Lo sport in una società multi-inter-culturale di Francesco Lazzari Università di Trieste «Non è solo lo scambio di mercanzie… che spinge a risalire fiumi e attraversare deserti». «Non solo a vendere e a comprare si viene a Eufemia, ma anche perché la notte accanto ai fuochi tutt’intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili o sdraiati sui mucchi di tappeti, a ogni parola che uno dice… gli altri raccontano ognuno la sua storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie. E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende… quando… ci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, al ritorno da Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria…»1. La rappresentazione del viaggio che Italo Calvino ci propone nel suo bel volume Le città invisibili ci parla dell’incontro e dello scambio come metafora della vita, della memoria, delle diversità che si incrociano nell’andare, che si incontrano-scontrano sotto la tenda della notte, che si influenzano reciprocamente… Oggi lo chiameremmo un contesto interculturale; il contesto di vita, della parola, del mettere in comune l’esperienza. Un contesto che ci appartiene, che è imprescindibile dall’esperienza umana stessa. Tutti siamo in viaggio. E tutti cerchiamo risposte agli interrogativi della vita. Risposte che l’incontro-scontro con l’altro può offrirci, ma anche toglierci. La positività di tale incontro-scontro dipenderà dalle capacità degli attori di tessere percorsi significativi, itinerari relazionali. Un percorso può essere appunto ricercato nell’interesse comune, o bene comune, inteso come vantaggio dell’essere uniti, ma soprattutto come ricerca di tutti quegli elementi nuovi presenti nelle tradizioni e nelle culture di altri popoli e individui, «così da trarre dal sistema delle forze - come nella fisica - la risultante che muove oggettivamente la 1. I. Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano, 2001, pp.36-37. società verso il progresso»2. Solidarietà e tolleranza risultano così comprese nel concetto stesso di interesse comune; «un bene che può essere prodotto soltanto assieme, non è escludibile per nessuno che ne faccia parte, non è frazionabile e neppure è concepibile come somma di beni individuali». Solo la comunità primaria è in grado di provvedervi in quanto spazio di relazioni tra soggetti collocabili tra il pubblico e il privato, il personale e il collettivo. Il bene relazionale è cioè un’impresa comune, tra persone in possesso di determinate relazioni sociali, è in funzione delle relazioni intersoggettive tra individui più che delle loro esperienze, individualmente o collettivamente considerate3. E, come sottolinea il poeta Antonio Machado, per il «viandante non esiste il cammino definito una volta per tutte, il cammino lui lo fa camminando» insieme a chi incontra per strada, sempre che sappia mettersi in relazione4. L’incontro-scontro con l’altro, nello sport come nella vita, richiede però responsabilità, rigore e coerenza. «Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la vita (…). Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine»5. Non è solo accumulando conoscenze che l’individuo potrà sentirsi più vicino a se stesso e all’altro. È piuttosto vivendo esperienze personali-sociali e analizzando il proprio comportamento, e quello altrui, che la persona percepirà meglio le proprie pulsioni, i propri sentimenti e quelli degli altri e comprenderà meglio le relazioni che sottendono la comunicazione tra individui in una visione creativa della realtà. 2. I termini interesse comune e bene comune sono utilizzati come sinonimi, benché la preferenza vada per il secondo. 3. P. Donati, Teoria relazionale della società, Angeli, Milano, 1991, p.156. 4. «Caminante no hay camino/ se hace camino al andar», dalla poesia «Caminante, no hay camino», in A. Machado, Poesia y prosa, Ed. Colihue, Buenos Aires, 1991. 5. N. Mandela, Lungo cammino verso la libertà, Feltrinelli, Milano 1995/2004, p.579. 2 Si tratta cioè di promuovere un processo di maturazione che sappia associare relazioni, emozioni, affettività e intelligenza: l’esperienza costituisce la prima tappa mentre la riflessione, l’analisi e la riconsiderazione degli atteggiamenti e delle idee espresse in precedenza sono altrettante tappe che devono seguire. Pertanto, compito dei buoni formatori - allenatori compresi dovrebbe essere proprio quello di facilitare queste dinamiche, cercando di collegare le emozioni al processo di apprendimento e utilizzando anche tecniche come la drammatizzazione, l’umorismo, l’integrazione dell’arte, del movimento e dello sport. Lo sport e l’attività fisica sperimentati nelle loro diverse forme potrebbero quindi favorire il passaggio dallo stadio concreto e soggettivo alla dimensione astratta e oggettiva per giungere alla presa di coscienza del «valore della coerenza tra l’ideale assunto e la sua realizzazione in un impegno anche personale»6. Per l’uomo postmoderno l’attività fisico-sportiva sembra (e dovrebbe) divenire sempre più importante: certamente per un miglioramento della qualità della vita, ma ancor più per la tutela del proprio benessere e del proprio stare in salute psico-fisica: un’attività importante non perché orientata al soddisfacimento di valori estetici frequentemente effimeri e volubili pronti a plasmare il corpo o a raggiungere vittorie sempre più estreme ricorrendo anche a prodotti chimici dannosi alla vita stessa; un’attività importante perché, come si è cercato di dire, permette l’integrazione dell’emotivo al cognitivo, favorisce il benessere psico-fisico, garantisce l’integrazione con le diverse dimensioni personali e sociali in una visione della persona intesa come un unicum, facilita l’apprendimento e rafforza la personalità. Spinge alla relazione, all’interazione e all’incontro-scontro con l’altro. Un’attività da utilizzarsi anche come antidoto all’inquietudine, al malessere, allo smarrimento, all’anomia che sembrano percorrere l’attuale società, in progressivo stadio di liquefazione, direbbe Bauman7. La solidarietà, emblematicamente rappresentata dal lavoro di squadra, la sfida con se stessi e con gli altri, le virtù etiche, morali e 6. Nuovi programmi didattici per la scuola elementare, 1985. 7. Z. Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari, 2002. 3 genuinamente estetiche8, potrebbero così diventare, oltre che valore dichiarato, anche metodo di lavoro che attraversa e dà forma a ogni singola azione e relazione, come corresponsabilità di tutti e di ciascuno in un’azione dello sport che sa integrare educazione-formazione, società civile ed istituzioni. Proprio perché muovendo il corpo si può aprire anche la mente, ci ricordava l’anno internazionale dell’educazione attraverso lo sport (2004). Insegnare dunque simultaneamente la diversità e le similitudini, le interdipendenze e le differenze tra le persone. Non di un approccio multiculturale ma inter-culturale siamo sostenitori, non di un approccio che avvicina, ma tiene distanti, bensì di una visione che mette le persone in interazione le une con le altre Con la preoccupazione non tanto di negare o di eliminare i conflitti ma - come sottolinea R. Dahrendorf - con la convinzione di considerarli la grande forza creativa dell’umanità, affrontandoli e gestendoli adeguatamente senza che divengano distruttivi. Il contributo di una prospettiva sociologica in chiave interculturale potrebbe perciò essere quello di vivere in situazione condizioni conflittuali trovandone però adeguate soluzioni, anche attraverso l’esperienza sportiva. Avendo consapevolezza che per conoscere e scoprire realmente l’altro - l’altro generalizzato, direbbe G.H. Mead9 - non è sufficiente facilitare la comunicazione, bisogna innanzi tutto conoscere e stare bene con se stessi, vivere esperienze e realizzare progetti comuni tra chi arriva e chi accoglie, tra chi parte e chi resta. Così facendo l’esperienza sportiva, se intelligentemente vissuta, potrebbe rappresentare una formidabile opportunità formativa. Operare per un sistema educativo policentrico, dunque, costituito da istituzioni e agenzie formative sparse sul territorio in cui sia 8. Il Consiglio d’Europa è stato tra i primi a sentire la necessità di sottolineare l’importanza di questi concetti approvando nel 1976 la Carta europea dello sport per tutti e nel 1992 (modificata nel 2001) la Carta europea dello sport e il Codice di etica sportiva. Nel 1985 adottava la Convenzione europea sulla violenza e sugli eccessi degli spettatori, nel 1989 la Convenzione contro il doping e nel 2001 il Protocollo alla Convenzione contro il doping. Si veda amplius sempre del Consiglio d’Europa: The Significance of Sport for Society. Health, Socialisation, Economy, 1995;·Dying to Win. Doping in Sport and the Development of Anti-doping policy, 2a ed., 2002. 9. G.H. Mead, Mente, sé e società (1934), Giunti Barbera, Firenze, 1966. 4 effettivamente conciliabile l’imparare a conoscere, a fare, ad essere e ad imparare insieme 10. Un processo di compenetrazione tra corpo e mente, tra politica scolastica e politica sociale, tra scuola, extrascuola e tessuto sociale, politico ed economico, in famiglia e nella vita del cittadino. Un processo che sia in grado di promuovere una società educante11. Lavorare perché lo sport sia momento di incontro e di crescita globale e armonica della persona e delle persone, ma anche metafora e sostanza del sapere. Di saperi che non si collocano in sentieri lineari, ma che si costruiscono secondo criteri di integrazione tra teoria-praticateoria (ricerca-azione), secondo quella conoscenza pertinente posta da Morin12 come uno dei sette saperi necessari per l’uomo di domani, capace di cogliere i problemi reali ed in grado di riallacciare il legame tra parti e totalità. 10. J. Delors (cur.) (1996), L’educazione, un tesoro sommerso, Armando, Roma, 1998. 11. F. Lazzari, Le nuove solidarietà., Angeli, Milano, 2004. 12 E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Cortina, Milano, 2001; C. Desinan, Educazione e servizio sociale: le buone ragioni di una convergenza in F. Lazzari, A. Merler (cur.), La sociologia delle solidarietà, Angeli, Milano, 2003. 5