Giovan Antonio D’Amato, il pittore che predicava per immagini A Giugliano il culto alla Madonna è stato in ogni tempo molto sentito. Ne sono buoni testimoni gli affreschi, i quadri, le sculture, le chiese, le congreghe, le cappelle e gli altari che si fregiano dei diversi titoli con cui lei Vergine è adorata. La testimonianza più fulgida di questa devozione mariana dei giuglianesi è data - come scrive P. Antonio Galluccio - dalla chiesa del1’Ave Gratia Plena, comunemente detta dell’Annunziata. Qui, a riprova dell’intensità di questo culto, troviamo tra l'altro, incastrato nel bellissimo cassettonato dorato e intagliato, realizzato agli inizi del decennio - dai napoletani Paolo di Martino e Francesco Spasiano, un bel dipinto di Giovan Antonio D‘Amato raffigurante lo Sposalizio della Vergine, realizzato, secondo le indicazioni di Basile, storico del paese nel 1618, unitamente ad altri quattro dipinti dovuti a Giovan Vincenzo D' Onofrio (il Forli), Domenico Lama e Massimo Stanzione, aventi a tema episodi tratti dalla Vita della Vergine. G. A. D’Amato, Natività della Vergine, Giugliano, chiesa della Natività La scena mostra al centro il Sommo Sacerdote tra Maria e Giuseppe che regge in una mano la verga fiorita, il segno divino con cui gli era stato annunziato il prossimo matrimonio con la Vergine, mentre con l'altra mano le infila la vera nunziale al dito. Giovanni Antonio D'Amato, esponente di spicco di una folta famiglia di artisti originari della costa amalfitana, lungamente attiva a Napoli tra la fine del XVI secolo e la prima metà del secolo successivo, è uno dei campioni della pittura devota napoletana del tempo; di quel genere di pittura cioè, che non perseguiva come risultato l’evoluzione dello stile ma che - al contrario - tendeva piuttosto a conformarsi sugli esempi antichi, affinché il dipinto fosse in grado di creare delle immagini, oltre che immediatamente riconoscibili, capaci di evocare, nel frattempo, delle forti emozioni. Un programma iconografico preciso guidava, infatti, l’artista: concentrare l'attenzione dei fedeli sui grandi temi della vita della Vergine e di Cristo, come in una sorte di «predicazione per immagini». E d'altronde lo stesso De Dominici, il settecentesco scrittore d’arte napoletana autore di una poderosa raccolta di biografie degli artisti partenopei, riguarda al nostro racconta - anche sulla scorta di quanto, circa un secolo prima, aveva riportato il canonico Carlo Celano nelle sue notizie su Napoli – che «... pervenuto Gio. Antonio ad una ragionevole perfezione nella pittura e avuto, come prima commessa pubblica, l’incarico di dipingere per l’Altare Maggiore della Chiesa di S. Giacomo degli Italiani a Napoli un’immagine della Beata Vergine, che tiene il Bambino nelle braccia [...] prima di porsi a dipingerla, se le raccomando caldamente, e si munì de' Santi Sacramenti della penitenza, e dell'Altare, e poi se ne venne a casa, ed inginocchione tutto umile, e devoto la S. Immagine dipinse [...] D’indi in poi crebbe tanto la sua devozione verso la SS. Vergine, che non passò Sabato ch'egli non digiunasse in onor di lei; ne mai dipinse il di lei volto, se non in dì di Sabato confessato, e comunicato, e con le ginocchia a terra...».Il dipinto dell’AGP non è tuttavia la sola opera realizzata dal D’Amato a Giugliano, né la più bella, che può essere invece indicata, senza indugio alcuno, nella magnifica Natività della Vergine che, con la Presentazione al Tempio, si conserva nell'omonima Congrega. Nel dipinto, che adorna l’altare maggiore e che fu realizzato, sempre secondo la testimonianza del Basile, nel 1617, costando ben 125 ducati, la scena si svolge - in sintonia con il racconto riportato da Iacopo da Varagine nella “Legenda Aurea” (che si rifà a sua volta al “Protovangelo” o “Libro di Giacomo”) - in una stanza riccamente arredata; Anna è sullo sfondo assistita dalle levatrici, mentre la piccola Maria, in primo piano, è lavata da altre donne, simpaticamente abbigliate con i costumi delle popolane giuglianesi dell'epoca. Franco Pezzella