L’IMPERIALISMO
~ TEORIE SULL’IMPERIALISMO
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Lenin: L’imperialismo, fase suprema del capitalismo
Schumpeter: il capitalismo è antimperialista
~ GLI IMPERIALISMI
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L’epoca dell’imperialismo
Il nazionalismo
Il razzismo
Le fonti energetiche
L’Europa in Africa
Gli Stati Uniti
Teorie sull’imperialismo
Lenin: L’imperialismo, fase suprema del capitalismo
Nel 1916, mentre imperversava la carneficina mondiale, V. I. Lenin scrisse quello che è considerato un vero
e proprio classico sull’imperialismo: L’imperialismo, fase suprema del capitalismo.
In questo testo, Lenin, mappa attentamente le nuove forme che il capitalismo ottocentesco andava via via
prendendo e le varie articolazioni che, tali cambiamenti strutturali, andavano assumendo nella forma politica
ovvero nella sovrastruttura ideologica.
Il capitalismo, come un organismo vivente, si stava sviluppando e pian piano si stavano delineando delle
differenze strutturali con il capitalismo ottocentesco.
In maniera molto schematica possiamo rintracciare alcune peculiarità prodotte dallo sviluppo capitalistico:
1) La concentrazione della produzione e del capitale genera forme organizzative sempre più alte e
potenti tali da essere decisive nella vita economica: i monopoli! La concentrazione, ad un certo
punto della sua evoluzione, porta alle soglie del monopolio. La concorrenza genera il monopolio! La
concorrenza genera il suo contrario e convive con il suo contrario. Nella produzione economica reale
di un Paese, la concorrenza, convive con settori dove magari il monopolio ha raggiunto forme
altissime. Una peculiarità della fase imperialistica è proprio la convivenza, conflittuale e parallela,
tra l’’industria libera’ e il monopolio;
2) La fusione del capitale bancario con capitale industriale e il formarsi, su tale base, del capitale
finanziario e di una corrispondente oligarchia finanziaria. Parallelamente alla concentrazione
industriale si sviluppa il capitale bancario. Le banche da modeste mediatrici, si trasformano in
potenti monopoliste che dispongono di giganteschi capitali liquidi. Il singolo capitalista-industriale
diventa dipendente dalla banca. E, ancora, si crea sempre più un’unione personale della banca con le
maggiori imprese, una loro fusione mediante il possesso di azioni o l’entrata dei direttori di banche
nei Consigli di amministrazione delle imprese, e viceversa. Su questa base il capitale liquido si
autonomizza, sempre più, in capitale finanziario che vive attraverso una serie di speculazioni
finanziarie: una oligarchia finanziaria che vive di rentiers;
3) L’esplosione dell’esportazione di capitale rispetto all’esportazione di merci. Fino ad un certo punto
era caratteristico del sistema capitalistico l’esportazione di merci, mentre, sotto il dominio del
monopolio, caratterizzante è l’esportazione di capitale. Il capitale si dirige verso paesi sottosviluppati
dove materie prime, forza-lavoro, ecc. hanno minor costo. Il capitale finanziario si dirige verso
questi spazi da sfruttare;
4) Lo sviluppo di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti che si spartiscono il mondo.
Cartelli, trust non solo si spartiscono il mercato interno e lottano fino alla morte per avere fette
sempre più pingui del mercato nazionale, ma si espandono verso mercati esteri. D’altra parte il
capitalismo crea il mercato mondiale come suo spazio naturale. La spartizione del mondo si effettua
in base al loro peso, in proporzione alla loro forza. La forza muta, si evolve, e così il conflitto non
può che essere il mezzo per un nuovo equilibrio di forze che verrà nuovamente superato;
5) La spartizione del mondo ad opera delle grandi potenze. Il mondo per la prima volta appare
completamente ripartito, cosicché, in futuro, non si potrà che passare da un padrone ad un altro. Il
capitale finanziario è lo strumento principe con cui si assoggettano i popoli, si piegano le volontà, si
riplasmano i destini e, tuttavia, non si disdegna, qualora si renda necessario, il vecchio ‘caro’
intervento armato.
“L’imperialismo è dunque il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo in cui si è formato il dominio dei
monopoli e del capitale finanziario, l’esportazione di capitale ha acquisito grande importanza, è cominciata
la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell’intera superficie
terrestre tra i grandi paesi capitalistici”. Più sinteticamente: l'imperialismo è lo stadio monopolistico del
capitalismo!
La guerra è connaturata a questo sistema economico a partire dalle ineguali condizioni di sviluppo.
L’ineguale sviluppo economico pone continuamente la soluzione dei contrasti in termini di conflitto armato.
Schumpeter: il capitalismo è antimperialista
Il filosofo dell’economia Schumpeter, in La sociologia dell’imperialismo (1919), argomenta in favore del
capitalismo, che è, per sua stessa natura, antimperialistico.
Diversamente dall’impostazione marxista, che riconduce il fenomeno dell’imperialismo a fattori economicostrutturali, Schumpeter legge il fenomeno in termini psicologici. Innanzitutto, nella specie umana, si può
rilevare una tendenza naturale e costante, in tutto il corso della storia, al dominio di gruppi versus altri.
Dunque, l’imperialismo non è una fase particolare legata ad una determinata struttura economica del sistema
capitalistico.
Per Schumpeter il capitalismo è, sostanzialmente, un sistema razionale e la somma degli egoismi individuali
si ricompongono nel bene sociale: l’interesse privato si riorganizza attraverso la concorrenza dove domanda
e offerta si muovono verso un equilibrio armonico. L’imperialismo, e la sua rapace aggressività, “l’assurda
tendenza di uno Stato a perseguire un’espansione illimitata e violenta”, è dovuta a forze irrazionali che hanno
preso il sopravvento a livello politico.
L’imperialismo
L’epoca dell’imperialismo
Didatticamente consideriamo l’età dell’imperialismo quella che si sviluppa tra il 1870 e il 1914: si presenta
come una sorta di nuovo colonialismo, una tendenza all’espansione dei paesi industrialmente sviluppati, che
consiste nell'azione dei Paesi capitalistici avanzati d’imporsi su altri al fine di sfruttare totalmente le loro
risorse e utilizzarli come spazi di smercio, assumendone il pieno controllo politico o militare. L’imperialismo
è, dunque, il tratto fondamentale della società occidentale dell’inizio del XX secolo, che registra questa forza
espansiva del capitalismo occidentale europeo e di lì a poco statunitense e nipponico.
Al 1914 le nazioni europee industrializzate riuscirono ad avere il controllo dell’84% del totale delle terre
emerse dell’intero globo. E’ chiaro, dunque, che l’imperialismo s’associa economicamente a questo sviluppo
enorme del capitalismo occidentale che ha la necessità di espandersi geograficamente e di correre alla
conquista delle fonti energetiche nel mondo. La politica imperialistica è la forma sovrastrutturale che segue
questa necessità economica.
Quest’epoca è segnata da grandi masse in movimento che, non trovando lavoro in patria, emigrano non solo
verso le Americhe, ma in Asia e in Africa. Finanzieri e banchieri alla ricerca di investimenti remunerativi
collocano grandi quantità di denaro nelle miniere e nelle piantagioni di Paesi lontani. Gli imprenditori
devono e vogliono allargare i mercati di smercio delle loro merci e vogliono accaparrarsi materie prime a
buon mercato di cui l’Europa è priva: petrolio, caucciù, ecc.
Le classi dirigenti dell’Ottocento tradussero queste necessità in quello che chiamiamo imperialismo, che si
concretizzò attraverso:
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La conquista militare di vaste zone per prenderne il controllo;
Il controllo politico delle nuove colonie attraverso funzionari europei;
Lo sfruttamento economico ovvero il controllo delle materie prime e la rivendita di prodotti finiti in
Europa.
Il nazionalismo
Risaltano in questo fenomeno la radice economica e poi la sovrastruttura politica che la sovrasta
caratterizzata da un atteggiamento ideologico fortemente aggressivo-nazionalistico. Tale apparato ideologico
si caratterizza per una propensione a scivolare verso posizioni squisitamente razziste: le razze superiori
hanno il diritto, la necessità e il dovere di sottomettere razze e culture inferiori che si trovano ad un gradino
più basso dello sviluppo economico-sociale-culturale. Le razze superiori hanno il compito di civilizzare il
mondo imponendosi sui popoli deboli!
L’idea di nazione, che un tempo era stata una leva d’aggregazione della borghesia, diventa, in questo scorcio
epocale, una strumentazione che si connota in modo fortemente reazionaria e militare.
Il nazionalismo si diffuse in tutta Europa, anche se con articolazioni e rivendicazioni particolari:
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Il nazionalismo francese sostenne la politica di potenza della Francia, esaltando il revanscismo,
ovvero la volontà di rivincita (revanche) nei confronti della Germania;
Il nazionalismo italiano rivendicò le terre ancora non liberate, come il Trentino, e un ruolo
internazionale di prestigio;
Il nazionalismo tedesco ebbe come programma il pangermanesimo, ovvero il dominio della
Germania su tutte le terre di lingua tedesca; esaltò la superiorità della razza ariana e accusò gli Ebrei
di tutti i mali della società;
il nazionalismo panslavista sostenne in Russia la politica di espansione degli zar al fine di
rivendicare tutte le terre slave.
Il nazionalismo, con la sua insistenza sulla conquista dei territori e la competizione con altri Stati, fomentò la
logica di potenza e il militarismo. La conseguenza fu la formazione di grandi eserciti di massa. L’esercito si
ristrutturò nelle fondamenta attraverso il servizio militare obbligatorio conferendogli una base sociale
amplissima.
Infine, l’idea di nazione in Europa venne ad assumere nuovi significati: a causa di politiche protezionistiche
intraprese dal 1879, contro i prodotti americani, si elaborò un atteggiamento difensivo, un nazionalismo
economico che amplificò il nazionalismo politico.
Il razzismo
Il nazionalismo si saldava con il razzismo che ne rappresentava pure la sua conclusione estrema. E’ a partire
dall’Ottocento che iniziano a circolare opere pseudoscientifiche che, travisando perlopiù la teoria
darwiniana, definivano il concetto di razza. Il principio darwiniano della selezione naturale veniva
erroneamente semplificato e proposto come la legge del più forte. Schematicamente i presupposti ideologici
del razzismo si possono rintracciare nei seguenti argomenti:
a) esistono, a livello biologico, diverse razze umane;
b) esistono, biologicamente, razze superiori e inferiori e la storia non fa che certificare tale differenza.
Fu il francese Gabineau, con il Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane (1855), a diffondere l’idea della
razza “pura” o “ariana” del centro-nord Europa.
A proposito del perimetro di tale razza vi furono molte idee a dir poco bislacche: secondo alcuni tedeschi gli
italiani erano esclusi dalla purezza essendo “razza meridionale”; l’antropologo A. Niceforo faceva, invece, la
sorprendente distinzione tra italiani del Nord, ariani, e quelli del Sud “inferiori”.
Fonti energetiche
Edwin Drake riuscì, il 28 agosto 1859, a Titusville, in Pennsylvania, a portare in superficie il petrolio:
cominciava la storia dell’industria petrolifera! Una storia che cambia completamente e profondamente la vita
economica del mondo intero. Lì, i prodromi dell’energia che metterà in moto l’intera macchina capitalistica
fino ad oggi. All’inizio il petrolio fu usato solo per l’illuminazione. La Standard Oil Company di Rockefeller
promosse una capillare diffusione delle lampade a cherosene (sottoprodotto del petrolio). In breve il
cherosene illuminò le notti del mondo occidentale.
Come funghi sorsero compagnie petrolifere che, unendosi, diedero vita a trust petroliferi: veri e propri
giganti del petrolio.
La lavorazione del petrolio doveva portare alla benzina e all’uso per la motorizzazione. Le sagome delle
raffinerie si alzavano contro l’orizzonte! Ben presto l’accaparramento delle fonti di approvvigionamento
scatenarono una lotta senza quartiere. I trust americani si scontrarono con la anglo-olandese Shell che
sfruttava le risorse di Sumatra; poi con colossi anglo-persiani. I tedeschi s’avviarono allo sfruttamento in
Turchia, i Francesi in Iraq e in Africa.
La torre Eiffel (1889) apre l’epoca delle grandi possibilità dell’acciaio. L’acciaio e la sua produzione ben
rappresenta l’inizio del XX sec. Tra il 1900 e il 1913 gli incrementi della produzione di acciaio indicano
bene la propulsione e la vitalità del capitalismo.
La produzione di energia elettrica è l’altro grande indicatore di un mondo che si trasforma e che ha bisogno
di movimento.
L’Europa in Africa
Dal 1880 l’Europa estende i suoi domini innanzitutto alla ricerca di fonti energetiche, di materie prime, ma,
anche per motivi strategico-militari e, infine, a soddisfare la sete di prestigio internazionale.
A partire dal 1894 a questa espansione parteciparono anche gli Stati Uniti e il Giappone.
L’Europa, nel continente africano si era sostanzialmente limitata alla conquista delle coste senza avviare una
vera penetrazione interna del continente. Dal 1880 si registrò un mutamento nella politica coloniale: si iniziò
a pensare ad una penetrazione interna.
La Conferenza di Berlino del 1884-85, su iniziativa del cancelliere tedesco von Bismarck, riunì ben dodici
paesi europei, più Stati Uniti e Turchia, per accordarsi sui criteri da adottare nella spartizione delle colonie.
Bisognava trovare i criteri per definire le rispettive zone d’influenza in Africa.
Tuttavia, come al solito, i pii propositi vengono sempre sconvolti dagli interessi che man mano si formano: si
accese una fortissima rivalità tra Gran Bretagna e Francia per l’influenza in Africa che troverà una prima
riappacificazione con un accordo franco-inglese nel 1899. Ma la Gran Bretagna dovette anche confrontarsi
con l’espansione tedesca.
In effetti tre potenze europee, Gran Bretagna, Francia e Belgio, si spartivano, di fatto, tutta l’Africa. La
Germania, inseritasi per ultima nella lotta per la spartizione, dovette accontentarsi delle briciole del
banchetto. Al fine di creare una coscienza patriottica nasceva, nel 1894, la Lega pangermanistica. Tale
organizzazione aveva il fine il fine di esigere una più equa spartizione delle colonie: la Germania doveva
avere quanto gli spettava per la potenza economica e per il ruolo culturale.
Gran Bretagna e Germania si sentivano nazioni profondamente superiori e un grande destino le avrebbe
attese nel dominio del mondo. Non poteva che radicarsi un forte antagonismo tra Gran Bretagna e Germania
che s’irraggia in tutti i settori.
Gli Stati Uniti
All’inizio del secolo gli Stati Uniti invasero i mercati europei con merci a basso prezzo. La politica estera del
presidente americano Theodore Roosevelt (1901) seguì sostanzialmente la dottrina di J. Monroe secondo la
quale l’Europa non doveva intromettersi nelle vicende del continente americano. Contestualmente, si
procedeva al controllo economico-politico nel Sud America nel Pacifico e in Estremo Oriente.
Al Congresso del 1904, Roosevelt rafforzava la dottrina Monroe con l’impegnò a proteggere, con un
intervento militare diretto del governo statunitense, le imprese e gli investimenti privati nel Sud America in
qualche modo minacciati. L’America latina fu la preda da divorare. L’intervento colonialistico non fu
militare, ma economico, cosicché, si ci garantì il controllo attraverso la corruzione e la collusione con il
potere locale. Tuttavia, non si disprezzò l’intervento armato diretto come nella rivoluzione di Pancho Villa
del 1916. Non si disprezzò neanche l’ingerenza subdola, per usare un eufemismo, come nel caso del canale
di Panama in cui gli Stati Uniti, contro l’idea del governo colombiano di non ratificare nessun accordo
capestro, tramite agenti, suscitarono una sommossa nella regione che portò alla costituzione della Repubblica
di Panama sotto tutela americana che offriva l’affitto perpetuo della zona del canale.
BIBLIOGRAFIA
Libri
Film