CENTRO RIABILITATIVO TANGRAM COMITATO FAMIGLIE UTENTI CENTRO TANGRAM Roma, 14 genn. 2013 Lettera aperta: La riabilitazione al tempo della crisi. La fatica di essere disabili intellettivi. Da diversi anni nella Regione Lazio il mondo della abilitazione/riabilitazione sta subendo rivolgimenti tali da compromettere il raggiungimento degli obiettivi a cui tale trattamento è finalizzato, inficiandone l’efficacia per gli stessi pazienti disabili. Sia i tagli economici generali, sia le normative emanate dal Presidente della Regione Lazio in qualità di Commissario ad Acta, nn. 89 e 90 del 10/11/2010 e successive applicazioni n.8 del 03/02/2011 e ultima in ordine di tempo n.39 del 20/03/2012 con oggetto “Ridefinizione e riordino dell’offerta assistenziale residenziale e semiresidenziale a persone non autosufficienti, anche anziane e a persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale”, hanno di fatto ridimensionato quantitativamente e qualitativamente il ruolo della riabilitazione. Tutto ciò ha avuto delle ricadute che hanno reso ancora più drammatiche le realtà di vita che le persone con disabilità e i loro familiari si trovano ad affrontare quotidianamente. Infatti per queste persone la riabilitazione costituisce spesso l’unico strumento per il conseguimento della loro massima autonomia. Bisogna ricordare che, per il modello di attuale organizzazione, i Centri di riabilitazione (i cosiddetti “Ex articolo 26”) si configurano come le sole strutture operative in grado di alleviare l’enorme disagio dei disabili e dei loro familiari. L’attuale situazione è in palese violazione di diversi principi: Etici e giuridici: il diritto alla abilitazione/riabilitazione è presente nella Costituzione Italiana come diritto alla salute (art.32) e nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano il 24/2/2009. In particolare l’art. 26 ribadisce “la necessità di misure efficaci ed adeguate che lo Stato deve adottare al fine di permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali ed il pieno inserimento e partecipazione di tutti gli ambiti di vita”. Il Comitato Nazionale di Bioetica (17/3/2006) afferma che la riabilitazione per le persone con disabilità costituisce un diritto in quanto “manifestazione dell'imprescindibile rispetto per la uguale dignità di tutti gli esseri umani”. Le nostre leggi nazionali parlano di modello bio-psico-sociale e prevedono quindi una multidimensionalità della salute, servizi sociali integrati e partecipazione di utenti e famiglie. Le attuali modalità di erogazione mettono a rischio questi obiettivi. Clinici e scientifici: nei provvedimenti regionali sopra citati, non si fa nessuna distinzione tra la riabilitazione motoria e altri tipi di riabilitazione. Questo penalizza enormemente i pazienti con pluridisabilità e disabilità intellettiva. La DI (Disabilità Intellettiva) è una complessa condizione esistenziale che richiede un intervento sanitario complesso, un intervento assistenziale complesso e un intervento ambientale complesso per tutto l’arco della vita. E’ necessario che ogni persona abbia un progetto globale di presa in carico, che individui il bisogno dei sostegni atti a garantire la massima partecipazione alla vita sociale, economica e culturale. Ciò significa garantire alla persona disabile un miglioramento della Qualità della Vita, intendendo per Qualità della Vita uno specifico costrutto scientifico metodologico che permetta di misurare sia i bisogni che gli esiti e che elimini il concetto di irrecuperabilità legato ad un intervento che tende alla normalizzazione. Un altro aspetto importante da tener presente è che nella DI c’é una probabilità quattro volte superiore alla norma di comorbidità con patologie psichiatriche. L’attuale normativa, che nel definire la riabilitazione la suddivide in post-acuzie, estensiva o di mantenimento, nella DI è priva di senso e dovrebbe invece personalizzare al massimo gli interventi e individuare i bisogni sanitari, assistenziali e sociali. In letteratura esistono evidenze molto chiare sul bisogno di una abilitazione permanente per molte di queste persone, pena il rischio di una perdita della competenze, seppure scarse, fin lì ottenute. Centralità del paziente: I suddetti Decreti tradiscono ogni politica in cui venga a realizzarsi efficacemente il principio della centralità della persona: i provvedimenti, piuttosto che perseguire il coinvolgimento attivo del paziente, la condivisione del proprio piano di cura, si configurano per la persona con disabilità e/o le loro famiglie, come vere e proprie forme di vessazione. Tra l’altro, il disabile e/o i loro familiari si trovano costretti a fare la spola tra i Centri di riabilitazione e le Unità Operative della ASL per portare materialmente i progetti di abilitazione/riabilitazione che vengono rinnovati con cadenza a 60 o 90 giorni, pur essendo affetti da situazioni croniche. Nelle more di questi passaggi burocratici si annida il concretissimo rischio (di fatto già accaduto) di una sospensione del trattamento. Anche per i giovanissimi pazienti che vengono presi in carico, le procedure sono farraginose e il rischio di iniziare tardivamente le terapie è una certezza. Con conseguenze spesso non più rimediabili. Non si può tra l’altro sottovalutare che spesso nella DI è presente un disturbo del comportamento e che situazioni di brusco e poco comprensibile cambiamento, determinano un riattivarsi di comportamenti problema. Mancanza di una governance del Sistema: pur ribadendo la necessaria centralità dei Servizi territoriali, questa non si traduce in una reale presa in carico della persona con disabilità. Le unità territoriali delle ASL non sono in grado, nella grande maggioranza dei casi, di garantire la terapie riabilitative che pure prescrivono, che vengono erogate da strutture accreditate. Attualmente, soprattutto, manca uno strumento di governance e di confronto, collegiale e multidisciplinare, tra i diversi servizi, il cui compito, non solo è quello di prescrivere le prestazioni riabilitative, ma anche la presa in carico della persona con disabilità nell’ottica di delinearne il progetto di vita. Il ruolo che attualmente sembra pensato per i servizi territoriali sembra consistere in una mera valutazione economica, da cui far dipendere il budget economico da assegnare per il progetto di terapia abilitativa /riabilitativa. Sostenibilità economica e professionale: ai disagi dell’utenza e delle famiglie, si aggiungono le ricadute negative provocate dall’instabilità del budget e dell’organizzazione del servizio. Lo squilibrio economico finanziario che ne deriva penalizza in maniera particolare strutture, come la nostra, gestite dal non-profit, che investono tutte le risorse in personale, formazione, qualità e innovazione. La situazione attuale è diventata così grave da costringere la Cooperativa a ricorrere alla cassa integrazione. In considerazione delle criticità appena evidenziate, chiediamo alla politica, alle strutture amministrative regionali, locali e sanitarie, sindacati e associazioni, di prendere un impegno forte a ribaltare questa situazione per garantire il superamento delle criticità e salvaguardare i diritti riconosciuti alla persona con disabilità, in particolare attraverso il rispetto del diritto alla salute psicofisica e sociale. Auspicando in un riscontro di condivisione e/o di impegno concreto, ringraziamo per l’attenzione e porgiamo distinti saluti Il Presidente della Coop. Idea Prisma ‘82 (dott.ssa Carla Patrizi) Coop. Sociale Idea Prisma ’82 via Baccini 80 - 00137 Roma [email protected] tel. 06.87201072/ 3 fax. 06.87201033 Il Presidente del Comitato Famiglie Utenti Centro Tangram (prof. Bruno Regni) Comitato Famiglie Utenti Centro Tangram c/o Coop. Idea Prisma ’82, via Baccini 80-00137 Roma e-mail: [email protected] cell. 328.5848200