AMBIENTE DOMESTICO E MALATTIE:
ASMA, ALLERGIE, ACARI: I RISCHI PER LA SALUTE.
A cura di Roberta Frasca
A.A. 2009/2010
Introduzione
L'ambiente domestico è un luogo in cui trascorriamo molto tempo.
Tuttavia esso può nascondere diverse insidie per la salute, ed alcune di queste
non vanno affatto sottovalutate.
La correlazione tra l'incidenza di alcune malattie e la presenza in casa di
alcune sostanze e microrganismi ha portato la Environmental Protection
Agency (l'agenzia degli Stati Uniti per la protezione dell'ambiente) a
confermare la pericolosità di un ambiente casalingo non controllato: in alcuni
casi, esso può favorire più facilmente infezioni ed altre patologie rispetto ad
una qualsiasi strada o luogo pubblico. I motivi sono tanti. Primi tra questi
sono i microrganismi, che si trovano praticamente in qualsiasi ambiente– o
meglio, microambiente– e la cui presenza è impercettibile, ed in mancanza di
una corretta disinfezione possono essere motivo di preoccupazione; c'è poi
l'utilizzo eccessivo o scorretto di detergenti, spray ed altre sostanze chimiche
che sprigionano composti volatili dannosi se non addirittura cancerogeni;
infine, la presenza di animali domestici potenziali veicoli di zoonosi e causa di
allergie.
Citando un'osservazione del dottor Sergio Fuselli, direttore del
Dipartimento di Igiene e Ambienti Di Vita dell’Istituto Superiore di Sanità:
“nelle abitazioni domestiche l’inquinamento è latente, ma mancano dei limiti
da rispettare perche le dimore sono luoghi privati”, che sfuggono al controllo
della qualità dell'aria o della carica batterica delle superfici. Dunque
“l’inquinamento dell’aria all’interno delle case è determinato soprattutto da
microrganismi come acari, batteri e funghi, in particolare quelli filamentosi
(muffe), che proliferano quando è presente un livello di umidità elevato. E
l’accoppiata con il calore non fa che peggiorare le cose. Gli effetti principali
si hanno sul sistema respiratorio: allergie ed asma, ma anche disturbi a
livello del sistema immunitario”.
Ci sono poi dei fattori che aumentano la complessità del problema, come la
presenza di bambini, donne in gravidanza o persone anziane, di norma già più
sensibili nel contrarre patologie rispetto agli adulti, oppure individui con
deficit del sistema respiratorio o con basse difese immunitarie.
Cerchiamo ora di esporre le cause delle malattie che insorgono in ambiente
domestico, e le loro ripercussioni sull'organismo.
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Allergie indoor
Sono classificati sotto questo termine i disturbi provocati da allergeni
presenti nell’ambiente domestico- come quelli dell’acaro, del gatto e del cane,
e delle muffe- che si manifestano con malattie che coinvolgono soprattutto il
sistema respiratorio, le mucose e la pelle.
Innanzitutto la definizione di allergia in campo biomedico recita: essa è
una malattia del sistema immunitario, caratterizzata da reazioni forti dovute
alla produzione di anticorpi, le immunoglobuline, che si formano
nell'organismo in seguito al contatto di quest'ultimo con sostanze esterne che
nella norma sono innocue, come i pollini, o appunto la polvere. Le reazioni
includono rinite allergica, congiuntivite, asma, orticaria, angioedema, ed
anafilassi; ci sono poi allergie alimentari, ed allergie alle sostanze chimiche.
L'allergia, poiché coinvolge gli anticorpi, sarà specifica, cioè si
manifesterà solo in presenza di quella particolare sostanza: un soggetto
allergico al polline di una particolare pianta subirà una reazione solo in
presenza di quello specifico polline. Saranno successivamente descritte più in
dettaglio le modalità di insorgenza dell'allergia.
La comune polvere di casa rappresenta un problema per i soggetti
allergici. Essa è formata principalmente dalle seguenti componenti:
fibre
scaglie di pelle umana
pelo animale (se sono presenti animali domestici)
batteri
acari.
Spesso per evitare reazioni allergiche, basta cercare di mantenere la presenza
della polvere in casa al minimo. La presenza degli acari della polvere non è
comunque indice di sporcizia; se ne trovano anche nelle case più pulite e non
è facile- anzi è impossibile- disfarsi completamente di essi.
Di solito un'allergia alla polvere si manifesta in maniera evidente e
inconfondibile, ma la conferma viene dai test, cutanei o ematologici, che lo
specialista effettua per scoprire l'allergene che scatena la reazione. I primi
mirano ad evidenziare, tra gli altri, l'allergene che provoca la crisi grazie
all'arrossamento del punto in cui l'allergene è stato iniettato. L'esame del
sangue mira invece a scoprire se in circolo c'è stato un innalzamento delle
immunoglobuline che si sviluppano durante una reazione allergica.
Gli acari della polvere
Non si vedono, ma nelle nostre case sono presenti a milioni.
Gli acari della polvere sono tra le prime cause di allergia respiratoria. Si
sviluppano in quei luoghi della casa che forniscono loro una sorgente di cibo e
riparo, come i tappeti e i materassi. La struttura fibrosa e cellulare di questi
ambienti permette agli acari di accumulare acqua, ridurne le perdite e nutrirsi
abbondantemente. Inoltre possono vivere su divani in tessuto, cuscini, vari
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rivestimenti, peluches, sul nostro abbigliamento e su tutte le superfici che,
appunto, accumulano le scaglie della nostra pelle.
Che la polvere di casa contenesse sostanze che causano allergia fu
suggerito per la prima volta nel 1921. Tuttavia, la relazione fra acari ed
allergia alla polvere di casa venne stabilita in modo definitivo solo nel periodo
dal 1962 al 1969, grazie agli studi di Voorhorst, Spieksma-Boezeman M.I.A. e
Spieksma F.Th.M. Il rilevamento degli acari nella polvere di casa è stato
studiato attraverso complicati esperimenti durante quegli anni. Il primo di
questi tentativi prevedeva l'osservazione di una piccola quantità di polvere,
posta sulla superficie dell'acqua, ed esaminata ad un ingrandimento di 20x.
Shamiyeh et al., nel 1973,
utilizzarono una soluzione satura
di NaCl per sciogliere un
campione di polvere, a cui fu
successivamente aggiunto un
detergente. La polvere fu poi
separata e sottoposta ad un
trattamento ad ultrasuoni per 20
minuti, mentre la sospensione fu
sciacquata, colorata con cristal
violetto
e
osservata
al
microscopio. Spieksma e coll.,
Un'immagine ingrandita dell'acaro
Dermatophagoides pteronyssinus.
nel 1971, dimostrarono che gli
acari
sono
sensibili
alle
variazioni dell'umidita relativa, ed in particolare che, a valori inferiori al 60%,
la popolazione cessa di crescere e muore.
Gli acari in zoologia
Ecco alcuni cenni sulla natura e sulle abitudini di questi microrganismi.
Gli acari, nome comune con cui denominiamo gli Acarina, sono un ordine di
aracnidi che probabilmente colonizzò la Terra 290 milioni di anni fa.
Possiamo considerarli dunque tra gli esseri viventi più antichi sulla terraferma.
Sono artropodi di piccole dimensioni, tant'è che la maggior parte di essi è più
piccola di mezzo millimetro (200-300 micron), e sono pressoché ubiquitari,
nonché spesso parassiti di animali superiori. Ne sono state descritte circa
30.000 specie (ma si pensa possano esisterne circa 500.000) diffuse in tutto il
mondo e in quasi tutti gli ambienti naturali e antropizzati. Ad esempio, i
Tiroglifi vivono sul materiale organico come la farina, i formaggi, la frutta
secca, causando frequentemente acariasi agli addetti alla manipolazione di
derrate infestate, come nel caso di cereali colonizzati da Pediculoides
ventricosus.
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Tra le specie piu note, generalmente ematofagi che infestano uomini e animali
insediandosi sulla cute o sotto di essa, citiamo gli Ixodidae, noti come
“zecche”, le quali oltre a provocare fastidiose irritazioni cutanee, possono
essere vettori di pericolose malattie, causate da agenti patogeni come Babesia
e Rickettsie; di notevole importanza come responsabili della scabbia citiamo i
Sarcoptidi tra cui la Sarcoptes scabiei, che scava minuscole gallerie sotto la
cute dove trova nutrimento e ambiente adatto all'ovideposizione della
femmina; particolarmente visibili sono gli attacchi dei Demodecidi che vivono
sulla pelle dell'ospite, in particolare la specie Demodex folliculorum, che,
colonizzando le ghiandole sebacee e i follicoli piliferi del viso, provoca
fastidiose follicoliti o a volte una semplice acne volgare, mentre nel cane e in
altri animali domestici provoca la rogna follicolare. Da non sottovalutare
infine l'azione degli acari Epidermoptidi che colonizzano le abitazioni con il
genere Dermatophagoides presente nella polvere.
Lo sviluppo numerico dei Dermatofagoidi nelle polveri domestiche risente
notevolmente dei fattori igienico-ambientali e climatici, per cui la loro
concentrazione nella polvere delle diverse abitazioni, ed anche nei singoli
ambienti di una stessa abitazione, è molto varia.
L'acaro della polvere può tollerare un'ampia variazione di temperatura,
tra i 0°C e 30°C, con un optimum attorno ai 20-25°. L'umidita ambientale è
però più importante della temperatura, e c'è una ridotta tolleranza alle
variazioni: l'optimum di umidità relativa è attorno al 75% con uno
scostamento massimo di +/- 10%. Mentre la maggior parte delle abitazioni a
riscaldamento centralizzato, con tutta probabilità, mantiene una temperatura
ideale costante, l'umidità relativa è generalmente inferiore al 65% rendendo
questo tipo di abitazioni meno attraenti per l'acaro. Le concentrazioni di
Dermatofagoidi in una casa possono, quindi, variare da 10 a 1000, se non di
più, per ogni grammo di polvere.
ORDINE
FAMIGLIA
Pyroglyphydae
Astigmata
Acaridae
Glycyphagidae
GENERE
Pyroglyphus
Euroglyphus
SPECIE
africans
maynei
pteronyssinus
Dermatophagoidesfarinae
microceras
Acarus
siro
Tyrophagus
putrescentiae
Thyreophagus
entomophagus
Glycyphagus
domesticus
Lepidoglyphus destructor
Questa tabella illustra una delle tante classificazioni proposte per l'ordine
degli Acari nel regno animale. A causa del loro grande numero e della loro
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antica evoluzione, l'origine delle varie famiglie è ancora oggi oggetto di
diverse controversie tra i vari zoologi.
Gli acari che causano maggiormente problemi all'uomo sono
denominati “acari maggiori”, poiché sono i più diffusi, e fanno parte della
famiglia dei Pyroglyphidae. In America il rappresentante principale è la specie
sopracitata Dermatophagoides farinae, in Europa sono presenti il
Dermatophagoides pteronyssinus, e Euroglyphus maynei. Ci sono poi
moltissime specie di acari minori, cioè che costituiscono il 10% o meno della
popolazione acaridica totale, e che rientrano tra i cosiddetti “acari delle
derrate”, poiché si ritrovano in magazzini adibiti alla stagionatura di prosciutti
e formaggi, e nei sacchi di farina; alcuni si nutrono di comuni alimenti
zuccherini, come nel caso dell'acaro domestico Glycyphagus domesticus, che
è presente in tutte le cucine. Gohieria fusca, invece, oltre a nutrirsi di cereali,
può vivere anche nei materassi e nelle imbottiture di sedie eccetera.
La dieta degli acari consiste di:
scaglie di pelle umana
funghi che crescono sulla pelle umana
muffe
corpi e frammenti di insetti (ad esempio, scarafaggi)
granuli pollinici
batteri.
L'intero ciclo dell'acaro da uovo ad adulto si compie in 2-3 settimane. Gli
adulti hanno una vita media di 2-4 mesi (circa 80 giorni per i maschi e 160
giorni per le femmine di Dermatofagoidi); durante questo periodo di vita
effettuano uno o due accoppiamenti, dopo i quali la femmina depone
complessivamente 20-50 uova. Dalle uova si schiudono delle larve che
attraverseranno diversi stati di ninfa prima di trasformarsi, circa un mese
dopo, nell'individuo adulto.
I Piroglifidi (la famiglia di cui fanno parte gli acari della polvere) sono
pressoché ubiquitari; il loro numero è maggiore nei centri rurali che nelle zone
urbane, e nelle zone tropicali rispetto a quelle temperate. La presenza degli
acari aumenta in primavera ed estate, e diminuisce in inverno, mentre la
concentrazione degli allergeni è massima fra Luglio e Dicembre e minore fra
Aprile e Maggio. Si ipotizza che il D. pteronyssinus sia più diffuso nelle
regioni più fredde ed umide e che, viceversa, il D. farinae lo sia nelle regioni
piu calde ed asciutte, anche se queste sono informazioni puramente indicative.
Gli acari sono quasi assenti o scarsi nelle case di alta montagna, oltre i
1600 metri. Tuttavia ci sono stati rilevamenti di acari anche in tali situazioni
disagiate, addirittura in alcune regioni fino a 4500 metri di quota (soprattutto
in condizioni di temperatura e di umidità relativamente elevate) ed in regioni
polari. Si è visto, ad esempio, che per sterminare il Dermatophagoides farinae
è necessaria un'esposizione protratta per almeno 48 ore a -18°C, mentre per
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eliminare il Dermatophagoides pteronyssinus occorre un'esposizione di
almeno 6 ore a -50°C . Per questo motivo nei materassi degli ospedali gli acari
sono pochi: per via della pulizia e disinfezione continua, e per l'aerazione ed il
cambio frequente della biancheria.
Perché gli acari della polvere causano problemi all'uomo?
Consideriamo che l'uomo trascorre circa otto ore al giorno nel letto,
perdendo quasi un grammo di pelle morta durante il sonno. In media, una
persona perde intorno ai 5 grammi di pelle alla settimana; ogni singolo
grammo può sfamare un migliaio di acari per diverse settimane. Attraverso la
sudorazione notturna, inoltre, gli acari ricevono le condizioni di umidità ideali
per potersi nutrire e proliferare, perciò si insediano nei materassi e nei cuscini.
Anche i funghi che crescono sulle scaglie di pelle, digerendo i lipidi residui
nelle cellule, rendono il substrato più appetibile per gli acari. Lo spostamento
all'interno della casa dei vari cuscini, tappeti, tende e coperte che non sono
stati abbastanza curati per prevenire la crescita incontrollata degli acari
durante il corso degli anni, contribuisce allo spargimento della polvere e allo
stabilirsi di questi organismi in qualsiasi luogo abbastanza umido da
permetterlo.
Durante la loro vita, gli acari producono diverso materiale fecale.
Questo contiene degli enzimi digestivi che si sono rivelati allergenici nei
confronti di alcune persone. Questo pellet viene respirato dall'uomo e viaggia
fino ai bronchi. Nei soggetti allergici, l'alloggiamento di tali particelle provoca
un'infiammazione locale; se l'esposizione è prolungata, l'infiammazione
diventa cronica e può anche estendersi ad altre aree, che si ostruiscono e
determinano difficoltà di respirazione. In generale, gli acari possono produrre
sostanze IgE-leganti, e cioè allergeni, non solo tramite le feci, ma anche
attraverso la deposizione delle uova, i secreti delle ghiandole genitali o di
quelle che intervengono nel processo di muta. Non vi sono invece prove che
dimostrino l'allergenicità delle uova di acaro.
Le secrezioni ghiandolari degli acari sono tuttora oggetto di studi
approfonditi.
Chapman negli anni '80 purificò un allergene del D. pteronyssinus di
natura glicoproteica, chiamandolo “antigene P”.
Tovey e coll. nel 1981 stabilirono che tale antigene è presente in grande
quantità nelle feci degli acari, e che il 75% delle IgE dei sieri di persone
allergiche al D. pteronyssinus erano dirette contro questo allergene,
classificato come “allergene maggiore”. Si ritiene che nella polvere
ambientale si possano rinvenire fino a 100.000 particelle fecali per grammo di
polvere; una certa quantità di queste particelle, variabile a seconda della
ventilazione, e aerosospesa e può essere inalata. Oltre l'80% degli allergeni
degli acari si ritrova in particelle aerotrasportate di diametro superiore a 10
micron.
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Gli allergeni degli Acari sono stati classificati in tre gruppi principali (la
nomenclatura degli allergeni, di solito, prevede l'utilizzo delle prime tre
iniziali del genere in questione, e della prima iniziale dell'epiteto che lo segue
nella nomenclatura binomiale: ad esempio, per gli allergeni di gatto, si usa la
sigla Fel d):
– Allergeni di gruppo I (Der p I e Der f I): sono glicoproteine solubili in
soluzione fisiologica, presenti sulle particelle fecali degli acari; sono
termolabili e dunque perdono il 50% dell'efficacia dopo riscaldamento a 56° C
per 30 minuti;
– Allergeni di gruppo II (Der p II e Der f II): sono proteine solubili, associate
a parti somatiche dell'acaro; sono termoresistenti e sopportano temperature
intorno ai 100° C;
– Allergeni di gruppo III (Der p III e Der f III): strutturalmente diversi dagli
altri due gruppi, di natura somatica ed omologhi alle tripsine.
Thompson nel 1988 cercò di stabilire la sorgente di produzione di questi
allergeni: le particelle fecali non contengono Der p 1 fino al 14° giorno del
ciclo vitale dell'acaro, quindi l'ipotesi che esso fosse un prodotto della
digestione del cibo veniva a cadere. L'ipotesi che fosse un secreto del canale
alimentare era la più attendibile, anche perché Stewart aveva dimostrato,
mediante reazioni con anticorpi fluorescenti, che questi allergeni erano
contenuti nelle cellule dello stomaco. Ma i fattori che controllano la sintesi e
la secrezione di questa sostanza di natura enzimatica non sono ancora
conosciuti.
La dimostrazione che le feci degli acari sono ricche dell'allergene Der p
1 ha spostato l'attenzione dagli acari alle
deiezioni, ed ha posto il problema di determinare
il potere allergizzante dei microambienti.
Infatti, difficilmente gli acari sono presenti in
sospensione nell'aria, mentre lo sono le particelle
fecali con diametro intorno ai 10 micron.
Quando l'aria è in quiete la concentrazione degli
allergeni e inferiore a 1 ηg/metro cubo, mentre
raggiunge valori di 20 ηg/metro-cubo durante i
lavori domestici e ancor piu con l'uso
dell'aspirapolvere.
Dato che esiste una correlazione fra livello degli
aeroallergeni e l'incidenza delle manifestazioni allergiche, è importante
conoscere la soglia al di sopra della quale gli allergeni contenuti nella polvere
sono in grado di scatenare la sintomatologia. Da prove eseguite da vari autori
e stato stabilito che tale soglia corrisponde a 2 pg di Der p 1 per grammo di
polvere, che equivale a 100 acari/g di polvere.
Per ottenere valori sicuri, e fondamentale l'applicazione scrupolosa e costante
delle norme igieniche di prevenzione.
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Le muffe
Le muffe fungine crescono molto velocemente ovunque ci sia un
substrato utilizzabile come nutrimento, ed ossigeno ed umidità sufficienti. Le
ife fungine si sviluppano sotto forma di filamenti sulla materia organica a
disposizione, e in periodi favorevoli, come quello autunnale, le spore sono
rilasciate nell'aria causando rinite e asma, poiché le loro dimensioni ridotte
permettono loro di superare i filtri nasali e di penetrare nei polmoni.
Nell'ambiente domestico le muffe colonizzano la frutta o altri cibi
marcescenti, e si ritrovano nei luoghi umidi, soprattutto il bagno, gli
umidificatori, i filtri dei condizionatori e qualsiasi muro su cui si deposita
l'umidità.
Possiamo classificare i miceti di interesse allergologico in due categorie:
i miceti “atmosferici”, cioè stagionali, che si presentano in estate-autunno:
Alternaria, Cladosporium, Pullularia, Botrytis, Helminthosporium;
i miceti “domestici”, cioè perenni: Aspergillus, Penicillium, Mucor, Monilia.
Le muffe di dimensioni minori sono quelle che provocano maggiormente le
allergie, e tra queste possiamo elencare i sopracitati Aspergillus fumigatus,
Alternaria, Cladosporium herbarum (nell'immagine a sinistra).
In alcuni soggetti i disturbi provocati dalle muffe sono correlati con
l'ingestione di determinati cibi.
Si ritiene che la sensibilizzazione di una persona alle muffe provenga
dalla casuale inalazione dei miceli che si disperdono nell'aria con lo
spostamento della polvere. Gli allergeni sono proteine intracellulari nel caso
dell'Aspergillus, mentre in altre specie fungine sono proteine escretate. Non
ancora si comprende bene il meccanismo con cui le proteine intracellulari si
presentino al sistema immunitario del paziente; fin'ora alcuni studi hanno
stimato che una percentuale compresa tra il 3 e il 20% di europei allergici
mostra sensibilità verso le spore di C. herbarum e A. alternata.
Poiché si conosce ancora poco
riguardo alle variazioni genetiche che intercorrono tra le
varie specie di muffe, le
identificazioni non si possono
basare
su
caratteristiche
morfologiche ma solo molecolari, è particolarmente complicato riuscire ad isolare le
molecole responsabili delle
patologie allergiche. La fonte
delle spore di miceti è varia, e
solitamente coinvolge materiale
Aspergillus fumigatus
coltivato in una capsula Petri
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proveniente dall'ambiente ester-no, come foglie secche, erba, fieno, farina,
polveroni; per quanto riguarda le abitazioni, i luoghi in cui è probabile la loro
proliferazione sono case chiuse a lungo, cantine umide, bagni mal ventilati,
carta da parati su muri umidi, materiale tessile umido, umidificatori artificiali.
Possiamo dunque concludere che la migliore soluzione per combattere la
crescita delle muffe, in soggetti allergici e non, è quella di evitare che si crei la
condizione ideale per loro nel luogo a rischio, cioè un'umidità relativa elevata
(75% - 95%) a temperature tipiche del periodo estivo-autunnale (tra i 18° ed i
35°).
Le tipologie di allergia respiratoria
L'allergia, nella sua accezione generica, racchiude un'ampia gamma di
disturbi, che hanno tutti una base immunologica. Una persona diviene
allergica in risultato del contatto con un determinato allergene. Così come non
è possibile ammalarsi di morbillo prima di essere venuti a contatto con una
persona affetta, allo stesso modo non è possibile sviluppare un'allergia ai
pollini, o alle arachidi, se non abbiamo mai avuto a che fare con questi.
Possiamo anche affermare, con parole semplici, che l'allergia è un “errore”
dell'immunità.
La parola “allergia” (tradotto “funzionamento alterato”) fu coniata all'inizio
del XX secolo da Portier e Richet, che, in un esperimento, tentarono di
rendere dei cani immuni alle tossine d'anemone di mare con delle iniezioni
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ripetute di piccole dosi della sostanza: la seconda iniezione risulto loro fatale;
invece di essere immunizzati da questa somministrazione, le cavie subivano
una “reazione allergica” mortale.
Questo evento fu definito “anafilassi”, in contrasto con il termine
“profilassi”, cioè la protezione che dovrebbe invece derivare dalla
somministrazione di una piccola quantità del virus o del batterio verso cui
dobbiamo sviluppare resistenza per non ammalarci. Sempre intorno al 1919,
Dale e Laidlaw scoprirono che animali da laboratorio trattati con iniezioni di
istamina, sviluppavano disturbi polmonari ed anafilassi. Ma fu solo nel 1966,
con la scoperta delle IgE di Ishizaka, che si cominciò a comprendere il reale
funzionamento delle reazioni specifiche. Nel 1968, Gell e Coomb descrissero
quattro classi di reazioni immunologiche. Queste classi sono: ipersensibilità
immediata mediata dalle IgE (e.g. shock anafilattico), reazioni citotossiche
mediate da IgG o IgM (es. anemia immune emolitica), reazioni immuni
mediate da complessi (malattia da siero) e ipersensibilizzazione ritardata
(es.dermatite da contatto).
Nello schema: la serie di reazioni mediate da IgE che portano allo shock
anafilattico.
La risposta immune
Nella patogenesi, i linfociti T hanno un ruolo primario: essi sono
presenti in due tipologie, le cellule Th1 e Th2. Le prime sono cellule helper,
che promuovono reazioni mediate da cellule. Infatti i linfociti Th1 producono
interferone gamma ed interleuchina-2, per proteggere l'organismo dall'attacco
di patogeni attivando le cellule macrofagiche. I Th2 sono invece cellule helper
coinvolte proprio nell'immunità umorale e nell'infiammazione allergica. Le
Th2 aumentano la produzione di anticorpi (soprattutto IgE) e promuovono la
proliferazione di eosinofili nel sangue. Pazienti con un fenotipo allergico
sviluppano risposte ad allergeni che favoriscono l'azione delle cellule Th2,
rispetto alle Th1.
La risposta allergica mediata da IgE si svolge in più passi. Innanzitutto,
il paziente è esposto all'allergene. Le cellule che introducono l'allergene lo
espongono alle cellule Th2 tramite delle molecole mediatrici. I recettori delle
cellule T legano l'allergene, attivando così le Th2, che producono IL-4
(interleuchina 4). Infine, le cellule B sono stimolate dalle IL-4 nella
produzione di IgE specifiche per l'allergene in questione.
L'IgE si lega su recettori specifici dei mastociti.
Quando il paziente viene successivamente esposto di nuovo
all'allergene, questo si legherà sull'IgE ora presente sulla superficie cellulare
del mastocita. Il legame dei mastociti agli anticorpi attiva una serie di risposte,
la prima delle quali avviene entro pochi minuti e coinvolge il rilascio di
mediatori già presenti al momento della risposta da ipersensibilità immediata,
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tra cui ammine (istamina), enzimi (triptasi, chimasi), carbossipeptidasi,
idrolasi acide, e fattori alfa di necrosi tumorale (TNF-α).
Le istamine, in particolare, causano la contrazione delle cellule endoteliali, le
quali producono prostacicline ed ossido d'azoto che promuovono il
rilassamento della muscolatura liscia, e dunque la vasodilatazione. Anche la
costrizione della muscolatura liscia nei bronchi è provocata dall'azione
dell'istamina. Il legame degli anticorpi instaura anche l'attivazione di alcune
vie sintetiche che portano a produrre citochine e leucotrieni
.
L'acido
arachidonico
è
convertito a prostaglandina D2 e
cisteinil-leucotrieni,
mediatori
responsa-bili
della
broncocostrizione, infiammazione e
danno dei tessuti.
Al di là della classificazione di
Gell e Coomb, in clinica si ha
l'abitudine di semplificare questi
concetti dividendo l'allergia in
base alle patologie che il soggetto
manifesta:
• sensibilizzazione immediata: vi
rientrano la comune febbre da
fieno, l'asma allergica, le allergie
alimentari ed alcune allergie a
farmaci;
• sensibilizzazione ritardata, che
consiste nella dermatite da
contatto, cioè un rash cutaneo di
tipo eczematoso che si manifesta
in risposta al contatto della pelle
con alcuni metalli, come il nickel
presente in gioielli, orologi o altri
Uno schema che riassume la risposta agli accessori, oppure da alcune
allergeni mediata dagli anticorpi.
sostanze contenute nei cosmetici.
Parleremo tuttavia solo del primo tipo di allergia, cioè la risposta
immediata, perché è quella che riguarda più da vicino gli acari della polvere.
Ciò che avviene è che la maggioranza dei tessuti mostra vasodilatazione e
aumentata permeabilità vascolare. Ciò avviene perché eosinofili, neutrofili,
cellule T CD4+ e basofili si infiltrano nel sito dell'allergia. Gli eosinofili sono
le cellule del sangue che hanno il compito di difendere il nostro organismo
dall'attacco di eventuali parassiti, ma nell'allergia essi operano in maniera
inadeguata, riversandosi nei tessuti respiratori e provocando l'ostruzione dei
polmoni tipica della malattia.
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Il reclutamento degli eosinofili è dunque l'evento chiave: essi migrano
attraverso i vasi sanguigni nei tessuti, legandosi a molecole di adesione delle
cellule endoteliali. Alcune proteine basiche, mediatori lipidici e citochine
permettono gli effetti proto-infiammatori degli eosinofili. I mastociti sono
invece cellule presenti in diversi tessuti del corpo (come polmoni, cuore,
cartilagine nasale) e somigliano nella loro funzione ai basofili del sangue:
entrambi i tipi cellulari rilasciano infatti istamine, che danno l'allergia nel
soggetto, oltre a molte altre sostanze di natura simile. La somministrazione
terapeutica di antistaminici contrasta queste istamine ma non gli altri
composti: infatti nei soggetti asmatici questi farmaci sono pressoché inutili. In
ogni caso, la concentrazione dei mastociti nei vari tessuti determina la gravità
della risposta.
I soggetti allergici agli acari, dunque, sperimentano tipicamente i seguenti
sintomi:
• rigonfiamento delle mucose nasali, starnuti, prurito, gocciolamento del naso
(rinite allergica);
• arrossamento e prurito degli occhi (congiuntivite allergica);
• irritazione delle vie respiratorie inferiori, prurito alla gola, broncocostrizione, possibile attacco d'asma;
• possibilità di dermatite allergica, con orticaria, eczemi, neurodermite,
dermatite da contatto.
La rinite allergica, cioè la prima tra le risposte all'allergene, con starnuti e
prurito al naso, nel caso degli acari può essere persistente e durare tutto l'anno,
a differenza di un'allergia al polline che insorgerà fondamentalmente nel
periodo primaverile. La congiuntivite allergica accompagna quasi sempre la
rinite, cioè si manifesta insieme ad essa con bruciore agli occhi e con una
conseguente fotosensibilità del paziente.
A livello dermatologico, le manifestazioni più comuni sono la dermatite e
l'orticaria. Mentre la dermatite da contatto si presenta solo nella parte del
corpo che è venuta a contatto diretto, appunto, con l'allergene o con la
sostanza scatenante, la dermatite atopica è un evento più esteso e colpisce
soprattutto guance, pieghe del gomito, parte interna del polso e del ginocchio.
A volte la pelle presenta vescicole, croste, e diventa rossa, sudata o secca fino
a desquamarsi. Inoltre, il prurito e in genere molto forte, e se il soggetto tende
a grattarsi per liberarsene può provocarsi lesioni cutanee persistenti.
L'angioedema invece interessa gli strati profondi della cute o delle mucose
visibili, specialmente a livello del viso. Può risultare pericoloso quando
raggiunge la gola, dove causa gonfiore e, nei casi più gravi, può provocare
serie difficoltà respiratorie.
L'asma
L'asma merita un discorso a parte nella trattazione delle risposte
allergiche, a causa della sua rilevanza in ambito sanitario e sociale. E' una
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malattia cronica dei bronchi, ed in particolare è il risultato della
contemporanea presenza di tre disturbi:
• ostruzione delle vie respiratorie, variabile e reversibile;
• infiammazione;
• ipersensibilita bronchiale.
Si ha dunque mancanza o difficolta di respiro, tosse, respiro fischiante o
sibilante, senso di oppressione al torace. Tutti questi sintomi non si presentano
contemporaneamente, ma si verificano sempre con la medesima intensità
(quando sono molto intensi si parla anche di crisi d'asma) e possono
svilupparsi in tempi diversi, nel corso della vita. Spesso l'asma non viene
riconosciuta come tale proprio per questo motivo: può capitare che il bambino
asmatico abbia solamente una tosse persistente e fastidiosa. Molti ricercatori
in tutto il mondo ritengono che alla base dell'asma ci sia una predisposizione
genetica; su questa agiscono fattori, cosiddetti scatenanti, che rendono
clinicamente manifesta la malattia, e possono aggravarla fino a scatenare una
vera e propria crisi. Tra i fattori che scatenano una crisi d'asma non ci sono
solo gli allergeni, ma anche l'attività fisica, alcuni farmaci, le infezioni delle
vie respiratorie, gli agenti sensibilizzanti in ambito professionale, e alcuni
alimenti. Tuttavia nel mondo gli acari domestici sono il principale allergene
che induce l’asma: si stima che l'85% dei soggetti asmatici sia allergico agli
acari della polvere.
Ci sono tre punti rilevanti che riguardano l'asma:
1. I farmaci che simulano la struttura degli ormoni umani aiutano a
combattere l'asma. Si tratta dell'adrenalina (o epinefrina) e
dell'idrocortisone, uno steroide. La prima è quella sostanza che
produciamo in immediata risposta ad una situazione di pericolo, per
emergenza. Viene rilasciata velocemente da ghiandole poste vicino ai
reni, e fa aumentare il nostro battito cardiaco, mettendo tutto
l'organismo in uno stato di alta reattività per rispondere al pericolo.
Nell'asma, i farmaci simili all'adrenalina calmano il disturbo per un breve
periodo di tempo.
Sono detti infatti “relievers” (allevianti). L'idrocortisone è prodotto nella
corteccia delle stesse ghiandole che rilasciano l'adrenalina. Anch'esso può
essere considerato un ormone di risposta immediata, ma funziona più
lentamente dell'adrenalina, con un'azione piu prolungata nel tempo, e in
maniera molto diversa. I medicinali a base di questa sostanza aiutano a
rilassare le vie respiratorie e rendono l'asma più sopportabile, cosi come gli
attacchi d'asma stessi, che insorgono più difficilmente. Questi farmaci sono
chiamati dunque “preventers”. Ci sono diversi tipi di preventers, ma gli
steroidi sono i più potenti. Le persone asmatiche dovrebbero curarsi con
entrambi questi composti, e assumerli per inalazione, perché così l'effetto è
immediato (importante nel caso dell'adrenalina), ci sono pochi effetti
collaterali e la dose necessaria e minore. Un altro vantaggio e che gli steroidi
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come l'idrocortisone saranno “biodegradati” molto facilmente nell'organismo
e non produrranno molecole secondarie dannose.
2. La causa dell'infiammazione che porta a soffrire d'asma, in molti
pazienti giovani, e l'allergia.
Tempo fa gli studiosi non riuscivano a comprendere perché nei paesi
Occidentali ci fossero così tante persone affette da allergia, in confronto al
minor numero di casi nei paesi rurali o meno industrializzati. Si sapeva già,
tuttavia, che l'asma e influenzata fortemente dall'ambiente e dalle sue
caratteristiche intrinseche. Questo ha portato all'idea– o meglio alla sfida– di
modificare le condizioni in cui viviamo tramite un piano di prevenzione della
malattia. E' facile prevenire l'asma quando la causa scatenante è una polvere o
una sostanza con cui veniamo a contatto solo in ambito lavorativo, oppure
quando è un cane o gatto domestico a cui siamo allergici. Ma abbiamo già la
conferma che la maggioranza delle allergie è dovuta agli acari della polvere, e
sbarazzarsene richiede uno sforzo molto maggiore, oltre che dei cambiamenti
rilevanti nello stile di vita, e spese economiche. Abbiamo detto che non è
possibile eliminare totalmente gli acari dalle nostre case, anche se possiamo
ridurre ad un minimo tollerabile la loro proliferazione; per cui possiamo solo
sperare che in futuro si possa perfezionare la terapia per impedire, a livello
immunologico, l'insorgenza del processo allergico.
3. L'asma cambia la sua modalità d'espressione nel paziente in maniera
progressiva durante il corso della vita. Molti bambini che soffrono
d'asma, durante la loro crescita mostrano un miglioramento delle
condizioni respiratorie; ma quando arrivano all'età adulta possono
ricadere in crisi forti come quelle sperimentate nell'infanzia, fino a
scoprire che le cure che prima erano efficaci, ora danno ben poco
sollievo. Si ritiene che l'infiammazione delle vie respiratorie porti ad un
peggioramento a lungo termine della salute dei soggetti asmatici, per
cui si sta cercando un modo per arginare questo processo.
L'ereditabilità dell'allergia
L'allergia è una malattia influenzata da fattori genetici. Fin d'ora
sappiamo che esistono alcuni geni umani che, quando ereditati, causano la
tendenza in una persona a sviluppare un'allergia, e spesso il soggetto allergico
è sensibile a più di una sostanza. Questa tendenza è chiamata atopia. Essa è
definibile come la predisposizione a sviluppare un'ipersensibilità immediata
più velocemente di quanto succeda in un soggetto sano, nel momento in cui la
sostanza in questione viene a contatto con le mucose e, in generale, col
sistema respiratorio. Non è però l'antigene che èstato ereditato, ma solo la
generica predisposizione, appunto. Un genitore allergico al polline, ad
esempio, potrà avere figli allergici ad acari e nipoti allergici al pelo animale, e
così via. Dunque più una persona eredita geni che influiscono sull'atopia, più
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facilmente questa persona diverrà allergica a diverse sostanze. La probabilità
di sviluppare un'allergia IgE-mediata in un bambino in cui entrambi i genitori
siano atopici si aggira intorno al 40-60%, mentre con nessun genitore atopico
si riduce al 5-10%. Il rischio di sviluppare un'allergia aumenta quindi
all'aumentare del numero dei parenti affetti dalla patologia.
Si può affermare che un terzo della popolazione mondiale possegga geni in
grado di influire sull'atopia, ma questo non significa che tutte queste persone
sono allergiche o avranno figli necessariamente allergici: dipende sempre
dalla componente ambientale con cui verranno a contatto durante la loro vita.
E' stato proposto recentemente che le allergie derivino da alterazioni
poligeniche su diversi cromosomi del DNA, e si suppone che alcuni di questi
siano anche quelli regolatori dell'asma. In ogni caso si ha come sintomo
l'iperattività bronchiale; inoltre, spesso queste alterazioni genetiche portano
all'iperproduzione di immunoglobuline, che è ciò che avviene con
l'ipersensibilità immediata (tipo I).
Infatti i pazienti atopici hanno più cellule T allergene-specifiche che
producono interleuchina 4, rispetto ai pazienti non-atopici, e producono più
IL-4 per cellula.
La prevenzione
Combattere l'allergia agli Acari della polvere richiede delle semplici
operazioni, che però non vanno mai dimenticate né sottovalutate.
Bisogna innanzitutto ridurre l'umidità relativa delle nostre case: per
farlo è necessario aprire le finestre il più spesso possibile, anche se fuori piove
e fa freddo e l’aria sembra “troppo umida”. Qualsiasi sia la condizione
climatica esterna, infatti, lo scambio d'aria ridurrà rapidamente l'umidità
imprigionata nell'ambiente interno: anche solo cinque minuti con le finestre
aperte basteranno per diminuire del 10% questo valore.
Ovviamente ciò non basta: nell'allergia all'acaro è necessario ridurre la
concentrazione di questi microrganismi nelle nostre stanze, per far sì che la
quantità di allergeni rilasciati sia minima. Mensole, mobili aperti e divani
rivestiti in tessuto attireranno molta più polvere rispetto a librerie chiuse e
divani in pelle, così come i tappeti, a cui sarebbe meglio rinunciare. Tuttavia è
stato dimostrato che il 95% degli Acari presenti in un'abitazione sono
localizzati nei letti: sarà importante quindi utilizzare delle coperture sintetiche
antiacaro su cuscini, materassi e piumoni vari, e lavarli e cambiarli
frequentemente. Materassi e cuscini in poliuretano o in gommapiuma sono i
più indicati per i soggetti allergici. Periodicamente poi si potranno utilizzare
spray acaricidi: tra i molti in commercio, molto efficaci sono i prodotti
contenenti benzil-benzoato, alcool benzilico e acido tannico, miscele di
tensioattivi e acidi organici naturali; anche i derivati sintetici del piretro sono
usati come insetticidi.
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Nelle allergie agli animali, così come alle muffe, il problema è
differente poiché gli allergeni sono molto più leggeri di quelli degli acari, e si
ritroveranno in forma volatile praticamente ovunque. Nel caso di persone
allergiche a questi ultimi saranno necessari aspiratori speciali, dotati di filtri
capaci di catturare anche queste piccolissime particelle.
I numeri dell'allergia sono in continuo aumento.
Le indagini statistiche sull'allergia mostrano che il numero dei malati
sta aumentando col passare degli anni, e che il problema è concentrato
specialmente nelle società industrializzate dell'Occidente. Uno studio svolto
sui bambini della città di Aberdeen, in Gran Bretagna, dimostrava che dal
1964 al 1989 la percentuale di ragazzi in età scolastica affetti d'asma aumento
dal 4% al 10,2%, quelli affetti da eczema atopico dal 5,3% al 12%.
Una recente indagine europea ha evidenziato che un cittadino su quattro
è affetto da allergie, cioè 80 milioni di persone in Europa. In Italia in
particolare, si stima che ce ne siano circa 10 milioni di persone (anche se non
si considera l'asma), pari a più del 20% della popolazione. Le allergie
costituiscono la terza causa di malattia cronica dopo osteoporosi/artrite e
l'ipertensione (fonte: ISTAT). L'aumento di prevalenza delle patologie
allergiche in tutti i paesi industrializzati costituisce un vero e proprio
problema sanitario che riguarda diverse fasce di età, ma in particolare appare
rilevante nei bambini e negli adolescenti, per i quali sembrano essere
particolarmente importanti le condizioni ambientali dei primi anni di vita:
l'influenza delle abitudini igieniche e del declino delle infezioni sarebbero
cruciali per l'orientamento del sistema immunitario verso una risposta di tipo
allergico. Negli ultimi anni le indagini cliniche e di laboratorio hanno
mostrato una correlazione tra le varie forme di allergia, e cioè che la
maggioranza dei bambini con allergie alimentari ha anche un'alta sensibilità
verso gli allergeni inalanti, e di conseguenza una predisposizione nello
sviluppo di allergie respiratorie.
Diversi studi hanno dimostrato che negli ultimi anni le allergie indoor
sono aumentate in misura maggiore rispetto a quelle provocate dai pollini che
si trovano all'aperto: case di nuova costruzione a risparmio energetico
(serramenti altamente isolanti, doppie finestre, rivestimenti esterni in
polistirolo), anno ridotto al minimo gli scambi d’aria con l’esterno.
L'esposizione ambientale però può avere effetti sull'espressione genica e sul
decorso della reazione allergica. Alcuni fattori, come la dieta e l'esposizione a
grandi quantità di pollini nel primo periodo dopo la nascita, possono essere
molto influenti nello sviluppo dell'allergia.
L'ipotesi igienica propone che nei paesi occidentali il sistema
immunitario in fase di sviluppo sia privato degli antigeni microbici ambientali
che stimolano le cellule Th1. Questa mancanza di stimolazione aumenta
l'insorgenza di patologie immunologiche. Un ambiente eccessivamente
sterilizzato non è salutare per il sistema immunitario, che diviene più prono
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allo sviluppo di intolleranze. Viviamo in ambienti sempre più puliti, ma
troppo chiusi: ecco da cosa deriva l'allergia all'acaro della polvere; e
mangiamo cibi più sicuri, ma troppo sterilizzati: la flora batterica di persone
che sono state a contatto con batteri fecali, o alimentari, contiene
microorganismi che rilasciano endotossine, le quali inibiscono la produzione
di proteine allergizzanti. Nei paesi Occidentali, dove fenomeni simili sono
un'eccezione, la somministrazione di antibiotici ai bambini e l'ampio utilizzo
di additivi chimici negli alimenti, insieme ad una sterilizzazione a volte
maniacale, riduce lo sviluppo di questa flora batterica.
Le nostri condizioni di salute sono migliorate, grazie anche al ricorso
agli antibiotici, e così siamo meno esposti a batteri, virus e parassiti, che
d'altro canto hanno questo compito di far sviluppare, in maniera naturale, il
nostro sistema immunitario. Un classico studio, che mise a confronto i figli di
braccianti ed agricoltori con quelli di professionisti e manager, dimostrò che
esiste una precisa correlazione tra allergie e stato socioeconomico delle
persone. Per spiegare questo strano paradosso, bisogna rifarsi sempre allo
sviluppo del sistema immunitario che avviene tramite due strade. La prima
passa attraverso i linfociti Th1, che vengono attivati soprattutto dal contatto
con batteri. La seconda ha per protagonisti i Th2, la cui attività può essere
stimolata da parassiti, come la Tenia, o i comuni vermi dei bambini. Il miglior
controllo delle malattie infettive pediatriche, verificatosi negli ultimi anni, ha
determinato un calo dello stimolo nella produzione di Th1 e ciò ha portato a
uno sviluppo eccessivo dei Th2: ricordiamo infatti che l'attività degli uni
sopprime gli altri. Sarebbe proprio questo squilibrio che, a fronte di una
diminuzione delle comuni infezioni dei bambini, determinerebbe un aumento
del rischio di allergia, perché il relativo eccesso di Th2 favorirebbe la
produzione di sostanze solubili: le interleuchine, responsabili delle principali
alterazioni fisiopatologiche caratteristiche delle malattie allergiche.
Molti medici raccomandano l'utilizzo di probiotici, per arricchire la nostra
flora intestinale altrimenti “depauperata” da una dieta piena di cibi sterilizzati.
I probiotici sono batteri intestinali che hanno un impatto esclusivamente
benefico sul nostro organismo, e si pensa che possano portare dei vantaggi nel
corretto sviluppo del sistema immunitario; per questo le donne in gravidanza
potrebbero usare i probiotici per ridurre il rischio di insorgenza di allergie nel
bambino.
L'impiego moderno di aspirapolveri, umidificatori e condizionatori a
volte fa dimenticare di dover aprire le finestre per ricambiare l'aria: soprattutto
nelle case di nuova costruzione, dove i materiali ecologici favoriscono molto
la proliferazione di Acari e altri microorganismi; passare un detergente non
basta per permettere ad un familiare allergico di stare tranquillo, ma dobbiamo
ricordare di ridurre al minimo l'umidità: dunque arieggiare sempre ogni locale.
In conclusione, si può affermare che la popolazione moderna
industrializzata ha assunto l'abitudine di vedere come malsane alcune azioni
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che un tempo erano considerate normalissime e “sane”, come l'atto di un
bambino che si sporca di terra mentre gioca all'aperto.
Lasciar esplorare ai bambini l'ambiente esterno naturale durante la loro
crescita sarebbe un passo importantissimo non solo a livello ludico ed
educativo, ma anche “sanitario”, perché proprio in quei primi anni l'individuo
sviluppa le sue difese immunitarie. Quindi i genitori più apprensivi potrebbero
convincersi del fatto che, in confronto ad una vita piena di problemi di salute,
disagi psicologici, e spese economiche in farmaci, correre il piccolo rischio di
far giocare il proprio figlio fuori casa, nel verde- magari permettendogli di
venire a contatto con degli animali- non è poi tanto male, ed è certamente piu
piacevole per il bambino.
Bibliografia e sitografia:
J. A. Grant, C. C. Horner, “Allergy”. 2006 Elsevier Ltd.
Gerard Karp, “Biologia cellulare e molecolare”. 2004 EdiSES
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Karger, 2002
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http://entnemdept.ufl.edu/creatures/urban/house_dust_mite.htm#life
http://edis.ifas.ufl.edu/ig086
http://www.users.globalnet.co.uk/~aair/asthma.htm
http://www.sciencedaily.com/releases/2010/04/100413160901.htm
www.wikipedia.it, www.scribd.com (rispettivamente per definizioni generali ed e-books in
PDF).
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