Cultura e spettacoli
giovedì 17 luglio 2014
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Le ‘Gentô-ban’, diapositive in vetro colorate a mano, in mostra al Museo delle culture di Lugano
Il precinema giapponese
Usate per le popolari lanterne
magiche, le Gentô-ban
mostrano, con un po’ di
nostalgia, il Giappone
dell’Ottocento, prima del
compimento dell’occidentalizzazione del Paese
di Ivo Silvestro
Mentre a Locarno ci si prepara a scoprire il cinema contemporaneo (vedi pagina 2), a Lugano oggi alle 18.30 il Museo
delle culture inaugura un’esposizione
dedicata alle non meno intriganti origini del cinema: ‘Gentô-ban’, dal nome
giapponese delle diapositive in vetro,
spesso colorate a mano, usate per le
lanterne magiche che con il loro suggestivo fascino, tra Sette e Ottocento, hanno incantato il mondo, da Occidente a
Oriente.
‘Gentô-ban’ significa, letteralmente,
“illusioni di luce”, ha spiegato la curatrice dell’esposizione Moira Luraschi.
Un termine che potrebbe descrivere
benissimo anche il cinema, e infatti le
lanterne magiche, questi proiettori
‘ante litteram’, erano uno spettacolo
popolare come oggi i film. Proprio nel
pubblico sta la differenza tra le fotografie – oggetto per così dire personale
e privato del viaggiatore che le acquista – e le Gentô-ban, diapositive pensate per una proiezione pubblica e collettiva, a scopo didattico o anche semplicemente per allietare le serate nei sa-
lotti della borghesia americana ed europea.
I soggetti rappresentati nei Gentô-ban
sono quelli della cosiddetta Scuola di
Yokohama, sulla quale il Museo delle
culture ha da anni avviato un intenso e
accurato lavoro di ricerca, grazie al deposito della donazione Ceschin Pilone/Fagioli, una delle maggiori al mondo di fotografia giapponese. Protagonista della mostra è tuttavia un’altra collezione: quella di Gentô-ban accumulata in oltre vent’anni di amore per l’arte
tradizionale giapponese dal medico
Claudio Perino.
Tornando alla Scuola di Yokohama, per
molti anni fu marginalizzata dalla critica come fotografia turistica, creata per
compiacere i visitatori occidentali, e riscoperta, nel suo valore artistico, solo
dagli anni Settanta del Novecento.
La forza dei colori
Nella prima sala dell’esposizione, è
possibile confrontare le diapositive con
le fotografie all’albumina da cui i Gentô-ban derivano.
A colpire, nelle diapositive, è soprattutto la forza dei colori, saturi e luminosi.
Mentre le fotografie all’albumina esposte alla luce si rovinano, ha spiegato
Moira Luraschi, questo non accade con
le immagini delle Gentô-ban, protette
da due lastre di vetro.
Nelle immagini troviamo varie scene
del Giappone dell’Ottocento, dai lottatori di sumo alla coltivazione del riso,
senza dimenticare paesaggi e geishe.
Proprio su queste ultime, la curatrice
ha tenuto a precisare che, contrariamente all’immaginario collettivo occidentale, non si tratta di cortigiane, ma
semplicemente di donne che dedicano
la loro vita all’arte. E proprio qui, in
questa scollatura tra la realtà e la sua
rappresentazione, tra la geisha reale e
la geisha come percepita in Occidente,
si situa il senso e il significato delle
Gentô-ban e del Giappone che raffigurano.
Come ha illustrato il direttore del Museo delle culture Francesco Paolo Campione durante la conferenza stampa,
per circa duecento anni il Giappone ha
cessato tutti i rapporti con il mondo
esterno. Un isolamento totale cessato
nella metà dell’Ottocento quando il
Paese fu costretto dalle navi da guerra
statunitensi ad aprirsi al mondo.
Un’apertura che portò a una radicale
trasformazione del Giappone, a una
sua straordinariamente veloce occidentalizzazione e industrializzazione.
E alla veloce scomparsa di un mondo
tradizionale che fotografie e Gentô-ban
raccontano, cedendo un po’ alla nostalgia e all’autoesotismo.
La mostra, per celebrare i 150 anni di
relazioni diplomatiche tra Svizzera e
Giappone, raccoglie anche due volumi
scritti da Aimé Humbert, il diplomatico elvetico che fece firmare il trattato,
volumi che costituiscono una delle
prime descrizioni attendibili del Giappone.
In mostra a Villa Heleneum fino al 12 ottobre
L’universo dei piccoli
di Valentina Grignoli
‘Rauw’, martedì sera a Territori
Giochi d’estate. Giochi che hanno fatto
l’infanzia, che rappresentano la vita. Sei
ragazzine e due adulti danzano in Rauw,
spettacolo della compagnia belga Kabinet K che ha aperto il festival Territori
martedì: una performance che mette in
scena l’universo dei piccoli in un mondo
di grandi. È una forza evocativa potente
quella che sente lo spettatore quando
non può fare altro che accogliere quell’infanzia dimenticata fatta di forze contrapposte, di balzi e cadute, di carezze e
pugni. La fisicità dei bambini è protagonista, in un ballo che non cessa mai, slan-
cio vitale. Non siamo in un mondo di fate,
ma in una periferia – quella alle porte
della vita vera? –, i bambini non cantano
in cerchio e le loro non sono risate cristalline. Ci sono versi, gramelot, smorfie
e sussurri, ci sono capriole, acrobazie, capitomboli e strattoni. Ci si abbraccia per
poi staccarsi, in una danza di forze contrapposte. Le belle armonie ruvide di
Thomas Devos escono dall’amplificatore
della sua chitarra esaltando e placando
la forza e lo slancio di queste piccole
guerriere. Sono bambine che, in punta di
piedi su una scatola di latta, si tengono in
bilico tentano di diventare grandi? Forse, ognuno ha la sua storia. Fanno giochi
da adulti, con la trasparente inconsapevolezza della giovane età.
In Rauw scorgiamo l’innocenza dei bambini, riusciamo, proprio perché sono
loro, bravissimi, a danzare, a sentire il
gusto della gioia irrequieta, dell’ardore
dolce, della rabbia divertita che vive in
ognuno. E gli adulti? Essi (un giovane
uomo e una donna) sono contorno, rappresentano forze contrapposte dalle
quali le piccole performer sono attratte
per poi schivarle e rifiutarle, esseri che
suscitano curiosità e paura. La loro danza, per quanto in maniera goffa, può essere imitata e diretta dalle loro smorfie.
In Rauw – ‘Crudo’ in neerlandese – la
Il teatro in mano
Girovago e Rondella, famiglia d’arte di
quelle vere, quelle che non se ne vedono
quasi più, è arrivata a Bellinzona a bordo
di un vecchio bus di linea di Spoleto, trasformato in prezioso teatro in miniatura.
Pare già romantico aneddoto quella che
invece è la realtà. Andiamo a ritroso, e
scopriamo che si tratta di due mimi, incontratisi nel 1987 su un’isola greca
(Rodi), diventati coppia itinerante per il
mar Egeo. Sette anni e sono una family
theater, grazie alla nascita di tre figli che,
visti gli artistici natali, trovano naturalmente il loro posto nella compagnia.
Arrivano a Territori, con il loro teatro
surreale e popolare. E arrivano con Manin ‘ultimo doge di Venezia’ e Manon ‘Lescault’, nello spettacolo Manoviva: due
burattini ideati e brevettati da loro che
nascono dall’uso delle mani, in carne ed
ossa! Due magici personaggi, funamboli
circensi, acrobati innamorati, musicisti
dal vivo (!), che si esibiscono su un minuscolo palcoscenico, teatro di imprese
strabilianti e romantiche e tragicomiche
avventure! Voleranno via, sulla luna, e lasceranno appiccicato allo spettatore un
alone di meraviglia portentosa.
V.G.
LE BREVI
‘Scrapbook’
Girovago & Rondella, in scena anche oggi
Terzo giorno di Territori
‘Scratch’, stasera in Piazza del Sole
Si apre oggi la terza giornata del festival
bellinzonese di teatro urbano Territori
(www.territori.ch) con molti spettacoli
per famiglie.
Un percorso urbano, della durata di 120
minuti circa, con postazioni sonore (dalle 10 alle 22) nel centro storico della città:
questo è “Sights”.
Lo spettacolo per bambini “Manoviva”
animerà piazza Nosetto (alle 15.30, 18 e
22) con la Girovago e Rondella Family
Theatre. L’oratorio nuovo di via Magoria,
alle 16.30, presenta il teatro d’oggetti “Le
case di Latung La La” di David Ymber-
danza è contrapposizione, contatto e forza, alla scoperta del corpo umano e della
vitalità che lo abita prepotentemente. Intuizioni arcaiche provenienti dalle coreografie di Nijinski del Sacre du Printemps di Stravinsky, ma anche citazioni
contemporanee a ricordare il lancio di
granate contro quel ritratto del Cristo
Salvator Mundi di Antonello da Messina
presente, e poi censurato, nel discusso
‘Sul concetto di volto nel Figlio di Dio’
della Societas Raffaello Sanzio, passando certo, imprescindibilmente, da Pina
Bausch. Così Rauw è inno alla vita e compimento dell’infanzia, in un gioco danzato che potrebbe non terminare mai.
non che invita a perdersi nella meraviglia. Alle 17.15 appuntamento con gli incontri di Territori al Centro Festival: Cie.
Autonyme, Lorena Dozio e Opera Retablo si intratterranno con il pubblico sulla
questione della nuova scena ticinese e
l’importante sviluppo che ha avuto negli
ultimi anni.
A Villa dei Cedri 1, alle 18.15, “Abymes”
spettacolo (in francese) di e con Audrey
Cavelius. Un progetto che parte dalla
premessa che i sogni sono nostre creazioni artigianali: la scena è spazio aperto
al pubblico pronto per un’esperienza
Secondo appuntamento della rassegna
“Suoni d’acqua”, della 36esima stagione
dell’Associazione Musica nel Mendrisiotto che propone concerti estivi nei
luoghi della Valle di Muggio. Domani,
alla chiesa Rossa di Castel San Pietro
alle 20.45, ci sarà “Scrapbook” con Fausto Beccalossi alla fisarmonica e Claudio Farinone alla chitarra a otto corde e
alla chitarra baritono. Un duo singolare
che unisce un fisarmonicista d’impronta jazzistica a un chitarrista classico,
due approcci diversi che però insieme
creano un nuovo linguaggio: “La musica
del duo non è né classica né jazz, non è
scritta totalmente, ma nemmeno improvvisata”.
‘Requiem’ per Ceresio
sensoriale. Villa dei Cedri 2, ripropone,
alle 19.45, l’installazione fotografica vivente “Con t(r)atto”.
In Piazza del Sole, alle 21, prenderà spazio il circo contemporaneo El Grito con
lo spettacolo d’esordio “Scratch &
Stretch”.
Nando Snozzi e Claudio Taddei, dalle 22
al Castello di Montebello, proporranno al
pubblico la performance pittorica e musicale – «un’azione scenica in un tempo,
con musica, pittura e testi…» – “Dove
d’arte ci si muove” che idealmente è
complemento al Progetto Ligabue.
“La musica della Cappella Sistina”: risuonerà nella chiesa parrocchiale di
Tesserete domani alle 20.45 il “Requiem” di Giuseppe Ottavio Pitoni, messo in programma da Ceresio Estate. Pitoni è stato compositore prolifico in
epoca barocca, nonché esponente della
scuola polifonica romana. Il brano proposto fa parte delle produzioni mature
di Pitoni e sarà eseguito dai Modulata
Carmina diretti da Luca Colombo. In
apertura di serata il salmo gregoriano
“Placebo Domino”.