RAZZE UMANE

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https://sites.google.com/site/annualmeetingisita/2015
https://docs.google.com/document/d/1oCGQFYrDXTS6GguEDxeEZyzCJgobKYtjwvHEdDxQlwY/edit?pli=1
ISItA - Istituto Italiano di Antropologia - Sapienza Università di Roma
“Razze umane” e Costituzione: un anno dopo
11 dicembre 2015
Aula Marini Bettolo, Dip.to di Biologia Ambientale (edificio di Botanica),
Sapienza Università di Roma
mattina, coordina Pietro Greco (giornalista scientifico)
10:00 - 10:30 accoglienza
10:30 - 10:40 Bernardino Fantini (Université de Genève, ISItA)
saluti e considerazioni
10:40 - 10:50 Pietro Greco
Presentazione della giornata e dell'iniziativa per un volume della rivista Scienza e Società
10:50 - 11:10 Gianfranco Biondi e Olga Rickards (Università Tor Vergata e l’Aquila)
Scienziati senza razza. Cittadini senza razzismo.
11:10 - 11:30 Annamaria Rivera (Università di Bari)
Il ruolo della “razza” nel razzismo
11:30 - 11:50 Giovanna Montella (Sapienza Università di Roma)
Il punto di vista dei Costituzionalisti
11:50 - 12:10 Giovanni Destro Bisol e Marica Danubio (Sapienza, ISItA)
Il contributo dell'Istituto Italiano di Antropologia al dibattito su “razze umane” e Costituzione
12:10 - 12:30 Roberta Agostini (Camera dei Deputati)
12:30 - 13:30 Discussione degli interventi
13:30 -14:30 Pausa pranzo (sarà disponibile un servizio catering)
pomeriggio, coordina Cristina Papa (Università di Perugia)
14:30 - 14:40 Cinzia Battaggia (ISItA)
“razze umane” e Costituzione: cosa dice la rete
14:40 - 15:00 Valeria Ribeiro Corossacz (Università di Modena e Reggio Emilia)
15:00 - 15:20 Piergiorgio Solinas (Università di Siena)
15:20 - 15:40 Antonino Colajanni (Sapienza Università di Roma)
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15:40 - 16:00 Stefano Allovio (Università di Milano)
Il continuum razzista e le prospettive continuiste in antropologia culturale
16:00 - 16:30 Spazio di intervento per dottorandi e giovani ricercatori.
16:30 - 17:30 Discussione finale e prospettive
Abstracts
Il continuum razzista e le prospettive continuiste in antropologia culturale
Stefano Allovio (Università di Milano)
La riflessione critica attorno al concetto di “razza” permette di rilevare una serie sfumata di
concetti, connessioni, allusioni molte volte presenti nel linguaggio pubblico e giornalistico.
Concetti, connessioni e allusioni il cui effetto è un incremento o almeno una legittimazione
implicita a valutazioni di tipo razzista. Si tratta di un sorta di “continuum razzista”
(espressione che riprende il concetto di “continuum genocida” introdotto da Nancy ScheperHughes) che, con diversa intensità, caratterizza il linguaggio pubblico, giornalistico e
istituzionale: ipotizzare come reale il cannibalismo africano in un articolo di giornale;
irrigidire le identità etniche e culturali degli altri – a partire dai libri di testo adottati nelle
scuole - senza riconoscerne la capacità di innovazione e scambio; introdurre pratiche
istituzionali come la lunghezza dei tempi di concessione di visti e asilo politico, sopprimere i
fondi per l’insegnamento dell’italiano ai non madrelingua.
Se è vero che il razzismo non emerge solo nei suoi aspetti più evidenti e clamorosi, ma
proprio in questo continuum mutevole di forme, è altrettanto vero che le prospettive
continuiste in antropologia culturale – per esempio le prospettive che si oppongono alle
rigidità etno-logiche (Amselle) o alle visioni dicotomiche natura-cultura, mente-corpo
(Ingold) – possono rappresentare strumenti utili alla revisione concettuale e prospettive
feconde di dialogo interdisciplinare.
------“Razze umane” e Costituzione: cosa dice la rete
Cinzia Battaggia (ISItA)
Vengono descritti e commentati i risultati relativi agli interventi sul forum di Le Scienze e di
Facebook relativamente alla proposta avanzata da Giovanni Destro-Bisol e Maria Enrica
Danubio per una revisione del termine “razza” nella Costituzione italiana,.
Da quanto emerso risulta evidente un maggiore consenso alla proposta tra gli utenti del sito
delle Scienze. In ambedue le sedi si registrano, tuttavia, anche delle perplessità legate alla
necessità di poter utilizzare un termine, anche alternativo a quello di razza, che permetta però
la distinzione dei fenotipi umani. Per alcuni dei partecipanti la proposta risulta inutile o
addirittura pericolosa in funzione del fatto che l’eliminazione del termine potrebbe,
paradossalmente, far dimenticare il problema del razzismo. In ultimo, è stata registrata una
percentuale di risposte nettamente contrarie che, soprattutto su facebook, denotano la ferma
convinzione dell’ esistenza delle razze.
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Scienziati senza razza. Cittadini senza razzismo.
Gianfranco Biondi e Olga Rickards (Università Tor Vergata e l’Aquila)
Alle discipline sperimentali, e tra esse precisamente all’Antropologia e alla Genetica, è stato
possibile sottoporre a verifica empirica il concetto biologico di razza nella nostra specie. E
falsificare l’ipotesi che esso sia applicabile all’umanità attuale.
Il razzismo, attenendo alla sfera emozionale, non può essere sottoposto all’analisi
sperimentale. E su questo argomento gli scienziati non possono come tali che essere muti.
Solo come cittadini possono decidere se rifiutarlo o divenirne complici.
Non si dovrebbe alimentare l’illusione che la cancellazione del termine razza possa
contribuire all’abbattimento o al contenimento del razzismo.
Il termine razza riferito all’uomo dovrebbe essere abbandonato solo perché scientificamente
errato.
Essendo stato falsificato il concetto biologico di razza nell’uomo e non essendo il razzismo
analizzabile con gli strumenti delle scienze sperimentali, gli antropologi e gli antropologi
culturali non hanno nulla da fare insieme su questo terreno.
La loro collaborazione invece deve essere auspicata – insieme a genetisti, primatologi,
etologi, neuro scienziati, filosofi e linguisti – sull’analisi del linguaggio e della morale.
------Il contributo dell'Istituto Italiano di Antropologia al dibattito su “razze umane” e
Costituzione
Giovanni Destro Bisol e Marica Danubio (Sapienza, ISItA)
In questa breve presentazione verrà riassunta la posizione assunta dall’Istituto Italiano di
Antropologia, con attenzione alla dimensione interdisciplinare del tema delle “razze umane”
e all’attualità.
------Il ruolo della “razza” nel razzismo
Annamaria Rivera (Università di Bari)
Paradossalmente, per nominare il sistema di idee, discorsi, simboli, comportamenti, atti e
pratiche sociali volti a stigmatizzare, discriminare, inferiorizzare, subordinare, segregare,
perseguitare o sterminare alcune categorie di persone, si adopera un termine che
etimologicamente rimanda alla credenza nelle razze umane.
Basata sul postulato che istituisce un rapporto deterministico fra caratteri somatici, fisici,
genetici e caratteri psicologici, intellettivi, culturali, sociali (Montagu, 1942), “razza” è
categoria tanto infondata quanto paradossale. Infatti, a partire dal biologico –arbitrariamente
definito- si pretende di descrivere, classificare, gerarchizzare ciò che è storico e sociale: i
gruppi umani con le loro tradizioni, culture, lingue, costumi, istituzioni (Guillaumin,1994).
In realtà, come insegna la lunga e tragica storia dell’antisemitismo, qualunque gruppo
umano può essere razzizzato, indipendentemente dalla visibilità fenotipica e perfino dalle
peculiarità culturali e sociali (Guillaumin, 1972). Lo stigma applicato a certe categorie di
persone può prescindere da qualsiasi differenza oggettiva, essendo l’esito di un processo di
costruzione sociale e simbolica.
Infatti, la stessa percezione dell’evidenza somatica dipende dalla storia, dalla società, dalla
cultura. Tanto è vero che vi sono state e vi sono società per le quali quei caratteri fenotipici
(soprattutto il colore della pelle) che solitamente sono stati assunti come criterio di
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distinzione fra le “razze” non avevano (e non hanno) alcun valore tassonomico né valevano
a istituire differenze fra individui e gruppi.
Nel razzismo odierno, che si è convenuto di definire “neorazzismo” (Barker 1981), il
determinismo biologico-genetico è spesso sfumato, talvolta assente: al fine di giustificare
ostilità o rifiuto degli altri, di attuare e legittimare pratiche di discriminazione, segregazione
ed esclusione, si essenzializzano differenze sociali, culturali, religiose, fino a concepirle
come a-storiche, assolute, immutabili.
Nondimeno, conviene ricordare che già l’antisemitismo moderno era culturalista e
differenzialista: ha ragione Etienne Balibar a sostenere che il neorazzismo “può essere
considerato, dal punto di vista formale, come antisemitismo generalizzato” (Balibar 1991a:
35).
Cosicché, conviene non generalizzare e assolutizzare l’assunto secondo il quale il razzismo
dei nostri giorni sarebbe differenzialista e culturalista. In realtà, gli slittamenti, il mélange, i
passaggi dal razzismo biologista a quello detto culturale, ma anche viceversa, ci sono
sempre stati, ci sono tuttora e sono sempre possibili: al momento opportuno può riemergere
l’immaginario sedimentato della “razza”.
In realtà, qualunque precauzione si prenda, “il passato delle parole si sedimenta e persiste –
in modo latente o manifesto- nei loro usi ulteriori” (De Rudder, Poiret, Vourc’h 2000: 27):
per quanto si faccia lo sforzo di sociologizzarla, “razza” conserverà sempre il significato
biologico che le è stato attribuito nel XIX secolo. Di conseguenza, alquanto discutibile è
l’impegno profuso da autori, francesi e italiani, che si rifanno “Critica postcoloniale”, diretto
a reintrodurre il termine e la nozione di razza nel lessico delle scienze sociali.
A soffermarsi sul razzismo italiano odierno, appare evidente come esso attinga le proprie
retoriche e i propri dispositivi da una “memoria”, perlopiù irriflessa, costituita non solo dal
retaggio dell’esperienza coloniale, bensì dall’intreccio fra questa e l’antigiudaismo
cristiano, l’antisemitismo, il razzismo antislavo, il pregiudizio antimeridionale e antizigano,
infine il razzismo “sociale” verso le “classi pericolose”.
In conclusione, anche per le ragioni illustrate qui sommariamente, la proposta di abolire
“razza” dalla Costituzione italiana, mi sembra da sostenere. Se non altro, essa sarebbe utile a
riaprire il dibattito sul razzismo, che oggi sembra ancor più languente, sovrastato com’è
dall’”emergenza” del terrorismo jihadista.
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