpretazione ermeneutica e che tiene conto della complessiva considerazione delle clausole
del contratto cosi come tiene conto del rapporto tra soggetto e oggetto dell‟interpretazione, cioè
della complessiva attività svolta dalle parti.
I canoni attinenti all‟oggetto diventano una novità di grande rilevanza per la teoria
dell‟interpretazione
giuridica,
perché
aprono
all‟interpretazione
del
diritto
rispetto
all‟interpretazione della mera legge. Permettono di considerare non solo il soggetto
dell‟interpretazione ma propriamente tutta l‟attività giuridica del soggetto interpretante, del soggetto
interpretato, il fatto giuridico e la norma. L‟oggetto dell‟interpretazione allora, e è questo, il tema su
cui dobbiamo riflettere, non è più soltanto il documento o monumento, l‟interpretazione non è più
soltanto l‟interpretazione del documento normativo, non è più soltanto il documento contrattuale
che diviene documento normativo perché l‟auto-regolamentazione del diritto privato è soggetta alla
legge, ma oggetto dell‟interpretazione diviene allo stesso tempo il documento normativo che non
viene escluso dall‟interpretazione e l‟attività complessiva svolta dal soggetto su cui ricade
l‟interpretazione.
I canoni attinenti al soggetto sono una novità minore per la teoria dell‟interpretazione
giuridica.
L‟interpretazione della legge era già un‟interpretazione, ce lo siamo detti molte volte, legata
al soggetto longa manus dello stato che aveva di compiere quest‟operazione necessaria per
l‟applicazione della legge stessa. L‟interpretazione della legge era un operazione che si rendeva
necessaria per fare in modo che la generalità e l‟astrattezza della fattispecie potesse diventare
particolare e concreta nel momento in cui il caso andava a realizzarsi.
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È cosa ben diversa, però, riconoscere un soggetto come titolare del procedimento
interpretativo della legge, in quanto delegato dal sovrano, e invece cercare di individuare se ci sono
delle caratteristiche tipiche, prescindenti dalla struttura ordinamentale, che questo soggetto deve
avere per potere definire un giudizio. Ora, la questione certamente sarebbe da considerarsi fuori
luogo se posta e discussa all‟interno di una vicenda della giuridicità tutta conchiusa nel meccanismo
dello stato ordinamentale, come accade per il positivismo giuridico. Diventa molto meno secondaria
quando andiamo a verificare che la potestas iudicandi non è tanto serenamente accettata per il
semplice fatto che un soggetto è posto in una determinata posizione all‟interno dell‟ordinamento
giuridico. Il problema dell‟effettiva capacità a giudicare da parte del soggetto interpretante è un
problema che ci poniamo non solo come giuristi, ma proprio in quanto membri della collettività
sociale. L‟ermeneutica giuridica si pone questo problema e se lo pone soprattutto per giustificare
l‟etero-integrazione dell‟ordinamento giuridico, poiché, nel momento in cui si accetta l‟eterointegrazione, ovvero che il diritto ordinamentale non sia creato solo dal legislatore e dalla legge, ma
sia creato anche dai soggetti che procedono all‟interpretazione del diritto perché interpretando il
diritto lo creano e quindi ampliano le regole presenti nell‟ordinamento giuridico- si rende necessario
stabilire chi ha quest‟effettive capacità, cioè verificare si ci sono dei requisiti di tipo competenziale
da attribuire a determinati soggetti.
I canoni attinenti al soggetto sono canoni che rientrano nell‟alveo della precompressione
critica, perché la precomprensione critica, questa particolare attitudine del soggetto a interpretare ci
permette
di
distinguere
il
momento,
l‟attività
interpretativa,
che
distingue
l‟attività
dell‟interpretazione dalla critica e dalla interpretazione filologica. La precomprensione critica,
infatti, è l‟identificazione di una peculiare struttura del soggetto giudicante, perché il soggetto
giudicante, il soggetto decidente, il soggetto interpretante in genere, non è soltanto chi si attiene
filologicamente al testo, al documento o monumento, ma è, più specificamente, chi, distaccandosi
con una critica soggettiva dal testo e da del testo l‟interpretazione prende una determinata decisione
su uomini come lui.
I canoni ermeneutici attinenti alla precomprensione, attinenti al soggetto, sono, perciò,
canoni che mirano a verificare che il soggetto abbia davvero quest‟attitudine precomprensiva, cioè
che il soggetto poiché quando ha giudicato ha introdotto nuove regole nell‟ordinamento sia davvero
in grado di emanare decisioni riconosciute valide.
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Precomprensione critica significa, infatti, da un lato portare con sé il proprio mondo, la
propria esperienza tecnica, da un altro lato portare con sé, nel momento in cui si decide, la propria
visione psicologica, la propria vicenda personale.
Il problema della scienza giuridica è proprio questo: si puo prescindere nel procedimento
interpretativo da questa partecipazione? Si può dire effettivamente che il soggetto nel momento in
cui giudica diventa un perfetto automa, ovvero che riesce a riproporre quello che ha pensato il
legislatore nella sua mente nel momento in cui ha scritto la fattispecie o a riproporre
pedissequamente quello che è nella fattispecie perché appunto riesce a desumerne una conclusione
logico-oggettiva?
Poiché in una teoria scettica, qual è la teoria giuridico-ermeneutica, si riconosce,
contrariamente alle teorie cognitive, che il soggetto apporta la sua partecipazione soggettiva al
giudizio, bisogna capire se c‟è la possibilità di porgli delle regole, dei criteri, dei paletti. In questa
congerie, si può ritenere che i canoni attinenti al soggetto dell‟interpretazione ci danno contezza
della partecipazione soggettiva del soggetto al giudizio.
Il canone dell’attualità del intendere è, dal punto di vista dello ius civile romanistico, la
possibilità di supplere, ovvero la possibilità concessa, già dal codice giustinianeo, al giudice di
intervenire dove chiaramente la fattispecie astratta non riusciva assolutamente a considerare il caso
concreto. Dal punto di vista della canonistica romantica, invece, è la considerazione della
partecipazione dello spirito del soggetto all‟oggetto, il confronto con gli spiriti che hanno già
interpretato in precedenza, l‟oggetto che lo spirito del soggetto interpretante sta andando ad
interpretare.
Nel codice civile del „42, infine, ben tre articoli erano stati pensati per dare spazio alla
cosiddetta attualità dell‟intendere, cioè al momento che si configura come cogliere l‟oggetto nel
momento stesso in cui si procede all‟interpretazione. L‟attualità dell‟intendere è la considerazione
dell‟immediatezza del momento interpretativo ovvero lo studio della partecipazione soggettiva
sussistente nell‟attività stessa dell‟ oggetto interpretato. I tre articoli del cc destinati alla questione
sono gli articoli che vanno dal 1366 al 1369.
Durante questi 60 anni gli articoli 1366-69 del c.c. erano stati considerati dalla Corte di
cassazione come degli articoli meramente integrativi del procedimento interpretativo, una forma
integrativa dell‟interpretazione, per cui il contratto si interpretava semplicemente tenendo conto del
documento provvedimentale -secondo il combinato disposto dell‟art. 12 delle Preleggi e dell‟art.
1362 c.c. e non c‟era la possibilità del giudice di legittimità, cioè per la Cassazione stessa, di
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applicare gli art 1363-69, che erano appunto gli articoli concernenti l‟attualità dell‟intendere, ovvero
la considerazione dell‟adeguatezza precompresiva del soggetto nel momento in cui effettua
l‟interpretazione.
L‟art 1366 è la ben nota norma di tutela sull‟“interpretazione di buona fede”, l‟art 1367 la
norma di tutela sulla “conservazione del contratto” , l‟ art. 1368, la norma di tutela sulle “pratiche
generali interpretative”. I tre articoli vanno a considerare la partecipazione soggettiva, cioe
l‟attualità dell‟intendere del soggetto nel corso dell‟interpretazione. Oggi sono diventati autonomi e
peculiarmente rilevanti, specie in tema di ermeneutica correttiva della Corte di cassazioneIl canone soggettivo della corrispondenza e dell‟adeguamento dell‟intendere è un canone di
particolare rilievo perché, pure riguardando la precomprensione critica, ci fa capire bene la
differenza tra una circolarità ermeneutica triadica e diadica.
Nel contratto di diritto privato non si può pensare, per esempio, ad un‟interpretazione di tipo
diadico, nel senso che il rapporto tra soggetto e oggetto dell‟interpretazione -cioè il rapporto
circolare tra soggetto e oggetto dell‟interpretazione- possa diventare un rapporto cosi diretto da fare
a meno della mediazione del documento dichiarativo delle parti o della dichiarazione testimoniale
delle parti che hanno assistito al patto verbale, nei contratti per i quali non è necessaria la norma
scritta.
La precomprensione contrattuale si fonda su una circolarità triadica, evidente proprio nel
caso del canone dell‟adeguamento, come ha ben spiegato Luigi
Mengoni,
secondo il quale
possiamo partire certamente dal contratto, ovvero dal dato normativo in relazione alla norma del
codice, allontanandoci dal testo, per considerare il complessivo contesto dell‟attività interpretativa e
ritornare alla fine al contratto.
Il canone dell‟adeguazione dell‟intendere è previsto nel nostro c.c. all‟art 1370. L‟ art 1370
ha avuto pochissimo rilievo fino agli anni più recenti, infatti riguarda l‟interpretazione contro
l‟autore della clausola. Ne avrete sentito parlare. Era sempre stato considerato come una norma di
carattere sussidiario. Oggi invece, nella dimensione della canonistica ermeneutica, la clausola
contro la parte debole del contratto diventa centrale. Ogni forma di interpretazione contrattuale
nell‟ambito della lex mercatoria e dei contratti nei confronti di una grossa quantità di consumatori,
si rifà esplicitamente a questo canone ermeneutico prendendo le mosse proprio dal art 1370 c.c.
L‟adeguazione dell‟intendere, il rapporto tra la norma e la complessiva attività giuridica
svolta, diventa centrale nell‟interpretazione dei contratti di grosse quantità di consumatori. Si pensi
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Filosofia del diritto II
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ai contratti che riguardano le grosse vendite, ai contratti di telefonia, ai contratti di fornitura e cosi
via.
L‟utilizzo di questo canone, come vedremo, nella parte conclusiva di questo corso, diventa
centrale per cogliere il senso dell‟applicazione dei canoni ermeneutici nel procedimento
interpretativo correttivo da parte delle Corti superiori.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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