LA CHIESA DI CRISTO
Cristo sì, Chiesa no?
Non è facile parlare male di Gesù Cristo: il personaggio
risulta generalmente simpatico e, di tanto in tanto, va perfino
di moda (pensiamo alla Vie de Jesus di Rénan [1863] o a Jesus
Christ Superstar [1973]).
Non è difficile, invece, parlare male della Chiesa:
l’immagine che ne risulta dai giornali, dai mezzi di
comunicazione di massa, dai libri di scuola è decisamente
antipatica. Accusata di ingerenze politiche, di rincorsa al
potere, di ficcare il naso in affari non suoi, come questioni di
moralità pubblica e privata ecc. Accusata di corruzione, di
reazionarismo, di ostacolo al progresso…
La Chiesa è un’organizzazione umana?
Di fronte ad accuse del genere, poche persone – e
purtroppo anche pochi cristiani – si mettono in un
atteggiamento intelligente.
Alcune di queste accuse mosse alla Chiesa possono essere
vere. altre possono essere false, ed importante verificare caso
per caso. Ma prima di tutto bisogna chiedersi cosa sia la
Chiesa ed in che rapporto essa sia con quel Gesù Cristo che
tanti accusatori della Chiesa dicono di accettare. Se la Chiesa è
un’organizzazione umana, come uno stato, un partito, un
sindacato, un’associazione, allora, ammesso (e non concesso)
che sia un’istituzione corrotta, essa va abbandonata e
distrutta. Se però non è un’invenzione umana, se è una realtà
misteriosa, soprannaturale, voluta da Cristo, animata dallo
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Spirito Santo per la gloria del Padre, allora tutti i suoi errori (gli
errori veri e non quelli solamente presunti o le calunnie)
vanno affrontati e purificati dall’interno della Chiesa stessa,
impegnando tutte le nostre energie in questo lavoro.
Proviamo a metterci dal punto di vista di Dio e cerchiamo
di capire come mai esista qualcosa che si chiama Chiesa.
La parola “Chiesa” viene dal termine greco ekklesìa che
significa “assemblea”, “convocazione”, e viene a sua volta dal
verbo kalèin = “chiamare”. Nel N.T. troviamo espressioni come
“la Chiesa di Dio” o “la Chiesa di Cristo”, che significano
“l’assemblea convocata da Dio e da Cristo”, la comunità
radunata dalla chiamata del Signore. Questa realtà, tipica dei
tempi nuovi inaugurati da Gesù, era già stata preparata da Dio
nell’A.T.
La Chiesa prefigurata nell’A.T.
Il libro della Genesi ci presenta la creazione dell’uomo con
queste parole:
“Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li
creò maschio e femmina” (Gn 1,27)
“Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo; io
gli farò un aiuto che sia adatto a lui». Allora il Signore Dio fece
cadere un profondo sonno sull'uomo, che si addormentò;
prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto
d'essa. Il Signore Dio, con la costola che aveva tolta all'uomo,
formò una donna e la condusse all'uomo. L'uomo disse:
«Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia
carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta
dall'uomo». Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne” (Gn 2,18.2124).
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Sin dall’inizio Dio non crea individui chiusi nella loro
solitudine: le parole del poeta “Ognuno sta solo sul cuor della
terra” non indicano la realtà naturale dell’uomo, ma solo la
conseguenza del peccato. “Nessun uomo è un isola”. E gli
uomini cominciano ad isolarsi ed essere separati tra di loro
proprio a causa del peccato che porta alla divisione tra l’uomo
e la donna (Adamo ed Eva), tra fratelli (Caino ed Abele), tra i
popoli (la torre di Babele).
E l’intervento di Dio tende sempre a rimettere insieme gli
uomini divisi dal peccato (Noè viene salvato dal diluvio
insieme alla sua famiglia).
Così, quando Dio vuol portare in modo più chiaro la sua
salvezza all’umanità e sceglie Abram come suo amico, gli
promette che da lui uscirà un popolo benedetto e cambia il
suo nome in Abraham, che significa padre di una moltitudine.
Dio fa un’alleanza con lui, in quanto capostipite di un popolo
che sarà alleato di Dio.
I figli di Abramo si trovarono ad essere schiavi nel paese
d’Egitto, Dio ebbe compassione di loro e chiamò Mosè per
liberarli. Guidati attraverso il Mar Rosso ed il deserto, questi
uomini presero coscienza del destino comune di salvezza che li
teneva insieme per volontà di Dio. Capirono di essere un
popolo, il popolo di Dio. Dio cammina in mezzo a loro, e i
sacrifici di animali che vengono compiuti sono il segno
dell’alleanza esistente tra Dio e il suo popolo: “Io sono il vostro
Dio e voi siete mio popolo”, ripete il Deuteronomio come un
ritornello.
E vediamo come la storia degli ebrei sia storia di un popolo
e non di tanti singoli individui separati: il peccato di uno
influisce sul destino di tutti, come la virtù di uno può portare
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tutti alla salvezza. “Il Signore ti ha castigata per l’iniquità dei
tuoi figli - dice il profeta alla città di Gerusalemme -, ma avrà
ancora pietà di te a causa dei figli dei giusti”.
La comunità dei discepoli
Gesù è un israelita, della tribù di Giuda e della casa di
Davide. Le genealogie che troviamo nei Vangeli di Matteo e di
Luca stanno ad indicarci proprio questo inserimento del Figlio
di Dio nella storia del popolo.
Gesù comincia a predicare come tanti ‘rabbi’ del suo
popolo, ma a differenza di questi ultimi, non aspetta che siano
le persone a chiedere di essere suoi discepoli: è lui stesso a
chiamarli.
Vediamo p.es. Mc 1,16-20:
“Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea,
fratello di Simone, che gettavano le reti in mare. Infatti, erano
pescatori. Disse loro Gesù: «Seguitemi e vi farò diventare
pescatori di uomini». Prontamente, essi, lasciate le reti, lo
seguirono. Procedendo poco più oltre, vide Giacomo di
Zebedeo e Giovanni suo fratello, che stavano anch'essi sulla
barca, rassettando le reti, e subito li chiamò. Essi, lasciato il
loro padre Zebedeo con gli operai sulla barca, gli andarono
appresso”.
Da questa chiamata (klèsis) ha origine la Chiesa (ekklesìa).
Gesù raduna una comunità di discepoli intorno a sé. Forse
poteva farne a meno. Fatto sta che l’ha fatto. E questa
comunità è il germe della chiesa.
Ma andiamo avanti. Gesù stabilisce una distinzione di
compiti all’interno della sua comunità: dall’insieme di tutti i
discepoli, egli ne chiama dodici per un servizio del tutto
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particolare:
“Poi salì sulla montagna e chiamò a sé quelli che volle; ed essi
gli andavano vicino. Quindi ne stabilì dodici, che chiamò
apostoli, perché stessero con lui e potesse inviarli a predicare
col potere di scacciare i demòni. Così, dunque, egli costituì i
Dodici: Simone, a cui pose il nome di Pietro, Giacomo di
Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali impose il
nome di Boanèrghes, cioè «Figli del tuono»; Andrea, Filippo,
Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo,
Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, che poi lo tradì” (Mc
3,13-19).
Tra questi dodici, chiamati “apostoli” (che significa
“inviati”), ce n’èuno che ha un compito particolare, Simone
detto Pietro:
“Io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia
chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
Ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato
sulla terra resterà legato nei cieli e tutto ciò che avrai sciolto
sulla terra resterà sciolto nei cieli” (Mt 16,18-19).
Questo potere di legare e sciogliere indica l’autorità di un
maestro nel dichiarare qualcosa lecito (sciogliere) o meno
(legare), o anche la possibilità di scomunicare (legare) e
riammettere nella comunità (sciogliere). Anche agli altri
apostoli è dato il potere di legare e sciogliere (Mt 18,18).
Come sempre agli apostoli vene dato il potere di trasformare il
pane ed il vino nel corpo di Gesù:
“Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro
dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate
questo in memoria di me». Allo stesso modo, alla fine della
cena, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova
alleanza nel mio sangue che è sparso per voi” (Lc 22,19-20).
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Ed il potere di rimettere i peccati
“Soffiò su di loro e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo: a chi
rimettete i peccati, sono loro rimessi; a chi li ritenete, sono
ritenuti»” (Gv 20,22-23).
Dunque Gesù ha voluto la comunità dei discepoli, Gesù ha
voluto dare ad alcuni di questi discepoli (i dodici apostoli) il
compito ed il potere di insegnare, di disciplinare la comunità,
di celebrare l’Eucaristia e di rimettere i peccati.
La Chiesa nata dal Mistero Pasquale
Abbiamo letto in Lc 22,20 che Gesù indica il proprio sangue
come il sangue dell’alleanza. Che significa? Significa che Dio ha
fatto con l’umanità un’alleanza nuova, non mediante sacrifici
di animali, come l’antica alleanza (o Antico Testamento)
conclusa con Abramo e con Mosè, ma mediante il sacrificio
dell’unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo benedetto.
Tra le motivazioni della condanna di Gesù vi era la paura
dei sacerdoti giudei. Kaifas disse: “Meglio che un uomo solo
muoia per il popolo” (Gv 11, 49), volendo intendere che,
piuttosto che avere grane con i romani, era meglio far fuori
quel sobillatore galileo. Kaifas non si rese conto di aver
profetizzato suo malgrado: Gesù è morto per la salvezza di un
popolo. Ma quale popolo? L’antica alleanza era stata conclusa
con Israele. La nuova alleanza è conclusa con un nuovo Israele,
un popolo che trova la sua ragione di unità non
nell’appartenere ad una determinata razza, bensì nel
condividere la stessa fede in Gesù Cristo Signore: la Chiesa.
Il sangue, nella mentalità ebraica, indicava la vita.
Aspergere con il sangue stava ad indicare la comunione di vita
che si instaurava tra due contraenti. Questi venivano a
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formare in un certo senso una cosa sola. Vi ricordate cosa
disse Adamo quando vide Eva? “Questa è osso delle mie ossa
e carne della mia carne”.
Perché lo disse? Perché riconobbe che era stata tratta dal
suo costato. E, guarda un po’, anche la Chiesa nasce dal
costato squarciato di Cristo: “Uno dei soldati con un colpo di
lancia gli trafisse il fianco e ne uscì subito sangue ed acqua”
(Gv 19,34): l’acqua è simbolo del battesimo ed il sangue
dell’eucaristia: in questi sacramenti è significata la Chiesa,
nuova Eva, che nasce da Cristo, nuovo Adamo.
Poi, quando Gesù risorge dai morti, porta con sé le anime
dei giusti: la sua risurrezione non è un fatto privato. Così
quando appare a Maria di Magdala le ordina di annunciarlo ai
discepoli: la comunità, la Chiesa è sempre presente.
La Chiesa rimane però come incompleta e titubante fino a
cinquanta giorni dopo la risurrezione del Signore. Solo dal
giorno di Pentecoste si può dire che essa sia nella sua
pienezza: lo Spirito Santo scende e trasforma i discepoli in
comunità viva che annunzia la risurrezione di Cristo.
Conclusione
Se si vuole accettare Cristo, bisogna amare la Chiesa come
la ama lui. Dando la vita per lei. Soffrendo delle sue
sofferenza, portando il peso delle sue colpe, ma anche
portando la gloria della sua santità.
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