Antonello Venditti festeggia il suo compleanno in

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Buon compleanno Liga!
testo: Erika Sambuco – foto: Stefanino Benni
13 marzo 1960, è questo che recita la carta d identità
anagrafica di Luciano Ligabue che oggi compie 52 anni. Se è
vero che l’Italia ha avuto pochi veri interpreti rock, il Liga
è uno di questi.
Nel tempo dalla piccola Correggio si è incamminato sulla
strada dei Sogni di rock n’roll (che a volte si realizzano)
finendo per far “ballare sul mondo” migliaia e migliaia di
persone.
Evitando le biografie spicciòle
(che parlando di un esordio
tardivo nel 1990, di un disco bestseller come “Buon compleanno
Elvis”, di altri titoli dalle vendite dorate e di una serie
impressionante di concerti oceanici) c’è da dire che il
cantautore ha interpretato come nessuno l’anima romantica e di
frontiera del rock made in Italy.
E qualche giorno fa arrivano notizie: anche se dopo il
concerto evento Campovolo 2.0 aveva annunciato che si sarebbe
fermato per un po’, Luciano Ligabue fermo non riesce a stare!
Londra, Locarno, Napoli e Taormina, l’estate per il Liga sarà
all’insegna del rock, con una serie di date che lo vedranno
esibirsi anche alla prestigiosa Royal Albert Hall di Londra.
E’ stato lo stesso manager,
Claudio Maioli, dalla pagina
Facebook a postare, per la gioia
dei fan partenopei, la notizia
di nuove date in arrivo, tra cui
quella di Napoli, in piazza
Plebiscito, dopo ben 9 anni di
attesa
per
un
concerto
partenopeo. In un lungo post
Maioli spiega i motivi che lo
hanno spinto, insieme a Luciano, a rompere lo stop previsto
per il 2012. “Dopo due anni in cui abbiamo portato il live di
Arrivederci, Mostro! negli stadi, nei teatri, nei palazzetti
fino a quel mega evento che è stato Campovolo 2.0, avevamo
pensato di rimanere fermi con l’attività live. Un anno di
pausa per riorganizzare le idee e per generare un nuovo disco
e nuovi live. Poi, però, sono successe alcune cose. Nello
stesso giorno sono arrivate due proposte: una per un concerto
in Svizzera al festival di Locarno, Moon and Stars, e l’altra
per una data alla Royal Albert Hall di Londra. Ho chiesto a
Luciano se potevamo rompere quella pausa programmata e fare
queste due date. Non solo era entusiasta della notizia ma ha
rilanciato: “Sai Maio, ho voglia di trovare arrangiamenti più
cattivi per alcune mie canzoni. Un mini tour di cui restano da
definire ancora un paio date: “Saranno comunque non più di 5 o
6 concerti per sfogare la parte più rock’n’roll di Luciano con
luci essenziali e senza fronzoli, come succedeva agli esordi”
conclude Maioli, che rivela: “Stiamo anche pensando a un posto
nel nord Italia dove non siamo mai stati e in cui ci sia un
paesaggio naturale che possa far da cornice allo spettacolo,
un po’ come accadde ai tempi di Woodstock». Rock in progress
quindi e noi che intanto porgiamo tanti auguri a lui, al suo
rock vero, alle sue storie autentiche, alla voce convincente
ed alle sue chitarre piene.
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Litfiba live a Roma, il nuovo
sogno ribelle
testo: Erika Sambuco – foto: Serena de Angelis
Un paio d’anni fa Piero Pelù e Ghigo Renzulli avevano giurato
di essere tornati per durare. Un tour lunghissimo, un live con
due inediti e un disco interamente nuovo hanno spezzato via
anche gli ultimi dubbi. I Litfiba sono ripartiti puntando
sugli elementi che ne delineavano i connotati nei momenti
migliori: integrità, istinto e anticonformismo. In una parola,
rock. Ieri sera il duo-simbolo del rock italiano è passato da
Roma, e la Capitale non si è certo fatta trovare impreparata.
Dopo la reunion all’insegna della Grande Nazione Pelù e
Renzulli, entrati ormai nel secondo decennio del XXI secolo,
si riconfermano uno dei sodalizi più esplosivi di sempre, e se
l’album pubblicato a gennaio poteva aver lasciato qualche
dubbio, dopo aver assistito alla data romana posso dire che il
tour potrà dissipare ogni perplessità. La band che accompagna
i Litfiba sul palco è composta da Daniele Bagni (basso e
cori), Federico Sagona (tastiere e cori), Pino Fidanza
(batteria), Cosimo Zannelli (seconda chitarra e cori). Il
Palalottomatica è gremito, ma non al completo: quando le luci
si spengono, centinaia di corna rosse che si illuminano ad
intermittenza omaggiano Piero Pelù e Ghigo Renzulli, che
entrano sorridenti e in apparenza rilassati, pronti a dare al
pubblico il loro rock “vecchio” e nuovo. E’ infatti Squalo ad
aprire lo show, con un Pelù più convinto e tonico che mai,
supportato, manco a dirlo, dalla chitarra potente e disinvolta
di Renzulli e dalla giovane band, a dar vita ad una formazione
che ha tutta l’aria di divertisi molto. Pelù corre da una
parte all’altra del palco, si esibisce nei suoi “giochi di
mano”, dispiega insomma tutto l’armamentario da perfetta
“rockstar latina” che lo ha reso un personaggio unico dal 1980
a questa parte.
Sarà una “Fiesta Tosta”
all’insegna del rock, fra
pura energia e divertimento e
frecciate ai potenti di turno
(ma anche a quelli passati,
stanziati
nella
vicina
Arcore…), com’è nello stile
dei Litfiba. Largo spazio
hanno i brani dell’ultimo album, alternati comunque ai
classici di sempre, capaci più di altri di far saltare
all’unisono i migliaia del parterre e di scuotere gli anelli
laterali e le tribune. I due avevano avvisato: sarebbe stato
il tour più incazzoso, ballabile e persino pogabile di sempre,
e devo dire che le attese non sono state tradite, in uno show
certo studiato, all’insegna della formula “frase introduttivacanzone”, che ha lanciato messaggi precisi, da quello contro
l’ipocrisia e le ingenti spese militari, all’appello a favore
della libertà (ideale incarnato, per il gruppo, nella figura
di Lucio Dalla, che è stato omaggiato, teschio argenteo alla
mano, con Lulù e Marlene).
Dopo il ricordo del cantautore bolognese, la gloriosa storia
dei Litfiba è riemersa con maggior decisione, facendo virare
lo show verso il passato. Un minuto di silenzio inoltre per
Matteo Armellini, l’operaio morto a seguito del crollo del
palco di Reggio Calabria durante l’allestimento del concerto
di Laura Pausini, ricordando poi quanto siano importanti e
necessarie le normative della sicurezza sul lavoro. E’
ufficialmente cominciata l’ultima parte dello show, quella
“antologica” e celebrativa di Ghigo e Piero, che campeggiano
giganteschi e vagamente “diabolici” ai lati del palco sotto
forma di scheletri stampati su due enormi tendoni. Più gli si
dà, più il pubblico ne vuole: l’ultimo bis è quello in cui si
gioca il tutto per tutto, col sentore di essere ormai alla
fine di una serata passata forse troppo in fretta e
riconfermando quanto si era in realtà capito fin dalle
primissime battute della serata: i Litfiba non si discutono.
In una recente intervista Pelù dichiara: “Al giorno d’oggi le
rockstar si preoccupano di decidere chi sia la più bella del
reame, noi vogliamo sottolineare che siamo rocker sul serio” e
ancora “Il significato letterale della parola è “roccia”,
qualcosa di indistruttibileche non si piega di fronte a nulla.
Credo che il rock abbia molto a che vedere con l’istinto, con
l’immegiatezza, e poco con il ragionamento. E’ una musica
primordiale, un elemento grezzo che a noi piace molto. Per
questo l’ultimo disco è un disco rock: molte canzoni sono
state scritte di getto, sono venute fuori spontaneamente. Se
c’è l’eccessiva elaborazione, l’anima del rock si smarrisce”.
La musica non può cambiare il mondo, ma il mondo può cambiare
la musica. Un’artista ha il dovere di denunciare quello che
vede attraverso la propria arte ed è questo che stanno facendo
i Litfiba, specie con il loro ultimo album Grande Nazione. Un
live ricco di adrenalina. E’ proprio il caso di dire che
l’unione fa la forza ed a cinquant’anni non è mai troppo tardi
per ricominciare a sognare…
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Chiara Civello: appuntamento
l’8 maggio al Sistina di Roma
Se – come sostiene Chiara Civello – il primo è il disco del
cercarsi, il secondo del raccogliersi, il terzo del trovarsi,
il quarto (quinto se si conta la De Luxe Edition di 7752 ),
quale potrebbe essere? Lei non lo ha ancora detto ma,
all’ascolto di un lavoro adulto e maturo come questo, viene da
definirlo quello del lasciarsi andare. Ovvero dell’immergersi
in questo fiume di note che scorre senza sforzo e lasciarsi
portare laddove le mille anime di Chiara confluiscono. “Al
posto del mondo”, la canzone scritta con
Diana Tejera, autrice di rango che non
nasconde di certo la sua raffinata
passionalità figlia di sangue ispanico, è
già il manifesto di un’appartenenza a tutti
e a nessun universo musicale in particolare.
Certo c’è profumo di tango, di latinità, ma
c’è anche il respiro di una grande canzone
dell’età d’oro dei “radio days”, quell’idea
di classico senza tempo che solo la
naturalezza di una melodia dritta, ispirata e di una
altrettanto felice interpretazione può trasmettere.
Chiara Civello muove i suoi primi passi nel jazz per poi
rimanere vittima di un coup de foudre per la musica brasiliana
e per alcuni suoi autori prestigiosi oggi suoi amici; guarda
quindi al pop come a un’area di libertà dove certo rigore cede
il passo al divertimento. Bene, oggi nessuno di questi
elementi (ma anche altri) si potrebbe dire dominante; si
tratta di un sovrapporsi di eredità in perfetto equilibrio,
tanti “movimenti” del talento e del cuore che vanno tutti
nella direzione di definire semplicemente i contorni di una
grande artista. E più si è sicuri della propria identità,
tanto più si è pronti alla condivisione, al mettersi in gioco.
Esattamente come Chiara ha fatto al 62° Festival di Sanremo
presentando, nell’omaggio alla grande canzone italiana, il
brano “You Don’t Have to Say You Love Me” – “Io che non vivo
(senza te)” – di Pino Donaggio ), con Orville Richard Burrel
da Kingston, Giamaica, meglio noto come
Shaggy. O come,
sempre a Sanremo, ha duettato la sua canzone in gara “Al posto
del mondo” con Francesca, la sedicenne di Bassano del Grappa
vincitrice della V edizione di X Factor.
“Al posto del mondo,” il primo album di Chiara registrato e
prodotto interamente in Italia, è composto da 10 inediti
(nella versione digitale sarà invece possibile scaricare anche
una bonus track del brano “Lo vedi”). Questo ultimo lavoro è
la fotografia più fedele della Chiara Civello di oggi, più che
mai libera di volare nel successivo “E se” sui trapezi di
un’orchestrazione circense alla Bacharach (con il quale firma
l’intensa “Trouble”); raccogliersi nella dimensione bluesy di
“Hey caro ragazzo”, impreziosire quella autentica perla di
cultura musical/popolare che è “Il cuore è uno zingaro”. Ma è
anche la Chiara Civello di “A me non devi dire mai”, scritta a
quattro mani con Bungaro, esempio di quel gusto acustico degli
arrangiamenti che alla fine finisce per porre il suggello del
suo stile avvolgente. Come in “Ma una vita no” da ascoltare a
luci basse, con l’anima in difesa per non farsi troppo
coinvolgere. Salvo poi cambiare atmosfera e tutto il resto con
il torrido rock di “Got to Go”, scritto con Jesse Harris già
autore per Norah Jones. Più che mai libera, appunto.
Patti Smith dopo cinque anni
ritorna sul palco di Luglio
Suona Bene
Patti Smith, che ritorna dopo cinque anni di assenza sul palco
di Luglio Suona Bene, ormai non può essere definita solamente
una “sacerdotessa del rock” o una straordinaria “rockeuse”.
Patti Smith è una delle personalità più importanti della
cultura newyorkese degli ultimi trent’anni: poetessa,
intellettuale, musicista, artista contemporanea, attivista,
scrittrice, esponente di spicco della cultura femminile, è in
grado di giocare con i suoni e con le parole con incredibile
sapienza, profondità e senso estetico. Fu tra gli artisti che,
10 anni fa, parteciparono all’inaugurazione dell’Auditorium
Parco della Musica.
“Easter”, il disco della sua consacrazione, l’album che l’ha
portata al clamoroso successo internazionale esattamente
trent’anni fa, fondeva già la poesia (di Rimbaud) con le
canzoni (di Springsteen) e ha regalato alla musica di quegli
anni una profondità di suono e di temi in grado di scuotere
l’anima e di far sognare.
Patti, che è stata nominata nel 2007 nella Rock’n’Roll Hall of
Fame assieme a R.E.M., Van Halen, ecc. si è assicurata un
posto di autrice nella storia del rock’n’roll con i suoi “tre
accordi rock uniti al potere delle parole”, e si è guadagnata
la reputazione di straordinaria interprete della musica pop,
facendo proprie le canzoni di altri artisti. A cominciare dal
singolo “Hey Joe”, tratto dall’album Horses del 1974 che
conteneva estrapolazioni di “Gloria” di Van Morrison o di
“Land of 1.000 Dances” di Chris Kenner, passando per le
performance di “You Light Up My Life” o “To My Generation”
fino a oggi,
Patti Smith continua a dare nuova forma ai
classici della musica popolare e a rivisitarli fornendo sempre
una originale, inimitabile interpretazione.
Lo testimonia anche l’album pubblicato nell’agosto 2011,
“Outside Society”: 18 tracce che raccontano la lunga carriera
e la storia umana dell’artista americana. Sempre nel 2011
Patti canta insieme al gruppo musicale R.E.M. nella canzone
“Blue”, presente nell’album Collapse into Now. Nel 2012 il
primo libro di narrativa di Patti Smith le fa guadagnare
istantaneamente il più importante premio letterario americano,
The National Book Award. Infine, sempre nel 2012, in occasione
del festival di Sanremo duetta come ospite straniero con il
gruppo Marlene Kuntz cantando “Impressioni di settembre” della
Premiata Forneria Marconi e il suo più famoso successo Because
the Night, facendole guadagnare una standing ovation e il
premio unanime della stampa quale migliore esibizione.
Antonello Venditti festeggia
il suo compleanno in concerto
a Roma
Foto e Testo di Federico Aniballi
L’otto marzo è la festa della donna e gli spalti sono coperti
di minose gentilmente offerte per l’occasione, eppure non è
questa la festa della serata, lo si capisce subito non appena
si abbassano le luci. Il pubblico si emoziona, applaude ed
intona “tanti auguri a te, tanti auguri a te”: è il compleanno
di Antonello, il sessantatreesimo per la precisione! Ma invece
di spegnere le candeline, lui
ha acceso gli animi. Bel
concerto: la voce c’è e la
voglia di cantare pure. Apre
con il singolo “Unica” per
poi
dedicarsi
ad
un’alternanza di classici
evergreen e nuovi successi,
ma prima c’è spazio per un
saluto speciale, quello al suo amico Lucio Dalla. Il ricordo
non è né nostalgico né tanto meno amaro… della serie “chi
muore cantando, muore felice”. E allora c’è spazio pure per
una preghiera ed un ringraziamento altrettanto speciale
rivolto ai due giovani morti sotto i palchi di Jovanotti e
Laura Pausini, rispettivamente Francesco Pinna e Matteo
Armellini: “è grazie a gente come loro che noi possiamo essere
qui stasera”.
E musica sia. Si abbassano le luci, si accendono i microfoni e
si ricominicia a cantare. Buon compleanno Antonello: il regalo
lo hai fatto tu a tutti i tuoi fan.
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Litfiba: il ritmo del 2000 è
pura adrenalina
Testo e foto:
Stefanino Benni
Nel lontano Ottobre 1980 in una cantina di Via dei Bardi a
Firenze, si formano i LITFIBA, che in oltre 30 anni hanno
segnato e ancora segnano con elettrizzante ritmo la storia
rock regalandoci bellissimi album sicuramente presenti nelle
nostre bacheche musicali, come Desaparecido (1983), 17 Re
(1986), Pirata (1989), El Diablo (1990), Terremoto (1993),
Spirito (1995), Mondi sommersi (1997), Croce e delizia (1998),
Infinito (1999). Dieci anni di separazione musicale tra Piero
e Ghigo e poi nel dicembre
2009 reunion dei Litfiba, e
ritorno di Pelù alla voce.
Da qui la Mitica band fiorentina si esibisce prima in una
lunga tournè per tutto il 2010 dando luce al doppio album live
“ Stato libero di Litfiba”, che riscuote un notevole consenso
di pubblico. Affrontano poi ad inizio 2011 un nuovo tour che
tocca le maggiori capitali europee (Londra, Parigi, Amsterdam,
Berlino, Barcellona, Bruxelles, Ginevra, Zurigo), con dei
bellissimi live (documentario live “Cervelli in fuga”) ed un
enorme seguito di pubblico,
Si apre un nuovo sipario e di nuovo i Litfiba escono a gennaio
2012 con un disco d’inediti intitolato “Grande nazione” che il
2 marzo a Firenze ha dato il via e titolo al nuovo
entusiasmante tour , ben introdotto dagli orecchiabili primi
singoli brani “Squalo” ( novembre 2011) e “La mia valigia”
(gennaio 2012), dove nel videoclip possiamo ammirare la bella
e brava Eva Poles (ex Prozac + e attuale componente
Rezophonic, ora impegnata in una nuova produzione
discografica), più volte ritratta nei nostri reportage
fotografici (in ultimo quello del 10° ROCK TV Bday Party del
2011 all’Alcatraz di Milano).
Il Grande Nazione Tour 2012, come definito da Piero Pelù e
Ghigo Renzulli < Sarà il più divertente, incazzoso e pogabile
della nostra storia ». Il tour per l’Italia si concluderà il
1° maggio, nella bellissima cornice dell’Arena di Verona.
Il disco uscito in gennaio 2012 e già disco d’oro e i Litfiba
scendono energeticamente sul palco facendo gustare al pubblico
oltre 2 ore di live a tutto rock adrenalinico. Una vera e
propria imponenza e Terremoto di suoni hard-rock/punk, che
vanta una scaletta di ben 25 pezzi, in cui promuovono 8 brani
di “Grande Nazione” e una carellata di grandi successi che
hanno egregiamente segnato la storia dei Litfiba.
Il pubblico al Mediolanum Forum di Assago (MI) è letteralmente
in delirio sulle note di “El Diablo”, “Proibito” , “Regina di
cuori” , “Tex” , “Squalo”, “La mia valigia”, “Sole nero”,
“Cane”, “Cangaçeiro”, “Ritmo 2 “, “Spirito”, “La preda”…..e
molte altre perle di musica Rock……
< Un ritmo gira il mondo / ed io ci sono dentro / cercando in
ogni cosa / tutte le facce/tutte le razze / quell’onda
(onda..onda..onda..) / che mi ha sbattuto qua / il ritmo del
2000 / è adrenalina pura / è un ritmo da paura……………>
Indubbiamente un bellissimo ed energico Live
Organizzazione Evento:
F&P Group e Parole & Dintorni
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Pausini: stop al tour. Ecco
il nuovo calendario
Nel rispetto del lutto per Matteo Armellini, stop per due
settimane all’Inedito World tour di Laura Pausini. Lo ha reso
noto F&P Group, la società che organizza i concerti.
Laura Pausini, i musicisti, i tecnici e tutto lo staff hanno
valutato di non poter proseguire con il lavoro perché
profondamente colpiti dalla scomparsa del collega e amico
Matteo, tragicamente scomparso la notte tra il 4 e 5 marzo
scorso.
Lo spettacolo ripartirà da Firenze il prossimo 18 marzo e
ciascuna replica, fino a fine anno, quando lo show concluderà
il suo tour mondiale sarà dedicata a Matteo Armellini.
I biglietti acquistati restano validi per le nuove date
annunciate.
Relativamente al concerto di Reggio Calabria, il recupero
della data e’ allo studio dell’organizzazione. Si sta comunque
ragionando per proporre lo spettacolo in una data estiva
perché in alcun modo, la produzione, l’artista, i tecnici e i
musicisti intendono tornare nella struttura del PalaCalafiore
di Reggio Calabria.
Ecco il calendario del tour:
18 E 19 MARZO – FIRENZE – NELSON MANDELA FORUM
21 E 22 MARZO – CASERTA – PALA MAGGIÒ
24 E 25 MARZO – GENOVA – 105 STADIUM
27 E 28 MARZO – TORINO – PALA OLIMPICO
30, 31 MARZO E 2 APRILE – TREVISO – PALA VERDE
5 E 6 APRILE – ACIREALE – PALASPORT
10 APRILE – ZURIGO (SVIZZERA) – HALLENSTADION
11 APRILE – GINEVRA (SVIZZERA) – ARENA GENF
13 APRILE 2012 – PARIGI (FRANCIA) – BERCY PALAIS OMNISPORTS
14 APRILE 2012 – BRUXELLES (BELGIO) – FOREST NATIONAL
17 APRILE – BOLOGNA – UNIPOL ARENA
20 APRILE – MADRID (SPAGNA) – PALACIO DEPORTES
21 APRILE – BARCELLONA (SPAGNA) – PALAU ST JORDI
24 APRILE – TOLOSA (FRANCIA) – ZENITH
26 APRILE – NIZZA (FRANCIA) – NIKAIA
27 APRILE – MARSIGLIA (FRANCIA) – LE DOME
29 APRILE – METZ-AMNEVILLE (FRANCIA) – GALAXIE
30 APRILE
– STRASBURGO (FRANCIA) – ZENITH
02 MAGGIO
– LIONE (FRANCIA) – HALLE TONY GARNIER
03 MAGGIO – GRENOBLE (FRANCIA) – PALAIS DES SPORTS
06 MAGGIO – VIENNA (AUSTRIA) – STADTHALLE
08 MAGGIO – BERLINO (GERMANIA) – 02 WORLD
10 MAGGIO – MONACO (GERMANIA) – CIRCUS KRONE
11 MAGGIO – MONACO (GERMANIA) – CIRCUS KRONE
13 MAGGIO – STOCCARDA (GERMANIA) – BEETHOVENSAAL
15 MAGGIO – DUSSELDORF (GERMANIA) – MITSUBISHI ELECTRIC HALLE
17 MAGGIO – AMBURGO (GERMANIA) – LAEISZALLE
19 MAGGIO – AMSTERDAM (OLANDA) – HEINEKEN MUSIC HALL
20 MAGGIO – ANVERSA (BELGIO) – LOTTO ARENA
22 MAGGIO – LONDRA (REGNO UNITO) – ROYAL ALBERT HALL
4,
5 E 6 GIUGNO – VERONA – ARENA
9 GIUGNO – PERUGIA – PALA EVANGELISTI
7 LUGLIO – LUCCA – SUMMER FESTIVAL
18 LUGLIO – BARI – ARENA DELLA VITTORIA
21 LUGLIO – PALERMO – VELODROMO
27 LUGLIO – NAPOLI – PIAZZA DEL PLEBISCITO
4 E 5 DICEMBRE – MILANO – MEDIOLANUMFORUM
11 E 12 DICEMBRE – ROMA – PALALOTTOMATICA
I Cani, Live @ Piper. Cronaca
di un concerto quasi normale
di Francesco Corbisiero
Era il giugno dell’anno scorso. Un compagno d’università che
poi sarebbe diventato il mio coinquilino mi accolse a casa
sua, per una ripetizione di un esame che non riuscii allora a
passare e che è ancora fermo lì (microeconomia) e in uno dei
frequenti e svaccati momenti di cazzeggio travestiti da pausestudio, tra una sigaretta sul balcone e una discussione sugli
amorazzi vari ed eventuali in corso, fece passare sul suo Mac
un disco stranissimo di un gruppo altrettanto bislacco, di cui
ancora non si conosceva l’identità. Finiti gli esami e tornato
finalmente a Lecce per l’estate, presi da YouTube tutte le
canzoni e le ascoltai piano piano.
Febbraio 2012: son passati la bellezza di otto mesi da quel
giorno, e cinque da quando quel gruppo si palesò
definitivamente sotto i riflettori e davanti al pubblico del
Circolo degli Artisti per la prima data di un tour che li ha
imposti in Italia come fenomeno di costume e gruppo in voga
dei una scena musicale romana al momento assai moscia e capace
di dare slanci, passione e budella soltanto nell’ambito del
rap, e io sono al Piper, con un folto gruppo di conoscenti e
amici sparsi un po’ in tutta la sala, ad aspettare di
ascoltare quel gruppo finalmente dal vivo. Perché sarebbe
stato facile buttare giù due righe quando il tam tam era nel
vivo e le informazioni rimanevano confuse e deficitarie, ma
non l’ho fatto. Aspettavo di saperne di più, vederli calcare
il palco, e poi, magari, solo allora tirare le somme. Oppure,
molto più semplicemente, cercare di capire.
I Cani: l’esempio di come alle volte bastino 3 tastiere, una
batteria molto post punk (manco a dirlo, titolo di uno dei
loro pezzi) alla Cure e un basso adeguatamente profondo per
strizzare l’occhio agli MGMT d’oltreoceano, prendere a piene
mani gli arrangiamenti degli anni ’90 di un protagonistachiave dell’ambiente sotto er Cuppolone (Max Gazzè),
rinfrescarli quanto basta e creare un indie-pop dai suoni
sintetici nel bel mezzo dei sette colli della Capitale. E,
inoltre, una chiara dimostrazione del fatto che, quando il
testo di un brano tocca nervi scoperti e si descrivono in
poche, sapienti e spietate pennellate atteggiamenti diffusi e
pratiche quotidiane del proprio microcosmo, è inevitabile far
centro, dipingere un affresco desolante in chiave quasi
sociologica, ma senza necessariamente creare vie d’uscita o
ergersi a santoni o guru (non è questo il tono e l’intento
della band). Ed è un progetto underground (ma neanche tanto,
ormai) che fa leva sui giovani. Giovane e indipendente è
l’etichetta (la 42 Records), e giovanissimi anche i
protagonisti della serata. Pure il Piper è pienissimo di
ragazzi, con la voglia soltanto di ascoltare, ballare,
dimenarsi un po’ in una serata d’intervallo tra un esame e il
ritorno delle lezioni universitarie o soltanto di togliersi lo
sfizio di vedere all’opera l’oggetto di tanta curiosità.
Aprono il concerto i Gazebo Penguins, con il loro punk rock
emiliano durissimo: solo sette canzoni e poi via, è dura la
vita da gruppo-spalla. Mi colpisce il modo del bassista di
tenere il suo strumento, come fosse un fucile in spalla, in
attesa di farlo suonare, di sparare qualche suo colpo, quasi
un tributo a Johnny Rotten dei Clash. Ma colpisce ancora di
più che i ragazzi di Zocca di Reggio nell’Emilia – seguiti da
un nutrito gruppo di amici emiliani e tutti in prima fila – si
divertano a fare un collage alla rinfusa di frasi tratte dai
testi delle canzoni dei Cani e di adagiarle sulle loro basi
rock. Penso: i diretti interessati si saranno incazzati da
morire. Invece arrivano loro e smentiscono il mio malpensiero.
Perché sono autoironici, i
Cani, e non se la sono presa
affatto, anzi ringraziano. E
oltre alla capacità di saper
ridere di sé, sembrano pure
schivi, nonostante sul palco
si scatenino alla grande. ‘Se
non parliamo molto non è
perché siamo timidi, mica
perché siamo arroganti’ dice al microfono il frontman del
gruppo di cui, anche se conosciamo l’identità. Non faremo il
nome perché i quattro hanno scelto volutamente la strategia
della segretezza (do you remember le buste di cartone in testa
anche durante le interviste?) e noi la rispettiamo. E il
concerto inizia e procede così, tra i brani di un
‘sorprendente album d’esordio’ (questo il titolo) che ha fatto
discutere tantissimo nella torrida estate romana del 2011:
dall’intimità di pezzi come ‘Il pranzo di Santo Stefano’ alla
fotografia della gioventù femminile che sogna l’America di
‘Hipsteria’, dai pensieri maligni di un giovane che in
discoteca ci sta come un pesce fuor d’acqua di ‘Door
Selection’ alla caustica ‘Le coppie’, per finire in crescendo
verso l’inno ‘I pariolini di 18 anni’, ritratto di famiglia
dei figli di una borghesia capitolina sporca e malconcia, e
‘Velleità’, ultima, catartica e velenosa canzone prima dello
stage diving dei membri del gruppo sul pubblico (eseguito
anche dal bancone del bar del Piper) e al ritorno dietro le
quinte accompagnato da miriadi di applausi. Da segnalare
inoltre la cover di ‘Con un deca’ degli 883, che ha visto
interprete presente proprio l’autore originario, Max Pezzali,
a cantare insieme ai Cani, gongolante per cotanto omaggio.
E insomma, alla fine di tutto questo racconto, cosa dire?
Mettiamola così: come album d’esordio non c’è male. Tante
potenzialità e atmosfere plastiche, molta paraculaggine,
sapiente uso dei mezzi d’informazione alternativi (Facebook e
Sound Cloud in primis), show scenico come si deve e tecnica
già più raffinata rispetto alle prime esibizioni – pietose –
del tour. Cari Cani, benché non sia proprio nessuno per
giudicarvi, io vi promuovo e vi alzo anche il voto per
simpatia. Però attenti, perché se il prossimo non sarà un
disco con fiocchi e controfiocchetti, l’oblio è dietro
l’angolo ad aspettarvi. Mica son tutti buoni e cari come me.
Joan
Baez
all’Auditorium Parco
Musica
torna
della
La regina delle folk singer torna all’Auditorium Parco della
Musica dopo gli applauditissimi concerti del 2004 e del 2007.
Icona del pacifismo e dei diritti civili, l’usignolo di
Woodstock, l’artista statunitense che, da più di cinquanta
anni, cantando in molte lingue (italiano compreso), spaziando
tra folk, rock, pop, country e gospel, non ha mai abbandonato
per nemmeno un secondo l’impegno verso le cause dei deboli e
degli oppressi.
Autrice di molte delle sue canzoni, è nota anche per le sue
interpretazioni dei brani degli amici e colleghi Woody
Guthrie, Pete Seeger, Bob Dylan, The Beatles, Jackson Browne,
Paul Simon, The Rolling Stones, Stevie Wonder e molti altri.
Negli ultimi anni interpreta brani di autori quali Steve
Earle, Natalie Merchant e Ryan Adams. Ha un’estensione vocale
di tre ottave e un particolarissimo rapido vibrato.
Joan Baez simboleggia da sola una generazione di artisti
politicamente impegnati. Insieme a
musicisti come Bob Dylan, di
cui ha cantato molte canzoni,
Joan Baez trova nel folk un
modo per esprimere la sua
critica sociale. Per cinque
decenni,
come
cantante,
attivista, e ambasciatore di
buona volontà, Joan Baez ha
cantato
con
la
stessa
mentalità. Nel 2007 è stata
premiata
il
Lifetime
Achievement
Award
dalla
National Academy of Arts and
Sciences Drive.
Partecipò alla marcia Selma-Montgomery del 1965 con Martin
Luther King, alla marcia su Washington, alle manifestazioni
alla UC Berkeley contro la Guerra in Vietnam. Arrestata due
volte nel 1967 per aver bloccato l’ingresso dell’Armed Forces
Induction Center di Oakland, in California, è rimasta in
carcere per più di un mese. Cantò alla celebrazione di Phil
Ochs, “The War is Over”, nel maggio 1975 a New York. La sua
esperienza in Vietnam la porta a fondare il suo proprio gruppo
per la difesa dei diritti umani, Humanitas International, che
si occupa di denunciare le oppressioni dei governi sia di
destra che di sinistra. Nel 1981 le sue critiche ai diritti
umani di Cile, Brasile e Argentina le impediscono di esibirsi
in quei paesi; mentre si trovava in quei paesi venne tenuta
sotto sorveglianza e minacciata di morte. In seguito
intraprese un secondo viaggio nel sudest asiatico per portare
medicinali nella Cambogia occidentale e partecipò a una
conferenza umanitaria delle Nazioni Unite a Kampuchea
(Cambogia). Il 17 luglio 2006, la Baez ha ricevuto il
Distinguished Leadership Award dalla Legal Community Against
Violence. Joan Baez ha avuto un grande ruolo nelle battaglie
per i diritti civili degli omosessuali e nell cause
ambientaliste. Nel 2003 la Baez si è esibita davanti a
centinaia di migliaia di persone in due proteste contro
l’invasione americana dell’Iraq, a San Francisco (lo stesso
aveva fatto nel 1991 per la Guerra del Golfo). Nel dicembre
2005, Joan Baez è apparsa alla protesta del Carcere di San
Quintino in California, contro l’esecuzione di Tookie
Williams.
Obama, è l’unico uomo politico per il quale Joan Baez si sia
schierata. Suonando sul palco del Glastonbury Festival nel
giugno 2008, la Baez disse che uno dei motivi per cui le piace
Obama è che le ricorda un suo vecchio amico: Martin Luther
King. Nel giugno 2009 pubblica su Youtube un video in cui
canta We Shall Overcome con alcune strofe in farsi per
solidarietà con il popolo iraniano durante la repressione
delle manifestazioni di popolo contro le frodi elettorali del
regime di Ahmadinejad. Lo ha registrato a casa sua e ha
caricato il video su YouTube e sul suo sito personale.
« Joan Baez è stata e sempre sarà l’amore della mia vita. Come
l’amore vero, doveva finire in qualche modo. Non ho mai
trovato nessun altro così divertente, così impressionantemente
bella e così intelligente come lei. Sara è stata solo un
ripiego. Joan era l’unica e ancora lo è » Bob Dylan
VENERDI 6 LUGLIO CAVEA ORE 21
AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
Biglietti: parterre euro 40,00 /parterre laterale euro 40,00
/tribuna centrale euro 40,00 tribuna mediana euro 30,00 /
tribuna laterale eurp 30,00
Info 06-80241281 www.auditorium.com
Dalla: il ricordo di Gaetano
Curreri
“In questo momento non sono sconvolto ma addolorato, perchè ho
perso un amico, un maestro, un punto di riferimento nella
musica come nella vita. Oggi io, Giovanni Pezzoli, Fabio
Liberatori, gli Stadio, tutti noi piangiamo
un grande amico, un pezzo della nostra
storia: 40 anni di dischi e concerti che
non si potranno mai dimenticare. Abbiamo
avuto la fortuna di conoscere un grande
uomo. Ero un ragazzo quando arrivai a
suonare con Lucio, da lui era come andare a
bottega dall’artigiano: non sapevo di essere un cantante,
un autore – lo devo a Lucio – cosi come anche la nostra
collaborazione con il poeta Roberto Roversi. Qui in casa ho il
suo clarinetto, quello di “Banana Republic”, che mi regalò
dopo la tournée e che ora è il ricordo di tante storie
musicali che abbiamo vissuto con Lucio. Oggi, in un momento
cosi, mi chiedo come si possa ricordarlo senza dire ovvietà…”
Gaetano Curreri (Stadio)
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