Relazioni e apprendimento: costruire significatività Dott.ssa Luana Collacchioni Università degli studi di Firenze Dipartimento di scienze della Formazione e Psicologia [email protected] Nota personale Pensare alla propria esperienza di alunno alla scuola primaria? Quale ricordo affiora immediatamente in memoria? Scriverlo Nessuno chiederà di leggere, è momento personale Attività da svolgere in silenzio: si pensa e si scrive Incipit “Poi insegnando ho imparato tante cose. Per esempio ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia” (Lettera a una professoressa, 1967). Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. […] Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato” (Il piccolo principe, 1946). “Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. […] Io invece ho ripensato spesso a lei” (Lettera a una professoressa, 1967). Una scuola così è come un ospedale che cura i sani e respinge i malati (Lettera a una professoressa, 1967). Apprendiamo in relazione… Relazione tra insegnanti e alunni Relazione tra alunni Relazione tra scuola e famiglia Relazione tra docenti Relazioni di ognuno col proprio sé Relazione del proprio mondo interno con il resto del mondo, con altri mondi interni (con gli altri) Relazioni inter- intra-personali Relazioni inter- intra-disciplinari Ognuno è una storia Ogni persona è la propria storia di vita che si costruisce giorno per giorno, minuto per minuto… Noi siamo il nostro corpo o noi abbiamo un corpo? Noi siamo le nostre emozioni Noi siamo il nostro pensiero Teoria del cervello triunico (triarchico) che giustifica le connessioni Ogni persona si relaziona agli altri in maniera diversa in base ai diversi contesti, pur mantenendo la propria identità… Ogni persona «sta» più o meno bene nelle diverse relazioni che vive La qualità della vita di ognuno sta nelle relazioni che si vivono (le esperienze inviano rimandi, feedback e determinano i marcatori somatici di benessere e di malessere) Scuola e apprendimento L’apprendimento avviene sempre, in ogni momento e non solo a scuola (sempre in relazione) La scuola è il luogo in cui l’apprendimento avviene in maniera formalizzata, e nell’apprendimento e nel vivere la scuola si modifica strutturalmente la mente e si costruisce l’identità del bambino (in ogni momento, in tutti, insegnanti e alunni: siamo sempre in trasformazione e l’identità è sempre in fieri) Il modo in cui un bambino/ragazzo apprende struttura la sua mente Premi e punizioni (gratificazioni e mortificazioni) determinano la crescita della persona (Pennac) e l’idea che l’insegnante si fa di ogni alunno (quanto quest’idea si può modificare?) Plasticità cerebrale, neuroscienze Vicendevole rapporto tra sviluppo e apprendimento: responsabilità docente Segnali corporei (marcatori somatici) Benessere a scuola e/o disagio: quanto ricordiamo tutto ciò? Quali ricordi portiamo con noi della scuola come alunni? Cosa pensiamo del disagio? Il disagio di chi? Passaggio dal paradigma della linearità al paradigma della complessità Scuola e apprendimento lineare Scuola e apprendimento complesso L’insegnante «lineare»: noi abbiamo le radici culturali nel paradigma della linearità (dualismi). Difficile spostarsi culturalmente nella complessità L’insegnante della «complessità» e della multilogica Passaggio dal valore freddo dell’uguaglianza al valore caldo della differenza. La complessità chiede di abituare la mente a mettere insieme logiche opposte (possibile attraverso la riflessività) La lezione frontale, il lavoro di gruppo, il lavoro individuale, di coppia Copiare dal compagno: si può? La valutazione: delle prestazioni, del bambino, della verifica, di ogni attività. Cosa valutiamo a scuola? Ciò che diciamo a parole corrisponde davvero a ciò che facciamo in classe? La crescita «mentale-corporea-emozionale dell’alunno» Atteggiamenti ineludibili nel docente Diventare professionisti riflessivi Recuperare il ruolo del corpo nella conoscenza Recuperare il valore della sensorialità e delle emozioni Imparare ad autopercepirsi, autointerrogarsi, riconoscere gli impliciti, l’idea di bambino che abbiamo, il valore che attribuiamo al bambino e a noi nell’apprendimento, l’idea che abbiamo della psicologia (quale costrutto teorico) e della nostra professione (esecutori o professionisti dell’educazione), qual è il clima che preferiamo (competizione o collaborazione), quale didattica (trasmissiva o laboratoriale) Imparare ad autovalutarsi Collocarsi nell’idea che siamo sempre in apprendimento e che si può sempre migliorare: dubbio, senso di moderata inadeguatezza (necessaria perché crea apertura, atteggiamento di ricerca), ricerca dell’ignoto (e non fermarsi al noto per evitare la fatica del cambiamento). Occorre accettare l’impegno e la fatica per rompere la catena del ripetere lezioni sempre uguali Educare comporta un costante lavoro di formazione su di sé e sul proprio mondo interno, perché ciò che noi siamo ha risonanza nell’altro: i neuroni specchio ci dicono che gli esseri umani sono programmati per l’intersoggettività e l’empatia Adele Corradi Per essere bravi insegnanti è meglio non essere stati bravi come scolari, ci si mette meglio nei panni di chi non capisce. Chi è bravissimo ad imparare, non sempre funziona come insegnante (Adele Corradi). Ci sono persone che capiscono tutto al volo ma non sono capaci di farsi capire da chi chiede spiegazioni. Io ero lenta a capire e lenta ad assimilare. Quando mi sono laureata non volevo afre l’insegnante: le ragazze non ambivano diventare insegnanti: l’insegnante appariva come una persona modesta, noiosa, pesante. Della vita d’insegnante mi attirava l’orario di lavoro: poche ore al giorno e tre mesi interi di vacanze! Adele Corradi Dopo mi è piaciuto anche lavorare perché a scuola ci sono i ragazzi, e i ragazzi sono materiale umano tutti diversi uno dall’altro. non è una vita monotona perché neppure i programmi sono sempre gli stessi: si possono fare tanti cambiamenti. Ogni classe è come una persona: ha una sua fisionomia Lo scarso interesse dei ragazzi per qualsiasi materia di studio me lo spiego altamente quando sento che ancora regolarmente si fanno lezioni frontali: è un assurdo! Io insegnante so quello che tu devi sapere, te lo dico e tu a casa te lo studi a memoria. Santamaita Non vi potete trincerare dietro la teoria razzista delle attitudini. Tutti i ragazzi sono adatti a tutte le materie. E’ comodo dire a un ragazzo: «Per questa materia non ci sei tagliato». Il ragazzo accetta perché è pigro come il maestro. Ma capisce che il Maestro non lo stima Eguale (Santamaita, Storia della scuola). L’insegnante: stereotipie e senso comune L’insegnante sa e insegna, l’alunno apprende (di fatto molto spesso il pensiero implicito è questo, anche se dichiariamo altro) Le famiglie: sono un problema I ragazzi hanno sempre più problemi e sono sempre più difficili Il disagio dei ragazzi a scuola Quanto si collegano teoria e prassi? Quanto agiamo in educazione ciò che conosciamo come importante? Siamo coerenti tra pensiero e azione? Tra ciò che chiediamo e come ci comportiamo? Quali sono le competenze dell’insegnante? Diversi atteggiamenti del docente: ricerca di nuovi costrutti, gestione veloce del problema, il proprio metodo è il più efficace Caratteristiche dell’insegnante Competenze: pedagogico-didattiche, metodologiche, disciplinali, psicologiche, relazionali Competenze autoriflessive, metariflessive Capacità critica (non critica giudicante ma critico-riflessiva, criticodecostruttiva) Decostruire la scuola, decostruire a scuola Parole-base: attenzione, ascolto, cura, rispetto: dare per ricevere, agire donativo: dare ascolto per essere ascoltati, prendersi cura perché gli alunni agiscano con cura, anche sui quaderni, rispettare per essere rispettati Uscire dalle stereotipie accusanti: politica della delega L’insegnante Qual è il modello di bambino che ha per riferimento l’insegnante? La scuola per chi insegna? Film: La scuola, Stelle sulla terra, Freedom writers Cosa pensa un insegnante di un bambino che non apprende bene? Sadismo dell’insegnante Falsità dell’insegnante Valutazione non sul bambino ma sull’idea che l’insegnante si è fatto del bambino (con scarsa possibilità, in genere, di modificare il proprio giudizio) Come si sente il bambino che ha difficoltà ad apprendere o che semplicemente non ha voglia? Il bambino: segnali di disagio Il disagio a scuola appartiene a tutti La scuola è divisa in due: noi siamo fra quelli «a cui interessa»?, siamo quelli che pensano che alcuni problemi dei ragazzi «non sono un problema nostro»?, siamo tra quelli che pensano che «possiamo sempre imparare e migliorare»? Cosa accade nel bambino che è in difficoltà (che prova il disagio di non apprendere): le attività scolastiche sono per lui troppo complesse, astratte; i suoi compagni sono inseriti serenamente e «ottengono buoni risultati senza problemi»; lui sente su di sé continue sollecitazioni (stai attento, impegnati di più…); si sente incapace; matura senso di colpa verso insegnanti e genitori; ha paura di perdere il «bene» (li deludo, non mi vorranno più bene); si sente responsabile delle sue difficoltà; non si sente all’altezza dei compagni; ha paura di non essere nel gruppo: attira l’attenzione in qualche modo: il buffone esprime un disagio. Il bambino a disagio agisce meccanismi di difesa di chiusura o di attacco, reiterando comportamenti che lo rendono visibile e «al centro dell’attenzione»: ansia, irrequietezza, difficoltà d’inserimento nel gruppo e di concentrazione, paura della scuola, paura di non essere all’altezza, paura dell’esclusione, opposizione Per un bambino è più facile rinunciare che impegnarsi. Ma cosa dà maggior soddisfazione anche a lui? Che fa l’insegnante di fronte al comportamento del «buffone»? Risposte della scuola Didattica inclusiva per tutti e per ciascuno. L’integrazione si respira nell’aria, quando in classe si è inclusivi, lo si è sempre con tutti, in ogni momento, come forma mentale e modalità di azione. Non si integra qualcuno in un gruppo, ma è il gruppo che è o non è includente L’insegnante è un modello: la classe è una risorsa (prosocialità: disponibilità dei bambini verso gli altri; inconsapevolmente viene spesso rinforzata la prosocialità nelle femmine; educare alla cura di sé e degli altri) Metodologie, strategie, relazioni Tutto passa attraverso le relazioni. Sguardi, approvazioni, disapprovazioni Motivazione estrinseca e intrinseca: valorizzare quella intrinseca, cioè il piacere della scoperta: la motivazione ad apprendere è legata alla percezione dell’autoefficacia Didattica Spiegare a voce alta Spiegazioni deduttive invece che induttive (le proprietà delle operazioni) Il testo in italiano. La grammatica. La scrittura collettiva La soluzione dei problemi e il pensiero complesso (diverse vie, diverse modalità: multilogica) Gli esperimenti: la didattica laboratoriale: il fare per apprendere Le discipline di studio immettono nell’atteggiamento mentale della ricerca In geografia e matematica gli studenti italiani sono carenti. Perché? Recuperare i grandi maestri: Freinet, Lodi, Manzi, Montessori, Milani, Korczak… Questioni aperte: la valutazione La valutazione: come si valuta Voti devastanti soprattutto per i genitori che spingono al confronto competitivo (e condizionano i figli) Recupero dell’errore come occasione di apprendimento Cosa guardano i bambini/ragazzi quando gli restituiamo una verifica? Potremmo valutare con un commento e mettere il voto soltanto dopo? L’attenzione si sposterebbe sul compito e sugli errori Le aspettative dell’insegnante: la profezia che si autoadempie L’effetto stereotipo (legato alla prima valutazione) L’effetto pigmalione La valutazione è sempre strettamente dipendente da chi la fa Per concludere Torniamo al primo pensiero… Cosa ci rimane della scuola che abbiamo vissuto? Nozioni e conoscenze o emozioni e sensorialità? Impegnarsi a spostarsi sempre più dalla linearità alla complessità Imparare che ogni giorno è un giorno nuovo e le idee valutative sui bambini possono cambiare Fortificare i più insicuri e problematici e non gratificare solo i bravi Responsabilizzare Compito maggiore dell’insegnante: non far perdere la curiosità, ma dare risposte alle domande perché possano continuare a farne Fernando Savater Obiettivo dell’educazione è di renderci coscienti della realtà dei nostri simili, imparare a leggere le loro menti (capacità di attribuire stati mentali come i nostri e dai quali dipende la qualità dei nostri) Considerare gli altri soggetti e non oggetti. Siamo tutti protagonisti dello stesso racconto Non si è mai soggetti nella solitudine ma si è soggetti fra soggetti “Prima di tutto l’educazione è la rivelazione degli altri, della condizione umana come insieme di inevitabili complicità.[…] punto di partenza inevitabile!” Capacità di domandare. A scuola potenziare le domande e l’attitudine a domandarsi “Che cosa è successo egli anni che separano la scuola dall’università, per togliere alla gioventù la gioiosa voglia di fare domande?”