La formazione estetica, tra bellezza e scienza – il Beauty Principle
La questione del GUSTO, racconta la storia dell’estetica, è stata oggetto di una polemica
settecentesca, quando l’effetto del Rinascimento dal suo punto di vista così importante per la
riflessione sulla bellezza fece nascere con chiarezza l’idea che ci fosse nel godimento estetico una
chiara forma di conoscenza e di crescita formativa: il teatro, la letteratura, la scultura e la pittura per
non parlare della musica, sono gradite conoscenza ma anche arricchimenti veri e propri del sapere.
Perciò, mentre la filosofia prendeva la strada della conoscenza chiara e distinta con Cartesio e
Galilei, diventando cieca a cause non meccaniche o comunque efficienti, escludendo dalle scienze
le antenate, alchimia, astrologia e arte della memoria, in cui si fondavano gli elementi base di cui
poi esse sono state lo sviluppo nel pensiero moderno: nasceva il bisogno di precisare in cosa
consistesse l’altra conoscenza che è storia, letteratura musica e via dicendo. Dal ‘600 si è così
intensificato il dialogo sul gusto, l’allievo di Leibniz Alexander Gottlieb Baumgarten per primo
nel 1735 usò il termine estetica in senso attuale, cioè ‘filosofia del bello’: prima, dai Greci in poi,
voleva dire ‘filosofia della sensazione’ (aisthesis, sensazione in greco), e nel 1750 fu il titolo del
suo libro più famoso, ancora bello e chiaro.
Il nostro Giambattista Vico nella Scienza Nuova del 1744 centrò la metafisica nella storia,
ponendola come massima conoscenza per l’uomo, essendo già la teologia bisognosa di conoscenza
di cui l’uomo non ha esperienza, dovendo quindi fondare sulla fede. La metafisica per il Medio Evo
era teologia, ma il temine vuol dire solo ‘visione unitaria della fisica/scienza/filosofia’. Hume, erede
come Vico di Bacone, non solo fu convinto della centralità della storia, ma focalizzò il problema del
gusto in un libretto omonimo. In sintesi, l’assurdità del gusto sta nell’essere conoscenza universale,
che tutti capiscono senza studio: però il proverbio dice “de gustibus non est dispuntandum” ovvero
“non è bello ciò ch’è bello, è bello ciò che piace”.
Immanuel Kant nella sua Critica del Giudizio del 1790 concluse che è una verità comunitaria,
diversa dalla verità scientifica perché basata non su di un giudizio determinante ma riflettente; non è
una deduzione logica, lineare, matematica scientifica o filosofia; è un’argomentazione ipotetica che
riflette, cerca l’universale corrispondente ad un elemento particolare nuovo, che crea un problema,
diremmo noi: questo nella ricerca scientifica e nella letteratura. Si ragiona sui particolari, si
immagina uno sviluppo che li renda coerenti – poi si cerca di farne una legge scientifica o un
romanzo. Il ruolo dell’immaginazione nella scienza è sempre stato riconosciuto fin da Aristotele.
Friedrich Schiller, poeta e autore del testo dell’Inno alla Gioia, scrisse un libro intitolato Callia, la
formazione estetica come educazione del genere umano : era il 1796 e già nel 1800 Johan
Friedrich Herbart, educatore di professione, pensatore della psicologia umanistica che per primo
parlò delle associazioni involontarie, parlò dell’importanza dell’estetica perché riporta sempre
l’attenzione al fine cui tende l’educazione: si studiano le discipline, alcune soltanto dei saperi
possibili, perché si mira ad una persona integrale, che si riesce ad immaginare, a cui si vogliono
dare alcune competenze. L’arte, perciò, la formazione estetica, la capacità di creare un proprio
artefatto – è il compimento dell’educazione non solo per l’umanità, ma anche per ogni allievo in
ogni campo.
Ciò delinea l’importanza della conoscenza estetica, che apprezza il procedere logico ma anche
quello analogico, recuperato nel 900 anche dalla matematica, dalla fisica, dalla biologia e via
dicendo – la relatività e l’indeterminismo, la biologia non classificatoria ma organica, sono le
scienze contemporanee costruttiviste, che raccolgono i frutti di queste riflessioni.
IL BEAUTY PRINCIPLE
È il termine adottato in fisica per descrivere la teoria più rispondente. La bellezza è una chiara
convergenza di arte e scienza che sempre l’estetica e il senso comune hanno fissato nel vero-bellobuono che era l’ideale solare dei Greci, ma è anche la prima espressione positiva di ogni bambino
del mondo. La Critica del Giudizio di Kant ha fondato il bello nel sentimento di piacere – il senso
dell’armonia, criterio di condivisione di saperi ed affetti desta un compiacimento che è un sapere,
che incita ad approfondire con la sua diversità – quest’ultima viene afferrata come ‘quel che è
grande’, il sublime, la meraviglia, l’urto orrendo: quel che muove l’attenzione a guardare di nuovo.
Il bello poi colla guida del beauty principle si trasforma in linguaggio – intendendo con questo
termine ogni forma di espressione, dal linguaggio dei gesti alle costruzioni architettoniche – tutti
accomunati dall’essere ‘artefatti’, cose prodotte dell’uomo, fatte ad arte – più e meno bene.
L’armonia circonda le cose come un alone di fascino, la cui perdita lamentò Benjamin (morto nel
1940) nell’arte d’oggi sotto l’effetto delle comunicazioni di massa: la fotografia regalandoci infinite
immagini, mette in crisi l’effetto di una singola rappresentazione, la nostra memoria e la nostra
capacità di approfondire – ciò genera una crisi dell’arte. 1 La ricerca dell’ordine perciò diventa
difficile, crea soluzioni che sorprendono l’uomo della strada, dando l’impulso ad allacciare “la
catena vivente collega ancora l’arte dei nostri giorni a quella delle età delle piramidi”:2 cosa che la
scuola italiana fa dal 1923, da quando cioè fu introdotta nelle scuole la Storia dell’arte.
Ma se ci si chiede cos’è l’opera d’arte,3 armonia che riconosce la disarmonia,4 perché del mondo fa
parte Abendland, luogo di dissoluzione della terraferma e dell’armonia in fuga che fa emergere
nuove terre: bisogna imparare a costruire nuovi testi per imparare le lingue di composizione degli
artefatti: se la genialità non s’insegna, s’insegnano difatti le lingue ed è questo il compito della
scuola: lingue per tutte le percezioni, compresi vista suono e tatto. Occorrono esperienze di tecniche,
tradizionali e multimediali.5
Se è vero quel che “per poter abbracciare fin dall’inizio l’intero orizzonte reale del problema del
Bello e forse anche di ciò che è ‘arte’ è necessario ricordarsi che per i Greci il kosmòs,
l’ordinamento del cielo, costituisce la vera e propria manifestazione visibile del bello”,6 non si può
dimenticare il Rinascimento, il suo culto oscillante tra il pitagorico e la fisicità del corpo.7
Importante è per l’arte la ricezione, tema della Scuola di Costanza prima che delle scienze della
comunicazione di massa. La volgarità di alcuni conti che puntano alla volgarità e al cattivo gusto,
W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1936. Rappresenta la cosiddetta Scuola di
Francoforte con Th.W.Adorno, autore di Estetica e con M.Horkheimer di Dialettica dell’illuminismo, nonché il più
celebre H.Marcuse, L’uomo a una dimensione che parlò della liberazione dell’uomo ridotto ad una sola dimensione
nello schiacciamento dei media attraverso il gioco e l’arte, per il suo carattere trasgressivo, oltre che armonico.
2
E. Gombrich, Il senso dell’ordine, Einaudi, Torino 1984; Storia dell’arte, Einaudi, Torino 1966
3
U. Eco, La definizione dell’arte, Mursia, Milano 1968.
4
G. Dorfles, Elogio della disarmonia. Arte e vita tra logico e mitico, Garzanti, Milano 1986:
5
R.Pierantoni, biologo, scrive L’occhio e l’idea, Gombrich, critico d’arte, L’immagine e l’occhio.
6
H. G. Gadamer, L’attualità del bello, Marietti, Torino 1986.
7
R.Pierantoni, biologo, scrive L’occhio e l’idea, Gombrich, critico d’arte, L’immagine e l’occhio.
1
potrebbe trovare correzione confrontandosi con Hans Robert Jauss che rimanda ai suo concetti
cardinali,8 mìmesis – imitazione, poiesis – creazione artistica, àisthesis – percezione, kàtharsis –
purificazione –intersecati in un continuum. Ciò perché quando si compone un artefatto non si copia
né si crea, si agisce sulla purificazione/immaginazione di una sensazione – quindi si conosce, ma
stranamente si è anche liberi di non conoscere, di vedere e di non vedere. questo ad esempio aiuta a
capire l’importanza politica del tema delle percezioni subliminali che sono scritte nascostamente
nell’immagine: molte di esse non sono affatto nascoste, sono colori, movimenti toni di voci, gesti…
ma chi sa leggere correttamente tutto ciò? A scuola può bastare insegnare queste lingue non
misteriose, solo diverse dalla lettura scrittura alfabetica: addirittura, già può far molto una lettura ad
alta voce espressiva, come al teatro.
La ricezione, cui anche la scuola sta attenta quando studia l’apprendimento, considera il conoscere
come un agire comunicativo, libera la percezione dal mondo fisso e crea il suo destino immaginario,
per un mondo abitabile: la ricettività accorda l’intersoggettività nella visione parlando. Il sapere
poetico è una creazione di una patria ideale ironizzando, criticando, cambiando, sottolineando l’intuizione d’arte non copia, piuttosto dà forma all’oggettività accostando con la crasi, invece che
con il nesso concatenante della logica. La catarsi libera dai pregiudizi anche chi assiste all’opera,
che può aprirsi all’opera della poesis, un’esplorazione fantastica.9
L’ascolto può prestare attenzione alle origini, come in Heidegger,10 oppure ad autodefinirsi, 11 o
definire il mondo nuovo dei media.12, la società in transito cerca il superestetico, come nel caso
Wagner, come in Nietzsche. L’estetica perciò si occupa anche del sociale.13 Il mondo dei media
rivela, dice Perniola: “l’esteticizzazione della società, le cui origini risalgono alla seconda metà
dell’Ottocento, con dimensioni oggi ancora più vaste. Infatti alla esteticizzazione della società ha
corrisposto una esteticizzazione della cultura, che si è manifestata nelle arti, nelle scienze umane e
perfino nelle scienze naturali”. Il mondo dell’arte fa parte del Mondo3 di Popper, che si affianca
alla materia ed alla forma; infatti quando compone con il Nobel J. Eccles L’io e il suo cervello
coniuga arte e immaginazione, 14 l’approccio estetico è attenzione all’olistico, al nesso, al
collegamento: e quindi ebbe ragione Keats a dire: verità è bellezza e bellezza è verità.
La questione terminata oggi col pieno successo delle neuroscienze e la dimensione assunta dalla
ricerca sull’intelligenza artificiale, fu già sollevata al MIT nel 1972: il pregio dell’immaginazione e
la fantasia del linguaggio ordinario, intraducibile in linguaggio macchina, 15 ma già molto ben
tradotta. Poincaré parlava di un inconscio matematico, come oggi Papert, in una psicologia che
somiglia alla macchina combinatoria dell’Arte della Memoria rinascimentale, che offe
combinazioni casuali al sentimento estetico per trarne forme significanti e cognizioni estetiche:
fattori unificanti come conservazione, entropia, ordine e informazione generano la forma-sorpresa è
“labirintica e stimolante nella sua dinamica instabilita, essa diventa immagine ancestrale della
costante ludica di un gusto” – che emerge come fondo geologico delle immagini dai graffiti
all’action painting di Pollock. “Natura non rompe sua legge”, come diceva Leonardo, ricorda De
Micheli16, cervello e pensiero si indagano nelle metafore del mondo17.
H. Jauss, Apologia dell’esperienza estetica, Einaudi, TO 1985
A. Trione, Estetica della mente, Napoli 1987
10
M. Heidegger, Essere e Tempo, 1927, Sentieri interrotti, 1950 – Origine dell’opera d’arte – e L’arte e lo spazio
11
R.Layton, Antropologia dell’arte, Feltrinelli, Mi 1983; Modica, Che cos’è l’estetica, EdRiuniti, Roma 1987;
S.Givone, Estetiche e poetiche del 900; S.Tatarkiewicz, Storia dell’estetica, To 1979-80 3 voll.
12
M. Perniola, La società dei simulacri, Cappelli, Bologna 1984; Transiti, id; Presa Diretta, Venezia 1986
13
M. Cacciari, Pensiero negativo e razionalizzazione, 1978, Icone della legge, Adelphi, MI 1985.
14
G. Giorello, Scienza e sognoo; Tagore – Einstein, La nascita della realtà; G.Bateson, Mente e natura, 1984.
15
J.Weschler, L’estetica nella scienza, tr.it. Ed.Riuniti 1982, G.Holton in L’immaginazione scientifica, tr.it. Einaudi,
Torino 1983.
16
L’uomo e la natura, Feltrinelli, MI 1982
17
H.Von Dechend in Il Mulino di Amleto Adelphi 1983
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