[PoliceCombatAcademy Formazione] Istruttore Military Workout Corso Istruttore Military Workout Programma del corso: Teoria e metodologia del Military Workout Training Meccanismi energetici Tipi di fibre muscolari La programmazione del Military Workout Capacità condizionali Capacità coordinative Esercizi tipici del Military Workout Teoria e metodologia del Military Workout Training Descrizione Il MW è una forma di attività fisica ispirata all’addestramento dei reparti militari. Le peculiarità principali che fanno del MF un’ allenamento unico nel suo genere sono: • attività svolta all’aria aperta; • sostituzione dei normali pesi o macchine specifiche con equipaggiamento militare e/o materiali di circostanza( taniche, cassette, casse, copertoni,etc.etc.) • attività condotta per unità/gruppo (lavoro di squadra, team working/building). Importanza del Military Workout nei reparti militari • Ogni soldato ha il dovere di mantenersi in una buona condizione fisica; • La forma fisica individuale e’ una delle “chiavi” per il successo di qualsiasi Operazione Militare, specie se svolta in zone di montagna o con temperature severe, come in AFGHANISTAN; • La fatica porta alla trascuratezza dei piu’ semplici movimenti aumentando il rischio di traumi o lesioni; • i soldati devono avere: buone GINOCCHIA; MUSCOLATURA sviluppata; CAVIGLIE stabili/robuste. La fatica “annebbia” il cervello di un soldato e la capacità decisionale, per un comandante di uomini, in situazioni critiche. Il MW come attività di prevenzione agli incidenti L’impatto che il corpo deve assorbire durante operazioni di combattimento è incredibile. Per esempio, un soldato che pesa 78 kg. ed indossa il giubbotto antiproiettile e l’elmetto pesa circa 90 kg. Se il soldato saltasse da un mezzo di cbt. Egli potrebbe impattare a terra con una forza di 6 volte superiore al suo peso. L’impatto potrebbe incrementare ulteriormente se si considera anche l’armamento ed il munizionamento. Per cui un soldato fisicamente ben allenato ridurrà notevolmente le possibilità di Avere un incidente, o di stancarsi prima in caso di operazioni prolungate nel tempo. • Le Operazioni Militari potrebbero causare un calo della forma fisica del militare, per cui ogni Comandante, a qualsiasi livello, deve sviluppare un PIANO di allenamento e/o mantenimento fisico che si possa adattare alla situazione contingente (*). (*) - mancanza di palestra attrezzata; - impossibilità di correre su lunghi percorsi per la pericolosità dell’area. • La propria performance AEROBICA può calare già dopo sole 2/3 settimane di inattività; ESSA E’ LA BASE per il mantenimento e per il miglioramento delle prestazioni; • La capacità AEROBICA e’ potenzialmente la differenza tra “mettersi al riparo in sicurezza” o “recuperare un “CAMERATA” ferito”. • In operazioni impegnative (es. AFGHANISTAN) Il soldato enfatizza più sulla intensità che sulla durata; • In spazi limitati e con tempi ristretti gli allenamenti di intensità elevata e di breve durata sono più idonei a non perdere la forma FISICA. Meccanismi energetici Il nostro organismo produce energia per la contrazione muscolare dalla scissione di una sola molecola l’ ATP (adenosina trifosfato). Tale energia a sua volta viene trasformata in energia cinetica. La quantità di deposito di ATP presente nei nostri muscoli è molto limitata, ed è in grado da sola di sostenere l’attività muscolare per brevissimo tempo. Pertanto il suo ripristino deve essere continuamente sostenuto. Vi sono tre meccanismi responsabili del rifornimento di ATP, due di questi sono anaerobici (producono energia per mezzo di reazioni chimiche che non implicano ossigeno) e il terzo è aerobico (produce energia per mezzo di reazioni chimiche che utilizzano ossigeno). Vediamo nel dettaglio i 3 sistemi energetici: Sistema anaerobico alattacido E’ il primo sistema energetico che entra in funzione durante uno sforzo muscolare appena le piccole scorte di ATP vengono esaurite. Produce energia grazie alla scorta di CP (cretina fosfato), che per mezzo di una reazione chimica supportata dall’enzima CPK (creatinfosfochinasi) cede un gruppo fosforico all’ ADP (adenosina di fosfato) per rigenerare ATP Scorte ATP → richiesta energia→ ATP = ADP + PI + ENERGIA + CALORE Rigenerazione ATP →sistema anaerobico alattacido → ADP + CP = ATP + P Questo sistema non sfrutta ossigeno e non produce acido lattico, ha il vantaggio di offrire energia molto rapidamente per sostenere sforzi di altissima intensità, sfortunatamente anche le riserve di CP sono molto limitate (sono appena 5 volte superiori a quelle di ATP) quindi la massima efficacia di questo meccanismo si esaurisce in circa 10 secondi. Tra gli sport che traggono maggiore energia da questo meccanismo troviamo: sollevamento pesi, tutti gli sport di lancio, gli sprint, i salti, le ripartente, azioni di combattimento, ecc… Sistema anaerobico lattacido Questo meccanismo entra in funzione nel momento in cui il sistema alattacido si esaurisce (quindi dopo i primi 10-20 secondi di prestazione), oppure nei momenti in cui durante una prestazione di resistenza elevata la richiesta di ossigeno diventa superiore alla sua disponibilità (i sistemi energetici non funzionano come un interruttore che al finire di un meccanismo energetico parte l’altro, in realtà lavorano in congiunzione fra di loro, infatti in alcuni momenti si possono sovrapporre), esso produce energia per mezzo di un processo chimico che avviene in assenza di ossigeno, chiamato GLICOLISI ANAEROBICA il quale sfrutta come carburante principale il glucosio che a fine reazione verrà totalmente degradato ad acido piruvico e a sua volta ad acido lattico. Questo sistema fornisce energia per circa 2 minuti, esso è praticamente limitato dal ritmo di produzione dell’ acido lattico, nel momento in cui tale produzione supera il suo smaltimento, vi è un accumulo di acidità che può diventare tale da inibire o perfino cessare la contrazione muscolare. L’acidità è dovuta dal formarsi di ioni idrogeno in quantità pari alle molecole di lattato prodotte. SCHEMA SEMPLIFICATO DEI PROCESSI GLICOLITICI Sistema aerobico Questo è l’unico meccanismo energetico che garantisce energia per molto tempo anche se l’intensità che può produrre negli sforzi è nettamente inferiore a quella dei 2 meccanismi precedenti. L’intensità del massimo sforzo prodotta e mantenuta costante durante la performance dal meccanismo aerobico, diminuisce all’aumentare della durata della prestazione. Da tener presente è sempre il fatto che i 3 meccanismi non si escludono l’uno con l’altro ma lavorano in sinergia, l’intervento percentuale del sistema aerobico cresce all’aumentare della durata dello sforzo fino ad arrivare al 99% come nelle maratone. Il meccanismo aerobico trae energia da carboidrati grassi e proteine, inizialmente utilizza prevalentemente carboidrati ma se lo sforzo continua nel tempo e l’intensità è mantenuta medio bassa, l’utilizzo dei grassi di deposito diventa predominante rispetto agli zuccheri. Anche le proteine possono essere utilizzate da questo meccanismo energetico tramite il metabolismo degli aminoacidi glucogenetici e di quelli ramificati. SCHEMA DI LIBERAZIONE DEI PROCESSI ENERGETICI SCHEMA RIASSUNTIVO DEI SISTEMI ENERGETICI ANAEROBICO ALATTACIDO ANAEROBICO LATTACIDO AEROBICO POTENZA ESPRESSA ++++++ +++++ DA ++ A +++ (MAX TRA 20° E 60° DIPENDE DALLA SECONDO, DECRESCENTE DURATA DELLA DAL 60° SECONDO ) PERFORMANCE CAPACITA’ DI ++ CIRCA 60 – 120” ++++++ + (CIRCA 10″) DURATA CARBURANTE FOSFO CREATINA GLUCOSIO - CARBOIDRATI UTILIZZATO GRASSI- PROTEINE VELOCITA’ DI IMMEDIATA - DOPO 10” DALL’INIZIO DOPO CIRCA 2 MINUTI ATTIVAZIONE DELLA PERFORMANCE – DALL’INIZIO DELLA QUANDO DURANTE LA PERFORMANCE PERFORMANCE OSSIGENO È INSUFF FIBRE COINVOLTE VELOCI E LENTE VELOCI LENTE UTILITA’ - POTENZA MAX – - FORZA SUB MAX - RESISTENZA DI VELOCITA’ MAX– FORZA - RESISTENZA DI BREVE MEDIA E LUNGA MAX DURATA DURATA - FORZA ESPLOSIVA CONTRIBUTO DEI MECCANISMI ENERGETICI DURANTE ESERCITAZIONI MUSCOLARI % ANAEROBICA % AEROBICA DURATA DELL’ ESERCIZIO MASSIMALE SECONDI MINUTI 10 30 60 2 4 10 30 60 90 80 70 50 35 15 5 2 10 20 30 50 65 85 95 98 120 1 99 Adattato da Astrand, P.O. e Rodhal, K.: textbook of work physiology. New York, Mc Ggraw-Hill Book Company, 1977 | APPROFONDIMENTO SULLA MASSIMA POTENZA AEROBICA La massima potenza aerobica esprimibile da un soggetto dipende ed è influenzata da alcuni fattori, alcuni modificabili come il grado di allenamento o la durata della performance, altri immodificabili come eta’, sesso e patrimonio genetico. Tipi di fibre muscolari Le fibre muscolari • • Fibre bianche a contrazione rapida Fibre rosse a contrazione lenta La fibra muscolare è l'unità morfologica del muscolo scheletrico o, più semplicemente, una delle tante cellule che lo compongono. Ogni muscolo è infatti formato da un certo numero di fascicoli, a loro volta costituiti da cellule chiamate, appunto, fibre muscolari. Grazie a queste unità cilindriche, l'energia chimica liberata dalle reazioni metaboliche si trasforma in energia meccanica che, agendo sulle leve ossee, realizza il movimento. Le fibre muscolari, raggruppate in fasci, hanno lunghezza variabile da pochi mm a diversi cm, con un diametro che va dai 10 ai 100 µm (1 µm = 0.001 mm). Per questo motivo l'anatomia le descrive come lunghe cellule cilindriche, polinucletate, perché contengono numerosi nuclei in prossimità della loro superficie. Al loro interno si trovano invece migliaia di filamenti, detti miofibrille, contenenti unità contrattili chiamate sarcomeri. Le fibre muscolari scheletriche sono le più grandi cellule dell'organismo. I fisiologi che si occupano di muscoli, ci dicono che le varie fibre differiscono tra loro, non solo dal punto di vista anatomico, ma anche per alcune precise caratteristiche fisiologiche: all'interno di ogni muscolo si riconoscono diversi tipi di fibre, classificate in base alla velocità di contrazione e alla resistenza alla fatica. Fibre bianche a contrazione rapida Le fibre a contrazione rapida (bianche, di tipo II o FT, dall'inglese "Veloce twitch"), intervengono nelle azioni muscolari rapide ed intense. Al loro interno troviamo un'elevata concentrazione degli enzimi tipici del metabolismo anaerobico alattacido e glicolitico. Le fibre a contrazione rapida vengono innervate dai motoneuroni α, molto grandi e con assoni di grosso calibro, specializzati nella trasmissione veloce di impulsi nervosi. La densità del letto capillare è piuttosto bassa, soprattutto se paragonata con il secondo tipo di fibre che andremo a descrivere tra qualche riga; ridotto anche il contenuto in mioglobina, mitocondri ed enzimi ossidativi. La velocità di contrazione e la forza sviluppata sono però dalle due alle tre volte superiori. Le fibre veloci vengono reclutate durante esercizi di breve durata che richiedono un grosso impegno neuromuscolare. Esse si attivano soltanto quando il reclutamento delle fibre a contrazione lenta è massimo. In risposta ad uno sforzo fisico intenso si attivano per prime le unità motorie più piccole e, mano a mano che l'intensità aumenta, si ha un progressivo maggior reclutamento delle fibre rapide A fianco di fibre puramente veloci, che sviluppano forze elevate ma che si affaticano rapidamente (tipo IIb o FF, dall'inglese Veloce fatiguable), esistono altre fibre con una velocità di contrazione leggermente inferiore ma dotate di maggior resistenza (tipo IIa o FR, dall'inglese Veloce fadigue resistant). A causa di queste caratteristiche di transizione, le fibre IIa sono conosciute anche come "fibre intermedie", una sorta, cioè, di punto di passaggio da quelle veloci a quelle lente. Tale transizione è stimolabile, in un senso o nell'altro, attraverso allenamenti specifici protratti e ripetutiti per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Nei muscoli scheletrici adulti è presente un terzo tipo di fibre, dette IIx, con caratteristiche intermedie tra le IIa e le IIb. I muscoli degli sprinters hanno un'elevata percentuale di fibre bianche di tipo IIb. Fibre rosse a contrazione lenta Le fibre muscolari a contrazione lenta (rosse, di tipo I o ST, dall'inglese "slow twitch"), vengono reclutate in azioni muscolari di scarsa entità ma di lunga durata. Più sottili delle bianche, le fibre rosse trattengono più glicogeno e concentrano gli enzimi associati al metabolismo aerobico. I mitocondri sono più numerosi e di dimensioni maggiori, proprio come il numero di capillari che irrora la singola fibra. La ridotta dimensione di quest'ultima facilita la diffusione dell'ossigeno dal sangue ai mitocondri, a causa della minor distanza che gli separa. E' proprio l'abbondante contenuto di mioglobina e mitocondri a conferire a queste fibre il colorito rosso, da cui deriva il loro nome. Fibre lente Fibre veloci Fibre intermedie Produzione Atp Fosforilazione (aerobico) ossidativa Glicolisi (anaerobico lattacido) Fosfocreatina (anaerobico alattacido) Enzimi ossidativi Abbondanti Scarse Enzimi glicolitici Scarsi Abbondanti Colore (mioglobina) Rosso Intenso Chiaro Mitocondri Numerosi Scarsi Substrati energetici Principalmente lipidi Principalmente glucidi Diametro fibra Piccolo con molti capillari Grande con pochi capillari Caratteristiche motoneurone Piccolo assone e corpo cellulare, bassa velocità di conduzione e frequenza di scarica Grande assone e corpo cellulare, elevata velocità di conduzione e frequenza di scarica Velocità di affaticamento Lenta Rapida Caratteristica Mantengono attività tonica per lunghi periodi Mantengono un attività esplosiva e potente per pochi istanti Fibre tipo I Fibre tipo IIa (rosse o lente) (intermedie) Fibre tipo IIx (bianche intermedie) Fosforilazione ossidativa (aerobico) Glicolisi (anaerobico lattacido) Caratteristiche intermedie Fibre tipo IIb (bianche o veloci) Tempo di contrazione Lento Moderatamente Veloce Veloce Molto Veloce Dimensione dei motoneuroni Piccola Media Grande Grande Resistenza alla fatica Elevata Abbastanza elevata Intermedia Bassa Tipo di attività a cui sono preposte Aerobica Anaerobica prolungata Anaerobica a breve termine Anaerobica a breve termine Massima durata d'uso Ore < 30 minuti < 5 minuti < 1 minuto Potenza Prodotta Bassa Media Elevata Molto Elevata Densità Mitocondri Elevata Elevata Media Bassa Densità Capillare Elevata Intermedia Bassa Bassa Capacità ossidativa Elevata Elevata Intermedia Bassa Capacità glicolitica Bassa Elevata Elevata Elevata Principale carburante di deposito Trigliceridi Fosfocreatina, glicogeno Fosfocreatina, glicogeno Fosfocreatina, glicogeno La conduzione dello stimolo nervoso non è rapida come nel caso precedente, ma molto più continua e stabile nel tempo. I motoneuroni che innervano le fibre rosse sono infatti più piccoli rispetto a quelli che trasmettono l'impulso nervoso alle fibre veloci. Mentre i primi scaricano continuamente a basse frequenze, i secondi scaricano ripetutamente con salve a elevata frequenza. Nei maratoneti, nei ciclisti su strada e negli altri atleti impegnati in discipline sportive di durata, si osserva un netto predominio delle fibre lente: una caratteristica in parte di origine genetica ed in parte dovuta al processo di adattamento delle fibre intermedie. LO SAPEVI CHE: la forza sviluppata da una fibra muscolare dipende dalla sua lunghezza all'inizio della contrazione. Essa deve avere un valore ottimale, al di fuori del quale (muscolo retratto o eccessivamente allungato) la prestazione di forza si riduce. I muscoli bianchi, ricchi di fibre di tipo IIb (ma anche di tipo IIa), sono detti MUSCOLI FASICI, perché capaci di contrazioni rapide e brevi. I muscoli rossi, ove prevalgono le fibre di tipo I, sono detti MUSCOLI TONICI, per la capacità di rimanere a lungo in contrazione. Fibre muscolari e allenamento Mentre in soggetti diversi il numero di fibre all'interno dello stesso muscolo è un parametro abbastanza costante, maggiori differenze interindividuali si registrano nella composizione qualitativa in tali fibre. La proporzione delle varie tipologie muscolari è strettamente legata a fattori ereditari ed ambientali. La composizione dei muscoli in termini di fibre rapide e lente varia anche nello stesso individuo, in relazione al muscolo considerato. Quelli antigravitari hanno, per esempio, una maggiore percentuale di fibre lente (muscoli tonici), mentre quelli delle braccia sono più ricchi di fibre a contrazione rapida (muscoli fasici). Percentuale di fibre lente e veloci presente nei muscoli scheletrici dell'uomo (*) MUSCOLO Adduttore breve Grande adduttore Grande gluteo Ileo psoas Pettineo Psoas Gracile Semimembranoso Tensore della fascia lata Vasto intermedio Quadric. Femor. Vasto mediale Quadric. Femor. Soleo Gran dorsale Bicipite brachiale Deltoide Romboide Trapezio Adduttore lungo Gemelli Gluteo medio/piccolo Otturatore esterno/interno Piriforme Bicipite femorale Sartorio Semitendinoso Popliteo Vasto laterale Retto femorale Quadric. Femor. Tibiale anteriore Retto addome Brachioradiale Gran Pettorale Tricipite brachiale Sopraspinato %ST 45 55 50 50 45 50 55 50 70 50 50 75 50 50 60 45 54 45 50 50 50 50 65 50 50 50 45 45 70 46 40 42 33 60 Dove: ST = fibre lente; FTa = fibre veloci con alto potenziale metabolico ossidativo e glicolitico; FTb = fibre veloci con alto potenziale prevalentemente glicolitico %FTa 15 15 20 -15 20 15 15 10 15 15 15 -----15 20 20 20 20 10 20 15 15 20 15 10 ------ %FTb 40 30 30 50 40 30 30 35 20 35 35 10 50 50 40 55 46 40 30 30 30 30 25 30 35 35 35 40 20 54 60 58 67 40 Il numero di fibre, geneticamente determinato, rimane pressoché costante durante tutto l'arco della vita e può aumentare significativamente soltanto se l'atleta si sottopone a doping genetico o fa largo uso di steroidi anabolizzanti. L'allenamento specifico non serve quindi ad aumentare il numero di fibre, ma a stimolarne l'aumento di volume e la specializzazione verso la tipologia più idonea allo sport praticato. L'importanza della composizione percentuale dei vari tipi di fibre, è testimoniata anche dalle significative differenze che separano atleti di elevato livello, impegnati in discipline sportive differenti. Percentuale di fibre lente e veloci presente nei muscoli scheletrici dell'uomo (*) DISCIPLINA Atletica - 100 - 200 m. - 400 m. - 800 - 1500 - 5000 m. - maratona - marciatori - lanciatori - saltatori Sci - fondo - slalom - salto dal trampolino Hockey su ghiaccio Pattinaggio su ghiaccio Ciclisti su strada Canoa Nuoto Orientamento Sci acquatico Lotta Sollevamento pesi Body building Pallamano Pallavolo Hockey su prato Calcio Sportivi non competitivi % FIBRE LENTE AUTORI 35 - 40 40 - 50 55 - 60 65 - 80 65 - 70 50 - 55 50 - 55 Bosco. 1985; Tihanyi, 1985. Bosco. 1985; Tihanyi, 1985. Bosco. 1985; Tihanyi, 1985. Bosco. 1985; Komi e coll., 1977. Bosco. 1985. Bosco. 1985. Bosco. 1985; Tihanyi, 1985. 65 - 85 50 - 55 50 - 55 45 - 60 65 - 70 55 - 60 55 - 60 50 - 60 65 - 70 50 - 55 50 - 55 40 - 45 40 - 45 45 - 55 45 - 55 45 - 50 40 - 45 40 - 60 Komi e coll., 1977; Tesch e coll., 1975. Komi e coll., 1977. Komi e coll., 1977. Komi e coll., 1977. Komi e coll., 1977. Burke e coll., 1977. Komi e coll., 1977; Gollnick e coll., 1972. Lundin, 1974; Gollnick e coll., 1972 Thorxstensson e coll., 1977; Gollnick e coll., 1972. Tesch e coll., 1975. Tesch e coll., 1982. Tesch e coll., 1975. Hakkinen e coll., 1984. Tesch e coll., 1982. Lavoro non pubbl. Univ. Jyvaskyla. Prince e coll., 1977. Jacobs, 1982; Apor, 1988. Carlsson e coll., 1975. * (da Pierrynowski e Morrison integrata con Johnson e coll.) (C. Bosco: "La forza muscolare. Aspetti fisiologici ed applicazioni pratiche" Società Stampa Sportiva 1997) La composizione in fibre muscolari è uno, ma non l'unico, dei principali elementi che definiscono l'attitudine specifica verso i vari tipi di sport. La performance deriva infatti dall'insieme di numerosi fattori di carattere fisiologico, biochimico, neurologico, biomeccanico e psicologico. La programmazione del Military Workout • Per un soldato impegnato in Operazioni Militari, le stesse potrebbero causare un calo della forma fisica del militare; per cui ogni Comandante, a qualsiasi livello, deve sviluppare un PIANO di allenamento e/o mantenimento fisico che si possa adattare alla situazione contingente (*). (*) - mancanza di palestra attrezzata; - impossibilità di correre su lunghi percorsi per la pericolosità dell’area; - Necessità di svolgere allenamenti di breve entità (mediamente 30 minuti) a causa degli impegni/compiti che il soldato devve assolvere ogni giorno in Operazione (es. in AFGHANISTAN , zone ad alto rischio). • La propria performance AEROBICA può calare già dopo sole 2/3 settimane di inattività; ESSA E’ LA BASE per il mantenimento e per il miglioramento delle prestazioni; • La capacità AEROBICA e’ potenzialmente la differenza tra “mettersi al riparo in sicurezza” o “recuperare un “CAMERATA” ferito”. • In operazioni impegnative (es. AFGHANISTAN) Il soldato enfatizza più sulla intensità che sulla durata; • In spazi limitati e con tempi ristretti, gli allenamenti di intensità elevata e di breve durata sono più idonei a non perdere la forma FISICA. Capacità condizionali Le CAPACITA’ CONDIZIONALI sono quelle capacità che necessitano di essere condizionate (allenate) con continuità per far sì che si migliorino o si mantengano nel tempo. Esse dipendono principalmente dalle qualità dell’apparato locomotore e dai processi fisiologici di produzione dell’energia. Le capacità condizionali sono: -FORZA -RESISTENZA - V E L O C I T A’ - F L E S S I B I L I T A’ LA FORZA La FORZA è la capacità di vincere una resistenza grazie al lavoro espresso dai muscoli scheletrici. Tale resistenza può essere espressa dal peso del corpo, da una parte di esso oppure da un carico esterno. Ogni disciplina sportiva, così come ogni attività quotidiana, richiede in misura maggiore o minore questa qualità. Diversi sono i fattori che determinano la forza e tra questi i principali sono: - il VOLUME DEL MUSCOLO - la TIPOLOGIA DELLE FIBRE MUSCOLARI (fibre bianche, rosse, intermedie: ciò che maggiormente condiziona la forza è il numero di FIBRE BIANCHE) - la CAPACITA’ DI RECLUTAMENTO DELLE UNITA’ MOTORIE - la disponibilità delle risorse energetiche - la coordinazione muscolare, intesa come la capacità di far lavorare in sinergia i muscoli agonisti e quelli antagonisti al movimento. La forza può manifestarsi in varie condizioni ed esprimersi in vari modi: - FORZA MASSIMALE (o forza pura): è la tensione massima che una contrazione muscolare volontaria può sviluppare per vincere un’elevata resistenza (ad es. nel sollevamento pesi). Essa dipende soprattutto dal volume muscolare, cioè dalla quantità di fibre che costituiscono la massa muscolare. La forza massimale si allena dopo i 16-17 anni, quando si è completata la formazione del sistema muscoloscheletrico e si è raggiunta una piena efficienza degli apparati respiratorio e cardiocircolatorio. Un allenamento prematuro della forza massimale potrebbe rivelarsi dannoso. - FORZA VELOCE (o potenza o forza esplosiva): è la capacità di produrre una forza di intensità elevata nel più breve tempo possibile (ad es. nel lancio del giavellotto, nel getto del peso, nella schiacciata della pallavolo o in un tiro in porta). Questo tipo di forza si può allenare a partire dagli 11-12 anni, quando il sistema nervoso ha raggiunto la completa funzionalità e maturazione, e si sviluppa incrementando in particolare la velocità di contrazione dei muscoli. - FORZA RESISTENTE : è la capacità del sistema muscolare e degli apparati respiratorio e circolatorio di sostenere un lavoro di forza che si protrae nel tempo (ad es: una gara di canottaggio o di arrampicata). Questo tipo di forza è quindi in stretto rapporto con la resistenza. E’ possibile allenare questo tipo di forza a partire dagli 11-12 anni, con le dovute precauzioni. La forza è una qualità facilmente allenabile ma, così come si può incrementare velocemente la forza muscolare, con altrettanta velocità i muscoli, se non vengono esercitati, perdono tonicità, e dunque la loro capacità di esprimere forza. Per essere allenato il muscolo deve essere sottoposto a uno sforzo maggiore di quello a cui è abituato. Nell’allenamento, in relazione al tipo di forza che si vuole incrementare, possono variare i seguenti parametri: - il carico di lavoro - il numero delle serie e delle ripetizioni - la velocità di esecuzione. Esercitazioni e test relativi alla forza sperimentati in palestra: lancio della palla medica (forza veloce o esplosiva) salto in lungo da fermi (forza veloce o esplosiva) caduta dall’alto con rimbalzo (forza veloce o esplosiva) piegamenti sulle braccia da posizione distesa con ginocchia in appoggio a terra – numero massimo di ripetizioni (forza resistente) sit-up e crunch per addominali – numero massimo di ripetizioni (forza resistente) Esercitazioni e test relativi alla forza sperimentati in palestra: lancio della palla medica (forza veloce o esplosiva) salto in lungo da fermi (forza veloce o esplosiva) caduta dall’alto con rimbalzo (forza veloce o esplosiva) piegamenti sulle braccia da posizione distesa con ginocchia in appoggio a terra – numero massimo di ripetizioni (forza resistente) sit-up e crunch per addominali – numero massimo di ripetizioni (forza resistente) Attività come il camminare, il correre, l’esercizio ginnico e qualche gioco specifico, combinate tra loro, allenano la resistenza se sono svolte con intensità medio-bassa. Un modo molto semplice per monitorare l’intensità dello sforzo è controllare la velocità del battito cardiaco (ad esempio utilizzando un cardio-frequenzimetro). E’ fondamentale mantenere le pulsazioni a una frequenza inferiore al doppio di quella che si ha in condizioni di riposo, cioé tra le 120 e le 150 pulsazioni al minuto, così da compiere uno sforzo continuo a bassa intensità. Esercitazioni e test relativi alla resistenza sperimentati in palestra: misurazione del battito cardiaco in condizioni di riposo misurazione del battito cardiaco dopo una corsa veloce o lenta corsa di resistenza (1500-2000 m) / test di Cooper (12 minuti di corsa di resistenza) LA VELOCITA’ La VELOCITA’ (o rapidità) è la capacità di eseguire un gesto nel minor tempo possibile. Sono quindi espressioni di velocità solo quei gesti che hanno tempi d’azione relativamente brevi (attivati dall’energia ottenuta con un meccanismo anaerobico alattacido). Lo sviluppo di questa qualità è strettamente legato: - a FATTORI NERVOSI (velocità e frequenza degli stimoli nervosi) - alla quantità di FIBRE BIANCHE contenute nei muscoli; - al buon sincronismo neuromotorio tra muscoli agonisti e antagonisti; - alla corretta tecnica esecutiva del gesto; - alla CONCENTRAZIONE e DETERMINAZIONE. Quando la velocità si protrae per più di 8-10 secondi, si parla di velocità resistente. La velocità comincia a svilupparsi molto presto, tra 1 e 6 anni, e ha il suo massimo sviluppo tra i 13 e i 15 anni. Il periodo migliore per sviluppare la velocità è dunque quello che procede la pubertà. Sono tre le componenti che caratterizzano l’espressione del gesto veloce: - VELOCITA’ DI REAZIONE : tempo minimo che intercorre da quando si riceve uno stimolo a quando compare la risposta motoria. Dipende da fattori nervosi che per molta parte sono determinati geneticamente, ma è comunque allenabile se correttamente stimolata ed allenata. Dalla nascita ai 25 anni il tempo di reazione diminuisce e raggiunge la sua migliore espressione ed efficienza fra i 18 e i 25 anni, poi ricomincia ad allungarsi progressivamente. - VELOCITA’ DI ESECUZIONE: tempo minimo impiegato per compiere un gesto veloce una volta avviata la risposta motoria. Questa componente della velocità entra in gioco immediatamente dopo della velocità di reazione. Dipende soprattutto dalla costituzione biochimica del muscolo scheletrico, in particolare dal tipo di fibre, dalla quantità di energia a pronto impiego di cui dispone e dalla qualità delle sue innervazioni. E’ inoltre determinata dall’ampiezza e dalla frequenza del gesto. L’ampiezza di un gesto dipende da fattori meccanici (la lunghezza delle leve), fisiologici (potenza ed elasticità muscolare) e tecnici (corretta esecuzione del gesto). La frequenza dipende dalla rapidità di esecuzione di gesti ritmici (per esempio nella corsa dalla rapidità con cui viene eseguita la sequenza dei passi). La velocità di esecuzione è fortemente legata a fattori genetici e l’allenamento può migliorarne solo in parte le prestazioni. Questa componente della velocità sì sviluppa in particolare dai 13 ai 16 anni, in relazione allo sviluppo della forza veloce che aumenta notevolmente nel periodo della pubertà. - VELOCITA’ GESTUALE (o di spostamento): tempo minimo impiegato per compiere un certo gesto o per percorrere una certa distanza. Questa componente della velocità può considerarsi come la somma delle precedenti due. La velocità è una qualità fortemente legata a fattori genetici ed è di per sé allenabile solo in parte. Poiché però essa dipende anche da altre qualità (forza, resistenza, mobilità), allenando queste si riesce a incrementare sensibilmente la capacità di eseguire gesti veloci. L’allenamento non migliora di molto la velocità in termini assoluti, tuttavia perfeziona la tecnica del gesto, che diventa più economico e vantaggioso, rende più veloci e reattive le risposte agli stimoli e sviluppa notevolmente la capacità di concentrazione. Inoltre l’allenamento permette di accrescere a livello muscolare le riserve energetiche di pronto impiego (fosfocreatina). L’allenamento specifico alla velocità prevede l’esecuzione di esercizi in tempi brevi (8-12 secondi) alla massima velocità. Esercitazioni e test relativi alla velocità sperimentati in palestra: partenza dai blocchi o da varie posizioni, balzi (velocità di reazione) scatti brevissimi, saltelli, cambi di velocità (velocità di esecuzione) corse a navetta ripetute, allunghi (resistenza alla velocità) Nota: le attività di gioco sono di per sé molto utili (spesso più di quanto non lo siano esercizi o metodi di allenamento specifici) per lo sviluppo della velocità, richiedendo gesti rapidi e rapidità di reazione in situazioni semplici o complesse, e al contempo fornendo stimoli intensi e variati. Allenare la velocità attraverso il gioco, inoltre, risulta quasi sempre più motivante e più divertente rispetto a delle sedute di allenamento specifiche dedicate alla velocità. LA FLESSIBILITA’ La FLESSIBILITA’ (detta anche mobilità articolare) è la capacità di eseguire, nel rispetto dei limiti fisiologici, tutti i movimenti con naturalezza e con la massima ampiezza possibile. Consente quindi di muoversi in modo “armonico”, “sciolto”, con movimenti economici, efficaci e poco faticosi.. La flessibilità non viene da tutti classificata come capacità condizionale, ma è considerata da alcuni studiosi una capacità “complessa”, condizionale e coordinativa al tempo stesso. Tra i fattori che determinano la flessibilità, i più importanti sono: - la FORMA (struttura) DELL’ARTICOLAZIONE; - le CAPACITA’ ELASTICHE DI MUSCOLI, TENDINI, LEGAMENTI E CAPSULA ARTICOLARE. Mentre sul primo aspetto non è possibile intervenire, il secondo può essere migliorato attraverso un allenamento costante e graduale, soprattutto per quanto riguarda l’elasticità muscolare (sui legamenti infatti non bisogna intervenire, in quanto stabilizzano e proteggono l’articolazione; l’elasticità dei tendini può invece essere migliorata ma solo in minima parte). Entrambi i fattori sopra elencati sono determinati sia dal patrimonio genetico di ciascuno, che dalle abitudini di vita, che da eventuali traumi pregressi. Sono inoltre condizionati da fattori esterni, come la temperatura ambientale (il caldo favorisce l’elasticità delle articolazioni, il freddo la inibisce) o l’ora del giorno; da fattori interni, come l’età, il sesso, il volume dei muscoli, la temperatura corporea interna, la capacità di rilassamento della muscolatura antagonista; e da fattori di natura psicologica e psico-somatica, come gli stati di ansia, di stress o situazioni di affaticamento. I muscoli, oltre a fungere da motore in tutte le azioni, hanno il compito di proteggere le articolazioni, impedendo pericolose lussazioni qualora si verifichino movimenti che vanno oltre il proprio limite fisiologico. Per assolvere a questa funzione protettiva, ogni muscolo nel proprio interno può contare su dei recettori nervosi chiamati fusi neuro-muscolari. Tali recettori, non appena ravvisano uno stiramento potenzialmente dannoso, “danno l'allarme” informando il sistema nervoso che, per difesa, comanda al muscolo di contrarsi. Attraverso un regolare e completo programma di esercizi specifici (stretching) si educa progressivamente il muscolo ad allungarsi, insegnando, in un certo senso, ai recettori come distinguere uno stiramento positivo da una situazione di pericolo. A differenza dei muscoli, che ricevono le sostanze nutritive direttamente dal sistema circolatorio con un ricambio assai rapido, i tessuti cartilaginei che rivestono i capi ossei delle articolazioni non hanno un rifornimento così attivo. La cartilagine si nutre grazie alla diffusione di molecole presenti nel liquido sinoviale che la circonda. Gli esercizi di stretching svolti per allenare la mobilità articolare favoriscono quindi, tra l’altro, un’alternanza di forze compressive ed aspiranti che consentono alla cartilagine articolare di ricevere un maggiore nutrimento. Questi esercizi non influenzano in modo diretto la forza o la velocità e solo in pochi casi coinvolgono la resistenza, ma aiutano a sviluppare una maggiore coordinazione. Gli esercizi di stretching, se correttamente eseguiti: − aiutano a prevenire o a limitare gli infortuni riducendo la tensione muscolare, facilitando la circolazione sanguigna e favorendo il recupero dalla fatica; − facilitano l'apprendimento, lo sviluppo e il perfezionamento delle abilità motorie; − consentono di raggiungere maggiori livelli di forza e velocità in quanto l'esecuzione dei movimenti, oltre ad essere più ampia, diviene più economica, vantaggiosa e fluida (oltre che maggiormente espressiva); − migliorano la consapevolezza del proprio corpo e ne agevolano il rilassamento generale. La flessibilità è l’unica qualità condizionale che, invece di presentare un’evoluzione parallela allo sviluppo del soggetto, va incontro a una chiara involuzione che si manifesta fin dai primi anni di vita. Il periodo che precede l’adolescenza, a causa di una massa muscolare ridotta, sia per i maschi che per le femmine, è il periodo più indicato per influire sulla mobilità articolare. Con l'adolescenza (13 – 14 anni) l'aumento della massa muscolare e della forza dovuti alla crescita cominciano a limitare i movimenti articolari. Con l'avanzare dell'età, i muscoli tendono a perdere elasticità e si potrà mantenere una buona mobilità articolare solo con un opportuno allenamento. Per allenare la flessibilità si possono utilizzare differenti tecniche di stretching. A tal proposito, si veda la scheda di approfondimento allo stretching dedicata. Esercitazioni e test relativi alla flessibilità sperimentati in palestra: esercizi di stretching statico, dinamico, balistico, attivo, passivo, a coppie, p.n.f.. Capacità coordinative Le capacità motorie sono quei fattori che influiscono sulla prestazione e possono essere migliorati, educati, trasformati e mantenuti attraverso le varie forme di movimento. Tali capacità sono molteplici ed è opportuno ricordare che non intervengono separatamente tra loro, ma fanno parte di un processo unitario che presenta interscambi importanti. Questi interscambi devono essere attentamente considerati e valutati nella programmazione e nella determinazione del carico di lavoro. Le capacità motorie si suddividono in: Capacità coordinative Di base: apprendimento, organizzazione e controllo motorio Speciali: proprie di ogni disciplina Capacità coordinative Per quanto riguarda le Capacità Coordinative, la coordinazione è una manifestazione esterna di funzioni del sistema nervoso centrale, che viene influenzata: geneticamente dalle modificazione ambientali e raggiunge il massimo sviluppo tra i 7 e i 13 anni Le capacità coordinative sono l'insieme delle capacità utilizzate per apprendere, controllare e organizzare (adattare e trasformare) un movimento. Costituiscono la base per l'apprendimento ed il miglioramento delle capacità tecniche e sono in stretta interazione con le capacità condizionali. Lo sviluppo delle capacità coordinative è strettamente dipendente dal sistema nervoso, in particolare: dall'apparato percettivo (vista, udito, tatto) dall'apparato senso-motorio (equilibrio, percezione dello spazio, e del tempo) dalla capacità espressiva (linguaggi del corpo) Un corretto processo d'apprendimento delle capacità coordinative permetterà l'esecuzione di gesti motori funzionali, rapidi, precisi, coordinati, validi ed espressivi. Per poter perfezionare le capacità coordinative bisogna conoscere le fasi cronologiche e biologiche della crescita umana. In generale, lo sviluppo delle capacità coordinative si realizza entro i 7-13 anni; per tale motivo l'età migliore per l'apprendimento dei gesti motori sportivi è: per i ragazzi, tra gli 8 e i 13 anni per le ragazze, tra i 7 e i 12 anni Riprendendo lo schema iniziale delle capacità motorie, possiamo dire che le coordinative di base (o generali) si riflettono con incisività sulle coordinative speciali; nei bambini e nei ragazzi sono doti che possono essere educate e contribuiscono alla soluzione rapida e adeguata dei compiti di movimento in tutti i settori della vita. Secondo Meinel le capacità coordinative generali, che costituiscono la destrezza sportiva, posseggono un elevato grado di universalità e si possono riferire all'intero settore della motricità sportiva. Possono essere cosi classificate in: Apprendimento motorio Consiste nell'assimilazione e nell'acquisizione di movimenti o, in prevalenza, di parti di movimenti precedentemente non posseduti, che devono poi essere integrati nelle mappe cognitive. Un ruolo importante è dato dalla assunzione delle informazioni attraverso gli analizzatori, organi informatori che assumono importanza diversa a seconda della disciplina sportiva praticata: analizzatore tattile: è la cute del corpo che ci informa sulla zona e sulla entità della pressione su di essa analizzatore visivo: sono gli occhi che raccolgono le immagini dello spazio in cui ci si muove analizzatore vestibolare: è la parte interna dell'orecchio che ci informa sulle accelerazioni e sulle posizioni del corpo rispetto ai piani dello spazio (i canali semicircolari per la accelerazione angolare, l'utricolo e il sacculo per la accelerazione lineare) analizzatore acustico: è l'orecchio nella sua funzione di percezione dei rumori analizzatore cinestetico: sono i fusi neuromuscolari e i corpuscoli del Golgi che permettono la percezione della entità tensiva dei muscoli e della loro modulazione. Tra gli analizzatori cinestetici possono essere annoverati anche i recettori di Pacini e i corpuscoli di Ruffini, situati nelle capsule articolari, e che informano sull'ampiezza, velocità e senso del movimento Le informazioni da parte degli analizzatori sono indispensabili alla realizzazione dei processi nervosi. Controllo motorio Capacità di controllare i movimenti per raggiungere esattamente lo scopo previsto dal gesto da compiere. La capacità di controllo motorio permette al bambino di controllare il movimento al fine di realizzare un proprio progetto motorio precedentemente stabilito. Adattamento e trasformazione Capacità di cambiare, trasformare ed adattare i movimenti appresi ad improvvisi mutamenti delle condizioni esterne, per permettere di raggiungere sempre ed in ogni modo il risultato motorio previsto. Questa capacità permette al bambino di adattare, trasformare e correggere il proprio progetto motorio in situazioni che possono cambiare durante lo svolgimento dell'azione motoria per sostituirlo con uno più efficace. Nel gioco del calcio la variabilità delle situazioni fa si che questa capacità coordinativa sia presente quasi continuamente durante le fasi di gioco. Tale meccanismo prevede inoltre una buona capacità di anticipazione motoria che si struttura in sinergia con questa capacità coordinativa generale. Le tre capacità coordinative generali sono strettamente collegate fra di loro attraverso un circuito circolare. ESERCIZI CLASSICI DEL MILITARY WORKOUT - VELOCITA’: 1.CORSA PIANA 100mt - RESISTENZA: 1 CORSA PIANA 5000mt 2. GIRATE DEL PNEUMATICO DI AUTOCARRO (TIRE FLIPPING) 25mt 3. TRASPORTO DEL FERITO (CON MANICHINO\SACCO 30 KG) 200 MT CON GIRATE 180° OGNI 50mt -FORZA: 1. SQUAT CON TRONCO/TUBO METALLICO DI PESO PARI AI 2/3 DEL PROPRIO PESO CORPOREO 2. SPINTA IN ALTO DI PESO (PIETRONE/COPERTONE) PARI AD 1/3 DEL PROPRIO PESO CORPOREO, DA IN PIEDI CON PARTENZE DA TERRA 3. TRAZIONI ALLA SBARRA CON PRESA PRONA 4. PIEGAMENTI SULLE BRACCIA 5. ADDOMINALI 6. BATTLE ROPE 7. DUFFLE BAG CLEANS/SANDBAGS 8. SANDBAGS ONE ARM GET UPS 9. SINGLE LEG V UP