Duat Edizioni - Schede di Egittologia
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Dio, Divinità
Scheda AED011 © Duat
Nella religione egizia parlare di "Dio" significa ricordare l'affollatissimo pantheon tipico della
teologia della civiltà nilotica che arrivò a comprendere un migliaio di divinità, senza contare le folle
di geni e demoni che popolarono l'Aldilà.
Nell'analisi della millenaria storia religiosa del popolo delle Due Terre, l'emergere di marcati
elementi riferiti ad un Unico rende ancora più complesso definire in modo univoco il significato di
Dio-Divinità, benché nei caratteri generali ciò sia stato fatto.
Il termine
,
Gli egiziani per indicare Dio utilizzarono ntr, tre consonanti definite "Netjer", "Neter" o "Necer",
il cui geroglifico corrispondente, già presente negli antichi Testi delle Piramidi, ricorda un'ascia
stilizzata. Cosa realmente rappresenti il segno, però, non è ancora chiaro, dato che tale glifo è
interpretato come uno stendardo di legno con drappeggi di stoffa che formano, sulla parte anteriore,
una specie di banderuola, talvolta sormontato dal falco solare in riferimento alla connessione
cosmica. Su alcuni reperti delle prime dinastie appaiono raffigurate aste simili a ntr poste sulle
facciate dei templi per indicare la dimora della massima divinità terrena: il re. Secondo altre
interpretazioni il termine deriverebbe dalla radice ter, rappresentante la fioritura annuale della
palma e, per estensione, la rinascita regolare dei vegetali: Netjer sarebbe “l’eternamente stesso,
colui che non muore mai”. Altro significato è che il termine sia sinonimo di natron, "quello che
ringiovanisce", il sale che preservava il corpo per la mummificazione e la successiva divinizzazione
eterna: forse per tal motivo ntr era rappresentato avvolto in bende di mummia, ben visibili nelle più
dettagliate illustrazioni a partire dalla V dinastia, significando con ciò l’immutabilità della sua
essenza. Considerando l'antichissima origine del simbolo e la sua evoluzione è probabile che già in
epoca dinastica il vero significato fosse mutato rispetto al valore originale.
Analisi recenti suggeriscono, peraltro, un'interpretazione evoluta del termine, nel senso che ntr non
rappresenterebbe solo il dio, ma anche la connessione ai riti, in quanto si diventerebbe ntr solo
attraverso i riti. Tale ipotesi può trovare riscontro nelle meticolose cerimonie reali, in primo luogo
la festa Heb Sed dalla cui celebrazione il faraone ne acquisiva tutta la potenza divina. In quest'ottica
possono rientrare le numerose offerte ed amuleti ma, soprattutto, le molteplici divinità del pantheon
egizio; molti possono essere gli oggetti, i luoghi e gli esseri divini, facoltà soprannaturali negate,
però, agli uomini: unica eccezione il sovrano, il dio terreno, la cui divinità è applicata alla sua
funzione e non alla sua persona.
Divinità antichissime
Prima del 3400 a.C. circa, data da cui si hanno notizie dei primi re, gli Horus, esisteva una civiltà le
cui origini si perdono nel Paleolitico. Generalmente si distingue il lunghissimo territorio nilotico dal
resto dell'ambiente territoriale circostante, ovvero il deserto del Sahara, dato che la civiltà egizia
comunemente nota e studiata, quella dinastica, si sviluppò sulle fertilissime sponde del Nilo. Nel
Paleolitico, però, il clima sahariano era molto differente dall'attuale. Quella che oggi è l'arroventata
zona di sabbia del deserto occidentale, millenni fa era ricca di grandi laghi sulle cui sponde si
stanziarono i popoli di quel periodo. Il mutare del clima portò allo spopolamento di quelle zone e
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preistoriche popolazioni migrarono in aree più umide, lontane dalla desertificazione, in modo
particolare verso la fertile valle del Nilo. E' evidente, quindi, che il periodo storico comunemente
studiato e più noto, ovvero dal 3400 a.C. in poi, è solo una parte dell'ultra millenaria storia egizia,
Sono i molti reperti archeologici che testimoniano ciò: un'evoluzione costante che passa dal
Neolitico (10.000-5500 a.C. circa) in cui la società è già molto evoluta, sino all'epoca dinastica
nota.
Studiando attentamente le abitudini religiose dei popoli che abitavano il mite Sahara di millenni fa,
ci si è accorti che molti tratti erano simili, se non addirittura identici, a quelli degli egizi "dinastici".
Le divinità caratterizzate dal loro tipico aspetto, corpo umano e testa animale, sono l'evoluzione
naturale della miriade di dei e dee venerati da millenni in tutta l'area del deserto occidentale.
La spiccata zoolatria che contraddistinse il culto egiziano e l'abbondanza di divinità si spiega
proprio considerando la vastità territoriale in cui nacque il culto. L'aspetto animalesco degli dei era
dato dalla particolare venerazione che un determinato animale o più animali avevano nella specifica
tribù nello specifico territorio. Ciò sarà traslato nell'Egitto dinastico in cui, appunto, ogni nomos,
cioè ogni distretto territoriale, aveva delle sue specifiche divinità, spesso simili se non uguali da
distretto a distretto. E' da ricordare che questa divisione territoriale ha origine proprio nel Neolitico,
rimarcando l'evoluzione culturale degli antichi popoli dell'area sahariana sino all'epoca storica. Ma
la grande quantità di dei e dee si spiega proprio così, ogni nomos venerava specifiche divinità
riconosciute padrone di quel luogo. Per quelle antiche genti non si trattava di credere in un dio,
piuttosto praticavano il culto per le divinità padrone del suolo, della terra, del nomos.
Questo aspetto unitario di terra, suolo e animali che la popolano insieme agli uomini fu, forse,
all'origine dell'aspetto zoomorfo delle divinità egizie che, come visto, trassero origine in epoche
remotissime dato che, probabilmente, il legame tra ambiente, vegetale ed animale, fu molto
sviluppato e sentito in quelle primitive tribù sahariane. E' il legame naturale fra l'uomo e Madre
Terra. L'uomo venera quegli animali che reputa particolari per il suo equilibrio o per i suoi bisogni
o semplicemente perché una specie domina quella parte di territorio, aspetto che, come detto,
ritroveremo nell'Egitto dinastico: la divinità, spesso un animale, è padrona del suolo.
Il fatto che ogni comunità, ogni insediamento, aveva confini propri e proprie divinità è di
fondamentale importanza proprio per l'origine dei nomoi in epoca dinastica. Le divisioni territoriali
dell'antico Egitto non scomparvero nemmeno dopo l'unità politica del paese sotto un unico sovrano
(probabilmente intorno al 3000 a. C.). Uno degli aspetti principali che contribuì alla millenaria
esistenza della civiltà egizia fu proprio la caratteristica di mantenere attivi i nomoi con le loro
differenti culture e divinità, anche se parti integranti di un unico immenso regno governato da un
solo re. Mutarono le tradizioni divinatorie e ciò comportò il progressivo abbandono dei totem e
degli stendardi tribali in favore di quelle divinità che andranno a formare il complesso pantheon
egizio. Però, vi erano anche le divinità distrettuali che richiamavano e tramandavano le usanze e le
credenze di ogni villaggio, di ogni città.La vastità territoriale, le molteplici tribù, ognuna con una
propria cultura, ha fatto si che la struttura religiosa del periodo dinastico fosse abbastanza
complessa. Con l'unificazione dei territori nilotici sotto la guida di un unico faraone-dio questa
complessità aumentò in quanto, oltre alla presenza di dei e dee locali, si venne a creare un ben
distinto pantheon indirizzato alla figura del re, massima divinità terrena. Se l'origine del culto egizio
è prevalentemente dettato dalle forze della natura, dagli aspetti mistici e spirituali dell'uomo, dal
mito della creazione, nonché da aspetti più terreni quali la forza e la saggezza nel governo, del capo,
con l'unificazione politica in un unico grande regno si ha la statalizzazione delle maggiori divinità
che racchiudono i citati aspetti delle origini.
Proprio nel periodo dinastico, in cui si ebbe l'unita dell'Egitto, nacque il sincretismo religioso.
Fine