Sulla risoluzione degli indirizzi IP Parte I - Generalità

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TELEMATICA
Sulla risoluzione degli indirizzi IP
Parte I - Generalità
Stefano Bonacina (*), Enrico Cavalli (**),
Francesca Giuratrabocchetti (**), Gianpiero Limongiello (**),
Davide Stefanoni (***)
Dottorato di Ricerca in Bioingegneria – XVI ciclo – Politecnico di Milano
CILEA, Segrate
(***) già Politecnico di Milano e Medical Informatics Training Program of the National Library of
Medicine (NLM), at the National Institute of Health (NIH), Bethesda, MD, USA
(*)
(**)
Abstract
A partire da questo numero viene pubblicata una monografia a puntate sul riconoscimento degli indirizzi IP. Il
lavoro è originato dalla attività di dottorato di Stefano Bonacina, dottorando in Bioingegneria del Politecnico di
Milano. Il documento originale è stato curato e rivisto nel suo complesso dagli specialisti di reti del CILEA, anche
per tenere conto delle attuali evoluzioni delle soluzioni software. Questa prima parte descrive i concetti generali
indispensabili per affrontare le parti successive.
Keywords: Telematica, TCP/IP, DNS, Reti.
La struttura degli indirizzi IP
L’identificazione dei calcolatori connessi alla
rete Internet – la più grande rete di calcolatori
al mondo, basata sull’architettura di rete
TCP/IP – è ottenuta tramite gli indirizzi IP. Un
indirizzo IP è una stringa di caratteri che
identifica univocamente una entità di rete [1].
Il software che gestisce il TCP/IP nasconde i
dettagli implementativi delle reti fisiche e fa
apparire la rete Internet come una singola
entità uniforme. I progettisti del protocollo
TCP/IP hanno scelto uno schema, analogo agli
indirizzi della rete fisica, in cui ciascun host su
Internet è assegnato un indirizzo a 32 bit. Host
è sinonimo di End System nella architettura
TCP/IP; End System è un termine OSI usato
per indicare un nodo che può agire solamente
come sorgente o destinazione finale di dati
dell’utente e che non effettua le funzioni di
routing [1].
Ad ogni host su una rete TCP/IP è assegnato un
unico indirizzo IP a 32-bit e quell’indirizzo è
utilizzato per comunicare con quel particolare
host. Poiché l’indirizzo IP codifica sia una rete
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che un host su quella rete, esso non specifica un
singolo computer, ma la connessione tra una
entità di rete e la rete stessa. Ad esempio un
router, connesso a N reti, avrà N distinti
indirizzi IP per ciascuna connessione di rete [2].
L'indirizzamento IP è parte integrante del
processo di instradamento dei messaggi sulla
rete. Gli indirizzi IP, che devono essere univoci
sulla rete, sono lunghi 32 bit, cioè quattro byte e
sono convenzionalmente espressi scrivendo i
valori decimali di ciascun byte separati dal
carattere punto [1].
Esempi di indirizzi IP sono:
34.0.0.1, 129.130.7.4 e 197.67.12.3
Per esempio la rappresentazione binaria:
11000101010000110000011000000011
corrisponde all’indirizzo numerico:
197 . 67 . 12 . 3
In origine gli indirizzi IP erano composti da due
parti. La prima parte indicante l'indirizzo della
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TELEMATICA
rete (indirizzo del network), la seconda quello
dello host all’interno della rete.
Occorre subito evidenziare che, dal punto di
vista tecnico, non sono i nodi ad avere un
indirizzo IP, bensì le singole interfacce di rete.
Quindi se un nodo ha tre interfacce, esso avrà
(almeno) tre indirizzi IP. Poiché la maggior
parte dei nodi ha una sola interfaccia, è uso
comune parlare dell'indirizzo IP di un nodo. Vi
sono casi particolari, tuttavia, dove tale uso è
effettivamente erroneo: per esempio i router
(nodi di “scambio” del traffico di rete) che hanno,
per definizione, più di una interfaccia [1].
Gli indirizzi IP sono stati inizialmente suddivisi
in cinque classi [1], come schematizzato in
Figura 1:
Classe A. Insieme di indirizzi concepiti per
poche reti di dimensioni molto grandi. I bit che
indicano la rete sono 7 e quelli che indicano la
parte host 24. Quindi si possono avere al
massimo 128 reti di classe A, ciascuna con una
dimensione massima di circa 16 milioni di
indirizzi. Gli indirizzi di classe A sono
riconoscibili in quanto il primo campo
dell'indirizzo è compreso tra 0 e 127.
Classe B. Sono concepiti per un numero medio
reti di dimensioni medio-grandi. I bit che
indicano la rete sono 14 e quelli che indicano lo
host 16. Quindi si possono avere al massimo
circa 16000 reti di classe B, ciascuna con una
dimensione massima di circa 64000 indirizzi. Gli
indirizzi di classe B sono riconoscibili in quanto
il primo campo dell'indirizzo è compreso tra 128
e 191.
Classe C. Sono concepiti per moltissime reti di
dimensioni piccole. I bit che indicano la rete
sono 21 e quelli che indicano lo host 8. Quindi si
possono avere al massimo circa due milioni di
reti di classe C, ciascuna con una dimensione
massima di 256 indirizzi. Gli indirizzi di classe C
sono riconoscibili in quanto il primo campo
dell'indirizzo è compreso tra 192 e 223.
Classe D. Sono riservati ad applicazioni
multicast, secondo quanto descritto nel
documento RFC1112 (RFC sta per Requests For
Comments ed indica un insieme di documenti,
totalmente pubblici, tramite i quali vengono
fissate le regole ed i modi di funzionamento
della rete Internet. I documenti sono
tecnicamente indicati dalla sigla RFC seguita da
un numero progressivo. Gli “RFC” contengono
anche informazioni su sé stessi. Si veda ad
esempio
http://ftp.rfc-editor.org/innotes/rfc2555.txt). Gli indirizzi di classe D sono
riconoscibili in quanto il primo campo
dell'indirizzo è compreso tra 224 e 239.
Classe E. Questi indirizzi sono riservati per usi
futuri. Gli indirizzi di classe E sono riconoscibili
in quanto il primo campo dell'indirizzo è
compreso tra 240 e 255.
Figura 1- Suddivisione in classi degli indirizzi IP e ampiezza percentuale delle classi
Il sottoinsieme degli indirizzi di classe A
rappresenta il 50% dell'insieme degli indirizzi
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possibili, sono invece i 126 numeri di network
utilizzabili; il sottoinsieme della classe B
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TELEMATICA
rappresenta il 25% dell’insieme degli indirizzi,
mentre il sottoinsieme della classe C, che
rappresenta il 12% degli indirizzi possibili,
permette circa due milioni di numeri di
network. Queste caratteristiche differenziano
l'assegnazione di classe ai vari network secondo
le loro dimensioni. Infatti la classe A è destinata
a grosse organizzazioni con un elevatissimo
numero di nodi, la classe B a medie
organizzazioni con un numero consistente di
nodi, mentre la classe C è destinata a piccole
reti locali con un numero di nodi inferiore a 250.
Lo schema di indirizzamento sin qui descritto
richiede un unico prefisso di rete per ciascuna
rete fisica. A partire dagli anni Ottanta le
tecnologie per le reti locali (Local Area
Network, LAN) si diffusero sempre più, e
l’assegnare ad ogni rete fisica un unico prefisso
avrebbe velocemente esaurito lo spazio di
indirizzamento consentito. La suddivisione ora
descritta si dimostrò infatti limitata da una
certa rigidità strutturale che, se applicata come
previsto e senza alcuna modifica, avrebbe ben
presto portato ad un eccessivo spreco di risorse
oltremodo preziose quali gli indirizzi di rete. Per
consentire a diverse reti fisiche di condividere
lo stesso prefisso venne così creato il concetto di
subnet, o sottorete, sottraendo qualche bit da
quelli riservati allo host; ciò permise una
maggiore flessibilità di configurazione anche per
realtà di dimensioni non necessariamente
omogenee alla classificazione “A”, “B” o “C”.
In tal modo, la parte host di un indirizzo di
queste tre classi può essere ulteriormente divisa
in due parti: subnet e host. Il subnetting è
discusso nel documento RFC0950.
L'ampiezza dei campi subnet e host può essere definita
in modo estremamente flessibile tramite un parametro
detto netmask. La netmask, composta da 4 byte come
l’indirizzo TCP/IP, contiene bit con valore “1” (uno) in
corrispondenza dei campi network ed eventuale subnet,
hanno valore “0” (zero) invece, in corrispondenza del
campo host.
40
Ad esempio la seguente netmask
1111111
11111111
11111111
00000000
più leggibile se scritta come un indirizzo IP
255.255.255.0 o in esadecimale FFFFFF00,
indica che il campo host coincide con l'ultimo
byte dell'indirizzo.
Negli anni Novanta, una seconda estensione
venne aggiunta per superare la gerarchia delle
classi permettendo la divisione tra suffisso e
prefisso in un punto qualsiasi dell’indirizzo:
classless addressing o supernetting [3]. Questo
metodo permette un’utilizzazione più completa
dello spazio di indirizzamento. Il CIDR (Classless
Inter Domain Routing) è uno schema che
sostituisce i vecchi sistemi basati sulla
suddivisione in classi. L'indirizzo IP in questo
modo può essere suddiviso in più sottoreti a
seconda delle esigenze. In un indirizzo IP è
possibile identificare un numero di rete, una
serie di sottoreti, e il numero proprio dell’host
[3], come illustrato nella Figura 2.
Network
number
Uno o più Subnet
number
Host
number
Extended Network Prefix
Figura 2 – Struttura di un indirizzo IP
La coppia numero di rete e numeri di subnet
costituisce il Prefisso di Rete Esteso (Extended
Netwok Prefix). Il punto di divisione tra prefisso
di rete e numero di host è indicato tramite una
maschera, costituita come nel caso dell’indirizzo
IP da un numero di 32 bit, denominata subnet
mask. La subnet mask è una serie di “1”, a
partire a sinistra verso destra, posti in
corrispondenza dei bit che appartengono al
prefisso di rete esteso e una serie di “0” in
corrispondenza dei bit restanti che si riferiscono
al numero di host. Come notazione alternativa è
possibile aggiungere al termine dell’indirizzo IP
una barra (“/”, slash) seguita da un numero,
indicante quanti bit sono impiegati per la
lunghezza del prefisso di rete.
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TELEMATICA
Ad esempio:
subnet mask:
11111111.11111111.11110000.00000000
255.255.240.0/20
indirizzo IP :
11001000.00011001.00010000.00000000
200.25.16.0/20
Eseguendo l’operazione di AND “bit a bit” tra un
indirizzo IP e una subnet mask si ottiene il
numero di rete, comprensivo del numero di
subnet.
Ad esempio i valori di default per le prime tre
classi sono:
Classe A:
255.0.0.0
in binario
11111111.00000000.00000000.00000000
Classe B:
255.255.0.0
in binario
11111111.11111111.00000000.00000000
Classe C:
255.255.255.0
in binario
11111111.11111111.11111111.00000000
Non tutti gli indirizzi IP disponibili sono usati
per identificare la connessione tra un host ed
una rete; infatti ne esistono alcuni riservati per
scopi particolari. Gli indirizzi compresi tra 224 e
255 sono riservati, come già visto, alle classi
Intervalli di indirizzi
10.*.*.*
127.*.*.*
da 172.16.0.0 a 172.31.255.255
da 192.0.0.0 a 192.0.255.255
da 192.168.0.0 a 192.168.255.255
Tutti 0
Tutti 1
Rete
Tutti 1
Host
Tutti 0
speciali D ed E; quelli che iniziano per 127 sono
definiti indirizzi di loopback, ossia puntano tutti
alla macchina stessa su cui vengono usati: è uno
standard del protocollo IP e non possono mai
comparire in Internet. Per le reti private
interne, dette comunemente Intranet, sono
riservati tre agglomerati di indirizzi:
da 10.0.0.0 a 10.255.255.255,
da 172.16.0.0 a 172.31.255.255
e quelli
da 192.168.0.0 a 192.168.255.255
Questi gruppi di indirizzi non vengono assegnati
come indirizzi “pubblici” su Internet. Infine, il
protocollo TPC/IP prevede di considerare un
campo composto da tutti “1” col significato di
“tutti” (tutti gli host), e un campo composto da
tutti “0” col significato di “questo” (questa rete,
questo host). Si veda la Tabella 1.
La nuova versione del protocollo IP, IPv6
(essendo IPv4 la versione attuale, e 5 il numero
riservato ad una versione prototipale di
protocollo di trasmissione real-time, mai
implementata), prevede amplissime capacità di
indirizzamento, risolvendo strutturalmente uno
dei maggiori problemi evidenziati da quella
corrente: la carenza di indirizzi disponibili.
L’indirizzo IP passa da 32 a 128 bit, rendendo
disponibile una gerarchia con un maggior
numero di livelli e consentendo un numero
elevatissimo di nodi indirizzabili. Il protocollo
IPv6 è descritto nel documento RFC1883 [4].
Ambito di impiego
Reti private interne
Loopback
Reti private interne
Riservati
Reti private interne
Questo host
Broadcast limitato a questa rete
Broadcast diretto sulla rete indicata
Host su questa rete
Tabella 1 - Intervallo di indirizzi IP ed ambito di impiego
BOLLETTINO DEL CILEA N. 85 DICEMBRE 2002
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TELEMATICA
Le Autorità preposte per la gestione degli
indirizzi IP
La proprietà e il coordinamento dell’intero
spazio di indirizzamento IP erano affidati alla
organizzazione IANA (Internet Assignment
Numbers Authority) [5], le cui funzioni sono
state assunte da ICANN (Internet Corporation
for Assigned Names and Numbers) [6]. In
passato la gestione di tale spazio era a carico di
una unica organizzazione (InterNIC) la quale
distribuiva centralmente indirizzi IP su richiesta
dei singoli utenti. Tale gestione avviene oggi in
modo gerarchico: ICANN assegna a differenti
Regional Internet Registry, i quali devono
garantire univocità a livello mondiale, blocchi di
indirizzi IP affinché questi vengano distribuiti
all’interno delle rispettive aree geografiche di
competenza. Gli indirizzi vengono assegnati in
base alla collocazione geografica del richiedente,
secondo le indicazioni del documento RFC1366
del 1992. L’elenco attuale dei Regional Registry
è il seguente:
q
q
q
q
q
ARIN (American Registry for Internet
Numbers) in America, serve Nord-America,
Sud-America ed Africa sub-Sahariana. Fino
al 31 dicembre 1997 l’attività di ARIN era
svolta da InterNIC.
APNIC (Asia Pacific Network Information
Centre), in Asia, serve prevalentemente la
regione Pacifica dell’Asia.
LACNIC (Latin American and Caribbean
region) in Uruguay, serve l’America Latina
e i Carabi, aree precedentemente coperte da
ARIN. E’ stato approvato ufficialmente il 31
ottobre 2002.
RIPE NCC (Réseaux IP Européens Network
Coordination
Centre),
Europa,
Medio
Oriente, parti dell’Africa.
AFRINIC (African RIR) Regional Registry
emergente che servirà l’Africa, attualmente
gestita in parte da ARIN e in parte da RIPE
NCC, non ancora attivo.
E’ possibile consultare una tabella che associa
ad ogni stato il RIR corrispondente, all’URL
http://www.ripe.net/ripencc/memservices/general/rir-areas.html
I Regional Registry assegnano blocchi di
indirizzi IP ai rispettivi Local Internet
Registry (LIR). A loro volta, questi ultimi, li
assegneranno agli utenti di loro competenza
territoriale,
Figura
3.
Il
processo
di
42
assegnazione prende il nome di allocation; i
blocchi assegnati prendono il nome di delegated
blocks.
Figura 3 – La struttura gerarchica degli assegnamenti
di indirizzi
Le funzioni di un Regional Internet Registry
possono essere così schematizzate [7]:
q
q
Gestione dei blocchi di indirizzi IP assegnati
al Registry da ICANN, e conseguente
responsabilità di come questi blocchi
vengono distribuiti ai Local Internet
Registry e di come questi ultimi li
assegnano ai loro utenti.
Mantenimento di un database per la
documentazione delle informazioni relative
ai blocchi dei quali il Regional Registry è
responsabile.
Questo
database
viene
identificato con il nome di Allocation
Registry Database. I database gestiti dai
Regional Registry devono potere essere
consultati dalla comunità di Internet.
Analogamente [7] le funzioni di un Local
Internet
Registry
possono
essere
così
schematizzate:
q
q
Controllo dei blocchi di indirizzi IP assegnati
al Local Registry dal Regional Internet
Registry, conseguente responsabilità di
come questi blocchi vengono distribuiti agli
utenti.
Mantenimento delle informazioni di cui il
Local Internet Registry è responsabile
all’interno di un database (Allocation
Registry). Per un Local Internet Registry
non è indispensabile la creazione di un
database locale; è sufficiente che esso abbia
una copia (mirror) del database del proprio
Regional Registry e mantenga aggiornati i
dati di cui è responsabile inviando gli
aggiornamenti (update) al Regional Registry
BOLLETTINO DEL CILEA N. 85 DICEMBRE 2002
TELEMATICA
stesso. Il database, o l’eventuale copia,
devono poter essere consultati dalla
comunità Internet. In realtà il LIR italiano,
la Registration Authority, detiene un
proprio database dei nomi a domini “.it”
separato
da
quello
del
suo
RIR
corrispondente, RIPE NCC.
La funzione di Local Internet Registry può
essere esercitata da qualsiasi organizzazione che
decida di svolgere tale compito. Ogni Regional
Registry può stabilire le regole e le quote
annuali perché una organizzazione possa
diventare Local Internet Registry. In Figura 4 è
rappresentata la struttura del RIPE NCC
Internet Registry.
q
Il LIR potrebbe richiedere al Regional
Registry uno spazio indirizzi appartenente
alle classi A disponibili (per RIPE-NCC tale
classe è la 62.0.0.0/8) ed utilizzare tale
spazio per il renumbering, eventualmente
globale, degli indirizzi gestiti.
Il Local Internet Registry deve offrire supporto
ai propri utenti durante la fase di renumbering.
Da quanto detto finora si deduce che la
distribuzione dello spazio indirizzi IP è
strettamente legata al routing degli stessi
indirizzi; analogamente all’Allocation Registry
Database, quindi, è stata istituita la creazione
del Routing Registry Database.
Le informazioni contenute nel Routing Registry
database sono relative agli Autonomous System
che originano annunci IP, agli stessi annunci e
alle informazioni relative agli apparati di
routing. Il contenuto di questo database viene
utilizzato dalla maggior parte dei gestori di
Internet per generare i file di configurazione
degli apparati di routing; risulta quindi
indispensabile che le informazioni in esso
contenute siano consistenti con quanto
effettivamente implementato su tali apparati [7].
Computer dal nome “umano”: il Domain
Name System
Figura 4 – La struttura del RIPE NCC Internet
Registry
Questa gestione gerarchica dello spazio indirizzi
IP è stata realizzata solo di recente, al fine della
ottimizzazione della distribuzione degli indirizzi.
L’enorme dimensione delle tabelle di routing ha
reso necessaria la aggregazione degli annunci
IP, almeno a livello regionale (America,
Europa); tale aggregazione è però possibile solo
con indirizzi contigui. Attualmente lo spazio
indirizzi gestito gerarchicamente si basa su
questa distribuzione geografica, a differenza di
quello assegnato in precedenza, che era di tipo
centralizzato: l’aggregazione degli annunci di
routing a livello regionale è pertanto possibile
solo in parte. Per cercare di massimizzare la
aggregabilità delle reti è stato proposto il
seguente piano d’azione:
q le classi C appartenenti al blocco 192.0.0.0/8
potrebbero essere restituite al Regional
Registry il quale provvederà a una nuova
assegnazione (equivalente). Questa azione
prende il nome di renumbering.
BOLLETTINO DEL CILEA N. 85 DICEMBRE 2002
Internet Protocol Address (indirizzamento IP) è
il metodo, descritto in precedenza, che usa un
numero di 32 bit per identificare univocamente
un calcolatore in rete. Sebbene tali indirizzi
siano un sistema conveniente e compatto per
specificare la sorgente e la destinazione dei
pacchetti che transitano sulla rete, è una grande
comodità per gli utenti poter assegnare ai
computer dei nomi pronunciabili, semplici e di
facile memorizzazione. A tale scopo è stato
creato uno schema per assegnare nomi
significativi di alto livello ad un ampio insieme
di macchine ed un algoritmo per definire le
corrispondenze tra questi nomi in linguaggio
naturale ed i corrispondenti valori numerici di
indirizzo IP. Questo modo di identificare le
macchine, necessita infatti di un sistema in
grado di tradurre gli indirizzi numerici in nomi
e viceversa.
Il primo insieme di nomi di computer realizzato,
adottava uno spazio flat dei nomi, cioè “piatto”,
privo di alcuna gerarchia, ove ciascun
identificativo consisteva in una sequenza di
caratteri, priva di strutture “dichiarate” o
deducibili dal nome di una macchina.
43
TELEMATICA
Questa veniva definita localmente in un file di
testo (dal nome "hosts") con il seguente formato
[1]:
131.1.2.1 alpha
131.1.2.2 beta
131.1.2.3 gamma
131.1.2.4 delta mycomputer
131.1.3.2 epsilon
131.1.4.2 iota
Questo approccio divenne impraticabile quando
la rete IP cominciò a crescere fino a
raggiungere dimensioni superiori a quelle
gestibili in maniera efficiente da un ristretto
gruppo di persone.
Un unico organismo centrale, lo Stanford
Research Institute Network Information Center
(SRI-NIC) si preoccupava di mantenere tutte le
corrispondenze in un singolo file, chiamato
HOSTS.TXT. Gli amministratori dei sistemi
connessi alla rete, allora ARPAnet e
progenitrice dell’attuale Internet, inviavano i
propri cambiamenti al SRI-NIC e scaricavano
successivamente il file HOSTS.TXT con le
modifiche
avvenute.
Questo
pesante
meccanismo divenne ancor più inadeguato
quando ARPAnet iniziò ad utilizzare il protocollo
TCP/IP e la popolazione della rete a crescere
esponenzialmente; infatti il metodo basato sul
file HOSTS.TXT presentava alcuni problemi
legati alla sua struttura:
1. Collisione dei nomi: capitava di
frequente avere due nomi di computer
identici in rete e questo si scontrava con
il presupposto di univocità preposto.
2. Consistenza: mantenere aggiornato il
file HOSTS.TXT diveniva sempre più
difficile, visti i continui aggiornamenti
che venivano richiesti.
3. Traffico e carico: gli strumenti
presenti presso lo SRI-NIC divennero
inefficienti a causa dell’elevato traffico di
rete dell’alto carico di lavoro che
dovevano subire i processori dei Server
allestiti.
Fu cercata, di conseguenza, una tecnologia
valida per sostituire il metodo fino ad allora
utilizzato, e possibilmente capace di soddisfare
meglio le esigenze future, scalabile (cioè stabile
nelle prestazioni al crescere delle dimensioni
della rete), di impatto poco significativo sulla
44
rete, facile da gestire e garante dell’integrità dei
nomi di dominio esistenti. La soluzione fu
trovata nella decentralizzazione del meccanismo
di attribuzione dei nomi tramite uno schema
gerarchico. Questo schema delega l’autorità di
assegnazione dei nomi ad entità secondarie e
distribuisce di conseguenza la responsabilità
della loro traduzione in indirizzi. Per
comprenderne meglio il funzionamento si può
paragonarlo alla distribuzione di competenze in
una grande azienda. Il procedimento per
attivare un sistema gerarchico di assegnazione
dei nomi delle macchine per reti TCP/IP si
chiama Domain Name System (DNS). Il DNS
nacque ufficialmente nel 1984, quando Paul
Mockapetris creò la basilare struttura del nuovo
sistema e rilasciò in rete i documenti RFC0882
e RFC0883. I documenti correnti del protocolli
sono invece rappresentati dagli RFC1034 e
RFC1035.
È importante notare che l'uso del file HOSTS
non è scomparso del tutto. Trova ancora
applicazione all'interno di reti di piccole
dimensioni, dove l'uso un singolo file per
mantenere le corrispondenze risulta spesso più
pratico che installare un server DNS interno.
Nelle comunicazioni tra rete locale, chiusa, e
rete Internet rimane comunque indispensabile
affidarsi ad un DNS. Nonostante il sistema DNS
sia stato concepito quando nessuno avrebbe
potuto prevedere uno sviluppo di Internet pari a
quello avutosi negli ultimi anni, esso ha
dimostrato di possedere una intrinseca
scalabilità, mantenendo la sua efficacia quasi
intatta anche di fronte all'aumento spettacolare
delle macchine collegate in rete.
Il DNS comprende due aspetti concettualmente
indipendenti. Il primo è astratto: specifica la
sintassi dei nomi e le regole per delegare
l’autorità sui nomi. Il secondo è estremamente
concreto: specifica l’attuazione di un sistema
efficiente per convertire i nomi delle macchine
collegate in rete in indirizzi IP e viceversa.
Bibliografia
[1] S. Gai, PL. Montessoro, P. Nicoletti, Reti
Locali. Dal cablaggio all’internetworking, II
edizione, L’Aquila, Italia, Scuola Superiore
G. Reiss Romoli; 1995
[2] DE. Comer, Internetworking with TCP/IP,
volume
1:
principles
protocols,
and
architecture, 4th edition, New Jersey,
Prentice Hall; 2000
[3] V. Fuller, T. Li, J. Yu, K. Varadhan,
RFC1519. Classless Inter-Domain Routing
BOLLETTINO DEL CILEA N. 85 DICEMBRE 2002
TELEMATICA
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Aggregation Strategy, Settembre 1993,
disponibile all’indirizzo URL:
http://www.faqs.org/rfcs/rfc1519.html
Data ultimo accesso: 12 dicembre 2002
[4] S. Deering, R. Hinden, RFC1883. Internet
Protocol, Version 6 (IPv6) Specification,
Dicembre 1995, disponibile all’indirizzo URL:
http://www.faqs.org/rfcs/rfc1883.html
Data ultimo accesso: 12 dicembre 2002
[5] IANA, Domain name services, disponibile
all’indirizzo URL:
http://www.iana.org/domain-names.htm
Data ultimo accesso: 12 dicembre 2002
[6] ICANN, The internet corporation for
assigned names and numbers, disponibile
all’indirizzo URL:
http://www.icann.org
Data ultimo accesso: 12 dicembre 2002
[7] E. Ghermandi, D. Salomoni, Servizio di local
internet registry per il GARR. 1997,
disponibile all’indirizzo URL:
http://www.cnaf.infn.it/GARR-B/DOC/garr-lirproposta.html
Data ultimo accesso: 12 dicembre 2002
BOLLETTINO DEL CILEA N. 85 DICEMBRE 2002
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