Convertitore Buck - Corsi di Laurea a Distanza

Politecnico di Torino
CeTeM
Elettronica Industriale
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Regolatore Buck
Note sul dimensionamento del controllo
Ing. Fabio Filippa
A.A. 1998/99
1 Introduzione
Una volta dimensionata la cella di potenza del convertitore è opportuno pensare di
costruire uno o più anelli di retroazione attorno allo stesso aventi lo scopo di rendere
stabile la tensione di uscita nei confronti delle variazioni di carico, della tensione di
ingresso e delle variazioni del valore dei componenti costituenti il convertitore.
A tale scopo è necessario costruire un opportuno modello del convertitore da usare per il
progetto dell’anello di controllo.
La costruzione di un modello di questo tipo si può effettuare seguendo diversi approcci,
ben noti nella letteratura tecnica, qui però verrà illustrata una metodologia più semplice
anche se meno algoritmica, rimandando ai testi specializzati l’approfondimento delle
tecniche più raffinate.
2 Costruzione di un modello dinamico per i convertitori PWM
I convertitori a commutazione sono chiaramente dei sistemi non lineari tempo varianti a
causa della presenza di diodi ed interruttori e per questo motivo il loro studio dal punto di
vista dinamico risulta essere molto complicato.
L’approccio comunemente utilizzato nella teoria dei sistemi per descrivere il
comportamento di un generico sistema non lineare consiste in un primo tempo nella
scrittura delle equazioni che reggono il funzionamento del sistema ed in un secondo
tempo nella relativa linearizzazione nel punto di lavoro a riposo desiderato, in questo
modo si ottiene una descrizione lineare del sistema valida nel caso in cui le variazioni dei
segnali che interessando il sistema non siano troppo elevate rispetto ai valori degli stessi
segnali a riposo. Questa operazione si effettua sui sistemi tempo invarianti, quindi, nel
caso in oggetto non è direttamente applicabile dato che all’interno dei convertitori sono
presenti elementi tempo invarianti quali ad esempio gli interruttori.
Il primo passo consiste quindi nel cercare di rendere il sistema tempo invariante.
L’osservazione fondamentale è relativa al fatto che la tensione di uscita di un qualsiasi
alimentatore a commutazione deve essere il più possibile stabile ed esente dalle
componenti di alta frequenza dovute alla frequenza di commutazione e le relative
armoniche, in altre parole ciò che interessa effettivamente della tensione di uscita è il
contenuto di bassa frequenza è non le componenti ad alta frequenza. Questo comporta la
presenza di un filtro, opportunamente dimensionato, posto sempre tra l’uscita del
convertitore ed il carico stesso.
Sulla base di questa osservazione è possibile costruire un modello del convertitore che
contenga solo le informazioni di bassa frequenza tralasciando cosa succede a frequenze
uguali o maggiori della frequenza di commutazione. In altre parole quello che interessa è
conoscere come evolvono le variazioni dei valori medi relativi alla tensione ed alla corrente
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del carico, mentre non ci si preoccupa dell’entità del ripple ad esse sovrapposto, dato che
questo, in un progetto ben fatto, dovrebbe essere reso trascurabile rispetto al valore medio
delle grandezze stesse. La costruzione di un modello avente queste caratteristiche si può
effettuare secondo diverse tecniche, tra cui le più note sono:
• media nello spazio degli stati;
• media degli interruttori.
Tali tecniche sono di validità generale e si applicano a topologie di convertitori anche
molto differenti da quelle considerate dei convertitori PWM, per questo concerne la
presente trattazione non si entrerà nel merito, ma si forniranno comunque indicazioni su
dove reperire il materiale utile per un loro studio approfondito.
Per quanto riguarda l’approccio della media nello spazio degli stati l’articolo originale in
cui tale tecnica è stata descritta per la prima volta si trova in [1], ed un libro in cui oltre alla
spiegazione si hanno anche alcuni esempi di applicazione pratica è [2] a pp. 218-231.
Il secondo approccio è stato descritto la prima volta in [3] e successivamente esteso in [4]
e [5], ulteriori dettagli ed esempi si possono trovare in [2] a pp. 231-245.
In questa sede invece il problema della costruzione di un modello dinamico valido per il
modo di funzionamento continuo (CCM) viene affrontato in modo differente lavorando
direttamente sulla struttura del convertitore. In ogni caso i risultati delle analisi svolte in
seguito sono completamente compatibili e confermati con quanto si ottiene applicando uno
qualsiasi dei metodi sopra citati.
3 Modello dinamico per il convertitore BUCK operante in CCM
L’idea base consiste nel rimuovere le componenti di alta frequenza ripple eseguendo per
le grandezze di interesse una media nel tempo su ogni singolo periodo di commutazione.
Operando in questo modo le componenti di bassa frequenza presenti nella corrente
dell’induttore di filtro e nella tensione ai capi della capacità di uscita possono essere
espresse mediante le seguenti equazioni:
d
LF
d
CF
< i LF (t ) >Ts
dt
< vC F (t ) > Ts
dt
=< vLF (t ) > Ts
=< iC (t ) > Ts
F
(1)
(2)
in cui < x L (t ) > Ts indica il valore medio della grandezza x(t) calcolato su un periodo della
frequenza di commutazione di durata Ts cioè:
1 t +Ts
< x t >T =
∫ x τ dτ
s T
s t
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poiché l’operazione di media viene effettuata al passare del tempo su un intervallo pari al
periodo della frequenza di commutazione quello che si ottiene è effettivamente la
variazione del valore medio nel tempo delle grandezze del filtro passa basso di uscita.
In genere è possibile supporre trascurabili le componenti variabili sovrapposte alla
tensione di ingresso e di uscita ed alla corrente attraverso l’induttore di filtro (small-ripple
approximation), in questo modo si identificano le suddette grandezze con i rispettivi valori
medi che, usando la (3), sono ancora funzioni del tempo.
Nel caso del convertitore BUCK l’interruttore di potenza è chiuso per un intervallo di
tempo pari a dTs, utilizzando la small-ripple approximation la tensione presente ai capi
dell’induttore di filtro vale < v s (t ) >Ts − < vo (t ) > Ts . Un discorso analogo vale per l’intervallo di
tempo in cui l’interruttore è aperto, ottenendo per la tensione cercata − < vo (t ) >Ts .
Applicando la (3) la tensione media presente ai capi dell’induttore di filtro vale:
< v LF (t ) > Ts =
1
Ts
∫ v (τ )dτ ≅ d (t )(< v (t ) >
Ts
LF
s
Ts
)
− < vo (t ) >Ts − d ′(t ) < vo (t ) > Ts
0
tenendo conto della (1) si ha:
LF
d < i LF (t ) >Ts
= d (t ) < vs (t ) >Ts − < vo (t ) > Ts − d ′(t ) < vo (t ) > Ts
dt
(
)
(4)
in cui d ′(t ) = 1 − d (t ) .
Un discorso analogo deve essere fatto in merito alla corrente attraverso il condensatore
di uscita usando la (3) e la (2).
In particolare si può scrivere:
i LF (t ) = iC F (t ) + i R (t )
(5)
essendo la (3) lineare, la (5) vale anche per i valori medi, quindi si potrà scrivere:
< i LF (t ) >TS =< iC F (t ) > TS + < i R (t ) >TS
(6)
Trascurando l’effetto della ESR del condensatore di uscita il valore medio della corrente di
carico si può esprimere come segue:
< i R > Ts =
< vC F (t ) > Ts
R
(7)
Ricavando la corrente media attraverso il condensatore di uscita dalla (6) si ha:
< iC F (t ) >TS =< i LF (t ) > TS − < i R (t ) > TS
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sostituendo la (7) nella (8) e quest’ultima nella (2) si ottiene in definitiva:
d
CF
< vC F (t ) > Ts
dt
=<
i LF (t ) >TS −
< vC F (t ) >Ts
(9)
R
Per costruire un modello valido per lo studio del convertitore in presenza di piccolo
segnale si suppone di perturbare i valori medi delle grandezze a regime come segue:
< v s (t ) > Ts = Vs + vˆ s (t ) ;
(10)
< vC F (t ) >Ts = Vo + vˆ CF (t ) ;
< iL (t ) >T = I o + iˆL (t ) ;
F
s
(11)
(12)
F
d (t ) = D + dˆ (t )
(13)
dove con le lettere maiuscole si sono indicati i valori medi a regime.
Sostituendo le relazioni (10),(11),(12) e (13) nella (2) e nella (9) si ottiene:



(
d V + vˆ
t ) 

o
C
Vo + vˆC F (t )

F 
C
ˆ
=
I
+
i
(
t
)
−
o
LF
(14)
 F
dt
R
 d I + iˆ (t )
o
LF
LF
= D + dˆ (t ) Vs + vˆ s (t ) − Vo − vˆ CF (t ) − 1 − D − dˆ (t ) Vo + vˆ CF (t )

dt
(
) (
)(
) (
)(
)
nella (14) è possibile separare le componenti in regime stazionario da quelle (lentamente)
variabili, trascurando inoltre i termini del secondo ordine, si ottiene:
V 

dvˆ CF (t ) 
vˆC (t )
=  I − o  + iˆL (t ) − F
 0 + CF
F
 o R

dt
R



diˆLF (t )

0
+
L
= (DV s − Vo ) + dˆ (t )Vs + Dvˆ s (t ) − vˆC F (t )
F

dt
(15)
dal sistema (15), eguagliando le componenti stazionarie ad ambo i membri delle varie
equazioni, si ricavano le espressioni già viste durante l’analisi a regime del
comportamento del convertitore, si ha infatti:
Vo

0 = Io −

→

R
 0 = DV s − Vo
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V

Io = o

R
Vo = DV s
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se invece si considerano le componenti variabili si ottiene il seguente sistema di equazioni:
d vˆCF (t )
vˆCF (t )

 C F dt = iˆLF (t ) − R
 diˆ (t )
LF
L
ˆ
 F dt = d (t )Vs + Dvˆ s (t ) − vˆC F (t )
(16)
Effettuando la trasformata di Laplace ad ambo i membri delle (16) si ottiene:

Vˆ (s )
 C F sVˆCF (s ) = IˆLF (s ) − CF

R
LF sIˆL (s ) = dˆ (s )Vs + DVˆs (s ) − VˆC ( s )

F
F
(17)
L’insieme delle equazioni (2) e (9), così perturbato, consente di ricavare il modello di
piccolo segnale cercato e di scrivere le espressioni relative alle funzioni di trasferimento
tra controllo (duty-cycle) e tensione di uscita e tra tensione di ingresso e tensione di uscita
(suscettibilità audio).
Ricavando dalla prima equazione del sistema (17) IˆLF (s ) si ottiene:
1
IˆLF (s ) =  sC F + VˆCF (s )
R

(18)
sostituendo la (18) nella seconda equazione del sistema (17), dopo alcuni passaggi, si
arriva a scrivere la seguente relazione:
VˆC F (s ) =
Vs
L
s LF C F + s F + 1
R
2
dˆ ( s ) +
D
L
s LF C F + s F + 1
R
2
Vˆs (s )
(19)
Dalla (19) si ha la funzione di trasferimento tra controllo e uscita:
VˆCF (s ) =
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Vs
L
s LF C F + s F + 1
R
2
dˆ (s )
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mentre l’espressione della suscettibilità audio risulta la seguente:
VˆC F (s ) =
D
L
s 2 LF CF + s F + 1
R
Vˆs (s )
(21)
dalle relazioni ottenute (29) e (21) si osserva come il BUCK funzionante in modo continuo
(CCM) sia caratterizzato da una dinamica del secondo ordine decisa dal filtro di uscita
costituito dal gruppo LF CF R .
I poli dominanti risultano a smorzamento variabile a seconda del valore assunto dalla
resistenza di carico, ma la loro frequenza è fissa ed indipendente dal valore resistivo del
carico stesso.
L’analisi dinamica del convertitore BUCK funzionante in modalità discontinua (DCM)
rivela sempre una dinamica dominante del secondo ordine, ma in questo caso la
frequenza dei poli dipende dal valore resistivo assunto dal carico.
Un analisi più accurata dovrebbe tenere conto dell’ESR del condensatore di uscita,
rifacendo i calcoli seguendo la tecnica prima illustrata si giunge a concludere che l’effetto è
in uno zero a sinistra alla pulsazione:
ωzESR =
1
ESR CF
(22)
Quanto espresso dalle relazioni (20) e (21) è il modello per piccolo segnale del
convertitore BUCK cercato, volendo una rappresentazione dello stesso sotto forma di
schema a blocchi si ottiene lo schema presentato nella fig. 1, in cui la funzione H (s )
assume la seguente espressione:
H (s ) =
1
L
s LF CF + s F + 1
R
2
Fig. 1 Schema a blocchi del convertitore BUCK PWM funzionante in CCM.
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4 Tipologie degli schemi di controllo
In generale i convertitori a commutazione vengono controllati secondo tre tipologie di
schemi:
• controllo ad anello singolo (voltage mode);
• controllo a doppio anello (current mode);
• controllo feed-forward.
La prima tecnica di controllo prevede un solo anello di retroazione sulla tensione di uscita,
lo schema è molto semplice ma non consente prestazioni dinamiche elevate, si utilizza
raramente dato che con i moderni circuiti integrati è possibile realizzare a basso costo
schemi di controllo molto più efficienti.
Il controllo current-mode, nelle sue varianti, è lo schema di controllo maggiormente
utilizzato, circuitalmente risulta piuttosto semplice e consente di raggiungere prestazioni
dinamiche notevoli, inoltre garantisce la protezione in corrente del sistema. La struttura del
controllo è di tipo gerarchico, si ha un anello interno molto veloce il cui compito è di
osservare e controllare il livello della corrente, di picco (peak current-mode control) oppure
media (average current-mode control), attraverso l’interruttore di potenza o l’induttore di
filtro; ed un anello esterno, più lento dell’anello interno, che retroazionando la tensione di
uscita imposta, in base all’errore di tensione, il riferimento per l’anello interno di corrente.
L’ultima tecnica, il controllo feed-forward, era molto usato in passato. Oltre ad osservare la
tensione di uscita si ha anche il monitoraggio della tensione di ingresso. Con questo
metodo la suscettibilità audio è molto contenuta e le prestazioni del controllo risultano
comparabili a quelle offerte dal controllo current-mode.
5 Il modulatore PWM
Prima di affrontare il progetto del controllo è bene vedere come si possa generare il
segnale di comando dell’interruttore di potenza analizzando quello che solitamente si
denomina modulatore PWM.
L’obiettivo di questo circuito consiste nel generare un valore di duty-cycle (parametro di
controllo del convertitore) proporzionale ad un dato segnale di riferimento. Il duty-cycle
può essere generato secondo diverse modalità, ed in particolare con frequenza fissa
oppure variabile.
La tendenza è quella di lavorare il più possibile a frequenza fissa, in questo modo si riesce
ad avere un migliore controllo dell’inquinamento elettromagnetico prodotto dal
convertitore.
In quest’ottica un possibile circuito utile per generare il segnale di comando dell’interruttore
è visibile nella fig. 2.
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Fig. 2 Modulatore PWM.
Il segnale portante (carrier) ha una frequenza pari alla frequenza di commutazione f s e
solitamente risulta ad onda triangolare oppure a dente di sega (a pendenza positiva
oppure negativa), il segnale modulante ha una frequenza che risulta sempre molto minore
della frequenza di commutazione.
L’uscita del comparatore, in genere, è costituita da un segnale a bassa potenza non
sufficiente ad accendere velocemente il transistore interruttore, pertanto si inserisce tra il
modulatore ed il transistore un circuito pilota (driver), fig. 3, avente appunto lo scopo di
aumentare la potenza del segnale di controllo x dell’interruttore.
Fig. 3 Modulatore PWM e driver.
Dall’analisi delle forme d’onda presentate nella fig. 3 è semplice verificare che il valore del
duty-cycle del segnale x(t) vale:
d (t ) =
m (t )
Wmax
(24)
in cui m(t) è il segnale modulante (che, come si vedrà meglio in seguito, risulta generato
dal compensatore dell’anello di controllo) mentre Wmax è l’ampiezza massima del segnale
portante.
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Per il progetto dell’anello di controllo, in accordo con quanto fatto a proposito del modello
dinamico della cella di potenza, è necessario avere un modello perturbato e linearizzato
anche per il modulatore PWM, questo si ottiene perturbando la (24) ed in particolare
assumendo per il segnale modulante m(t) la seguente espressione:
m(t ) = mo + mˆ (t )
(25)
in cui m0 è il valore del segnale modulante a riposo.
Sostituendo la (25) nella (24) si ottiene:
d (t ) =
m (t )
m
mˆ (t )
= o +
= D + dˆ (t )
Wmax Wmax W max
(26)
che costituisce il risultato cercato.
Dal punto di vista degli schemi a blocchi il modulatore PWM si rappresenta come
visualizzato nella fig. 4.
Fig. 4 Schema a blocchi del modulatore PWM.
6 Progetto del controllo voltage-mode (voltage-mode control)
Dato che si vuole realizzare un alimentatore, cioè un apparato in grado di fornire in uscita
una tensione con certe caratteristiche di stabilità, precisione e caratteristiche dinamiche
interessa controllare il valore della tensione di uscita in modo tale che questa risulti precisa
e stabile nel tempo.
La prima tecnica di controllo consiste quindi nel confrontare il valore della tensione di
uscita con un riferimento di tensione (stabile e preciso) ed elaborare successivamente
l’eventuale errore di tensione (comparatore di errore + modulatore PWM) ottenendo un
segnale in grado di pilotare opportunamente l’interruttore del convertitore in modo tale da
riportare la tensione di uscita entro le specifiche di progetto.
La struttura del controllo di tensione a singolo anello o voltage-mode è riportata nella
fig. 5.
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Fig. 5 Struttura del controllo di tensione voltage-mode.
In cui con EA (error-amplifier) si indica il blocco relativo all’elaborazione dell’errore di
tensione tra il valore della tensione di uscita ed il valore della tensione di riferimento.
Il progetto del anello controllo si traduce nel dimensionare l’amplificatore di errore (EA) in
modo tale che il sistema complessivo costituito dal convertitore e dal controllo stesso
consenta una certa precisione statica e dinamica nei confronti della tensione di uscita.
Per il progetto del controllo è utile considerare come unico blocco l’insieme costituito dalla
cella di potenza con il modulatore PWM, in questo caso lo schema diventa quello
visualizzato nella fig. 6.
Fig. 6 Schema a blocchi dell’insieme cella di potenza e modulatore PWM.
Lo schema complessivo presentato in fig. 6 dovrà poi essere inserito all’interno dell’anello
di controllo quindi, a monte del segnale m̂(s ) si dovrà inserire il blocco relativo al
compensatore, da progettare in base alle specifiche statiche e dinamiche della tensione di
uscita. La retroazione si preleva dalla tensione di uscita, quindi Vˆo (s ) e si riporta in
ingresso attraverso un blocco di retroazione β(s ) che, in genere, è costituito da un
semplice partitore resistivo, come si vedrà meglio in seguito.
Da un punto di vista pratico la realizzazione del compensatore si effettua usando un
singolo amplificatore operazionale in configurazione invertente (dato che la retroazione
deve essere negativa e l’amplificazione della cella di potenza è positiva), con questo si
realizza sia la parte di compensazione che il fattore di scala tra la tensione di uscita ed il
riferimento.
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Lo schema del controllo risulta quindi il seguente:
Fig. 7 Schema di principio del controllo voltage-mode.
In cui non si è visualizzata la sorgente primaria a tensione Vs , intendendo comunque che
questa è assimilabile ad un segnale di disturbo agente all’interno del blocco G(s)
rappresentato dettagliatamente nella fig. 6.
Come già anticipato il blocco del compensatore GC (s ) solitamente si realizza usando un
unico amplificatore operazionale (OA oppure OP AMP), quindi ciò che si fa consiste nel
progettare in un'unica volta sia il compensatore vero è proprio che il blocco B( s ) di
retroazione. Il confronto tra il segnale di ingresso e quello che ritorna dall’uscita (recante
l’informazione sul valore della tensione di uscita) si farà direttamente tramite l’operazionale
stesso.
Quindi, praticamente, lo schema di fig. 7 verrà realizzato come segue:
Fig. 8 Realizzazione pratica del controllo voltage-mode.
Nella situazione di fig. 8 il guadagno del sistema tra ingresso e uscita vale 1, cioè il
rapporto di scala tra la tensione di uscita e la tensione di riferimento è unitario.
Volendo avere un rapporto preassegnato tra uscita e riferimento lo schema di fig. 8 si deve
modificare come visualizzato nella fig. 9.
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Fig. 9 Controllo voltage-mode con rapporto di scala uscita-riferimento diverso dall’unità.
Il calcolo della funzione di trasferimento tra riferimento e uscita, per lo schema di fig. 9, si
effettua analizzando direttamente lo schema a blocchi, in particolare si possono scrivere le
seguenti relazioni:
Vo (s ) − Vrif (s )
Z1 ( s )
V ( s)
I Z 3 (s ) = rif
Z 3 (s )
I Z1 (s ) =
(27)
(28)
mediante le relazioni (26) e (28) è possibile scrivere l’espressione della trasformata di
Laplace della corrente in Z 2 (s ) come segue:
I Z 2 (s ) = I Z1 (s ) − I Z3 ( s ) =
Vo ( s ) − Vrif (s ) Vrif (s )
−
Z1 ( s )
Z 3 (s )
(29)
La trasformata di Laplace della tensione di uscita vale:
Vo (s ) = m(s )G(s )
(30)
in cui m(s) identifica la tensione presente all’uscita dell’amplificatore operazionale la quale,
a sua volta, ha la seguente espressione:
 V ( s ) − Vrif (s ) Vrif (s ) 
 +V
m( s ) = − Z 2 (s ) o
−
Z1 ( s )
Z 3 (s )  rif

(31)
sostituendo la (31) nella (30) si ottiene:


 V (s ) − Vrif (s ) Vrif (s ) 
Vo (s ) =  − Z 2 ( s ) o
−
 + Vrif G(s )
Z 1 (s )
Z 3 (s ) 



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(32)
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Dalla (32) si è in grado di ricavare la funzione di trasferimento tra la tensione di riferimento
e la tensione di uscita cioè:
 Z (s ) Z (s ) 
G (s ) 2 + 2
+ 1
Z1 ( s ) Z 3 ( s )
Vo ( s )


=
Z
(
s
)
Vrif (s )
1 + G (s ) 2
Z1 ( s )
che, trascurando l’unità presente a numeratore e a denominatore1, consente di scrivere:
Vo ( s )
Z (s )
≅ 1+ 1
Vrif (s )
Z 3 (s )
(33)
nel caso in oggetto ciò che interessa è Z1 (0) , solitamente Z 3 (s ) è sempre una resistenza.
La funzione di ritorno d’anello T (s ) si determina ponendo a zero la tensione di
riferimento, ottenendo:
T (s ) = − G (s )
Z 2 (s )
Z1 ( s )
(34)
il compensatore si determina quindi dimensionando correttamente le impedenze Z 2 (s ) e
Z1 (s ) tenendo conto che per quest’ultima si ha anche un vincolo sulla Z1 (0) deciso dal
rapporto di scala esistente tra il riferimento e l’uscita.
7 Progetto del controllo current-mode (CM control)
Questa tecnica, nelle sue varie forme, è sicuramente la tipologia di controllo più utilizzata
per i convertitori a commutazione dato il basso costo e le notevoli prestazioni che con
esso si riescono a raggiungere.
Per vedere come sia possibile realizzare praticamente questo tipo di controllo, in
seguito, si farà riferimento al convertitore BUCK anche se le stesse considerazioni vanno
bene per qualsiasi altra topologia.
Il controllore current-mode deve ovviamente avere in ingresso l’informazione relativa alla
corrente che dovrà controllare, questa si ottiene effettuando una misura della corrente in
oggetto (sensing) tipicamente mediante un resistore antiinduttivo 2 di piccolo valore (per
non dissipare troppa potenza) oppure mediante una trasformatore in salita (il secondario
ha un numero di spire maggiore del primario, si misura solo la componente alternata).
Tecniche più costose per la misura della corrente, prevedono l’impiego si sensori ad
effetto Hall.
1
Operazione lecita nel campo di frequenze di interesse.
In quanto l’induttanza parassita potrebbe essere la causa di spike di tensione di intensità tale da
danneggiare in modo irreversibile il transistore interruttore.
2
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Si supponga per ora di avere comunque disponibile un segnale rappresentativo della
corrente da misurare, il controllo dovrà operare come segue:
• all’inizio del ciclo deve chiudere il transistore interruttore;
• non intraprendere alcuna azione fino a quando la corrente in esame non raggiunge il
limite impostato (medio oppure di picco);
• aprire l’interruttore aspettando l’inizio del ciclo successivo.
Il fatto importante da notare è che con questo tipo di controllo non è possibile determinare
a priori quanto deve valere il duty-cycle infatti si conosce solo quanto deve valere la
corrente di picco oppure media attraverso il transistore interruttore oppure l’induttore di
filtro.
Il circuito che realizza questo tipo di funzionamento è molto semplice ed è riportato nella
fig. 10.
Fig. 10 Schema di principio del controllo current-mode di picco.
Si noti la posizione del sensore di misura della corrente attraverso l’induttore di filtro, in
linea teorica questo potrebbe essere messo su uno qualsiasi dei due morsetti
dell’induttore, ma da un punto di vista pratico la soluzione presentata nella fig, 10 è
migliore dal punto di vista del modo comune, in questo caso infatti entrambi i morsetti del
sensore risultano a tensione costante, mentre a monte dell’induttore la tensione risulta
impulsiva ed in particolare variabile da un livello circa 0 fino a quasi il valore della tensione
di sorgente. Usando come sensore di corrente la resistenza di sense, si dovrà usare un
amplificatore differenziale per leggere la tensione ai capi della stessa, il coefficiente di
trasduzione risulta quindi pari a 1/R s .
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Il principio di funzionamento del controllo di corrente di picco è presentato nella fig. 11.
Fig. 11 Andamento della corrente attraverso l’induttore di filtro
con controllo current-mode di picco.
Con i *Lç si indica il segnale di riferimento per l’anello di corrente, tale segnale in realtà è
solitamente una tensione che, tramite un opportuno coefficiente di scala dipendente dal
tipo di trasduttore usato, rappresenta la corrente da tenere sotto controllo, questo segnale
viene impostato dall’amplificatore di errore EA e dipende dall’errore di tensione tra la
tensione di uscita ed il riferimento, indicato in fig. 10 con Vo* .
Il controllo appena descritto presenta dei problemi qualora il riferimento di corrente venga
variato in modo brusco, in questo caso si ha la perdita di controllo del convertitore e la
corrente attraverso l’induttore non risulta soggetta ad alcuna limitazione. Questo tipo di
situazione è visualizzato nella fig. 12.
Fig. 12 Perdita di controllo nel caso del controllo current-mode di picco.
Prima dell’istante in cui si ha la variazione del riferimento di corrente l’uscita del
comparatore si trova al livello logico basso, l’uscita del FF rimane al livello logico basso.
Nel momento in cui il riferimento diventa minore della corrente attraverso l’induttore il
comparatore commuta portando la relativa uscita al livello logico alto, il FF continua a
mantenere l’uscita Q al livello logico basso. Al primo impulso di clock l’interruttore S viene
chiuso, la corrente attraverso l’induttore può aumentare rimanendo però sempre maggiore
della corrente di riferimento. L’uscita del comparatore infatti rimane al livello logico alto con
il risultato che la corrente può aumentare indefinitamente.
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Ovviamente il perdurare di una tale situazione non può che portare entro breve tempo alla
distruzione del transistore interruttore a causa dell’elevato valore della corrente che lo
attraversa e per la conseguente dissipazione di potenza.
Per evitare la perdita di controllo è necessario modificare la struttura del controllo come
indicato nella fig. 13.
Fig. 13 Controllo current-mode modificato.
Controllando la corrente di picco la perdita del controllo si manifesta quando la chiusura
dell’interruttore S avviene in corrispondenza di un istante di tempo in cui la corrente
attraverso l’induttore risulta maggiore del riferimento di corrente imposto dall’amplificatore
d’errore.
Per evitare questa situazione è sufficiente ritardare la chiusura dell’interruttore fino a
quando la corrente attraverso l’induttore non diventa inferiore alla corrente imposta dal
riferimento, solo da questo istante di tempo in poi è possibile chiudere nuovamente
l’interruttore.
Questo tipo di funzionamento si ottiene bloccando gli impulsi di clock fino a quando la
corrente attraverso l’induttore risulta maggiore della corrente che viene imposta dal
riferimento. A tale scopo è sufficiente inserire due porte logiche, una NOT ed una AND,
come mostrato nella fig. 13; in questo modo fino a quando la i L > iL* l’uscita del
comparatore è alta e attraverso la porta NOT, forzando uno dei due ingressi della AND al
livello logico basso, inibisce il clock. Non appena la corrente nell’induttore diminuisce
rispetto al riferimento, cioè i L < i *L , l’uscita del comparatore si porta al livello logico basso e
ed il primo impulso di clock che giunge alla porta AND è in grado di far commutare il FF e
quindi di chiudere l’interruttore dando inizio ad un nuovo periodo della frequenza di
commutazione.
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I diagrammi delle forme d’onda relativi a questo modo di funzionamento sono presentati
nella fig. 14.
Fig. 14 Diagrammi di funzionamento del controllo current-mode di picco modificato.
7.1 Modello dinamico del convertitore BUCK PWM con controllo current-mode
Per il progetto del compensatore di tensione relativo all’anello esterno del circuito di
controllo è necessario costruire un modello dinamico dell’insieme costituito dalla cella di
potenza del convertitore e l’anello di corrente.
Esistono diversi modi per fare questa operazione con diversi gradi di approssimazione, in
questa sede si prenderà in considerazione un modello piuttosto semplice che comunque
consente di porre in risalto le caratteristiche fondamentali di questo tipo di controllo.
In particolare l’ipotesi che si adotterà sarà quella di trascurare il ripple di corrente ∆i LF
assumendo quindi che il controllo della corrente di picco equivalga al controllo della
corrente media cioè i LF ≅ I LF max .
Da questo punto di vista l’induttore di filtro, da un punto di vista di modello circuitale per le
componenti di corrente medie, diventa equivalente ad un generatore di corrente di valore
pari alla corrente di riferimento (che si ricorda è imposta dal compensatore di tensione)
l L*F , si veda a tale proposito la fig. 15.
Fig. 15 Modello dinamico del controllo di corrente per il convertitore BUCK PWM.
Considerando le trasformate di Laplace della corrente e della tensione di uscita, la
funzione di trasferimento relativa all’insieme costituito dall’anello di corrente e dalla cella di
potenza vale:
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H i (s ) =
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V o (s )
R
=
I LF (s ) 1 + sRC F
(35)
in cui si osserva chiaramente una dinamica del primo ordine.
Quindi, come primo risultato importante, si può affermare che il circuito complessivo
costituito dalla cella di potenza e l’anello di corrente, da un punto di vista dinamico,
equivale ad un sistema del primo ordine, quindi con un solo polo che, nel caso del BUCK
risulta mobile in frequenza a seconda del valore resistivo assunto dal carico.
In sostanza l’avere chiuso l’anello di corrente ha trasformato il convertitore in un
generatore di corrente il cui valore dipende dalla corrente di riferimento.
A prima vista tutto ciò può apparire come un controsenso, infatti volendo realizzare un
generatore di tensione si è arrivati a costruire un generatore di corrente, ma in realtà il
risultato importante si ha in una riduzione dell’ordine della dinamica che deve essere
controllata dall’anello esterno di tensione. Questo è il vero scopo per cui si realizza il
controllo in corrente ed è anche il motivo per cui tale tecnica consente di raggiungere
prestazioni dinamiche che non sarebbero possibili usando il controllo voltage-mode. Infatti,
una volta chiuso l’anello di corrente, il sistema da compensare è del primo ordine, quindi è
possibile ottenere bande passanti elevate anche con un semplice regolatore PI, inoltre
la stabilità dinamica è garantita per ogni condizione di funzionamento.
Avere un compensatore per l’anello di tensione più semplice (di tipo due) implica un
minor numero di condensatori e valori per questi ultimi minori rispetto a quelli utilizzati per
il controllo voltage-mode (in cui la banda deve essere necessariamente più bassa per
garantire la stabilità del sistema ad anello chiuso).
Questo si ripercuote sul comportamento del controllo a fronte delle variazioni di ampio
segnale (per cui l’analisi di piccolo segnale non è più valida).
Si consideri ad esempio il caso in cui si verifichi una forte variazione della corrente
assorbita sull’uscita (passando ad esempio da un carico leggero ad uno pesante). In
questo caso la corrente nell’induttore non è in grado di aumentare istantaneamente, ma
può farlo solo con una certa pendenza e questo indipendentemente dal tipo di controllo
VM oppure CM usato. In altre parole il polo relativo all’induttore di filtro è ininfluente sulla
dinamica del sistema solo nel caso di piccole variazioni di corrente, nel caso di grandi
variazioni la situazione è differente ed in particolare risultando la corrente richiesta dal
carico troppo elevata rispetto a quella che il filtro di uscita è in grado di erogare la tensione
di uscita diminuisce bruscamente anche in modo consistente.
In questa situazione, tipicamente, l’amplificatore d’errore satura verso il limite superiore
oppure quello inferiore della dinamica di uscita qualora la richiesta di corrente da parte del
carico risulti eccessiva oppure molto minore di quella a regime. In sostanza, poiché
generalmente il compensatore è realizzato mediante un amplificatore operazionale
quest’ultimo andrà fuori linearità, quindi v + ≠ v − , di conseguenza le capacità della rete di
retroazione verranno caricate a livelli di tensione anche molto differenti da quelli previsti
dal comportamento a regime corretto, a questo punto il convertitore funziona come se
fosse ad anello aperto dato che il controllo non ha più nessuna influenza.
Una volta che la corrente attraverso l’induttore ha raggiunto il valore di corrente prestabilita
richiesta dal carico il compensatore potrebbe ritornare in linearità, ma avendo le capacità
cariche a valori di tensione non corretti per la nuova condizione di funzionamento occorre
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un certo tempo affinché il controllo recuperi portandosi a lavorare in linearità nella nuova
condizione di regime.
Quindi il tempo di recupero risulta legato al valore delle capacità ed al loro numero,
pertanto avere un compensatore di tensione con meno capacità e di valore inferiore
consente un rientro dalla condizione di saturazione in linearità molto più veloce di
quello che si otterrebbe con un controllo VM.
Altro vantaggio offerto dal controllo CM è l’elevata insensibilità della tensione di uscita nei
confronti delle perturbazioni della tensione di ingresso, suscettività audio praticamente
nulla.
Questo fatto si capisce se si considera che il controllo è in grado di prendere
provvedimenti già nello stesso ciclo in cui si manifesta la variazione nella tensione di
ingresso. Infatti, se ad esempio la Vs aumenta bruscamente, dovrà anche aumentare la
pendenza della corrente attraverso LF , quindi il limite I L* viene raggiunto prima rispetto al
ciclo precedente, con l’effetto che viene anticipata l’apertura dell’interruttore; un discorso
analogo vale nel caso in cui la tensione di ingresso al posto di aumentare diminuisce, in
questo caso l’apertura dell’interruttore risulta ritardata rispetto al ciclo precedente.
Il controllo CM offre intrinsecamente anche la protezione in corrente, la corrente può
essere limitata ad un valore massimo ponendo un limite alla corrente di riferimento I L* .
• Osservazione
Quanto fatto in merito al modello del controllo CM vale solo in prima approssimazione,
infatti in realtà l’influenza dell’induttore di filtro sulla dinamica complessiva dell’anello di
corrente è sempre presente anche se spostata in alta frequenza, ma il valore di frequenza
relativo a questo polo risulta così alto rispetto alla banda utile che agli effetti pratici non
comporta alcun problema e può addirittura essere trascurato durante il dimensionamento
del compensatore di tensione.
Infine va notato come le caratteristiche positive di questo tipo di controllo siano valide
non solo relativamente ai convertitori PWM (hard-switching converters) ma anche per le
topologie più complicate come ad esempio le risonanti, quasi risonanti (QRC’s) o multirisonanti (MRC’s).
7.2 Sensibilità del controllo current-mode nei confronti dei disturbi
Un punto a sfavore del controllo CM è dato dalla sua elevata sensibilità nei confronti dei
disturbi sovrapposti alla corrente da controllare.
Questo problema è evidenziato nella fig. 16.
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Fig. 16 Effetti dei disturbi sul controllo current-mode.
Con t 2 si indica l’istante di tempo a regime in corrispondenza del quale l’interruttore viene
chiuso, in presenza di disturbi sovrapposti alla corrente da controllare è possibile avere
delle false commutazioni, come ad esempio quella provocata dal disturbo in
corrispondenza dell’istante di tempo t1 .
Poiché i disturbi si hanno solitamente in corrispondenza dell’accensione e dello
spegnimento dell’interruttore di potenza si fa in modo che in questi particolari istanti di
tempo il controllo non effettui la misura di corrente. Questa funzione si trova normalmente
disponibile nei circuiti di controllo integrati adibiti al controllo CM (leading edge blanking).
Nel caso in cui questa funzione non sia disponibile è possibile inserire tra il sensore di
misura ed il comparatore un filtro passa basso (non troppo pesante) con lo scopo di
eliminare gli impulsi di disturbo che potrebbero confondere il controllo creando delle
commutazioni sbagliate.
Usando la tecnica che prevede la rampa di compensazione, illustrata nel prossimo
paragrafo, si aumenta l’immunità al rumore del controllo, ma la limitazione degli spike sulla
corrente è sempre un problema importante da tenere in considerazione.
7.3 Controllo della corrente media
Il controllo di corrente descritto fino a questo punto in realtà è effettivamente un controllo
della corrente di picco dato che il comparatore dell’anello di corrente commuta nel
momento in cui viene superata la corrente impostata dall’anello di tensione. Volendo
invece realizzare un controllo della corrente media non è possibile trascurare l’effetto del
ripple sovrapposto alla corrente che attraversa l’induttore di filtro.
Con il controllo visto, al variare del duty-cycle D, mantenendo inalterato il valore della
corrente di picco, il valore medio della corrente di uscita varia a seconda del valore
resistivo assunto dal carico del convertitore.
Questa situazione è rappresentata in fig. 17 dove si sono considerati due andamenti di
corrente in presenza di due valori diversi della tensione di ingresso; poiché a regime la
tensione di uscita deve essere costante la pendenza negativa della corrente attraverso
l’induttore dovrà essere la stessa in entrambi i casi.
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Fig. 17 Andamento della corrente attraverso l’induttore di filtro per
due valori differenti della tensione di sorgente.
Osservando la fig. 17 è quindi chiaro come il valore medio della corrente sia differente da
quello di picco, quindi il controllo CM descritto in realtà non è adatto al controllo della
corrente media.
Per mantenere costante il valore della corrente media attraverso il carico del convertitore è
necessario modificare il valore di picco della stessa in funzione del valore assunto dalla
tensione di ingresso. In particolare all’aumentare della Vs (aumenta il ripple della corrente)
si deve incrementare il valore imposto dal controllo per la corrente di picco al fine di avere
sempre lo stesso valore di corrente media di uscita. Per fare questo è quindi necessario
modificare la tensione di controllo rappresentativa della corrente di picco massima,
sommando alla tensione rappresentativa della corrente da controllare un segnale avente
forma d’onda opportuna.
Per determinare che tipo di segnale sommare si inizia a scrivere l’espressione della
corrente media attraverso l’induttore di filtro:
I LF = I PICCO −
1 Vo (1 − D )Ts
2
LF
(36)
da cui è evidente la dipendenza con il valore assunto dal duty-cycle D.
Per rendere costante il valore della corrente media si deve eliminare dalla (36) il termine
dipendente dal duty-cycle, in questo modo ovviamente impostando la corrente I PICCO si
regola la corrente media di uscita e non più il suo valore di picco.
Il termine di errore in oggetto vale:
E=−
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1 Vo (1 − D)Ts
2
L
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(37)
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Per avere una corrente media costante si deve aggiungere alla corrente di riferimento
costante I PICCO un termine uguale in modulo, ma di segno opposto, a quello espresso dalla
(37), questo da un punto di vista pratico si traduce nel sommare alla I PICCO una rampa di
1 Vo
corrente avente pendenza pari a −
, si ha quindi la situazione di fig. 18.
2 LF
Fig. 18 Controllo di corrente media.
In definitiva quindi la rampa di compensazione diventa la nuova corrente di picco richiesta,
in particolare se la tensione di ingresso è bassa allora il duty-cycle D sarà elevato
(prossimo all’unità) dunque la rampa salirà molto lentamente fino al raggiungimento della
corrente di picco i a dopodiché l’interruttore di potenza viene aperto, viceversa, nel caso in
cui la tensione di ingresso aumenta la pendenza della corrente attraverso l’induttore
aumenta raggiungendo il riferimento della corrente di picco in corrispondenza di ib , si ha
un ripple di corrente maggiore, ma il valore medio della corrente rimane sempre costante.
La suscettibilità audio risulta ancora minore rispetto a quanto si ha nel caso del controllo
della corrente di picco.
• Osservazione
La pendenza della rampa di corrente si misura in A/s mentre al comparatore dell’anello di
corrente deve essere presentata una rampa di tensione, cioè in V/s, sarà allora sufficiente
moltiplicare l’espressione vista per il valore della resistenza di sense utilizzata per
misurare il valore della corrente attraverso l’induttore. Qualora la misura della corrente
venga realizzata tramite altri tipi di trasduttore si dovrà moltiplicare per il valore numerico
della costante di trasduzione.
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7.4 Instabilità statica del controllo current-mode
Lo schema di fig. 10 rispetta quanto descritto in precedenza a proposito delle fasi di
funzionamento del controllo current-mode, ma presenta dei problemi legati alla stabilità
dell’anello di controllo ed in particolare al massimo valore ammesso per il duty-cycle D.
Per illustrare il problema si considera una situazione in cui per un motivo qualunque, ad
esempio del rumore, un ciclo inizi con una corrente di valore differente da quella che si
aveva nel ciclo precedente, equivalentemente si considera una perturbazione iniziale della
corrente indicata nel seguito con ∆i LF i .
Una perturbazione nella corrente fa variare il valore del duty-cycle D rispetto a quello del
ciclo precedente, ed in particolare se D rimane minore di 0.5 la perturbazione ∆i LF i viene
riassorbita entro pochi cicli, fig. 19, ma se D è maggiore di 0.5 la perturbazione iniziale si
propaga da un ciclo all’altro amplificandosi rendendo irregolare il funzionamento del
convertitore, fig. 20.
Questo fenomeno che si ha per D>0.5 viene detto instabilità statica (o subarmonica) ed
ha come maggior difetto un aumento dell’ondulazione della corrente e della tensione di
uscita e la generazione di armoniche di corrente a frequenze inferiori alla frequenza di
commutazione.
Fig. 19 D<0.5.
Fig. 20 D>0.5.
Il limite sul duty-cycle D si ricava effettuando alcune considerazioni sulla fig. 21.
Fig. 21 Analisi della perturbazione di corrente.
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tenendo conto che per il convertitore BUCK valgono le seguenti relazioni:
Vs − Vo
LF
V
m2 = − o
LF
m1 =
(38)
(39)
Il sistema, che è veloce, cerca di compensare la variazione di corrente iniziale (in questo
caso) allargando il duty-cycle D.
Per calcolare la relazione che esiste tra l’errore di corrente iniziale e quello finale è
sufficiente considerare i triangoli ABC e ACD e per questi scrivere le seguenti relazioni:
∆I i
= m1 (Triangolo ABC)
∆Ti
∆I f
= m2 (Triangolo ACD)
∆Ti
da cui si ottiene:
∆I f = − ∆I i
m2
m1
(40)
Volendo ∆I f < ∆I i si avrà per l’errore di corrente la seguente condizione di convergenza:
m2
<1
m1
(41)
La condizione (41), relativa alle pendenze della corrente, si può esprimere in modo
equivalente sul duty-cycle D sostituendo nella (41) la (38) e la (39) ottenendo:
Vo
<1
(42)
Vs − Vo
Per il BUCK si ha che Vo = DV s ; sostituendo nella (42) e risolvendo per D si ottiene la
seguente condizione limite per non avere l’innesco dell’instabilità subarmonica:
D<
1
2
(43)
L’instabilità statica (o subarmonica) è originata dal fatto che la pendenza della corrente i LF
durante l’intervallo di tempo in cui l’interruttore è chiuso (t on ) risulta inferiore a quella che si
ha durante l’intervallo di tempo in cui l’interruttore è aperto ( t off ).
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La soluzione a questo problema consiste nel sommare al riferimento di corrente oppure
alla corrente attraverso l’induttanza una rampa, detta di compensazione, di pendenza
opportuna, tale da assicurare la (41) in tutte le condizioni di lavoro possibili.
Per garantire la (41) una possibile soluzione consiste nel sommare al riferimento di
corrente una rampa avente pendenza positiva, ampiezza massima I R e frequenza pari
alla frequenza di commutazione del convertitore. In questo modo, essendo la rampa di
compensazione a pendenza positiva, si aumenta m1 e si diminuisce m2 , dunque il tutto
agisce in modo da favorire il soddisfacimento della (41), si veda a tale proposito la fig. 22.
Fig. 22 Forme d’onda del controllo current-mode con rampa di compensazione.
Quindi, in definitiva, per rendere l’anello di corrente stabile si deve modificare la forma
d’onda di corrente vista dall’anello di corrente in modo tale da soddisfare la (41). Poichè le
pendenze della corrente attraverso l’induttore di filtro sono fisse e a parità di LF dipendono
solo dal valore della tensione di ingresso e della tensione di uscita (mantenuta costante
dal controllo) si agisce sulla corrente di riferimento imposta dall’anello di tensione
sottraendo a questa una rampa di ampiezza opportuna. Questa operazione corrisponde a
fare vedere al comparatore dell’anello di corrente una corrente avente l’andamento
riportato nella fig. 22 ed indicato con i Lr . Questo andamento si ricava direttamente dalle
considerazioni svolte in precedenza, facendo scorrere il generatore della rampa di
compensazione fino a porlo in serie al terminale non invertente del comparatore dell’anello
di corrente, in questo caso infatti la tensione rappresentativa della rampa si deve sommare
alla tensione corrispondente alla misura della corrente attraverso l’induttore di filtro. Quindi
in realtà la rampa di compensazione viene sottratta al segnale fornito dal compensatore
dell’anello di tensione, ma il tutto funziona come se la corrente attraverso l’induttore
avesse l’andamento della i Lr , quindi con le pendenze m1 ed m2 di valore tale da prevenire
l’instabilità subarmonica.
Rimane da determinare il valore dell’ampiezza massima della rampa in oggetto, questo
parametro si valuta semplicemente scrivendo la (41) nelle nuove condizioni, si ha
pertanto:
I
I
m2 − R < m1 + R
(44)
TS
TS
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sostituendo nella (44) le espressioni di m1 e m2 date rispettivamente dalle relazioni (38) e
(39) si può scrivere:
Vo I R Vs − Vo I R
−
<
+
LF TS
LF
TS
che semplificata diventa:
2Vo − Vs
I
<2 R
LF
TS
da cui, esplicitando I R , si ricava:
IR >
VS 
1
D − 
LF f S 
2
(45)
Considerando che nel caso del BUCK il duty-cycle massimo può essere D=1 dalla (45) si
ottiene la condizione limite che deve essere rispettata al fine di garantire il corretto
funzionamento del controllo CM:
IR >
VS
2 LF f S
(46)
In particolare va osservato che se alla tensione del compensatore di tensione si somma
V
una rampa avente pendenza positiva maggiore o uguale a o RS l’errore di corrente viene
LF
annullato in un solo ciclo della frequenza di commutazione, garantendo sempre la stabilità
del controllo CM.
In particolare se la pendenza della rampa di compensazione eguaglia il valore espresso
dalla (46) il controllo della corrente di picco diventa un controllo di corrente media con il
vantaggio di una suscettibilità audio teoricamente nulla [6]. L’unico pericolo si ha con
duty-cycle D=1, in questo caso infatti ci si trova sulla soglia di innesco dell’instabilità
subarmonica, pertanto, in realtà, la compensazione deve essere sempre tale da
soddisfare la (46) in senso stretto.
Rimane da notare il fatto che il segno della pendenza della rampa di compensazione
dipende da come questa viene introdotta all’interno dell’anello di corrente. Infatti sono
possibili due modi, in serie all’uscita del compensatore di tensione oppure in serie alla
misura della corrente da controllare.
Nel caso esaminato si è supposto di introdurre la rampa in serie alla tensione
rappresentativa della misura di corrente attraverso l’induttore di filtro, ed in questo caso la
pendenza ottenuta risulta positiva, fig. 23. In alternativa, si poteva introdurre la rampa in
serie all’uscita del compensatore di tensione, in questo modo, dovendo realizzare sempre
la condizione sulle pendenze espressa dalla (41), il generatore della rampa dovrà essere
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inserito come mostrato nella fig. 24. In questo caso la tensione complessiva presente al
morsetto invertente del comparatore dell’anello di corrente ha un andamento a dente di
sega con pendenza negativa, infatti si ha v − (t ) = vc (t ) − v r (t ) , avendo indicato con v c (t ) la
tensione presente all’uscita del comparatore dell’anello di tensione.
Fig. 23 Rampa di compensazione in serie alla
tensione della misura di corrente.
Fig. 24 Rampa di compensazione in serie
al compensatore di tensione.
Ovviamente dal punto di vista funzionale entrambe le soluzioni risultano corrette, il fatto di
usare un approccio oppure l’altro dipende dal tipo di integrato usato per implementare il
controllo ed in particolare la pendenza della rampa generata.
Lo schema definitivo generalmente usato per realizzare il controllo CM di picco è
presentato nella fig. 25, in questo caso la rampa di corrente viene sommata alla misura
della corrente attraverso l’induttore di filtro.
Fig. 25 Circuito del controllo current-mode con rampa di compensazione.
Considerando i controllori integrati tipo UC1842/3/4/5, UC2842/3/4/5 e UC3842/3/4/5,
prodotti dalla Unitrode Corporation, la rampa di compensazione viene costruita a partire da
un’onda rettangolare generata internamente all’integrato aggiungendo esternamente a
quest’ultimo alcuni componenti discreti come mostrato nella fig. 26, in seguito mediante un
semplice resistore, si somma la rampa generata con la tensione rappresentativa della
corrente da controllare (ottenuta in questo caso mediante un resistore di sense).
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Il condensatore C posto tra l’ingresso Isense dell’integrato e massa unitamente al resistore
R2 serve per filtrare gli spikes di tensione presenti nella misura della corrente da
controllare.
Ulteriori dettagli in merito a questa famiglia di controllori current mode si possono
ottenenere in [7].
Fig. 26 Realizzazione della rampa di compensazione con il controllore integrato
UC1842/3/4/5 UC2842/3/4/5 e UC3842/3/4/5.
7.5 Controllo current-mode per il BOOST ed il BUCK-BOOST
Anche per le altre topologie il controllo current-mode offre vantaggi analoghi a quelli
illustrati nel caso del convertitore BUCK, si ha però una differenza nel caso in cui questi
convertitori vengano fatti funzionare secondo il modo continuo.
Questo perché il BOOST ed il BUCK-BOOST in CCM presentano nella funzione di
trasferimento controllo-uscita uno zero a destra, tale zero non si può eliminare dato che
nasce come diretta conseguenza della topologia del convertitore, in particolare questo
zero a destra nasce ogni volta in cui il convertitore, come talvolta si usa dire, “esce di
diodo”. Una tale affermazione è dimostrabile rigorosamente studiando il convertitore da un
punto di vista dinamico usando una delle numerose tecniche disponibili di cui si è
accennato nel paragrafo 2, ma in questa sede verrà data solo una spiegazione intuitiva in
modo da fornire una giustificazione a quanto asserito.
L’aspetto fondamentale dei convertitori BOOST e BOOST derivati (quindi anche del
BUCK-BOOST) consiste nel fatto che il duty-cycle dell’onda di corrente che attraversa il
diodo è pari a (1-D). Se ad esempio la corrente assorbita dal carico aumenta
improvvisamente, la tensione di uscita diminuisce ed il controllo allarga il duty-cycle D per
cercare di riportare quest’ultima al valore di specifico. L’aumento del duty-cycle D
comporta una diminuzione del tempo di conduzione del diodo di uscita, dato che questo
vale (1-D)T s . Il valore di picco della corrente attraverso il diodo non muta
apprezzabilmente dato che occorre un certo numero di cicli prima che l’effetto del controllo
diventi apprezzabile quindi, inizialmente, si ha lo stesso valore della corrente di picco con
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Elettronica Industriale
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Regolatore Buck
un duty-cycle effettivo minore, di conseguenza una diminuzione della corrente media
inviata al carico.
In sostanza la corrente di uscita al posto di incrementarsi (come accade nel BUCK)
inizialmente diminuisce per poi aumentare in seguito, questo comportamento è tipico dei
sistemi che presentano nella risposta, in questo caso controllo-uscita, uno zero a destra.
Oltre a questo fenomeno si ha anche un altro aspetto che contribuisce a degradare le
prestazioni del controllo current-mode nelle topologie BOOST e BUCK-BOOST rispetto al
convertitore BUCK.
In particolare mentre nel BUCK si controlla direttamente la corrente di uscita, nel caso del
BOOST e del BUCK-BOOST si osserva la corrente attraverso l’induttore di filtro che però
non coincide con la corrente di uscita per la quale vale la seguente relazione:
I o = i LF (1 − D )
rimane quindi sempre una dipendenza dal valore del duty-cycle D.
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Appendice A
Schemi delle topologie base dei convertitori PWM e relative espressioni del
rapporto di trasformazione in continua M per il modo CCM e DCM.
Nella fig. A.1 sono riportati gli schemi delle topologie base dei convertitori PWM, per
ognuna si è anche riportata l’espressione del rapporto di trasformazione in continua M per
entrambe le modalità di funzionamento CCM e DCM.
Fig. A.1 Schemi convertitori PWM non isolati.
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